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Autore Discussione: POLO DEMOCRATICO l'inizio del cammino.  (Letto 3299 volte)
Arlecchino
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« inserito:: Marzo 06, 2017, 12:25:20 pm »

Solo la creazione di POLI (almeno tre) per governare il Paese può salvare l'Italia.

Sotto la regia del POLO DEMOCRATICO (unione tra Partiti indipendenti di Centro e di Sinistra, che si accordano per governare e realizzare un Progetto-Paese condiviso) non avremmo gli effetti negativi delle "beghe", interne e esterne, tra e nei Partiti (vedi PD oggi).


Il POLO DEMOCRATICO nasce e vive soltanto per attuare con il suo governo, la realizzazione del Progetto-Paese concordato tra chi lo sostiene.
In tal modo la politica quotidiana (liti comprese) vissuta dai Partiti non influisce sul lavoro del POLO DEMOCRATICO.


Sono due livelli diversi e indipendenti nel fare politica, il POLO ha due compiti soltanto: governare il Paese e realizzare il Progetto-Paese concordato con i Partiti che lo sostengono.
I Partiti liberi e indipendenti potranno occuparsi meglio e di più della realtà che li ospita nel territorio, dei rapporti con gli elettori che li voteranno, soprattutto avranno modo d’essere più attenti ai collaboratori e ai lobbisti che li hanno portati spesso a commetter errori gravi per l’Italia.


gg 

da FB del 6 marzo 2017
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« Risposta #1 inserito:: Marzo 07, 2017, 12:49:20 am »

POLO DEMOCRATICO.

Cos’è: Il Polo Democratico è un accordo socio-politico concordato e sottoscritto tra Partiti o Movimenti, diversi tra loro, che dinanzi al Paese si impegnano a realizzare un preciso compito circoscritto e delimitato da un Progetto-Paese. La realizzazione di detto Progetto dovrà essere realizzato (nei termini minimi previsti) dal Governo del Polo Democratico entro la legislatura di 5 anni dalla sua costituzione.

Quando si costituisce il Polo Democratico: nasce in tempo utile per essere formato, presentato al Paese e votato nelle prime elezioni politiche previste. La sua approvazione deve essere verificata dall’esito delle elezioni stesse. Il Polo Democratico sarà autorizzato alla formazione del Governo se uscirà vincente nelle suddette elezioni politiche.   

Se tale evento non si dovesse verificare i Parlamentari eletti e i loro Partiti faranno parte come intero Polo Democratico della Opposizione in Parlamento. L’impegno iniziale prevede che in questo caso nessun Parlamentare o Partito dovranno partecipare alla attività della coalizione vincente (Polo avversario).

Nel caso di vincita delle elezioni, il Polo Democratico forma il suo Governo e come tale si appresta alla nomina dei ministri in accordo con i Partiti che formano il Polo Democratico. Con questa operazione doverosa termina il rapporto diretto e condizionante tra il Polo Democratico e i Partiti che lo appoggiano, davanti al Paese e operativamente in Parlamento.

Quindi il Polo Democratico e il suo Governo … governano.

I Partiti saranno indipendenti dal Governo che appoggiano (nei limiti previsti dal Progetto-Paese) e saranno liberi di svolgere ogni azione politica e sociale rivolta ai Cittadini e alle loro associazioni.
Liberi da oneri di governo, come primo effetto positivo i Partiti e i loro Parlamentari avranno agio e tempo a disposizione per una vicinanza migliore con gli elettori e con la vita sociale Italiana. Oggi assolutamente teoriche o intorbidite da intermediari non sempre fulgidi.     

L’indipendenza del Governo del Polo (prenderà il nome del Primo Ministro) dai Partiti che l’hanno generato e lo sostengono in Parlamento, non impedirà che i Segretari dei Partiti abbiano la possibilità di verifica sul procedere del Progetto-Paese e su richiesta di una delle parti possano assolvere a compiti consultivi.


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« Risposta #2 inserito:: Marzo 16, 2017, 05:29:22 pm »

Il Sistema Sanitario fonte di corruzione e di sprechi assurdi, va messo sotto inchiesta.

Ci si cura male, anche perchè si è stata snaturata la responsabilità del medico di base, che non è più il punto di riferimento per diagnosi certe.

Il suo "spedire" il malato da uno specialista all'altro è inconcludente, è fonte di errori e di sprechi. 


ciaooo
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« Risposta #3 inserito:: Marzo 20, 2017, 10:32:20 am »

Psi, Nencini confermato segretario liquida Craxi: "Quel socialista lì vada dove gli pare Riccardo
Tutto come previsto al congresso straordinario.
Dura polemica con Bobo che aveva parlato di "farsa" e con la sua Area Socialista ha disertato i lavori: "Soffre della sindrome di Stoccolma. Auguri e buona strada"

19 marzo 2017

ROMA - Il congresso del Psi ha confermato Riccardo Nencini segretario del partito. Una rielezione a larghissima maggioranza, con soli 3 contrari e nessun astenuto, come era nelle premesse di questo congresso straordinario che si è svolto tra ieri e oggi al Marriott Hotel di Roma, organizzato per mettere ordine nella vita interna del Psi e cercare di capire dove e con chi stare nel prossimo futuro politico proporzionale. Con una spaccatura profonda tra chi guarda a Matteo Renzi, come lo stesso Nencini che è anche viceministro dei Trasporti e chi a Pierluigi Bersani, come Bobo Craxi, che ha parlato di "congresso farsa" e con la sua Area Socialista ha disertato i lavori: "Noi - aveva spiegato Craxi - non vogliamo aderire a Mdp, ma c'è una convergenza che trova la sua ragione nel voto referendario". E ancora: "Bisogna rompere con questi tre anni di sudditanza al renzismo".

La replica di Nencini. "Non si può consentire che Bobo Craxi scriva di un congresso farsa e che i socialisti andranno in un altro luogo. Quel socialista lì vada dove gli pare e mi fermo qui per rispetto del cognome. Troveremo Craxi da solo con chi lo ha ritenuto inutile e dannoso. E' un peana alla sindrome di Stoccolma, di chi è felice di sentirsi prigioniero. Auguri e buona strada", ha detto il segretario del Psi, Riccardo Nencini, nella sua replica al congresso.

Nencini ha parlato anche dei prossimi impegni del Parlamento e del governo: "Il Psi non voterà in Parlamento il decreto legge che abolisce i voucher, se non saranno previste soluzioni alternative per evitare il lavoro nero sui mini lavori o su lavori come la raccolta delle olive". E sul Def ha aggiunto: "A giorni arriverà una manovra di circa 3 miliardi. Ho incontrato il presidente del Consiglio Gentiloni e gli ho detto che i socialisti chiedono di aumentare la tassazione sul gioco d'azzardo".

Ora per il Psi di Nencini si apre il capitolo delle alleanze. Il segretario rieletto, infatti, vuole riportare una pattuglia socialista in Parlamento. Ma deve superare lo scoglio delle soglie di sbarramento del 3 per cento alla Camera e dell'8 al Senato. Un problema non da poco per un partito che lo stesso segretario accredita di una percentuale fra l'1,5 e l'1,8 per cento. Dunque Nencini è in cerca alleanze. In un campo molto largo.

Il viceministro dei Trasporti ha proposto ai delegati di lavorare ad una larga alleanza riformista ed europeista che vada dai centristi fino a Campo progressista di Giuliano Pisapia. "Dobbiamo tenere assieme - aveva spiegato nel suo discorso di apertura del congresso - gli europeisti della tradizione laica, ambientalista, progressista e radicale proprio per bloccare le destre perché corriamo il rischio di un governo grillino con Lega e Meloni. La mia proposta al Congresso - aveva detto Nencini - è convocare assieme questi soggetti per una Conferenza programmatica da tenere a giugno, a Milano, la città più innovativa d'Italia".

Ma sul tema alleanze Nencini, nella sua relazione, aveva anche lanciato un invito a Renzi a sciogliere il nodo: "Aspettiamo che dica la sua. Renzi può vincere e si porta addosso la responsabilità maggiore, bisogna che dica presto come la pensa. Al Pd autosufficiente non crede nessuno".

© Riproduzione riservata 19 marzo 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/03/19/news/psi_congresso_conferma_nencini_segretario-160910361/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P7-S1.4-T1
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« Risposta #4 inserito:: Aprile 21, 2017, 11:51:39 pm »

Politica
Voto, suffragio universale e democrazia ‘borghese’ di Manzoni

Di Otello Lupacchini | 16 novembre 2016
Giusfilosofo e magistrato

“La vittoria di Trump è fra gli eventi più sconvolgenti della storia della democrazia europea e americana, e del suffragio universale che non è sempre stata una storia di avanzamento… Ma anche foriero di grandissime conseguenze negative per il mondo”. Queste parole dell’ex Presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano, a proposito del risultato delle presidenziali americane, alle quali ha fatto eco la preoccupazione di Fabrizio Rondolino: “Il suffragio universale comincia a rappresentare un serio pericolo per la civiltà occidentale”. Si tratta dell’inquietante lascito di una tradizione formatasi a cavallo tra la fine del Settecento e il primo Ottocento, in diverse forme e varianti conservatasi per il resto dell’Ottocento, riemersa più volte nel corso del Novecento e che permane ancora ai giorni nostri.

La stessa tradizione per la quale, almeno in Italia, ma potremmo dire anche in Europa, i climi d’opinione si sono mostrati sempre più spesso ostili al concetto della “contrattazione” e, specularmente, più sintonici con posizioni variamente riconducibili al paradigma del cosiddetto “decisionismo”. Lo confermano l’instaurazione del leaderismo in politica e la privatizzazione della forma-partito; il tramonto delle “relazioni industriali”, l’esaurimento dei cosiddetti “corpi intermedi”; il ripudio della concertazione come schema di governo; la riforma, in senso verticistico, del diritto del lavoro e dell’ordinamento scolastico; l’indebolimento del potere legislativo nei confronti dell’esecutivo e del maggior partito di cui questo è espressione; il depotenziamento delle funzioni di controllo attraverso l’attenuazione, parziale o totale, della loro terzietà.

Basti pensare, a tale ultimo proposito, alla riforma del Senato, con i rappresentanti di questo ramo del Parlamento, che verrebbero nominati proprio da quegli stessi enti, come regioni e città metropolitane, su cui i senatori dovrebbero esercitare la propria funzione di controllo. Si tratta di cambiamenti non semplicemente rubricabili all’ambito di una generale deriva autoritaria o, peggio, reazionaria della società italiana: tali processi non sono promossi e gestiti esclusivamente da forze politiche espressamente antiprogressiste, essendo invece molti i cittadini d’orientamento riformista e progressista che si riconoscono in tali tendenze, le quali s’iscrivono in quel filone politico-culturale proprio della tradizione storica italiana, che concilia obiettivi di tipo riformatore con mezzi operativi di carattere verticistico: il modernismo paternalista.

Questa impostazione, particolarmente sintonica con la cultura cattolica, trova il suo manifesto ideologico nei Promessi Sposi. Il romanzo di Alessandro Manzoni, infatti, non è soltanto un’opera d’arte, ma uno strumento ottimamente forgiato per un’operazione di egemonia politico-culturale di altissima qualità. Fu Antonio Gramsci a definire, per primo, paternalistica e aristocratica la simpatia del Manzoni verso gli “umili”; una simpatia, scrisse, analoga alla “benevolenza di una cattolica società di protezione degli animali“.

Giudizio ripetuto da Alberto Asor Rosa, per il quale gli “umili”, cioè Renzo e Lucia, sono rappresentati come ingenui, “che mai potrebbero arrivare alla verità o marciare sulla giusta strada, senza che una guida illuminata (il padre Cristoforo o il cardinale Federigo) non provvedesse a indicargliela; mentre il dramma spirituale, l’intima conquista della fede, sono ancora una volta riservati a un personaggio, l’Innominato, che è un tipico eroe delle classi alte”.

Due, da sempre, gli orientamenti, nell’ambito del modernismo paternalistico, quello moderato e quello radicale o democratico, ma, almeno all’inizio, le analogie politiche tra l’uno e l’altro sono numerose, riscontrabili sia sul piano degli scopi generali, quali il fine patriottico, lo scopo costituzionale, gli obiettivi di modernizzazione, sia su quello dei mezzi, degli strumenti e dei programmi per conseguire quegli scopi.

Una sola la discordanza, da sempre presente e percepibile: i secondi, seppur con qualche incoerenza, erano per una partecipazione attiva dei ceti popolari al processo di modernizzazione del Paese; i primi non nutrivano fiducia nella capacità di auto-coscienza politica esprimibile dalle classi popolari.

Oggi i due orientamenti tendono all’omologazione: ai ceti popolari va senz’altro il sostegno e la sincera simpatia dell’establishment, a patto, però, che accettino di essere eterodiretti da una “leadership esterna”, espressa dai settori più illuminati e progressisti del ceto borghese. Ovviamente non è cosa da poco, ma tale atteggiamento politico non può essere etichettato tout court come conservatore bensì, semmai, come progressismo paternalistico o verticistico. Esattamente come paternalistico e verticistico era stato il filone anticonservatore Sette-Ottocentesco.

Di Otello Lupacchini | 16 novembre 2016

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11/16/voto-suffragio-universale-e-democrazia-borghese-di-manzoni/3191231/
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