La grande occasione dell’Unione
Pubblicato il 03/06/2017 - Ultima modifica il 03/06/2017 alle ore 01:31
Charles A. kupchan*
Il futuro dell’Occidente è nelle mani dell’Europa. Durante il suo recente viaggio in Europa, invece di ribadire la propria adesione ai valori e alle istituzioni occidentali il presidente Trump ha fatto l’esatto opposto, ha rotto e si è alienato i più stretti alleati democratici dell’America.
La sua performance è stata abbastanza sorprendente da spingere la cancelliera tedesca Angela Merkel, non certo un’amante delle iperbole, a dichiarare che l’Europa è da sola. Per concludere, giovedì Trump si è ritirato dall’accordo sul clima di Parigi, mettendo l’America quasi contro tutto il mondo.
Fino a questi ultimi eventi, molti osservatori (me compreso) mantenevano la speranza che lo scetticismo di Trump verso le partnership – in particolare con i partner occidentali – rappresentasse una fase transitoria, frutto dei pessimi consigli dei consiglieri estremisti alla Casa Bianca, e della immaturità intellettuale e politica del presidente. Ma questa speranza si è rivelata ora illusoria. Trump ha reso assolutamente chiaro che «America First», prima l’America, in realtà significa «America Only», solo l’America, e che ha tutta l’intenzione di abbandonare la comunità delle democrazie occidentali creatasi con la fine della Seconda guerra fredda. La retorica al vetriolo di Trump è diventata una preoccupante realtà.
Quello che si profila all’orizzonte non è un mondo senza Occidente, ma un Occidente senza gli Stati Uniti. Trump ha messo in chiaro di stare uscendo dalla comunità atlantica, e Merkel ha ragione a dire che gli europei «devono prendere il loro destino nelle proprie mani». La questione che ci si pone ora è se l’Ue, mentre sta affrontando la Brexit e le sfide del populismo, sarà all’altezza del compito di fare da ancora al mondo occidentale.
Dopo che Trump ha rivelato la sua vera essenza, l’Europa non ha molta scelta se non di guardare oltre Washington. Il presidente americano si conferma un imprenditore e non uno statista: per lui tutte le relazioni, perfino quelle con gli alleati più fidati, sono una transazione. Con la Germania va «molto male» perché spende meno del due per cento del suo Pil per la difesa e gode di un cospicuo saldo commerciale positivo. I costi diventano una colpa.
Ma la relazione tra gli Stati Uniti e i loro alleati europei sono molto di più dei costi, e di chi li paga. La magia dell’Occidente è proprio quella di essersi lasciato alle spalle il mondo del gioco a somma zero e ciascuno-per-sé. Avendo combattuto troppe guerre, le democrazie atlantiche hanno compreso che per evitare i bagni di sangue bisognava creare una comunità internazionale basata sulla fiducia, le regole consensuali, le istituzioni multilaterali e il commercio libero. Di conseguenza, i membri di questa comunità hanno sacrificato i vantaggi a breve termine in nome della solidarietà a lungo termine. Il risultato è stata una epoca di pace e prosperità senza precedenti nella storia umana.
Trump dimentica questa parte della storia, o forse addirittura la rifiuta. Tratta la Germania e le altre democrazie alleate come condomini. Se sono puntuali a pagare l’affitto vanno bene. Altrimenti, bisogna stare all’erta. Nel confronto con questo presidente americano, tocca all’Ue salvaguardare i valori e le istituzioni dell’Occidente, fino a che gli Stati Uniti non tornano alla ragione. Né la Germania, né l’Ue nel suo insieme sono attualmente pronti a svolgere questo ruolo. Ma la presidenza di Trump potrebbe rivelarsi uno choc sufficiente per dare la scossa all’Europa e rimetterla in moto.
Per essere in grado di colmare il vuoto di leadership creato dall’idea di «America First», l’Unione europea potrebbe seguire le seguenti misure. Innanzitutto, l’Ue ha bisogno di una struttura decisionale più equilibrata. La Germania è diventata troppo influente, alimentando il risentimento dei partner nell’Ue. Anche se Berlino resterà la voce più forte dell’Europa, la cerchia più stretta dell’Unione deve allargarsi. Il ritorno politico della Francia con Emmanuel Macron sarà certamente d’aiuto ma, soprattutto alla luce della Brexit, la Germania dovrà abituarsi a costruire un consenso con l’Italia, la Spagna e alcuni Stati-membro minori. Se tocca all’Ue guidare l’Occidente, dovrà essere una guida condivisa da tutti i suoi membri.
Secondo, nonostante il persistente sentimento antieuropeo nei populisti di sinistra e di destra, l’Ue deve estendere la governance collettiva dell’economia, della difesa e della politica estera. La Ue non sarà in grado di essere una guida efficiente senza dotarsi di istituzioni più centralizzate e funzionanti. La rottura che emerge con gli Stati Uniti potrebbe dare la spinta necessaria per convincere gli europei a condividere ulteriormente la loro sovranità.
Terzo, per rimediare al ritiro degli Usa dal multilateralismo, l’Ue deve cercare di forgiare partnership più efficaci con gli altri Paesi, inclusi quelli non democratici. Intenzionalmente o meno, Trump sta cedendo l’influenza americana e spinge l’Europa a cercare di costruire coalizioni di volenterosi altrove. Nei prossimi anni l’Ue potrebbe trovare nella Cina un partner migliore degli Usa per quanto riguarda la lotta al cambiamento climatico e la liberalizzazione del commercio, e questo già dice molto.
Infine, l’Ue deve restare atlantista, e continuare a trattare gli Usa come il proprio partner d’elezione, anche se il rapporto transatlantico nel frattempo assume caratteri di transazione. Dopo tutto, la comunità atlantica ha prosperato per decenni grazie agli interessi in comune, non solo condividendo valori e sentimenti. Anche se i motivi primari di Trump sono calcoli di costi e benefici a breve termine, lavorare con l’Europa gli apparirà un buon affare più spesso che il contrario. In questo contesto Merkel dovrebbe incrementare le spese della Germania per la difesa e prendere misure per stimolare la domanda interna, non solo per imbonire Trump, ma anche per incentivare la tanto necessaria crescita e l’aumento dei posti di lavoro nell’eurozona.
Gli europei devono anche tenere presente che l’era di Trump fortunatamente ha un termine. Lui è lo strappo alla tendenza prevalente della politica, e la sua presidenza potrebbe diventare un’aberrazione, ma non un presagio dei tempi che verranno. L’America ritornerà. Ma nel frattempo, toccherà all’Unione europea tenere il fortino europeo.
*Professore di Affari internazionali alla Georgetown University e Senior Fellow del Council on Foreign Relations
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