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Autore Discussione: Landini candida Cofferati «Può diventare lo Tsipras italiano»  (Letto 2620 volte)
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« inserito:: Gennaio 24, 2015, 10:28:17 am »

Landini candida Cofferati
«Può diventare lo Tsipras italiano»
Il segretario della Fiom: «Dobbiamo andare oltre gli schemi classici. Le primarie pd dovevano aiutare la partecipazione. Ora per vincerle si fanno votare lobby e fascisti»

Di Fabrizio Roncone

«Guardi, glielo dico con simpatia, ma il suo modo di ragionare è vecchio, polveroso, legato a schemi politici ormai superati. Lei continua a chiedermi se lo strappo di Cofferati può essere la scintilla per far nascere un nuovo partito a sinistra del Pd: ma io non penso a un nuovo partito, io penso invece a nuove forme di aggregazione, penso a tante persone che possono finalmente tornare a partecipare, organizzandosi nella forme che più ritengono opportune».

Mi viene in mente una parola: Tsipras.
«Non so se è un modello esportabile. Però so che è estremamente interessante come certi meccanismi di elaborazione del cambiamento possano mettersi in moto proprio come si sono messi in moto in Grecia: in questo senso, naturalmente, un personaggio del carisma di Cofferati, con le sue grandi qualità etiche e morali, può certamente contribuire ad accelerare un percorso simile anche qui. Dove pure è necessario andare oltre l’idea di sinistra classica».
(L’intervista andava avanti da una ventina di minuti: e Maurizio Landini, il líder Maximo della Fiom, lui che è un formidabile comunicatore, battuta sempre pronta, velocità, ritmo, lucidità, allergia con bolle al politichese, stavolta tendeva stranamente a prenderla un po’ alla larga. Incalzarlo è stato opportuno: ad un certo punto, sia pure sorridendo, ha come perso la pazienza ed è andato così giù diritto alle conseguenze che possono derivare dall’uscita di un personaggio come Cofferati dal Pd).
«Mi spiego meglio: qui il punto non è se adesso nascerà o meno una forza a sinistra del Partito democratico. Qui la scena è più grave. Qui dev’essere chiaro a tutti che il processo in atto, come testimonia in modo emblematico anche la vicenda Cofferati, è più profondo. La sinistra non c’è più in Italia. Il dato, purtroppo, è ufficiale e definitivo. Siamo innanzi a un passaggio di drammatica rottura nella storia politica e sindacale del Paese».

Lei dice che la vicenda Cofferati è emblematica: può essere più preciso?
«Le rispondo ricordando a tutti che in tasca, il sottoscritto, ha due sole tessere: quella della Cgil e quella dell’Anpi, l’Associazione nazionale partigiani. Questo per dire che ragiono seguendo solo la logica, il buon senso, e ricordando che il Pd s’era dotato delle primarie, immaginando, sperando che potessero essere uno strumento capace di determinare novità e partecipazione. Bene: dobbiamo prendere invece atto che è uno strumento che allontana i giovani e porta alle dimissioni persone come Sergio, che quel partito ha addirittura contribuito a fondarlo. E perché accade tutto ciò? Accade perché anche nelle primarie del Pd prevalgono lobby e logiche di potere, perché pur di vincere è lecito portare a votare i fascisti, perché diventa secondario che siano state riscontrate irregolarità e alla fine ci tocca anche sentire la Serracchiani che dice: “Non si rimane solo se si vince”. Ma si vince cosa? Si vince come? E il rispetto delle regole? E l’onestà? Io sono mesi che parlò di onestà, che invoco onestà...».

In effetti, lo scorso autunno, lei provò a introdurre il tema e lo fece con toni piuttosto ruvidi: disse che «gli onesti sono contro Renzi».

«Il primo a rispondermi, suppongo su ordine del capo, fu il presidente del Pd, Matteo Orfini. Peccato che adesso sia proprio lui, Orfini, con i gradi di commissario straordinario, a dover indagare sulla palude del malaffare in cui galleggia il Pd a Roma. La verità è che dovrebbero avere la forza di interrogarsi sul gorgo nel quale hanno fatto sparire ogni traccia di etica e morale... e mi scusi se continuo a usare queste due paroline».

Lei non ha il minimo dubbio che Cofferati abbia almeno sbagliato, come pensano alcuni osservatori, i tempi di reazione?
«Conobbi Sergio quando diventò segretario della Cgil: io, all’epoca, ero il segretario della Fiom di Reggio Emilia. Da allora, con Sergio, abbiamo condiviso percorsi e avuto anche qualche momento di democratico conflitto: sempre, però, ho pensato d’avere di fronte una persona perbene, rigorosa, capace di far prevalere valori e principi, un socialdemocratico autentico».

A suo parere, cosa gli impedì, nel 2002, quando dopo la straordinaria manifestazione del Circo Massimo era al culmine della popolarità, di diventare il leader della sinistra italiana?
«A impedirgli di diventare ciò che avrebbe meritato furono certe logiche di partito. Che lui, un uomo incapace di porre questioni personali, rispettò. Per questo trovo assolutamente offensivo che qualcuno stia provando, nelle ultime ore, a dargli lezioni di comportamento. Piuttosto...».

Piuttosto cosa, Landini?
«Leggessero bene il sondaggio pubblicato dal Corriere: con il Pd che è in caduta libera e con il governo che non gode più di tanti consensi. Del resto, cancellano lo statuto dei lavoratori, varano provvedimenti in cui si depenalizza la frode e, di fatto, l’evasione fiscale... e poi tengono il Paese legato a quel misterioso patto del Nazareno, in cui sembra sia stato deciso addirittura il nome del prossimo Presidente della Repubblica. Gente così pensa davvero di poter dare lezioni di etica e morale a Cofferati?».

19 gennaio 2015 | 07:39
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/politica/15_gennaio_19/landini-candida-cofferati-puo-diventare-tsipras-italiano-c589802e-9fa4-11e4-84eb-449217828c75.shtml
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« Risposta #1 inserito:: Gennaio 24, 2015, 10:48:27 am »

Legge elettorale
L’Italicum spacca Pd e Forza Italia
In Aula lo psicodramma della fronda
L’esponente bersaniano Gotor: non sarò corresponsabile di questa tragica vicenda

Di Fabrizio Roncone

Ci sono scene che spiegano molto. Questa in ascensore, per dire.
Il senatore Francesco Nitto Palma è saltato dentro con un balzo.
Spinge il pulsante «T», sbuffa, alza il suo sguardo classico (non capisci mai se è un ghigno di disprezzo, o una smorfia di pazienza).
«Che c’è?».
C’è che il patto del Nazareno tiene, no?
«Noi di Forza Italia, qui a Palazzo Madama, votiamo come è stato deciso. Punto. Anzi, punto e basta».
E Fitto? E i fittiani?
«I fittiani? I fittiani non esistono. Se riescono ad arrivare a dieci, è tutto grasso che cola».
Stavolta il ghigno era proprio di disprezzo. Le porte si aprono, esce, va a farsi un giro di Burraco («Il suo amico Ciro Falanga, l’altro giorno, gli ha vinto 20 euro, e adesso deve dargli la rivincita»: è la voce divertita di Monica Cirinnà, senatrice del Pd). Risalire.

Ecco i 29 senatori dissidenti del Pd
Tornare al primo piano, attraversare il corridoio dei busti, cercare Miguel Gotor.
Raccontano che il capo dei rivoltosi bersaniani sia piuttosto nervoso. Ci sono politici capaci di nascondere sentimenti, lacrime, sudore. Gotor, no: Gotor fu arruolato da Bersani per coprire il ruolo dell’intellettuale non organico, forse per fare persino il ministro della Cultura - studioso di santi, eretici e inquisitori, filologo di Aldo Moro, ricercatore di Storia moderna a Torino - ma non ha mai subìto una reale mutazione genetica; è rimasto un professore universitario e così, se si arrabbia, o si dispiace, o se capisce di aver perso, si vede.

Un paio d’ore fa, nella sala Koch, durante l’assemblea dei senatori del Pd, atmosfera tesa, la Boschi vestita di nero, Gotor se ne stava lì, seduto al centro. Molto irrequieto, con la cravatta allentata, le mani sul cellulare per mandare sms, riceverli, rispondere, e poi guardarsi intorno, guardare soprattutto lui, Matteo Renzi, che l’aveva definito «il mio nemico preferito» (quando il bersaniano Paolo Corsini s’è alzato annunciando un documento politico ostile all’Italicum redatto proprio da Gotor e firmato da 29 senatori, Renzi ha deglutito, il capogruppo Luigi Zanda s’è passato una mano tra i capelli, Giorgio Tonini e Stefano Lepri si sono guardati come di solito si guardano quelli che finiscono su «Scherzi a parte»).


Gotor, l’avete fatta grossa.
«Abbiamo seguito la nostra coscienza».
Qualcuno, però, adesso sembra pentito.
«Vuol sapere se qualcuno dei 29 sta cambiando idea e, invece di uscire dall’Aula, resterà? Non lo so, può darsi. Problemi loro. Io non voglio essere corresponsabile di questa penosa, tragica vicenda...».
Sta usando toni forti.
«Vogliono far passare una legge elettorale decisa solo con Verdini. Il 70% di eletti da Renzi e Berlusconi, il 30% di eletti con le preferenze. Una vergogna assoluta. Io, per coerenza, mi tiro fuori. Altri faranno come me, altri magari no... Quello lì, per esempio, cosa farà?». Indica Ugo Sposetti.

Sposetti, in verità, durante l’Assemblea, è stato autore di un intervento vibrante e raffinato, ha ricordato che un gruppo parlamentare ha il dovere della sintesi, della compattezza, che non è possibile dividersi in vinti e vincitori.

Passa la senatrice Donella Mattesini. Chiama Sposetti: «Ugo, sei stato bravissimo. Dobbiamo restare uniti!». Arriva la notizia che tre dei 29 ribelli ci avrebbero ripensato ufficialmente: sono la Puppato, la Idem e la Albano. Voteranno sì all’ormai celebre «emendamento Esposito», costruito per inglobare tutti gli accordi di maggioranza sull’Italicum, e che quindi farebbe decadere altri 48 mila emendamenti. Il senatore di Gal, Vincenzo D’Anna, spiega che, a questo punto, «più che di Italicum sarebbe opportuno parlare di Espositum». I bersaniani paiono ostinati e giurano che sul loro pallottoliere continuano comunque a contare 29 dissidenti. Fitto spedisce sms ai suoi: e i fittiani conteggiati sarebbero forse anche venti (magari non andate a dirlo a Nitto Palma).

Alla buvette c’è Mario Michele Giarrusso (M5S).
«Che spettacolino... Noi grillini siamo contrari a questo schifo di legge imposto da Renzi e Berlusconi. Purtroppo, ormai c’è poco da fare...».
Gira voce che Sel e Lega proveranno ad allungare i tempi. Roberto Calderoli, per lunghi minuti, tiene magnificamente l’Aula.
Magnificamente, poi, è chiaro: dipende dai gusti.
Augusto Minzolini esce.
Minzolini, da qualche tempo, viene arruolato tra i rivoltosi di FI. Ma se vai a dirglielo, lui s’infuria. La verità è che ti trovi davanti a un senatore che ragiona con la testa di un cronista politico. Salta d’istinto qualche passaggio, rischia, bleffa, intuisce.
«Che noia ormai parlare d’Italicum... dai, parliamo piuttosto di Quirinale! Io dico che Berlusconi spinge per Amato. Ma se Renzi, che come Nerone vive di sospetti, non ci casca, allora potrebbe comparire una figura simile a Mattarella...».
Tipo?
«Tipo Ugo De Siervo... Oh, ma io non v’ho detto niente... Non mettetemi nei casini».

21 gennaio 2015 | 08:48
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/politica/15_gennaio_21/legge-elettorale-pd-forza-italia-scontro-minoranze-renzi-berlusconi-33589842-a13f-11e4-8f86-063e3fa7313b.shtml
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