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Autore Discussione: Oreste Saccone. Norme anti-elusione: un regalo ai grandi evasori  (Letto 2060 volte)
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« inserito:: Gennaio 18, 2017, 10:51:34 pm »

Norme anti-elusione: un regalo ai grandi evasori

Fisco Equo <lef.posta@fiscoequo.it>
Di Oreste Saccone

Niente più carcere per i manager e sterilizzata la linea dura della magistratura, con i poteri degli uffici giudiziari e dei giudici fortemente ridimensionati nell’individuare e perseguire l’abuso. Sembra proprio una mano ai grandi evasori la nuova disciplina sul contrasto all’elusione fiscale approvata nel 2015 dal governo Renzi. In caso di operazioni di tax planing sostanzialmente elusive i grandi manager non dovranno più temere il rischio di finire in galera e la magistratura si ritrova con le armi spuntate. il governo anziché limitarsi a meglio definire la clausola antiabuso affermatasi nella giurisprudenza con diverse sentenze della Corte di Cassazione a partire dal 2008 per inserirla in pianta stabile nel sistema fiscale, si è preoccupato essenzialmente di sterilizzarla e limitarne gli effetti. Appare francamente scandaloso sul piano etico e irragionevole sul piano costituzionale ritenere molto meno grave (fino a prevederne l’irrilevanza penale) il comportamento di chi si sottrae al pagamento di imposte milionarie ponendo in essere sofisticate operazioni elusive, appositamente pianificate a tavolino, rispetto alla classica evasione mediante l’occultamento di ricavi.

1-La clausola antiabuso – un po’ di storia - Fino al 2008 i grandi potentati industriali, economici e finanziari, sfruttando vuoti normativi e asimmetrie esistenti tra i sistemi fiscali dei Paesi in cui operano, erano abituati a pianificare raffinate operazioni elusive di alta ingegneria fiscale, al solo scopo di ottenere indebiti risparmi d'imposta. Tra i grandi contribuenti prosperavano schemi di tax planing sostanzialmente elusivi, nel convincimento che, in assenza di una norma generale antiabuso, era permesso tutto ciò che non fosse espressamente vietato. Il bengodi è finito per l'intervento deciso e definitivo della Suprema Corte, sulla scia dell’orientamento assunto dalla Corte di Giustizia in tema di abuso del diritto ai fini IVA.
In particolare, nel 2006 la Corte di Giustizia delle Comunità europee ha affermato la esistenza di una generale clausola antiabuso (sentenza Halifax, del 21.2.2006), considerata immanente alla sesta direttiva, direttamente applicabile nell’ordinamento nazionale ai fini IVA. Nel 2008 la Cassazione a Sezioni Unite, con tre storiche sentenze, ha riconosciuto l’esistenza di un principio generale antielusivo anche in tema di tributi non armonizzati, quali le imposte dirette, rinvenuto non nella giurisprudenza comunitaria quanto piuttosto negli stessi principi costituzionali che informano l’ordinamento italiano.
L’orientamento assunto dalla Suprema Corte in tema di abuso del diritto ha prodotto subito rilevantissimi effetti a beneficio dell’erario.
Dal 2008 in poi l’Amministrazione finanziaria, basando la sua azione di controllo sulla esistenza di una generale clausola antielusiva, ha intercettato e contestato numerosi e rilevanti schemi elusivi/evasivi posti in essere dai grandi contribuenti, incrementando sensibilmente i recuperi fiscali conseguiti a seguito dei controlli (solo nel 2011 l’incremento è stato dell’800% rispetto al 2007).
2-L’abuso del diritto nel decreto legislativo emanato dal Governo Renzi nel 2015 - In questo contesto è sopravvenuta la pressante sollecitazione al mondo politico, in particolare da parte dei maggiori studi professionali e dal mondo accademico, di disciplinare con una specifica norma generale l’istituto dell’abuso del diritto affermatosi per via giurisprudenziale.
La richiesta ha trovato risposta nel dlgs.. 128/2015, che con l’art. 1 ha inserito nello Statuto dei diritti dei contribuenti l’art. 10 bis, avente ad oggetto la “disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale”’, in attuazione dell’art. 5 della legge di delega 11 marzo 2014, n. 23. Su quale sia stato il filo conduttore del Governo nell’esercitare la delega e di cosa ha inteso fare, è significativo un passaggio contenuto nel Def 2015, che non lascia dubbi “L’abuso del diritto sarà disciplinato con l’obiettivo prioritario di tutelare i diritti dei contribuenti e non di difendere le pretese di accertamento dell’amministrazione finanziaria. Nella sostanza il governo anziché limitarsi a meglio definire la clausola antiabuso affermatasi per via giurisprudenziale, per inserirla in pianta stabile nel sistema fiscale, si è preoccupato essenzialmente di sterilizzare gran parte del contributo interpretativo dato dalla Corte di Cassazione e limitarne gli effetti.
In tale prospettiva il governo ha proceduto sistematicamente a smontare la costruzione dell’istituto dell’abuso del diritto di derivazione giurisprudenziale.
3-Contestazione della condotta abusiva solo in assenza di specifiche violazioni tributarie - In particolare Il comma 12 dell’art. 10 bis in presenza di operazione che si ritiene elusive impone agli uffici finanziari di contestare la condotta abusiva solo in assenza di specifiche violazioni tributarie. Ciò vuol dire che i verificatori, in presenza di fattispecie complesse, costituite da una pluralità di fatti e atti collegati di non facile inquadramento giuridico, nelle quali è palese l’assenza o la marginalità dei vantaggi economici e l’indebito risparmio d’imposta (tali da rappresentare evidenti comportamenti abusivi), saranno obbligati ad indagare ulteriormente sugli schemi giuridici utilizzati dal soggetto controllato, per escludere nel caso concreto la sussistenza di ipotesi che costituiscono violazioni di norme specifiche (ad esempio presenza di atti simulati o in frode alla legge).
Il comma in esame sembra voler contrastare l’orientamento sostanzialista assunto dalla Corte di Giustizia e dalla Suprema Corte, secondo il quale il meccanismo dell’abuso del diritto costituisce il superamento della forma giuridica in vista di cogliere l’esatta finalità economica di un negozio o di un complesso negoziale.
La disposizione appare fortemente ambigua e non trova riscontro nella legge di delega. I limiti procedimentali imposti dalla norma rendono molto più complicata l’attività d’indagine degli uffici finanziari in sede di accertamento.

4-Non rilevabilità d’ufficio del carattere abusivo della condotta - Sul piano processuale Il comma 9, nelle controversie riguardanti fattispecie elusive, e solo in queste, vieta ai giudici la possibilità di riqualificare autonomamente la fattispecie demandata alla sua cognizione, come avviene in qualsiasi altra controversia sottoposta al suo giudizio.
E’ evidente l’obiettivo della disposizione di sterilizzare lo strumento processuale che ha consentito alla Suprema Corte di riqualificare come abusive le fattispecie concrete sottoposte al suo riesame.

Vale la pena rilevare che se la disposizione fosse stata già vigente nel 2008 i supremi giudici non avrebbero avuto cognizione delle controversie che hanno dato luogo all’affermazione della clausola antielusiva per via giurisprudenziale.
La disposizione appare del tutto irragionevole, stante in particolare il rilievo costituzionale del principio di divieto di abuso del diritto e non trova riscontro nella legge di delega.

5-Depenalizzazione della condotta abusiva – dubbi di incostituzionalità - La legge 23/2014, all’art. 8 ha delegato il governo a revisionare il sistema sanzionatorio penale. In particolare mediante l'individuazione dei confini tra le fattispecie di elusione e quelle di evasione e delle relative conseguenze sanzionatorie. La norma prevede anche la possibilità di ridurre le sanzioni per le fattispecie meno gravi o di applicare sanzioni amministrative anziché penali, tenuto anche conto di adeguate soglie di punibilità.
La disposizione sembra costituire una sorta di delega in bianco, costituzionalmente censurabile. In particolare non viene indicato alcun criterio sostanziale che consenta al delegato di stabilire il grado di pericolosità delle condotte abusive rispetto alle altre condotte evasive.
In tale scenario il decreto delegato, forzando la delega depenalizza in toto l’elusione fiscale senza prevedere alcuna soglia di punibilità.
Appare francamente scandaloso sul piano etico e irragionevole sul piano costituzionale ritenere molto meno grave (fino a prevederne l’irrilevanza penale) il comportamento di chi si sottrae al pagamento di imposte milionarie ponendo in essere sofisticate operazioni elusive, appositamente pianificate a tavolino, rispetto alla classica evasione mediante l’occultamento di ricavi.
In palese contraddizione, tra l’altro, con le valutazioni fatte dallo stesso Ministro dell’economia, che nel Rapporto 2014 sull’evasione fiscale attribuisce valore 5, cioè di massima pericolosità, alle forme sofisticate di evasione e fenomeni di elusione (rapporti con estero, ingegneria finanziaria, “pacchetti” elaborati da professionisti, mentre attribuisce il valore 2 al semplice occultamento parziale di reddito.

6- Regime sanzionatorio amministrativo - Nell’ambito dell’art. 10 bis in esame, che pure ai fini penale si preoccupa di segnare un solco netto tra abuso del diritto e infedele dichiarazione, non si evince direttamente quali sanzioni amministrative si rendono applicabili in caso di abuso del diritto.
Non vorremmo che l’ambiguo testo della norma nasconda un'altra insidia. E cioè quella di considerare, anche ai fini del sistema sanzionatorio amministrativo, la violazione del divieto dell’abuso del diritto una fattispecie diversa dalla infedele dichiarazione. Con la conseguenza che, in assenza di una disposizione che punisca espressamente l’abuso del diritto, non venga in alcun modo sanzionata, ipotesi già in passato sostenuta da una parte della dottrina.

7- Conclusione – In assenza di una sostanziale revisione della disciplina vigente, con la quale è stato artatamente tracciato un solco netto tra evasione e abuso del diritto derubricando quest’ultimo a mero incidente di percorso, è facile prevedere una sensibile ripresa dei fenomeni elusivi, della cui dimensione non sarà facile avere reale contezza visto che il monitoraggio del tax gap italiano non tiene conto di essi.
L’auspicio è che quanto prima la Suprema corte o i giudici delle leggi procedano a ridefinire la materia in via giurisdizionale in conformità ai principi costituzionali di giusta tassazione e di pari trattamento davanti alla legge, tenendo anche conto della recente Direttiva UE 2016/1164, che conferma l’orientamento sostanzialista assunto dalle SS.UU con le sentenze del 2008.

Da - Fisco Equo <lef.posta@fiscoequo.it>
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