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Autore Discussione: PAOLO MASTROLILLI Un piano per i carabinieri a Mosul dopo la fuga dei miliziani  (Letto 1904 volte)
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« inserito:: Aprile 21, 2017, 11:58:23 pm »

Un piano per i carabinieri a Mosul dopo la fuga dei miliziani del Califfo
Washington pensa ai nostri militari per garantire la sicurezza della città.
Allarme per l’arrivo in Libia di jihadisti dell’Isis in fuga da Siria e Iraq
100 carabinieri Impegnati a Baghdad per l’addestramento delle forze di sicurezza locali

Pubblicato il 21/04/2017 - Ultima modifica il 21/04/2017 alle ore 05:52

PAOLO MASTROLILLI
INVIATO A WASHINGTON

Il ruolo dei carabinieri in Iraq potrebbe aumentare. L’Italia ha chiesto la responsabilità del dossier Libia, e gli Usa sembrano disposti a sostenerla. Questo significa lavorare insieme per impedire che l’ex colonia diventi la destinazione dei terroristi dell’Isis, dopo la caduta di Mosul e Raqqa; evitare la frammentazione del Paese; e richiamare tutti gli alleati all’unità, affinché non ci siano tentativi di ingerenza nazionale che favoriscono solo la destabilizzazione. In cambio Roma, attraverso i carabinieri che stanno già facendo un lavoro di addestramento a Baghdad molto apprezzato dal consigliere per la sicurezza nazionale McMaster, potrebbero svolgere un ruolo fondamentale per l’integrazione delle forze che ora stanno combattendo il Califfato nel Nord dell’Iraq, una volta che queste operazioni si saranno concluse. 
 
L’amministrazione Trump finora non aveva preso una posizione chiara sulla Libia, e quindi Gentiloni temeva decisioni non in linea con i nostri interessi. L’Egitto preme per costituire una sua zona di influenza nella regione orientale del Paese, altri immaginano un esecutivo islamico a Ovest, la Francia punta a controllare le coste con un occhio sulle riserve petrolifere, la Russia appoggia Haftar e sta cercando di usare la nostra ex colonia come nuovo grimaldello per acquistare peso in Medio Oriente. Nessuna di queste ipotesi è accettabile per l’Italia, che considera la frammentazione una minaccia, anche per la sicurezza dell’Europa e la lotta al terrorismo. Il governo Sarraj è debole, ma non esistono alternative. Bisogna coinvolgere Haftar e le altre componenti del Paese, come abbiamo fatto facilitando l’accordo tra le tribù del Sud, ma senza spaccare il Paese. Gentiloni lo ha fatto presente a Trump, che ha riconosciuto la nostra competenza su questa materia. Con l’Egitto Washington ha già cominciato a esercitare qualche pressione, con la Russia la partita è globale, ma con la Francia e gli altri alleati Nato si può intervenire affinché ci sia unità dietro la leadership italiana.
 
Il principale problema militare è che la Libia potrebbe diventare la destinazione dei terroristi dell’Isis in fuga, dopo l’attesa caduta di Mosul e la successiva offensiva su Raqqa. Su questo Roma vuole lavorare con Washington, tanto sul piano dell’intelligence, quanto sul terreno. La Nato dunque potrebbe aiutare, perché la presenza dei nostri mezzi in mare andrebbe oltre il lavoro già in corso per soccorrere i migranti. Dopo la sconfitta a Sirte, gli uomini dell’Isis si sono spostati nelle regioni desertiche del Sud. Ciò li espone agli attacchi dall’aria, ma per impedire che puntino a ricostituire il Califfato in quelle zone serve anche l’iniziativa politica di stabilizzazione, che coinvolga le tribù locali e includa tutte le forze affidabili nel progetto sostenuto dall’Italia. In questo quadro dovrebbe essere chiarita anche la responsabilità sulle risorse petrolifere, finora gestite in larga parte dal nostro Paese che non vuole rimetterle in discussione.
 
Durante la cena di mercoledì sera nella residenza dell’ambasciatore Armando Varricchio, il consigliere per la sicurezza nazionale McMaster ha elogiato il contributo dell’Italia, sottolineando in particolare il lavoro che i carabinieri stanno facendo in Iraq per l’addestramento. Questo contributo si potrebbe allargare, in relazione all’offensiva in corso a Mosul. L’operazione è complessa, ma procede. Quando la città sarà caduta, oltre al problema dei terroristi dell’Isis in fuga, ci sarà quello delle molte forze locali irregolari mobilitate per combatterli. Il Paese non può permettersi che comincino a combattere fra di loro, e qui i carabinieri potrebbero dare un aiuto fondamentale per addestrare questi uomini e inquadrarli in strutture utili a stabilizzare il Paese. Interventi simili potrebbero essere necessari anche in Siria, ma questo è un problema che deve prima essere risolto sul piano politico tra Usa e Russia, per trovare un compromesso sul futuro del Paese che non potrà essere affidato ad Assad. 

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Da - http://www.lastampa.it/2017/04/21/esteri/un-piano-per-i-carabinieri-a-mosul-dopo-la-fuga-dei-miliziani-del-califfo-Ghw0Jy7LnGkqHUZIYmQigO/pagina.html
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