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Autore Discussione: Gates e Bono a Repubblica: "Sogniamo un mondo 'in the name of love', nel nome...  (Letto 1788 volte)
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« inserito:: Febbraio 26, 2017, 12:32:51 am »

Gates e Bono a Repubblica: "Sogniamo un mondo 'in the name of love', nel nome dell'amore"

L'intervista al fondatore di Microsoft e al leader degli U2. I progetti per il futuro dell'uomo più ricco del pianeta e della più grande rockstar

Di MARIO CALABRESI, LOLA HUETE-MACHADO, THORSTEN JUNGHOLT
23 febbraio 2017

MONACO DI BAVIERA - Uno indossa l'abito e la cravatta, l'altro ha una maglietta nera, stivali e orecchini. Uno è l'imprenditore più ricco del mondo, l'altro è una superstar del rock. Sono seduti uno accanto all'altro: Bill Gates beve una Coca Light, Bono un semplice bicchiere d'acqua. Ma cosa ci fanno questi due insieme? Perché sono a Monaco, alla Conferenza sulla Sicurezza?

Bill Gates: "Ci siamo conosciuti un bel po' di tempo fa. Ci siamo incontrati a New York, immediatamente dopo l'11 Settembre...".

Bono: "Già, mi ricordo, tu mangiavi un Big Mac!".

Bill Gates: "Ho coinvolto Bono, con le sue esperienze in Africa, in questo lavoro. All'epoca la mia Fondazione era agli inizi. Gavi (Alleanza Vaccini) e il Fondo Globale si stavano fondendo ed è da allora che abbiamo sostenuto e amato l'attività che svolge One. E ci siamo resi conto di aver avuto un bel successo".

Bono: "Dopo il nostro primo incontro e... i consigli sulla dieta, sono andato a trovare Bill e Melinda per tentare di ottenere un investimento a favore di One, in modo da formalizzare la nostra operazione e ingaggiare le persone migliori e più brillanti per poterla realizzare. Ma quello che ho tratto da quel nostro primo incontro è stato "qui non si tratta di denaro... la nostra carta vincente sono proprio queste due persone!"".

Bill Gates: "Beh, eravamo abbastanza sprovveduti all'epoca. La nostra idea di cambiamento era di aiutare a creare nuovi strumenti, attraverso vaccini e medicinali. Non avevamo ben chiaro come distribuirli e quanto fosse difficile riuscire ad arrivare a tutti i bambini poveri, a vaccinarli, a coprire una zona così vasta e quanto fossimo dipendenti dagli aiuti dall'estero nel raccogliere i vaccini già esistenti e quelli nuovi per poi spedirli. Il problema della consegna, degli aiuti stranieri e della necessità di collaborare con i vari governi si è concretizzata solo negli anni a seguire. Dunque, One è testimone di come stessero effettivamente andando le cose, identificava i politici che avevano a cuore la questione e ci consentiva di conoscerli meglio. Abbiamo imparato molto sull'argomento. Abbiamo alle spalle quindici anni di grandi progressi ma, a patto che la generosità continui a sostenerci, abbiamo altri quindici anni grandiosi davanti a noi, perché ce lo permetterà la scienza. Ora siamo molto meno ingenui nell'affrontare le difficoltà per dare vita a questi progetti".

Bono: "In questi ultimi giorni ho esortato la gente depressa dai titoli dei giornali e dallo stato di cose nel mondo a leggere la lettera annuale di Bill e Melinda. Contiene veramente le più belle notizie del mondo. 122 milioni di bambini salvati dal 1990: è incredibile. Credo si tratti di più di 13mila bambini al giorno o qualcosa del genere, pazzesco! È veramente un'enormità. Se ti senti sconfortato da come vanno le cose nel mondo, vieni a sostenere uno di questi movimenti: avrai un obiettivo da raggiungere e le tue azioni saranno davvero d'impatto. Unisciti a One perché funziona veramente".

Avete partecipato alla Conferenza sulla Sicurezza per puntare l'attenzione sulle malattie, che rappresentano un rischio per la sicurezza globale. Siete soddisfatti della Conferenza?
Bill Gates: "Siamo felicissimi perché finalmente si è stabilito quanto prosperità, sviluppo, sicurezza e salute siano connessi tra loro. Quindi parleremo molto di epidemie, di come dobbiamo interagire con la sicurezza istituzionale, di come dobbiamo investire e anche di come dobbiamo essere più preparati al riguardo. E la cancelliera Merkel, benché tenuta ad aumentare i fondi per la difesa, ha affermato che l'investimento per lo sviluppo deve andare di pari passo".

Bono: "Siamo testimoni di un fatto straordinario: i militari sembrano essere più avanti dei propri capi nel ritenere che sia necessario investire nelle persone, nella prevenzione, invece che nell'intervento. Penso che ciò sia dovuto al fatto che loro sanno meglio di chiunque altro quale sia il prezzo da pagare in un conflitto. Non esiste persona in Europa che pensi ancora che ciò che accade in Nord Africa non sia interesse di tutti. Probabilmente, cinque anni fa era facile dire: "non me ne importa niente, succede laggiù...", ma ora sappiamo tutti quanto sia vicino il continente africano e questa consapevolezza ha dato una certa priorità all'attività che svolgiamo: il lavoro che viene realizzato dalla Gates Foundation ha a che vedere con miglioramenti nel campo della salute e dell'agricoltura; l'attività svolta da One è quella di supportare i politici pronti a fare la cosa giusta".

Che ne pensate della nuova strategia di sviluppo che il governo tedesco propone e il suo stimolo al cosiddetto “Piano Marshall per l’Africa”?
Bill Gates: «Al momento, il piano per l’Africa è ancora solo abbozzato: non ha numeri concreti, né una forma precisa. Ma sta sollecitando input da parte degli africani. A Monaco ho cenato con importanti investitori del settore privato in Africa e ho capito molte cose. Cosa ci impedisce dal fare ulteriori investimenti lì? Cosa possono fare i governi ricchi, come la Germania, che vogliano impegnarsi in questa impresa? E cosa dovrebbero fare gli africani stessi?

Bono: "Ho incontrato il ministro delle finanze Schäuble e mi ha molto meravigliato il grande entusiasmo dimostrato per questo progetto, il Compact del G20 con l’Africa. È fortemente convinto della necessità da parte della Germania e dell’Europa di realizzare una strategia per il successo degli stati. I paesi fragili si trasformano presto in stati falliti, che diventano un problema per tutti. Nel caos regna sovrano il radicalismo. Dobbiamo iniziare a guardare all’Africa in modo diverso: esiste un pericolo, ma anche un’enorme opportunità. Abbiamo visto cosa è successo quando la Siria, un paese di 20 milioni di abitanti, è caduta nell’oblio. Figuriamoci cosa può succedere in un Paese dieci volte più grande, come la Nigeria. Il fallimento della Nigeria è lo scopo dichiarato di Boko Haram. Non so se conoscete l’espressione “zona grigia” – ne avete sentito parlare? La “zona grigia” è quella in cui cristiani e musulmani convivono. In effetti è ciò che avviene in gran parte della Nigeria, dove esiste una comunità multi-religiosa, in cui ci sono ottimi rapporti. Un estremista vuole esattamente distruggere questo. Sono appena tornato da Borno, nel Nord Est della Nigeria. Ho potuto constatare di persona cosa vogliano dire due milioni e 250 mila profughi: il caos. Penso che l’obiettivo alla base del Compact with Africa sia che se gli stati sono prosperi i loro abitanti non li vorranno abbandonare. L’anno scorso ho visitato quattro paesi che hanno campi profughi. La sola cosa che ho sentito è: “Vogliamo tornare a casa”. I rifugiati non vogliono salire su una nave e approdare all’estero. Dobbiamo incontrare le persone che hanno bisogno esattamente dove sono e aiutarle a migliorare le loro condizioni. Sono anche entusiasta del fatto che la cancelliera abbia affrontato il tema dell’educazione e in particolare di quella delle ragazze perché le statistiche riportano un dato impressionante: un bambino nato da una madre in grado di leggere ha il 50 per cento delle possibilità in più di superare i cinque anni di età".

Nel discorso che avete tenuto avete presentato il vostro programma, citando quelle che in inglese sono le tre E: educazione, occupazione e responsabilità (education, employment e empowerment).

Bono: "È vero, ne sono un sostenitore. Non si tratta solo di compassione e di aiuto mirato. Si tratta di riattivare un rapporto: se vi sono paesi pronti ad affrontare la corruzione, pronti a mettere le persone al primo posto, pronti a una buona governance, allora li sosteniamo con forza. Ci mettiamo al loro fianco. Forse – e per Bill questa è una priorità – possiamo aiutarli con un accesso alla Rete più facile e veloce".

La Fondazione Gates ha iniziato a lavorare con i rifugiati l’anno scorso in Siria, che strategia avete?
Bill Gates: "Sì, questo lavoro non rappresenta la parte principale delle nostre attività. Noi siamo particolarmente impegnati in sanità, igiene e supporto finanziario. Abbiamo messo in pratica ciò che sappiamo fare bene e ci siamo accertati che i rifugiati traessero beneficio dalle nostre competenze. Vogliamo assicurarci che i vaccini vengano davvero distribuiti nei campi, che i servizi igienici per evitare il diffondersi di malattie vengano veramente installati e che ci sia una qualità di vita decente".

Vi preoccupa la sfiducia crescente verso le vaccinazioni che si sta diffondendo nell’occidente e nel mondo?
Bill Gates: "Bisogna saperlo, i vaccini sono al 100 per cento sicuri. Ho deciso di discuterne nel mio primo incontro con il presidente Trump e il messaggio è stato recepito. In alcuni paesi ricchi in cui il numero dei vaccinati è sceso al di sotto della media, sono tornati casi di pertosse e di morbillo, anche mortali. E questo è tragico. È purtroppo vero che le voci negative a volte sono molto più veloci dei fatti positivi. Sono vent’anni che questa storia dell’autismo provocato dalle vaccinazioni è stata smentita: l’articolo che lo sosteneva è stato ritirato, eppure aleggia ancora nell’aria. Si tratta di una sfida: dobbiamo continuare a lavorare sulla comunicazione. Questo è il motivo per cui siamo così attenti a tutto ciò che riguarda la sicurezza dei vaccini perché, se anche uno solo dei vaccini creasse un problema, influenzerebbe negativamente la percezione della gente nei confronti dei vaccini in generale. Non possiamo permetterci di correre alcun rischio perché tutti i nostri sforzi verrebbero vanificati. Questo è il motivo per cui il problema della sicurezza è così importante. E questo è anche il motivo per cui ci vuole così tanto per ottenere l’approvazione di un nuovo vaccino. Ma siamo assolutamente d’accordo con questa procedura".

Se il presidente Trump decidesse di tagliare i fondi su programmi come la pianificazione familiare o l’educazione, cosa succederebbe in Africa?
Bill Gates: "Gli Stati Uniti sono, in assoluto, il maggiore donatore al mondo, con circa 30 miliardi di dollari l’anno, 10 dei quali devoluti alla salute, tra cui malaria e Aids. L’amministrazione Trump non ha ancora presentato il proprio budget, quindi ancora non ha fatto nessun taglio. Con una nuova leadership, diventa fondamentale per la società civile e organizzazioni come le nostre trasmettere il messaggio che, anche nella logica dell’America First, la stabilità del continente africano, il ruolo economico ricoperto, la mancanza di epidemie che potrebbero arrivare sulle nostre coste, rappresentano un buon investimento. Conosco Rex Tillerson, il nuovo segretario di Stato e lo incontrerò tra qualche settimana. Sarà una bella sfida, perché il budget degli Stati Uniti è molto ristretto e le priorità sono tante… la storia degli aiuti all’estero è sempre difficile da affrontare a causa della distanza dai luoghi e ti viene sempre riproposta la questione di quel 2 per cento speso male, che macchia il restante 98 per cento. Viviamo in un momento storico in cui diventa obbligatorio parlare del gran numero di benefici".

Bono: "Trovo che gli americani diventino più patriottici quando gli parli di quanto ha fatto il loro governo per combattere l’Aids. Diventano molto orgogliosi. Si tratta dell’intervento più importante nella storia della medicina. E tale percorso è stato sviluppato da un conservatore, il presidente Bush. Ero nello Studio Ovale e gli dissi: “Signor Presidente, lei potrebbe dipingere queste pillole di rosso, bianco e blu e saranno la miglior propaganda che gli Stati Uniti potranno mai farsi”. Si fece una risata, proseguì su quella linea e, in effetti, la popolarità degli Stati Uniti è molto grande in Africa. Credo che debba essere un imperativo strategico, e non solo morale, quello di mantenere tale rapporto, quindi vedremo".

Attualmente in molti paesi occidentali, i politici – a partire proprio da quelli americani – vincono le elezioni, mettendo il proprio Paese davanti a tutto. Pensate che questo tipo di atteggiamento potrebbe incidere sui vostri sforzi in Africa?
Bill Gates: "Certo. Chiaramente tutti i paesi si mettono in primo piano. Il problema non sono le parole. Mi chiedo, invece, se i popoli si rendano conto di quanto sia stato fantastico che gli stati abbiano lavorato di comune accordo su pace e sviluppo sin dalla fine della Seconda guerra mondiale. La mia opinione è che, anche se l’America ha sempre posto i propri interessi in prima linea, le è convenuto prestare grande aiuto agli altri, le è convenuto essere amica dell’Europa. Penso, allora, che il pericolo maggiore sia nel fatto che la gente ragioni solo con una prospettiva a breve termine e non si renda conto del progresso che è stato raggiunto finora".

Bono: "Settant’anni di pace grazie alla cooperazione globale. Credo che il ricordo di un mondo in guerra sia svanito e con esso il motivo per cui Roosevelt e altri cercarono di immaginare un mondo di cooperazione. Credo sia venuto il momento di ripensare le Nazioni Unite, le istituzioni nate da Bretton Woods, la Nato, nel senso di tentare di migliorarle, se è possibile. Non credo vi sia un’altra scelta. Anzi, un’altra scelta non l’abbiamo proprio: non ci può essere isolamento, chiusura mentale. Le malattie, le pandemie non rispettano gli ordini: viviamo in un mondo globale. La conoscete la storia di Re Canuto? Tentò di fermare le onde… e non è proprio possibile. È importante capire che la gente ha vissuto un periodo molto difficile. La crisi finanziaria ha ucciso l’Irlanda e molte persone erano piene di rabbia: non era colpa loro, ma ne dovevano pagare le conseguenze. Quindi la gente ha cominciato a contestare la globalizzazione. Sappiamo che la globalizzazione ha salvato centinaia di milioni di persone dalla povertà. E ha rappresentato anche un vantaggio per l’economia in generale, ma non tutti ne hanno tratto beneficio. Penso che il capitalismo sia una brutta bestia a cui vanno impartite istruzioni, un animale al quale è necessario insegnare a ricevere ordini su come comportarsi. Non possiamo consentirgli di dirci cosa fare. E invece penso che sia proprio ciò che sta accadendo ora. E’ in corso una fiammata ma credo che durerà poco. Tornerà un periodo in cui le persone si fideranno l’una dell’altra. La gente parla di post-verità, di post-fatti… È possibile che ora ci troviamo in un periodo di post-fiducia. Ma io penso che ricostruire la fiducia sarà molto importante. E per farlo abbiamo bisogno dello storytelling".

Per ricostruire la fiducia, pensa che sarà la filantropia a salvare il mondo, o sarà la politica a farlo?
Bill Gates: "La filantropia rappresenta una piccolissima parte dell’economia mondiale. Anche negli Stati Uniti la filantropia rappresenta appena il 2 per cento dell’economia, eppure può avere un ruolo molto speciale. A volte si presentano problemi che nessuno del settore privato è in grado di risolvere, come la malaria. Spesso tali problemi richiedono creatività e comportano dei rischi e non è detto che i governi siano in grado di affrontarli. La filantropia può finanziare delle ottime soluzioni. Noi, per esempio, siamo stati in grado di trovare delle soluzioni per nuovi vaccini, cosa che il governo non è riuscito a fare. Ma quando si tratta di operare sui grandi temi su vasta scala, come l’educazione delle ragazze, i sistemi per l’agricoltura, la stabilità, la giustizia, dipendiamo completamente dai governi. La filantropia è la mia vita, ma nel grande ordine delle cose è solo una nota a pie’ di pagina, aiuta il settore privato e quello pubblico a lavorare meglio".

Mr Gates, alcuni pensano che lei investa molto denaro attraverso la Fondazione perché ne ha un interesse. Perché lo fa?
Bill Gates: "Solo perché penso che tutte le vite abbiano un identico valore. Non riesco a immaginare nessun altro motivo per sovvenzionare i vaccini antimalarici o le medicine per combattere la malaria o il fatto che Melinda vada nel Mali per incontrare le madri, per cercare di capire le loro necessità rispetto ai contraccettivi o per esaminare l’assistenza sanitaria di base nella Nigeria del nord. È così che spendiamo il nostro denaro. Questi soldi li abbiamo guadagnati, sapete bene che la Microsoft ha avuto un grande successo e ha fornito circa metà delle risorse della Fondazione. E ora questo è il nostro modo di restituire, non c’è nessun altro motivo. È un lavoro molto gratificante che sta andando molto bene. Mi esalta l’idea del progresso e per questo non mi pesa affatto fare le ore piccole quando lavoro".

Bono, cosa la spinge a battersi per questo?
Bono: "Tutte le vite umane hanno lo stesso valore, questo è certo il principio fondamentale. Non fare nulla quando osserviamo lo spreco di potenziale umano, significa non credere che quelle vite valgano quanto le nostre. La dissipazione del potenziale umano mi fa incazzare. Quando vedo un senzatetto per la strada penso che potrebbe essere un pittore o un giocatore di scacchi. Vedo ragazzi che, solamente a causa degli errori dei propri genitori, non vanno all’università, perché hanno avuto un’adolescenza infelice. Vedo tutto questo intorno a me. Credo che le persone si immedesimino come me: dobbiamo guardare con gli occhi di chi crede che l’amore esiste, perché esiste veramente. L’amore è al servizio dell’idea del potenziale umano. E, se esiste ciò che definiamo l’opposto dell’amore, è proprio ciò che gode nel vedere lo spreco del potenziale umano. Quando ti schieri con le forze dell’amore – per parlare in astratto se non vi dispiace – succede una cosa straordinaria. Sferrare un pugno in questo caso significa ottenere un effetto ancora più forte di quanto possano ottenerlo da soli questa piccola rockstar o questo gigantesco filantropo. Sono cresciuto con la convinzione che ogni giorno potesse essere migliore del precedente, credendo nel rispetto reciproco, nei diritti degli omosessuali, nei diritti delle donne, tutto sembrava andare nella giusta direzione. È solo di recente che si ha l’impressione che tutto si sia rallentato, e allora pensi, ok, forse non è così scontato andare avanti, ma lo dobbiamo fare, subito, lo dobbiamo dire con forza, a prescindere dalla nostra tendenza politica. Questo è il momento di affermare da che parte si vuole stare in questa marcia verso una vita migliore".

È preoccupato dall’aumento delle fake news?
Bill Gates: "Certamente! Non mi preoccupano solo le fake news, ma anche l’idea di un unico centro dove tutti leggono le stesse cose. E questo è un appunto alla libertà digitale, che a volte induce le persone a dividersi. Credo che stia spingendo anche le persone che vedono la tecnologia come una cosa incredibile a pensare a come gestire questa situazione. Sono convinto che questi sistemi si correggano da soli, che le notizie false porteranno le persone in un vicolo cieco, ma che, alla fine, la gente non ne sarà sopraffatta. Comunque è interessante notare quanto si parli di questo tema".

Bono: "Tendo a fidarmi della direzione intrapresa dalla tecnologia dell’informazione; va verso un’informazione migliore. In questo momento stiamo attraversando un periodo in cui possono essere fornite notizie inesatte e magari potresti non avere un sistema di correzione a tua disposizione. Credo che i sistemi avranno metodi di controllo delle informazioni, non dovrebbe essere così difficile perché delle verità empiriche esistono veramente. Ho notato una cosa: è come se le fake news stessero creando un contraccolpo. Stanno già nascendo dei siti di fact checking e la gente sta imparando a utilizzarli. Il controllo delle informazioni si può fare in due modi: o tentando di bloccarne l’accesso – ed è ciò che cercano di fare i dittatori e i loro simili – oppure diffondendo la disinformazione. Dobbiamo fare molta attenzione che la verità non perda di credibilità perché sarebbe davvero pericoloso. Però non credo che il futuro sarà rappresentato da uomini forti, ma da donne colte".

Pensa sia possibile debellare la malaria?
Bill Gates: "Liberarsi della polio sarà un enorme trionfo per la salute globale e fornirà linfa vitale alla credibilità di tutto ciò che facciamo. Darà, inoltre, nuova energia allo sforzo pluridecennale di debellare la malaria. Nel corso del primo decennio ci occuperemo di alcune regioni, il Sud America, il Sud Africa e il Sud Est Asiatico e dimostreremo che possiamo debellare tale malattia a livello regionale. Questi luoghi non sono così difficili come l’Africa centrale, ma se riusciamo a liberare alcune regioni e se gli strumenti a nostra disposizione continueranno a migliorare, anche noi capiremo meglio come gestire il problema. In seguito, nel corso del secondo decennio, potremo tentare di affrontare l’Africa Equatoriale, dove la malaria è molto più diffusa. Penso che il resto della mia vita sarà dedicato a debellare queste malattie. Non sottolineerò mai abbastanza quanto sia fondamentale il supporto della scienza nel fornirci strumenti sempre migliori. Certo, sapete quanto è importante trovare nuovi finanziamenti, ma so che avremo armi migliori tra cinque, dieci anni e tutto ciò è davvero stimolante". (Traduzione di Assia Rosati)
 
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23 febbraio 2017

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