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Autore Discussione: WALTER VELTRONI ...  (Letto 101420 volte)
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« Risposta #150 inserito:: Settembre 26, 2008, 10:22:53 am »

ECONOMIA    Il segretario del Pd replica a Porta a Porta alle accuse lanciate ieri da Berlusconi

E rivendica: "Quarantott'ore fa ho messo insieme Colanninno ed Epifani"

Veltroni: "Accordo sbloccato dal Pd Letta in disaccordo col premier"

Ma Bonaiuti lo contesta: "Vuol prendersi il merito, ma non convince nessuno"
 


ROMA - Il premier Silvio Berlusconi lo aveva accusato ieri, prima di lasciare Roma, del precedente fallimento dell'accordo Cai-sindacati, ma il segretario del Pd Walter Veltroni non ci sta, e, nella trasmissione Porta a Porta, replica per le rime: "Non mi sono assunto nessun merito ma, informando il governo, ho cercato di dare una mano per la soluzione di una vicenda gestita malissimo. Ed invece Berlusconi, pur sapendo quello che stavamo facendo, mi ha attaccato. Basta con gli spot, i fuochi d'artificio, il bullismo al governo".

E' durissimo lo scambio di accuse tra maggioranza e opposizione, proprio mentre invece all'interno del sindacato si è restaurato un sostanziale accordo, al quale plaude il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia: "Non posso che esprimere soddisfazione", dice. Riferendosi poi in particolare alla Cgil, aggiunge: "Mi fa piacere che dopo un primo rifiuto abbia firmato", auspicando uno stesso "atteggiamento" anche sul tavolo di riforma del modello contrattuale.

Tutt'altra musica in politica: "Quarantott'ore fa ho messo insieme le due persone con la maggiore responsabilità in questa vicenda, cercando di favorire un'intesa", rivendica Veltroni, riferendosi a Colaninno ed Epifani. Per il segretario del Pd, "il vero problema è l'atteggiamento del governo verso i sindacati: io ho lavorato a un punto d'intesa. Era così difficile farlo? Perché si è scelto di sbattere la porta in faccia ai sindacati? Questo è l'abc della trattativa...".

Della maggioranza, nella vicenda Alitalia Veltroni 'salva' solo il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta: "Letta sembra un libero professionista, perché nel governo precedente aveva un peso molto maggiore che in questo dove alcuni ministri pesano di più. Sono sicuro che Letta non ha vissuto con piacere quella scelta di sbattere la porta in faccia ai sindacati".

Ma diversi esponenti del centrodestra replicano con altrettanta durezza al segretario del Pd: "Veltroni vuol prendersi il merito di aver mantenuto insieme imprenditori e sindacati. Ma fino a due giorni addietro ha fatto esattamente il contrario: li ha divisi", accusa Paolo Bonaiuti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio e portavoce di Silvio Berlusconi.

"Quando il gioco della sinistra è stato scoperto - dice Bonaiuti - quando ha capito che aveva contro la stragrande maggioranza degli italiani, solo allora Veltroni ha cercato di ribaltare la strategia, ma le sue parole non convincono più nessuno".

"L'onorevole Veltroni non può cambiare le carte in tavola. In una prima fase - afferma Fabrizio Cicchitto capogruppo alla Camera del Pdl- ha giocato al tanto peggio tanto meglio, puntando a far fallire l'operazione cai. Quando ha tardivamente capito che c'era contro di lui una rivolta dell'opinione pubblica, allora ha fatto marcia indietro, cercando, come è suo solito, di imbrogliare le carte e addirittura di accreditarsi come il maieutico protagonista della vicenda. In effetti, Veltroni quando non è paradossale è comico, quasi sempre inattendibile".

Dello stesso tenore la replica del presidente del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri: "E' davvero sgradevole il linguaggio offensivo usato da Veltroni tornato dalle vacanze americane ancora più arrogante. Si attribuisce meriti non suoi per recuperare una credibilità che non ha e non avrà mai più. L'azione di Berlusconi, di Letta, di Matteoli, di Sacconi, di Scajola ed altri esponenti del governo è stata decisiva. Veltroni ancora una volta ha fatto prevalere la sua pochezza sulla verità".

Con Veltroni polemizza anche il ministro dei Trasporti Altero Matteoli: "Il Pd non può rivendicare alcun merito nella trattativa Alitalia. Figurarsi se può intestarsi il merito dell'accordo Veltroni che lo ha ostacolato fino a poche ore fa". Per Matteoli il merito è del governo "che non ha mai smesso di crederci".

Il ruolo del segretario del Pd nella vicenda Alitalia viene sminuito anche dal leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro: "Veltroni senza aver fatto nessuna manifestazione con gli operai dice che grazie a lui gli operai ce l'hanno fatta. Ma gli operai non ce l'hanno fatta, hanno solo subito".

(25 settembre 2008)

da repubblica.it
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« Risposta #151 inserito:: Settembre 26, 2008, 10:34:20 am »

«Ho cercato 48 ore fa di creare le condizioni per una nuova proposta cai»

Veltroni: ho aiutato a evitare una tragedia

Il leader Pd: «Sacconi è livido, voleva far saltare tutto».

E lui: incredulo



ROMA — «È un fatto positivo per i lavoratori e la compagnia. È quanto mi aspettavo ed è quanto ho detto che sarebbe accaduto». È passato appena un minuto dalla notizia dell'accordo tra Cai e Cgil. E il segretario del Pd, Walter Veltroni, accusato due giorni fa da Silvio Berlusconi di ostacolare la soluzione per l'Alitalia, comincia a togliersi altro che sassolini dalle scarpe. «Ho dato una mano per evitare una tragedia, tenendo relazioni con Colaninno e i sindacati, e ho informato Gianni Letta» dirà poco dopo a Porta a porta, su RaiUno.

Il momento chiave «è stato 48 ore fa. Allora la vicenda era drammaticamente conclusa. Ho cercato di far fare un passo avanti alla Cai, di creare le condizioni per una nuova proposta, e la disponibilità dei sindacati» racconta Veltroni, mentre dal Pd filtra la notizia di un suo incontro, martedì, con Colaninno ed Epifani. «Questo è il ruolo di una forza responsabile. Se non lo fossimo avremmo evitato di intervenire, e la tentazione era forte — sottolinea Veltroni —, viste le dichiarazioni bellicose di Berlusconi contro di noi» aggiunge il segretario del Pd. «Un attacco a freddo, per paura che il merito di una soluzione positiva fosse spostato su di noi. Io non partecipo a questo gioco infantile, prima viene l'interesse del Paese», aggiunge Veltroni. Che poi, però, attacca a testa bassa. Berlusconi che «non è qui, partito per una destinazione che non conosciamo», ma anche quello che «non risponde sul fascismo, forse per l'influenza delle camicie che mette», nere, «a metà tra i Sopranos... e il passato». Attacca il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, «che voleva far saltare la trattativa per dare un colpo a qualcuno, e ora ha lo sguardo livido», e che replica «con incredulità e sconcerto per l'ennesima personalizzazione della lotta politica». Salva solo Gianni Letta, Walter Veltroni: uno «che ha la mia stessa cultura istituzionale», che «non ha avuto piacere per la porta che Berlusconi ci ha sbattuto in faccia», ma che «è poco più di libero professionista in questo esecutivo».

Un governo dominato dal «bullismo», «spot e fuochi d'artificio», dice Veltroni. Glissando sui rapporti interni al Pd: «Con D'Alema i rapporti sono buoni e cattivi, come in ogni partito. In genere è meglio se c'è il sole...». Paolo Bonaiuti, portavoce di Silvio Berlusconi, lo attacca: «Vuol prendersi il merito di aver tenuto insieme imprenditori e sindacati, ma fino a tre giorni fa ha fatto esattamente il contrario». Ma lo attacca pure Antonio Di Pietro. «Veltroni arriva all'ultimo minuto — dice il leader dell'IdV — e, senza aver partecipato a nessuna manifestazione con gli operai, dice che grazie a lui gli operai ce l'hanno fatta».

Mario Sensini
26 settembre 2008

da corriere.it
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« Risposta #152 inserito:: Settembre 26, 2008, 06:33:18 pm »

Colaninno: «Ha vinto il Paese»


Rinaldo Gianola


«È un bel passo in avanti. Lo so che la politica continua a litigare, ma dovrebbe essere felice in questo momento: tutti hanno dato una mano per risolvere una crisi drammatica». Roberto Colaninno, presidente della Cai, mangia un biscotto al volo prima di incontrare i rappresentanti della Lufhtansa, comunicare a Bruxelles la svolta di Palazzo Chigi, attendere le decisioni dell’Enac, parlare con Fantozzi...

Insomma, l’accordo raggiunto con Cgil, Cisl, Uil e Ugl è un passaggio importante, ma la partita è molto delicata e non è certo finita, come spiega il presidente di Cai in questa conversazione con l’Unità. «Soddisfatto? Certo che sono soddisfatto, abbiamo fatto un grande balzo in avanti: pochi giorni fa c’erano solo macerie e adesso vediamo la luce in fondo al tunnel.«Mi piace pensare in questo momento che al salvataggio dell’Alitalia abbiano concorso il governo, l’opposizione, i sindacati e le imprese italiane che stanno mostrando un grande coraggio a prendersi sulle spalle questa azienda» spiega Colaninno, finendo il biscotto e minacciando di interrompere il nostro colloquio. Colannino, piaccia o no, è un imprenditore che ha una particolare predisposizione a infilarsi nei “guai”. Nel settembre 1996, mentre se ne stava beato nella sua opulenta Mantova a guidare un’azienda di componentistica (la Sogefi), venne chiamato da Carlo De Benedetti per guidare l’Olivetti che navigava in pessime acque. Circa tre anni dopo con la ritrovata Olivetti si cimentò nella scalata a Telecom, la più grande offerta pubblica di acquisto mai realizzata in Italia, che gli procurò fama e prestigio, ma anche il perenne risentimento dei vecchi salotti della finanza nazionale e addirittura il sospetto di essere un «imprenditore di sinistra». Un ossimoro, nell’Italia del terzo millennio. Nel luglio 2001, dopo la vittoria del centrodestra alle elezioni, venne simpaticamente accompagnato alla porta di Telecom, abbandonato dai suoi ex alleati padani e sostituto da Marco Tronchetti Provera. Ma le stagioni del capitalismo italiano sono così veloci e sorprendenti che non si fa in tempo a respirare che, et voilà, è già cambiato tutto: anche Tronchetti Provera è fuori dalla Telecom e oggi, mistero del potere e degli affari, sta nella stessa cordata di Colaninno per il progetto Alitalia.

E adesso, dopo che persino la Cgil ha firmato, che succede? «Cosa deve succedere? Bisogna lavorare sodo, ci vogliono anni per conquistare il pareggio, ragazzi non è che stiamo trattando un gioiello...». Non c’è dubbio, tuttavia, che la firma dei sindacati confederali e dell’Ugl, l’accettazione del piano Cai, siano per Colaninno un incoraggiamento ad accelerare. Anche se con i sindacati ha sempre qualche fronte aperto: ieri i metalmeccanici della sua Piaggio di Pontedera hanno proclamato otto ore di sciopero per la rottura delle trattative sull’integrativo. Riprenderà la trattativa, così come il filo del negoziato non si è mai interrotto definitivamente per Alitalia, nemmeno quando sembrava tutto fallito. In questi giorni i vertici di Cai, anche dopo il ritiro formale dell’offerta, hanno tenuto i contatti con la politica e il sindacato.

Colaninno non vorrebbe svelare i segreti di questi giorni, ma uno strappo lo fa. «Se siamo arrivati a un accordo il merito è di Gianni Letta che non ha mai mollato: ha fatto un lavoro straordinario» riconosce. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, si racconta anche negli ambienti sindacali e del pd, si è speso in un’opera di tessitore di una trama che perdeva pezzi da tutte le parti. Fino a una ricomposizione finale che ha prodotto un risultato insperato solo pochi giorni fa. E gli altri? «Cisl, Uil e Ugl sono stati molto coraggiosi e hanno avuto ragione, si sono tirati dietro anche la Cgil». Ma proprio con Guglielmo Epifani c’è stato l’incontro decisivo, che ha sciolto le paure e le ambiguità di una tormentata trattativa, organizzato da Walter Veltroni. «L’invito di Veltroni mi ha fatto piacere, così come non mi è mai mancato l’incoraggiamento di Berlusconi, che ha sempre creduto al successo della proposta italiana» concede Colaninno, con encomiabile spirito bipartisan che se fossimo il Corriere della Sera, sempre alla ricera di improbabili “Commissioni Attali” e di inciuci di varia natura, ci faremmo addirittura il titolo. E le voci di incomprensioni, la voglia di fuga di alcuni soci della Cai? «Tutte balle» giura il capo cordata, secondo cui tutti sarebbero «felici e ben motivati» nel portare a compimento il progetto di risanamento e di rilancio di Alitalia. Un progetto che, giunti a questo punto, suscita un luingo respiro di sollievo anche da parte di Corrado Passera e di Gaetano Miccichè, i due banchieri di Intesa SanPaolo custodi di Colaninno e della cordata, che hanno buttato in questa partita competenza e ambizione. Ma se fosse andata male, probabilmente non sarebbero arrivati a mangiare il panettone.

Certo adesso bisognerà affrontare la Commissione Ue, e non sarà un gioco, le città che temono ricadute sociali drammatiche dei tagli (da Milano a Roma, con i loro aereoporti), e scegliere l’alleato strategico straniero. Qui la riservatezza è d’obbligo, ma non è certo un mistero che in queste ore a Roma e attorno a Colaninno stanno crescendo trame e pressioni di Air France e Lufthansa che vogliono mettere un piede, e anche qualche cosa di più, nel ricco mercato italiano dei voli. Tuttavia, la partita dell’alleanza strategica potrebbe essere per Colaninno la prima carta importante da giocare per ottenere soldi, sinergie, cooperazione. La nuova Alitalia, quando decollerà tra un paio di settimane se tutto filerà liscio, sarà libera da debiti, con un organico ridotto e prospettive di arrivare al pareggio in un paio d’anni. La gloriosa vecchia Alitalia è affondata in un classico disastro italiano, con responsabilità da suddividere tra molti, ma pagano i lavoratori e i contribuenti. Adesso vediamo cosa sanno fare i privati, ma mettiamo in chiaro una cosa: se la nuova Alitalia rinnoverà antichi successi sarà merito di tutti, se va male sarà colpa di Colaninno e dei suoi amici.

Pubblicato il: 26.09.08
Modificato il: 26.09.08 alle ore 8.47   
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« Risposta #153 inserito:: Ottobre 01, 2008, 10:34:42 pm »

Il leader dell'Idv aveva invitato il presidente ad andare oltre la moral suasion sulle questioni vigilanza Rai ed elezione di un giudice della consulta

Veltroni in difesa di Napolitano "Inaccettabili critiche di Di Pietro"

E si riaccende lo scontro sulla candidatura di Orlando

 

ROMA - ''Considero le critiche rivolte da Di Pietro al Presidente Giorgio Napolitano quanto di più inaccettabile''. Ad affermarlo è il segretario del Partito Democratico Walter Veltroni aggiungendo che ''Napolitano sta garantendo il rispetto della Costituzione e delle regole, mai animato da spirito di parte e con una scrupolosa coscienza del ruolo di custode e di garante che gli è assegnato dalle norme costituzionali. Ogni attacco a lui, perciò, appare cieco e strumentale''.

Il leader dell'Italia dei Valori aveva sostenuto che Napolitano sulle questioni vigilanza Rai ed elezione di un giudice della consulta debba assumere iniziative che "vadano ben oltre la moral suasion", "che vuol dire tutto e niente, nella Costituzione non c'è scritto che il presidente fa la moral suasion ma che scrive messaggi alle Camere, fa interventi e mette in mora chi non fa il proprio dovere...".

Un invito che non voleva essere una critica, ha precisato successivamente Di Pietro, quanto piuttosto un appello.

Ma intanto, a proposito di una delle due questioni aperte, l'elezione del presidente della Commissione di Vigilanza Rai, il capogruppo del Pd alla Camera Antonello Soro in un'intervista al Corriere della Sera si scaglia contro Di Pietro: "che con le sue dichiarazioni danneggia l'elezione di Orlando. Tanto a difendere Orlando ci pensiamo noi...", conclude.

In effetti l'elezione di Orlando, candidato dell'Idv sostenuto dal centrosinistra, appare sempre più difficile. Di Pietro ha negato oggi che ci siano divisioni nel centrosinistra sul candidato, mentre il Pdl appare sempre più deciso sul fronte del no.

"Di fronte a questo caos - ha detto infatti il presidente del Pdl al Senato Maurizio Gasparri - noi dovremmo scegliere come elemento di garanzia un esponente del partito di Di Pietro, che anche ad avviso di Veltroni non rispetta le istituzioni? Ma di che cosa stiamo parlando? La gestione delle istituzioni democratiche è cosa troppo seria perché abbia a che fare con Di Pietro e le sue propaggini".

(1 ottobre 2008)

da repubblica.it
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« Risposta #154 inserito:: Ottobre 01, 2008, 10:37:48 pm »


Pd: Rutelli e Veltroni per una “moderna laicità”

1 ottobre 2008,  | Valentino Salvatore

Francesco Rutelli, esponente cattolico del Pd, fonda una nuova associazione del Pd: si chiama PeR, acronimo di “Persone e Reti”, che riunisce cattolici rutelliani e teodem (hanno aderito tra gli altri Luigi Bobba e Paola Binetti, ma non Enzo Carra). Nel documento di presentazione si legge che tale assocazione vorrebbe “rinnovare la cultura politica democratica e ricostruire una presenza popolare ancorata ai valori fondanti della Repubblica e ispirata al Magistero sociale della Chiesa”. Walter Veltroni afferma che il documento è “un contributo rilevante e utile” per il Pd. Durante una tavola rotonda sulla laicità con Rutelli, Pier Ferdinando Casini dell’Udc e Maurizio Lupi del Pdl, Veltroni ha paventato il rischio di una “società senza valori”, affermando che il legame tra politica e religione non è solo “patologia”, ma anche “fonte di solidarietà, rilancio umanistico”.
Veltroni plaude al tentativo di “cercare di costruire sintesi nuove per una moderna laicità”, in modo che la religiosità possa “esprimersi ed entrare nella vita pubblica senza imporsi. Permane l’ambito della libertà di coscienza che non è la ratifica delle differenze ma ricerca costante di punti di sintesi raggiungibili”. “Questioni di coscienza” continua il segretario del Pd “non vanno censurate perchè se c’è dialettica è una ricchezza per la politica, anzi mi spaventerebbe una politica in cui c’è la disciplina della maggioranza”. Veltroni afferma che bisogna “far convivere il principio di libertà con quello di responsabilità, perchè in una società senza valori alla scienza viene voglia di imporre le sue regole”.
I cattolici del Pd dichiarano che vada superata la “laicità ostile alla religione” di tradizione francese, ritenuta “un’impostazione non condivisibile e che mortifica i cattolici”. Per temi etici, vero e proprio “banco di prova” del Pd, il PeR non esclude alleanze trasversali: “una legge sulla vita e la morte richiede maggioranze qualificate, non può essere approvata, magari per un voto, da un solo schieramento”, afferma Paola Binetti. Questa “moderna laicità” sembra proprio una brutta copia della “sana laicità” di ratzingeriana memoria.



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Associazione Coscioni: “Betori conferma politica prona al Vaticano”

1 ottobre 2008,  | Valentino Salvatore

Alessandro Capriccioli, membro della giunta dell’Associazione Luca Coscioni e responsabile di Soccorso Civile, commenta così le affermazioni di ieri di Betori: “confermano che la politica è prona alle imposizioni vaticane e incurante dell’opinione dei cittadini”. Betori infatti ha detto apertamente che la Chiesa non accetta il principio di autodeterminazione del paziente e che una legge è necessaria proprio per impedire certe “derive”, preferendo accantonare il concetto di testamento biologico.

Capriccioli ricorda che il testamento biologico è uno strumento “non necessariamente finalizzato a interrompere la vita, ma piuttosto a decidere ‘come vivere’ (anche nel senso di voler proseguire le terapie anziché interromperle)”. “La contrarietà al principio di autodeterminazione apertamente enunciata da Betori”, prosegue “è il criterio ispiratore, non dichiarato apertamente ma ampiamente sottinteso, sul quale sembrano convergere gli sforzi di ampie parti della politica per raggiungere una cosiddetta ‘mediazione’”.

Capriccioli conclude che negare la possibilità di sospendere idratazione e alimentazione e non voler considerare valide le dichiarazioni anticipate sia “un criterio di stampo marcatamente confessionale, e quindi assolutamente inaccettabile in uno stato di diritto, nel quale le dichiarazioni dei vertici ecclesiastici dovrebbero eventualmente vincolare i comportamenti individuali dei credenti, ma non le scelte operate dai politici; specie alla luce del fatto che una legge integralista e confessionale sul testamento biologico, quale essa si profila a giudicare dalle ultime dichiarazioni di alcuni suoi promotori, sarebbe in contrasto anche nel merito con il parere di gran parte dell’opinione pubblica”.


da UAAR ULTIMISSIME
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« Risposta #155 inserito:: Ottobre 05, 2008, 12:20:59 am »

Il leader Pd alla segreteria del Partito: "Il centrodestra distrugge la vita di comunità"

"Non ci dobbiamo abituare ai sondaggi, ma rappresentare una alternativa morale"

Veltroni: "Sulla sicurezza il governo appaga gli istinti belluini della gente"

Il segretario lancia la terza fase della vita del partito: "Arginare compatti l'involuzione sociale e politica del paese".

Cicchitto (Pdl): "Il solito comizio in vista del 25 ottobre"

 

ROMA - Berlusconi "intollerabile perchè mente su tutto" ed è capace "solo di fare spot". Ma soprattutto quello del Cavaliere è un "populismo pericoloso" le cui conseguenze possono portare a "una moderna svolta autoritaria".

Veltroni convoca la direzione del partito al piano attico di Largo del Nazareno, un luogo meraviglioso che affaccia sui tetti di Roma. Continua a mettere a nudo quella che, per il Pd, è la vera natura del Berlusconi IV: "Un governo che appaga gli istinti belluini della gente". E lancia quella che definisce la "terza fase" nella vita del partito: dopo la fase esaltante del Lingotto e della campagna elettorale, dopo l'elaborazione del lutto della sconfitta ("molto difficile personalmente anche per me"), comincia la lunga fase dell'opposizione: "Adesso la gente ci chiede unità e una moderna opposizione".

"Pdl distrugge la vita della comunità". Il segretario parla per oltre un'ora. E non può non partire da quello che la cronaca sta raccontando in questi giorni e in queste settimane: razzismo, extracomunitari uccisi e picchiati, umiliati. Sulla sicurezza il centrodestra "appaga gli istinti belluini" dei cittadini e "distrugge la vita della comunità". La maggioranza sbaglia tutto sulla sicurezza e sull'immigrazione, "fin dall'approccio": "Non ci dobbiamo abituare, e a me non importa seguire i sondaggi. Sento il dovere che qualcuno nel paese costituisca la forza morale di rappresentare un'alternativa possibile, su certi principi non si può discutere. Altrimenti finisce che diventa normale per dei ragazzi di Tor Bella Monaca picchiare un uomo perché è cinese; o diventa normale quello che hanno fatto i vigili di Parma".

Cavalcando le paure e fomentando l'intolleranza verso gli stranieri e i diversi in generale "si appagano gli istinti belluini, ma si distrugge la vita della comunità. È Il contrario della sicurezza, significa rendere insicura la società".

"Una moderna svolta autoritaria". Crisi sociale e difficoltà della democrazia a decidere "possono degenerare in svolte autoritarie di tipo moderno" dice Veltroni al vertice del Pd. "Io non temo Junior Valerio Borghese o roba di questo genere. Temo invece- sottolinea- un'idea di società che quando ti giri non è più la stessa, in cui non ci sono più le necessarie garanzie".

Pd, "argine all'involuzione sociale del Paese". Contro il populismo della maggioranza, serve un'opposizione "iper-responsabile". "La gente ci chiede unità e moderna opposizione" dice il segretario. Un modo di fare opposizione costruttivo e responsabile e non distruttivo. "Noi del Pd - osserva il segretario - siamo dei perfezionisti della vita democratica e questo pluralismo è un bene e una risorsa". Ora, di fronte agli "spot" di Berlusconi, serve massima responsabilità "per costruire un argine all'involuzione sociale e politica del paese".

''Noi - ha detto ancora Veltroni in riferimento alla linea politica del Pd - dobbiamo continuare la sfida dell'innovazione ed essere un partito che si distingue nettamente da tutte le posizioni più estremiste, che non ci appartengono e che non appartengono al Paese. Noi - ha aggiunto - dobbiamo essere il partito della crescita economica, del mercato libero ma regolato, il partito che assume su di sè il destino delle classi medie insieme ai ceti più deboli, perchè non dare voce alla crisi sociale che sta dilagando sarebbe venir meno alla nostra missione".

Senza perdere di vista questo quadro generale e la missione del partito, "non c'è nulla di male se il Pd avrà due televisioni", Youdem e la dalemiana Red. Insomma, barra dritta e concentrare le forze sull'obiettivo principale, arginare la possibile involuzione del paese. Terminata la direzione, appena il tempo di leggere qualche agenzie e un po' di siti, e si alza la voce del numero 3 del partito, il capogruppo alla camera Fabrizio Cicchitto. Per dire: "Veltroni ha fatto il suo solito comizio quotidiano". L'ennesima prova in vista "del comizio finale del 25 ottobre".

(3 ottobre 2008)

DA repubblica.it
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« Risposta #156 inserito:: Ottobre 05, 2008, 12:29:44 am »

Dopo le ultime aggressioni ai danni di immigrati si mobilita anche la politica

Un gruppo di intellettuali al segretario Pd: "Preoccupazione e allarme"

Fini: "Pericolo razzismo e xenofobia"

Veltroni: "Il 25 in piazza anche per questo"

L'ex sindaco accusa: "Atmosfera cupa e negativa alimentata da destra populista e demagogica"

Ribatte a distanza Fini: "L'intolleranza può essere di destra, di sinistra e di centro"

 

ROMA - Il razzismo sia tra i temi della manifestazione del Partito democratico del 25 ottobre. E' quanto chiedono in una lettera aperta indirizzata al segretario Walter Veltroni alcuni intellettuali, politici e esponenti religiosi, dopo gli ultimi episodi di intolleranza e le aggressioni nei confronti di alcuni immigrati nel nostro Paese. E la risposta del leader del Pd non si è fatta attendere: "In Italia c'è un'atmosfera cupa e negativa alimentata da una destra populista e demagogica", dice veltroni nell'accettare la richiesta. Di razzismo ha parlato anche il presidente della Camera. Fini dal palco della festa del Partito della Libertà a Milano, ha rilanciato l'idea di costituire un osservatorio alla Camera per il razzismo.

La lettera a Veltroni. "Caro Veltroni - si legge nella lettera -, la manifestazione del 25 ottobre promossa dal Partito democratico ha come slogan 'Salva l'Italia'. E' una parola d'ordine impegnativa accompagnata da una serie di temi che riguardano la vita dei cittadini, la qualità delle istituzioni, la solidità della convivenza civile".

"I fatti di queste settimane - si legge ancora nella lettera - confermano le preoccupazioni e l'allarme proprio attorno a queste questioni: nel giro di pochi giorni abbiamo visto moltiplicarsi gli episodi di intolleranza, di razzismo, di xenofobia. Abbiamo visto le aggressioni, gli insulti, i pestaggi a morte. Abbiamo visto persino la terribile strage di Castelvolturno, in cui la sanguinaria aggressività della criminalità organizzata e i drammatici problemi dell'immigrazione si sono mescolati in maniera esplosiva".

"Noi - scrivono i firmatari dell'appello a Veltroni -, crediamo che questa sia ormai esplicitamente una delle emergenze di questo paese e che per affrontarla serva una iniziativa civile, politica e culturale tanto più forte perchè dal governo non arrivano risposte ma spesso sottovalutazioni e silenzi". Questo, concludono, "ci spinge a dire che aderiamo alla manifestazione del 25 indicando questo tema della concreta lotta al razzismo e insieme della necessità di serie politiche per l'integrazione come una delle questioni centrali".

La lettera è firmata da Aldo Bonomi, Gad Lerner, Ferzan Ozpetek, Nando Dalla Chiesa, Mario Scialoja, Livia Turco, Moni Ovadia, Giuliano Amato, Marco Baliani, Marcella Lucidi, Cristina Comencini, Tullia Zevi, Piero Terracina, Luigina di Liegro e Amara Lakhous.

Veltroni. Walter Veltroni accoglie la richiesta. "Il pesante clima di intolleranza che si sta diffondendo nel Paese impone a tutti una profonda riflessione", afferma il segretario del Pd che aggiunge: "Si ripetono con allarmante frequenza episodi inaccettabili, aggressioni, violenze, discriminazioni. Tutto ciò è frutto di un'atmosfera cupa e negativa alimentata da una destra populista e demagogica che si è assunta la grave responsabilità di utilizzare e alimentare strumentalmente la paura degli italiani. Avverto - prosegue Veltroni - il rischio di una diffusione a macchia d'olio di rigurgiti razzisti e xenofobi, una prospettiva intollerabile per tutti quelli che hanno a cuore i valori della libertà, dell'uguaglianza e della giustizia sociale. Contribuire a salvare l'Italia da questo scenario è un dovere di cui il Partito democratico sente in pieno la responsabilità".

Fini. "Sarebbe sbagliato negare che esiste un pericolo razzismo e xenofobia", ha detto il presidente della Camera, Gianfranco Fini, intervistato da Paolo Mieli alla festa della Libertà di Milano. Parlando di alcuni casi di aggressioni a cittadini extracomunitari, Fini ha citato il caso della donna somala che ha denunciato di essere stata umiliata dalla polizia: "Lo ha denunciato due mesi e mezzo dopo e la polizia ha dichiarato che la querelerà. Per questo dico che è necessaria la cautela".

Il presidente della Camera, dopo aver ricordato l'idea di costituire un osservatorio alla Camera per il razzismo, ha sottolineato il ruolo della politica per combattere ogni possibilità di razzismo, ma ha respinto l'idea che una cultura di destra possa essere anche razzista. "Credo - ha spiegato - che si possa essere di destra, di sinistra e di centro. Ricordo però che uno dei tratti fondamentali della cultura occidentale degli ultimi 70 anni è quella del rispetto della persona umana perché senza quello non si può neppure parlare di cultura".

Fini ha anche ricordato che nel Pdl oltre a Fiamma Nirenstein, di religione ebraica, c'è anche una parlamentare marocchina: "Non abbiamo inserito queste persone come le figurine. Il nostro - ha aggiunto - è un partito che raggruppa un popolo e che ha come valore fondamentale la libertà ".

Il presidente della Camera ha quindi ribadito che è necessaria una politica dell'integrazione. "Ma non basta avere un lavoro e pagare le tasse - ha sottolineato -. La vera integrazione esiste quando si fanno propri i valori di fondo della società in cui si vive". Fini ha quindi precisato che la vera integrazione è rispetto reciproco: "Noi rispettiamo il credo e i valori di coloro che vengono a vivere da noi ma loro devono rispettare i nostri valori". Il presidente della Camera ha quindi invitato, ricordando l'intervento del Papa, a "tenere alta la guardia" perché il tema del razzismo "impegnerà la politica anche per i prossimi anni".

(4 ottobre 2008)

da repubblica.it
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« Risposta #157 inserito:: Ottobre 06, 2008, 06:36:04 pm »

«Chiuso l'incidente con schifani, non quello con il premier»

Veltroni: «Berlusconi? Un'anomalia»

Il leader Pd: «Pensa solo ai suoi problemi. E il sistema della comunicazione è piegato al pensiero unico»

 
 
ROMA - La stagione del dialogo «è finita». Lo afferma il segretario del Partito democratico, Walter Veltroni. Questo, però, non significa che il Pd non si impegna a votare in Parlamento quelle riforme che condivide. Come «la riduzione del numero dei parlamentari e il monocameralismo». Intervistato a "Il terzo anello" su Radiotre, Veltroni spiega che «questo paese ha bisogno di entrare in una democrazia matura, ha bisogno di un mutamento delle regole del gioco». «A inizio legislatura - sostiene il leader Pd - sembrava possibile non tanto il dialogo ma fare le riforme, poi il presidente del consiglio ha spostato l'attenzione dai problemi dei sessanta milioni di italiani ai problemi di un italiano, i suoi, a cominciare dalla giustizia con le quali abbiamo occupato i primi mesi di governo». A un ascoltatore che gli chiede se stia cercando di riguadagnare consensi a sinistra, Veltroni replica: «Non ho un problema di consensi a sinistra, ma di rappresentare una opposizione civile, democratica, di innovazione, ma una opposizione con la schiena dritta, che non si fa prendere dalla melassa del pensiero unico».

IN TV - Secondo Veltroni, inoltre, «a Berlusconi tutto è consentito, persino dire che l'opposizione è sfascista, e gli è consentito perchè c'è un pensiero unico dove anche il sistema della comunicazione è assolutamente piegato. C'è una sottospecie di dominio che la destra esercita». «Ieri la televisione era un dilagare di ministri nonostante l'invito di Berlusconi a non andare in televisione» sottolinea inoltre Veltroni. «Evidentemente - commenta il leader del Pd - non devono andare nelle trasmissioni dove c'è qualcuno che si contrappone alle loro idee, invece possono andare sulle televisioni di proprietà del presidente del Consiglio in piena libertà».

CONFLITTO DI INTERESSI - Veltroni prosegue: «Il ministro della Pubblica istruzione va mezz'ora senza contraddittorio nella tv del presidente del Consiglio. Solo in Italia capita che il presidente del Consiglio sia proprietario di televisioni, di giornali, della pubblicità, di assicurazioni, di una parte importante dell'economia del Paese; che la figlia del presidente del Consiglio sieda nel salotto buono di Mediobanca. È una tipica questione da democrazia liberale, in una democrazia liberale è inimagginabile che questo possa accadere».

SCHIFANI - Il segretario conferma poi che la polemica con il presidente del Senato, Renato Schifani, «è uno spiacevole incidente che considero chiuso». Nella sua telefonata - riferisce Veltroni - Schifani mi ha detto che le sue parole non dovevano intendersi come rivolte all'opposizione ed ha detto anche che il Partito democratico è stato protagonista della semplificazione della vita politica e di un clima istituzionale più civile. Ho detto a lui, quello che è stato scritto poi in un comunicato, che considero uno spiacevole incidente e lo considero chiuso». Veltroni però si affretta ad aggiungere: «Non considero invece chiuso il fatto che il premier dica che l'opposizione è sfascista... sprofondata nelle tenebre dell'invidia sociale».

ANOMALIA - Più tardi, Veltroni torna ad attaccare Berlusconi: «Quello che fa, penso ad esempio al sostegno a Putin sulla Georgia, è un'anomalia del sistema politico: questo governo non si considera pro tempore, ma come un gruppo di persone che ha preso il potere e che avverte come un fastidio chi ha posizioni diverse: giornali, opposizione, sindacati, magistratura, parlamento, corte costituzionale». «Avverto - conclude Veltroni nel suo intervento al convegno sulla piattaforma economica del Pd - una condizione che si sta facendo asfissiante di pensiero unico in questo paese. Noi non parliamo di regime, ma diciamo che il governo deve accettare l'esistenza di un'opposizione».



06 ottobre 2008

da corriere.it
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« Risposta #158 inserito:: Ottobre 09, 2008, 10:33:42 am »

9/10/2008 - L'USO DEI DECRETI
 
Più rapidi ma con nuove regole
 
 
 
 
 
WALTER VELTRONI
 
Caro Direttore,
il Capo dello Stato, nell’intervento pubblicato lunedì su La Stampa, ha confermato ancora una volta di volere esercitare il suo ruolo di garante della Costituzione senza tentennamenti, con saggezza e rigore. Ha ricordato che in Italia, come in tutte le democrazie parlamentari, le leggi devono essere discusse e approvate dal Parlamento, e che, solo in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo può anticipare la decisione parlamentare emanando decreti.

Si tratta di un principio fondamentale, riconosciuto e ribadito dal Presidente della Camera dei Deputati nel suo articolo pubblicato ieri. Non mi pare che siano stati fino a oggi improntati a questo principio i comportamenti dell’Esecutivo e le dichiarazioni del Presidente del Consiglio. Tutte o quasi le iniziative del Governo, compresa una consistente manovra triennale di finanza pubblica, sono passate per l’emanazione di decreti, spesso convertiti in legge sotto il vincolo della questione di fiducia, la quale contrae rozzamente i tempi per esaminare il contenuto delle scelte legislative e azzera ogni possibilità per il Parlamento di emendarle.

Come del resto aveva annotato con preoccupazione, appena due anni fa, l’attuale premier, dichiarando che il ricorso alla fiducia «non appartiene ai sistemi di una vera democrazia» e parlando per questo di una vera e propria «emergenza democratica».

Sta di fatto che quello attuale è un modo di fare che rende assai più complicato di quanto avrebbe potuto - e di quanto sarebbe opportuno in un momento difficile come l’attuale - discutere razionalmente delle regole istituzionali, per il bene del Paese. Uno sforzo che sarà comunque necessario compiere e a cui il Partito Democratico non si sottrarrà. Siamo ben consapevoli che l’uso improprio della decretazione, la presentazione dei maxi-emendamenti e la posizione reiterata della questione di fiducia sono pratiche in parte giustificate, o in apparenza giustificabili, per la scarsa efficienza del processo legislativo ordinario. Ed è vero quanto ricorda il Presidente della Camera, che nelle democrazie parlamentari contemporanee, specialmente quelle bipolari, il bilanciamento tra i poteri che il costituzionalismo classico assegnava alla separazione tra legislativo ed esecutivo, è garantito, di fatto, dalla dialettica tra il continuum governo-maggioranza da un lato e l’opposizione dall’altro.

Proprio per questo, non da oggi, proponiamo con insistenza di snellire il nostro sistema bicamerale, di riportare in capo a una sola Camera il voto finale sulla gran parte delle leggi e di ridurre notevolmente il numero dei parlamentari. Siamo anche favorevoli a stabilire termini certi per il voto da parte del Parlamento sulle proposte del Governo, nel quadro di una revisione dei regolamenti che renda ugualmente certi i tempi per la discussione e l’esame di quei provvedimenti, e che consenta anche all’opposizione di vedere esaminate e votate, negli stessi tempi certi, le proprie proposte. Perché se è vero quanto afferma il Presidente Fini, la costituzione e i regolamenti parlamentari devono garantire la possibilità per l’opposizione di esercitare la sua funzione di critica, persuasione, proposta, avendo a disposizione anche il tempo necessario e gli strumenti per segnalare all’opinione pubblica i difetti, i pericoli e le contraddizioni che riscontra nelle iniziative del Governo.

Se e quando l’attuale maggioranza dovesse dimostrare di avere una tale matura concezione della democrazia parlamentare, non ci sottrarremo a una discussione costruttiva sulle regole costituzionali e regolamentari, due piani che non possono essere disgiunti. Mentre invece occorre mantenere rigorosamente separati il piano del governo e quello della convergenza parlamentare sulle regole.

Chi come noi all’inizio della Legislatura, dopo aver introdotto elementi di innovazione da tutti riconosciuti, si era impegnato per un dialogo approfondito su questi temi, non può non riconoscere che per esplicita volontà del Presidente del Consiglio esso non è più praticabile. Ma un’opposizione responsabile, quale noi siamo, come ha fatto con Alitalia e come sta facendo in questi giorni di gravissima crisi finanziaria, è disposta ad approvare da subito, in Parlamento, misure in grado di rafforzare il carattere di quella «democrazia che decide» che sin dal Lingotto è per me la stella polare da seguire. Su temi come questi, che saranno anche al centro del convegno su Piero Calamandrei voluto dal PD, una iniziativa unilaterale della maggioranza, sostenuta dalla forza dei numeri e dal potere di agenda di cui sono titolari i presidenti delle camere, sarebbe invece il modo peggiore per procedere e la più evidente conferma delle nostre preoccupazioni.
 
da lastampa.it
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« Risposta #159 inserito:: Ottobre 09, 2008, 05:51:11 pm »

Il confronto con l'opposizione? Una telefonata...

Natalia Lombardo


Un decreto, forse l'unico per il quale è motivata la necessità e urgenza, per proteggere le banche sotto l'ombrello statale, nel caso di crolli. Perché la situazione allarma il presidente del Consiglio, nonostante i tentativi, anche ovvi, di rassicurazione al Paese. Un allarme che potrebbe portare il governo a sostenere la costituzione di una sorta di «banca unica». Un'altra possibilità circolata ieri sera è che il governo voglia far lanciare una «opa» su Unicredit, banca in netta difficoltà rispetto al colosso italiano Intesa-San Paolo.

Di prima mattina Silvio Berlusconi ha convocato Giulio Tremonti a Palazzo Grazioli, per darsi da fare nell'affrontare la crisi finanziaria come gli altri leader europei che sono intervenuti, l'Islanda, l'Irlanda, la Germania e la Gran Bretagna, oltre agli Stati Uniti. Per prima cosa a Palazzo è stato deciso il piano della giornata: il ministro dell'Economia avrebbe scritto il decreto da presentare alle otto di sera in un consiglio dei ministri straordinario. A Borse chiuse, senza quindi il rischio di scossoni dei titoli. Un consiglio dei ministri che, come sempre ratifica le decisioni prese a casa del premier. Berlusconi ieri mattina ha incontrato anche il Ragioniere dello Stato, Mario Canzio, naturalmente nella sede personale di governo a via del Plebiscito. Alla riunione con Tremonti erano presenti il sottosegretario Angelo Custode Gianni Letta e il ministro degli Esteri Frattini. Suggerito dal Grande Mediatore, un passaggio del percorso ha dovuto preverere il rispetto della prassi istituzionale promessa il giorno prima al presidente Napolitano. Così, nel tardo pomeriggio, Tremonti è salito al Colle ad illustrare il decreto a voce. La situazione è grave. Ma dal Palazzo la parola d'ordine è «calma», non bisogna alimentare la paura nei risparmiatori. Parola magica la cui comunicazione è affidata a Frattini, il che non è certo troppo convincente. Ci riprova Tremonti nella conferenza stampa dopo il Cdm: «Stabilità, liquidità, crescita». Speriamo senza troppa creatività...

Le scelte del governo prescindono dall'opposizione, nel giorno in cui il presidente della Camera, Gianfgranco Fini (più che quello del Senato, Schifani), pone un aut aut alla maggioranza, più che all'opposizione, sui casi Vigilanza e Consulta. Pena il blocco del Parlamento e dei decreti che Silvio vuole «imporre».

Nel Pdl comunque si è registrato un certo imbarazzo per la sparata notturna di Berlusconi, quel "non me ne frega niente" scappato di bocca al solo sentir nominare Veltroni. Nessuna risposta ai commenti indignati di Enrico Letta e Anna Finocchiaro, che hanno stigmatizzato il "me ne frego" di trista memoria: «Parole non adatte a un premier». E sul piano istituzionale il governo si è reso conto che non può forzare la mano, così stamattina Tremonti andrà a riferire sulla crisi alla Camera e al Senato. Ultimo fra i ministri dell'Economia degli altri paesi.

Dal Pd, nonostante il «me ne frego» berlusconiano, Veltroni mantiene la disponibilità di un «tavolo» (la parola non piace al cavaliere) comune sulla crisi finanziaria. Così Bersani, ministro ombra dell'Economia, cerca Tremonti al telefono (e non il contrario). Non lo trova. «Pronto Pierluigi sono Giulio»: il ministro lo richiama nel bel mezzo della conferenza stampa del governo ombra. Bersani esce dalla sala col telefonino, illustra i sei punti anti-crisi del Pd. Tremonti a grandi linee spiega i contenuti del decreto, ma senza chiedere al Pd né collaborazione, né confronto. «Noi siamo a disposizione», conferma Bersani. Tra i due un botta e risposta sulla proposta di Tremonti nel 2003, di ipotecare le case e chiedere dei mutui per incrementare i consumi, bloccata dai Ds. Giulietto minimizza: era «una bozza». Ma, se fosse passata, gli italiani ora si ritroverebbero senza tetto né soldi, come negli Usa.


Pubblicato il: 09.10.08
Modificato il: 09.10.08 alle ore 9.37   
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« Risposta #160 inserito:: Ottobre 09, 2008, 05:52:29 pm »

Governo, decreto per garantire i risparmi


«Nessuna banca è a rischio fallimento, negli istituti di credito italiani c’è liquidità». Berlusconi uscendo dal Consiglio dei ministri che ha varato il decreto anti-crisi, rassicura. Comunque, visto che non si sa mai, il governo ha messo a disposizione venti miliardi di euro per salvare le banche da eventuali crac. Sui depositi dei risparmiatori, dunque, oltre alle garanzie bancarie si aggiungono quelle dello Stato, anche se Tremonti è convinto che «non serve perchè noi impediamo che una sola banca fallisca». Insomma, il decreto, che prima del Cdm è stato illustrato dal ministro Tremonti al presidente Napolitano, «si fa per prudenza».

Per dirla con il presidente di Bankitalia Mario Draghi, è «un'arma che speriamo di non usare».

Il Pd, intanto, apprezza il decreto del governo per la garanzia pubblica dei risparmi. Ma il Pd chiede anche interventi immediati su salari, pensioni e in favore delle piccole e medie imprese. Chiede che sia salvaguardata la disciplina vigente sulla bancarotta fraudolenta e che vengano introdotte misure anti-speculazione. E chiede soprattutto che il Parlamento abbia un ruolo centrale nell’affrontare la crisi, «sia sulle scelte generali, sia sulle specifiche misure di intervento». Fino a mercoledì sera, infatti, il governo non aveva dato nessun segnale di collaborazione, tanto che Massimo D’Alema era arrivato a dire: «Il premier se ne frega». Poi Tremonti si è deciso a fare marcia indietro. E ha alzato il telefono per chiamare il Pd. Il governo ombra, infatti, mercoledì si era riunito per fare il punto sulla crisi dei mercati e aveva cercato di comunicare al ministro dell’Economia le sue proposte. Ma Tremonti era impegnato. «Ci richiamerà», aveva detto Veltroni. E così, finalmente, è stato.

La proposta di costituire una «task force per rassicurare il Paese» era arrivata già dal ministro dell'Economia del governo ombra Pierluigi Bersani, secondo il quale per uscire dalla crisi è necessario tornare a lavorare per un'Autorità di vigilanza bancaria europea, «una proposta di Tommaso Padoa Schioppa che fu bocciata a Londra», rafforzare il ruolo della Bce e rendere più flessibili i criteri di Maastricht. E il Pd aveva chiesto poi a Tremonti di riferire alla Camere sulla situazione del nostro paese nel marasma mondiale. E così sarà. Insomma, gli spiragli per lavorare insieme, almeno su questo tema, sembrano esserci. Tanto che il Pd, se la crisi finanziaria dovesse drammaticamente peggiorare, si è impegnato a rinunciare alla manifestazione del 25 ottobre contro il governo. «Siamo tutte persone con la testa sulle spalle – ha spiegato Veltroni – Ma questo non significa far venir meno una grande manifestazione democratica, positiva, che costituisce l'identità di una grande forza democratica. Certo – conclude – se la situazione dovesse diventare socialmente drammatica... Siamo tutta gente che ha fatto esperienza di consapevolezza».


Pubblicato il: 08.10.08
Modificato il: 08.10.08 alle ore 21.42   
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« Risposta #161 inserito:: Ottobre 09, 2008, 05:54:01 pm »

Se i poveri vanno a destra


Nicola Cacace


Nel mezzo di una crisi finanziaria mondiale, frutto di una deregulation portata avanti dalla destra che produce disastri simili a quelli del ’29, deregulation che oggi tutti condannano, ci si chiede «perché i poveri votano a destra». Infatti la destra è avanzata, in America come in Europa, in un ventennio segnato da concentrazione di ricchezza e aumento delle povertà, col risultato che oggi in quasi tutti i Paesi poco meno della metà della ricchezza nazionale è nelle mani dell’1% delle famiglie, mentre prima del 1980, prima cioè dell’avvento di Reagan e della Thatcher, la quota posseduta dall’1% delle famiglie era poco più di un terzo.

Allora è vero che i poveri votano a destra? È vero che tra i poveri, gli operai e i ceti medi produttivi colpiti da perdite del potere d’acquisto e di status, aumentano insicurezze e paura del futuro, indirizzate abilmente dalle destre populiste contro i “diversi”, immigrati, gay, studenti ribelli del ‘68 e contro le politiche di solidarietà e dei controlli? Se è così, questo avviene anche per carenze culturali della sinistra nel fare analisi e proporre cure che spesso si confondono con quelle della destra.

A sostegno di questa tesi citerò passi di un libro di R. Reich, ministro del Lavoro del primo governo Clinton, oggi docente alla Brandeis University dal titolo significativo: «Ragiona! Perché i liberal vinceranno la battaglia per l’America» (liberal sta per progressista). L’autore spinge i democratici a ragionare con analisi e programmi ispirati agli interessi del Paese, che oggi più che mai ha bisogno di politiche di solidarietà sociale e di controlli pubblici se vuole evitare grandi depressioni come nel ‘29 e crisi gravi come quella di oggi, dovute, oltre che dall’assenza di controlli, al calo dei consumi e della domanda interna da impoverimento di massa.

«Anziché sul rafforzamento della moralità pubblica - i finanzieri di Wall Street senza controlli e con paghe esorbitanti - i “radcon” (radicali conservatori) si concentrano sulla moralità sessuale. Essi preferiscono regolamentare le camere da letto piuttosto che le stanze dei consigli d’amministrazione. ... Elemento determinante del successo della destra sono le truppe d’assalto mediatiche, che puntano sulle insicurezze e le paure di chi non arriva a fine mese, convincendo i cittadini che tutti i loro guai vengono da malattie esterne portate dalla sinistra, immigrati, ambientalisti, studenti, gay, arabi e comunisti. Le vetrine mediadiche sono finanziate da un gruppo di magnati dei media come Murdoch e il reverendo Sun Myung Moon e sostenute da giornali come Wall Street Journal, Weekly Standard, Washington Times, New York Post, New York Sun... Dopo aver conquistato le radio - 600 stazioni con 20 milioni di ascoltatori raggiunti nel 2003 - i radcon conquistano la Tv. Fox News di Murdoch nel 2002 supera Cnn nella guerra degli ascolti tra i canali d’informazione via cavo. Il dominio dei radcon non è dovuto solo al denaro e ai media. Alcuni attribuiscono l’eclissi dei democratici al fatto che il partito non ha saputo tenere il passo con un elettorato diventato più conservatore. Sono proprio quelle persone più danneggiate dalle politiche conservatrici dei repubblicani che, presi da insicurezza e paura, sono spinti ad incolpare gli altri. I radcon sono stati bravi a orientare paure ed insicurezze sui liberal. Molti democratici sostengono di essersi dovuti spostare al centro per seguire l’elettorato. Non serve coraggio per spostarsi al centro come viene definito dai sondaggi. Se vuoi essere un politico leader con tue idee sei tu che stabilisci il centro, non lasciando ai sondaggi dirti dove andare. Al massimo i sondaggi ti dicono da che parte sta la gente ed è inutile portarla dove già si trova, devi portarla in direzione dei tuoi valori e dei suoi veri interessi... Molti democratici hanno smesso di votare. Alle presidenziali del 2000 votarono i tre quarti degli elettori con redditi superiore ai 75mila dollari, solo un terzo di quelli con redditi inferiori ai 10mila. Con un astensionismo più equilibrato Al Gore avrebbe stravinto».

In sostanza Reich è convinto che i democratici torneranno ai loro valori storici rooseveltiani di capitalismo sociale di mercato senza confondersi con la destra su temi come sanità, fiscalità, paradisi fiscali, controlli sulla finanza e senza inseguire più un centrismo che continua a spostarsi verso destra. Allora non ci sarà partita alle prossime elezioni, una volta convinta la maggioranza degli americani che i loro interessi sono meglio tutelati dalle politiche liberal che da quelle protocapitaliste asservite all’avidità dei Cheney, dei Bush e dei loro amici.

PS Robert Reich, che nel 2004 aveva previsto la sconfitta di Al Gore, oggi prevede la vittoria di Obama.


Pubblicato il: 09.10.08
Modificato il: 09.10.08 alle ore 8.35   
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« Risposta #162 inserito:: Ottobre 19, 2008, 10:39:45 am »

Il segretario del Pd rilancia la polemica dopo i dati sui Tg diffusi dall'Authority

Ma il Pdl respinge le accuse e attacca Fabio Fazio:"Prepara uno spot per l'opposizione"

Veltroni: "Consenso a Berlusconi pilotato dalle televisioni occupate"

Fabio Fazio nel mirino del Pdl per la prossima intervista a Veltroni


ROMA - Lamenta lo strapotere della maggioranza nel controllare la televisione Walter Veltroni per spiegare ai militanti del Pd il difficile momento dell'opposizione. "Dobbiamo andare un po' in tv perché il sistema dell'informazione italiana è quello che è, sui giornali ci sono dati allucinanti, dove la presenza del governo e della maggioranza è al 70%, ecco perché il consenso è così grande. E' uno squilibrio inaccettabile", ha spiegato il segretario intervenendo al circolo del Partito democratico di San Basilio, alla periferia nordorientale di Roma.

L'ex sindaco della capitale ha ricordato quindi i dati diffusi ieri dall'Agcom, l'autorità di controllo sulle telecomunicazioni, sulla presenza delle forze politiche nei media. "La tv è schierata come mai non si è visto", ha denunciato ancora Veltroni. "Ma a parte i Tg - ha proseguito - c'è la realtà di un Paese in sofferenza che fa fatica ad arrivare alla fine del mese. Io non vorrei parlassimo d'altro, perché vedo un disagio che cresce".

Né le cifre del Garante per le tv, né tantomeno le parole del segretario del Pd, sembrano però scuotere la maggioranza, che ribalta invece la questione denunciando i favori di cui Veltroni godrebbe all'interno di Raitre. A finire sotto accusa è in particolare il conduttore Fabio Fazio, che ha in programma nei prossimi giorni un'intervista con il leader dell'opposizione nel corso della trasmissione "Che tempo fa". "La presenza di Veltroni da Fazio a meno di una settimana dalla manifestazione del 25 ottobre - sostiene Maurizio Lupi del Pdl - ha un solo obiettivo: farsi pubblicità con i soldi di chi paga il canone". "Questa volta - afferma ancora Lupi - non credo si leveranno voci di protesta da parte di chi invoca par condicio e una Rai veramente servizio pubblico".

A prendere le difese del leader democratico è stato quindi Roberto Rao, capogruppo Udc in Commissione di Vigilanza Rai. "Chi critica Fazio che invita Veltroni, finge di non vedere che per due settimane consecutive la Pdl farà il pieno la domenica pomeriggio, sulle reti commerciali. Ma questa resta una pagliuzza rispetto alla trave dei dati dell'Agcom di ieri sullo squilibrio tra maggioranza e opposizione in tutti i tg, con alcune clamorose esagerazioni sotto gli occhi di tutti".

"Sarebbe però il caso - conclude Rao - che tutti avessero maggior pudore e soprattutto riflettessero con attenzione sui dati Agcom che, oltre a rilevare il netto predominio del governo e della maggioranza nei principali tg, segnalano anche una forte spinta bipartitica da parte dei tg in favore di Pdl e Pd. Ciò che non è riuscito con le elezioni dello scorso aprile si cerca di fare tramite i media, nonostante più di un italiano su tre non si riconosca nel finto bipartitismo Pdl e Pd".

(18 ottobre 2008)

da repubblica.it
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« Risposta #163 inserito:: Ottobre 19, 2008, 10:20:53 pm »

Il segretario del Pd: "E' stato lui a stracciare il patto di programma"

La replica: "Non è vero. E' un collaborazionista, e il suo partito è inesistente"

E' scontro Veltroni-Di Pietro "L'alleanza con l'IdV è finita"

Il leader democratico difende la manifestazione del 25: "Non capisco lo stupore"


 MILANO - Pd e Italia dei valori ai ferri cortissimi. "L'alleanza con Di Pietro è finita", dice il leader democratico ospite di Fabio Fazio, "perché dopo le elezioni ha rotto il patto di programma e ha rifiutato il gruppo unico". Secca la replica dell'ex pm: "Si arrampica sugli specchi, la verità è che il suo partito è inesistente, e negli ultimi mesi ha oscillato tra collaborazione con il governo e collaborazionismo".

Uno scontro che da tempo cova sotto la cenere, e che ora, alla vigilia della manifestazione del 25 ottobre, esplode in tutta la sua vis polemica.

Alleanza finita. Il leader del Pd non usa mezzi termini: "Con Di Pietro avevamo sottoscritto un programma per costituire un unico gruppo; quando si è accorto che aveva un numero sufficiente di parlamentari per costituirne uno da solo, Di Pietro ha stracciato quell'impegno". E ancora: "L'alleanza è finita quando Antonio Di Pietro ha stracciato l'impegno, dopo le elezioni, di costituire un gruppo comune con noi".

La replica di Tonino. L'ex pm risponde con una serie di sciabolate al leader del Pd. "IdV non ha rotto alcun patto con il Pd, tanto è vero che sta per affrontare, insieme al Pd, le imminenti elezioni in Trentino e speriamo anche in Abruzzo. Noi abbiamo scelto subito un'opposizione chiara, lineare e intransigente, mentre il Pd ha ondeggiato con una linea collaborativa, a tal punto da sembrare talvolta persino collaborazionista". E ancora: "Il buon Veltroni si attacca agli specchi per cercare di giustificare una opposizione che in questi mesi c'è stata poco o per niente".

Dal leader Pd attacco al governo. Veltroni attacca la maggioranza e ne condanna l'atteggiamento nei confronti dell'opposizione: "C'è un fastidio per tutto ciò che non rappresenta il consenso, per l'opposizione, per i sindacati, per i giornalisti e per l'Europa. Chiunque non è nella scia del pensiero unico è visto come un marziano", dice il leader del Pd durante l'intervista. "L'attuale maggioranza - afferma Veltroni - è stata scelta da meno del 50% del Paese; queste persone elette protempore, però, hanno un atteggiamento e una arroganza di chi invece di aver vinto le elezioni ha preso il potere".

E ancora: "Bisogna diffidare di uomini politici che vivono con i sondaggi in mano e agiscono in base ai loro risultati. Se Martin Luther King avesse fatto un sondaggio per l'integrazione razziale avrebbe perso di sicuro", dice Veltroni.

Risposte non adeguate alla crisi. Il leader dell'opposizione imputa al governo di non aver dato risposte adeguate di fronte alla crisi: "Il governo si preoccupa delle banche ma nessuno dice qualcosa sulle piccole e medie imprese, sui precari e sui lavoratori che vivono con 1.300 euro al mese. Il governo non si è occupato di questi problemi". "Si sono occupati della giustizia e della televisione ma non di questi problemi della gente", dice ancora.

Manifestazione del 25 ottobre. Sulla manifestazione di piazza contro il governo indetta per il 25 ottobre, Veltroni dice di non capire "lo stupore". "Questa manifestazione preoccupa tanto e questo mi stupisce: si tratta di una cosa semplice e bella, come bello è il fatto che la gente voglia muoversi da casa per ritrovarsi in una piazza in cui raccogliere il proprio disagio e creare una serie di proposte e alternative al governo", dice il leader del Pd. E ricorda la manifestazione della destra a piazza S. Giovanni, quando l'attuale maggioranza si trovava all'opposizione; allora non ebbe "tutto questo risalto, nonostante s'intitolasse contro il regime per la libertà e ci fossero persone che mangiavano la mortadella in segno di protesta contro Prodi".

Commissione vigilanza Rai? Non è un problema della gente. Per Veltroni, la risoluzione dello stallo per la presidenza della Commissione di vigilanza Rai non è prioritaria per la popolazione. "Spero si trovi una soluzione, ma penso che gli italiani siano più preoccupati dei loro salari e della scuola", dice rispondendo ad una domanda sull'elezione del presidente della Commissione. "Una commissione di Vigilanza - ha detto - non mi sembra il problema principale della gente".

Se Obama perde clima pesante in Occidente. Guardando oltreoceano, Veltroni tifa nettamente per il candidato democratico alla Casa Bianca. "Se Obama dovesse perdere le elezioni sarebbe la conferma che in Occidente c'è un clima pesante", dice parlando delle prossime elezioni americane. E paragona l'attuale crisi a quella del '29 e le diverse soluzioni trovate in Europa e negli Stati Uniti: nel '29, l'America uscì dalla crisi con il New Deal; in Europa, invece, nacque il nazismo. Quando c'è una crisi ci sono sempre due soluzioni. Obama rappresenta il nuovo New Deal".

(19 ottobre 2008)

da repubblica.it
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« Risposta #164 inserito:: Novembre 03, 2008, 04:48:45 pm »

2008-11-01 20:49

VELTRONI INAUGURA RED, PARTE IL DISGELO?

di Marco Dell'Omo



Sarà Walter Veltroni, martedì prossimo, a inaugurare le trasmissioni della televisione dalemiana "Red tv". L'invito è partito dalla direzione dell'emittente: un ramoscello d'ulivo al segretario del Partito democratico che ha lanciato solo qualche settimana fa la televisione del Pd "Youdem".

Si vedrà se il gesto di cortesia prelude a un disgelo tra veltroniani e dalemiani, mai come in questi giorni ai ferri corti. L'invito a Veltroni, infatti, non maschera le divisioni interne nel partito, che conoscono ogni giorno un nuovo capitolo. Questa volta ci ha pensato il braccio destro di Veltroni, Goffredo Bettini, a scatenare la polemica: la sua proposta di un "rinnovamento", anche in termini generazionali, ha scatenato una ridda di reazioni a caldo da parte dei dalemiani, che ancora non si sono placate. Dopo le bordate dell'ex tesoriere dei Ds Ugo Sposetti, secondo il quale non è possibile che il nuovo gruppo dirigente sia costituito "dagli stessi uomini che ci hanno portato alla sconfitta a Roma", interviene oggi il vicecapogruppo democratico al Senato Nicola Latorre: "Se si vuole parlare seriamente di politica - osserva sarcastico - non credo si debba discutere della proposta di Bettini".

Del resto, la proposta di rinnovamento lanciata da Bettini non convince del tutto nemmeno il liberal Enrico Morando. "Questo dibattito - sostiene senza nascondere il suo fastidio - è la solita minestra riscaldata. Invece di limitarci a guardare solo la carta di identità, cerchiamo di concentrarci sulle idee, perché è di questo che abbiamo bisogno". Secondo Morando, il compito prioritario del Pd, in questo momento, è quello di preparare al meglio la conferenza programmatica, che si terrà tra la fine di gennaio e l'inizio di febbraio. Non si tratta di un tema neutro: Veltroni non vuole che l'appuntamento si trasformi in un succedaneo del congresso, dove si discute anche di leadership e gruppi dirigenti.

Secondo Morando, il Pd dovrebbe individuare due o tre temi (legge elettorale, lavoro, scuola) su cui discutere: "Il segretario dice qual è la sua posizione, si avvia il dibattito, si vota e si decide. Come fa il partito laburista in Inghilterra a scadenza regolare, e come sarebbe previsto anche nel nostro statuto. Ecco, se invece di perderci in polemiche interne, attuassimo lo statuto, faremmo la cosa giusta".

Nel frattempo, riflettori puntati (é il caso di dirlo) sull'intervista di Veltroni a Red. "L'invito - ha spiegato il dalemiano Latorre - è un atto giustissimo, dimostra che Red è una tv seria, fatta da gente seria, e che si muove nell'ambito del Partito democratico". 


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