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Autore Discussione: Confindustria -  (Letto 3695 volte)
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« inserito:: Novembre 16, 2007, 12:11:35 pm »

Confindustria Beretta: «Pericolo di fallimenti e di crisi»

Le imprese: una norma rozza così le aziende saranno ricattabili


ROMA - «Un provvedimento rozzo che espone le aziende italiane e i loro lavoratori a gravi rischi». La reazione della Confindustria al blitz del Senato a favore della class action, non si fa attendere e con una nota ufficiale bolla questo emendamento come «un atto di grave ostilità ». Sono settimane che l’associazione degli imprenditori sottolineava la «rudimentalità» del testo Manzione-Bordon perché «mette le imprese nelle condizioni di subire ricatti di ogni tipo». Ma non è servito a molto. Ora l’attenzione di Confindustria si sposta alla Camera dove il direttore generale Maurizio Beretta spera in «un soprassalto di buonsenso».

«E’ il peggior testo tra quelli in circolazione - spiega Beretta - destinato a infliggere a tutte le aziende, comprese le piccolissime, danni incalcolabili ». «Con i tempi lunghi della giustizia - osserva facendo un esempio tra tanti - una impresa è destinata a fallire dieci volte prima che i giudici decidano che magari ha ragione, senza contare l’effetto di aumentare la crisi dei tribunali». Né consolano le parole del ministro dello Sviluppo Pier Luigi Bersani che si è augurato un miglioramento del testo.

«E’ come dire prima ti sparo e poi ti curo», ironizza Beretta che sottolinea in particolare gli effetti distorsivi di questa legge su tutta l’economia. «E’ noto che l’Italia è agli ultimi posti in Europa nella capacità di attrarre investimenti esteri, se la legge verrà approvata anche dalla Camera davvero non ci verrà più nessuno ». Un altro dei punti contestati da Confindustria è l’aspetto di incostituzionalità «perché legittima le associazioni - si legge nel comunicato - ad agire per conto di singoli senza averne il diritto visto che la Costituzione prevede la sola titolarità del singolo ad agire se danneggiato». Insomma, per gli imprenditori è un vero disastro. «Anche negli Usa stanno cambiando la legge sulla class action - spiega Beretta - perché si sono accorti che alla fine a guadagnarci non sono i consumatori ma gli studi legali».

Esemplare il caso di una anziana signora, che era stata danneggiata da un televisore difettoso, e alla quale il tribunale americano alla fine riconobbe un bonus di 50 dollari per comperarsi un nuovo apparecchio. Ma gli avvocati che seguirono la causa, per conto di migliaia di «danneggiati», intascarono parcelle per 22 milioni di dollari.

«E’ di estrema gravità - stigmatizza ancora Confindustria - il fatto che il testo approvato al Senato non preveda alcuna valutazione preventiva di ammissibilità da parte del giudice per evitare azioni manifestamente infondate che finirebbero per avere conseguenze pesanti, nel caso di società quotate, a danno dei risparmiatori e dei piccoli azionisti». Una vicenda che «sconcerta e colpisce» il mondo degli imprenditori anche perché lo stesso senatore Cesare Salvi, presidente della Commissione Giustizia, aveva più volte sollecitato forti dubbi sulle norme restrittive previste dalla class action.

Roberto Bagnoli
16 novembre 2007

da corriere.it
« Ultima modifica: Dicembre 16, 2007, 10:39:19 am da Admin » Registrato
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« Risposta #1 inserito:: Dicembre 16, 2007, 10:38:59 am »

ECONOMIA

Intervista al presidente di Confindustria: "Pieni di energie positive, ci sono gli italiani ma non c'è più l'Italia"

"Sbagliato non confrontarsi con le critiche, se non sono immotivate"

Montezemolo: "Un paese fai da te ma la sfida al declino non è persa"

di ALBERTO STATERA
 

Scomparso Pavarotti all'Italia restano davvero, come congettura il New York Times, soltanto pizza e spaghetti galleggianti nella "mucillagine sociale", secondo la definizione di Giuseppe De Rita?
"No, resta un paese pieno di energie positive e di eccellenze, ma è difficilmente contestabile l'immagine di un "Paese fai da te", un paese dove ci sono gli italiani, ma non c'è più l'Italia": Luca Montezemolo in gioventù ha studiato alla Columbia, si beava del liberal New York Time e la sua gioia domenicale era quel chilo di carta del Sunday Times. Oggi, da presidente della Confindustria, deve pur dire per contratto che magari "ci sono reazioni un po' eccessive a un articolo seppur importante. Ma sarebbe un errore non confrontarsi con critiche non immotivate".

Allora confrontiamoci, presidente Montezemolo: cos'è questo malessere collettivo, questa incapacità di volerci bene in economia, in politica, nel sociale, che fa dire che l'Italia finirà come la repubblica di Venezia, diventata "un cadavere calpestato da milioni di turisti"?
"Spiace doverlo dire, ma in fondo l'analisi del New York Times riassume ciò che noi andiamo dicendo da anni. Il paese è fermo e anzi ha cominciato ad andare indietro. E' come se con l'ingresso nell'euro avessimo vinto un Gran Premio e poi la macchina si fosse inchiodata lì: la crescita, la produttività, l'assenteismo, la spesa pubblica, il debito, la criminalità, la giustizia, il divario tra ricchi e poveri sono temi reali e sono i nostri temi. Non autorizzano a cadere in eccessive semplificazioni, come quando lo Spiegel titolò in copertina "Spaghetti in salsa cilena", ma neanche a liquidare il tutto come critiche immotivate".

Perché la macchina si è rotta?
"Perché questo paese fatica a mettere al centro il bene comune, è fatto di troppi "particulari", è poco "sistema", è fatto di un 20% di sommerso, ciò che produce evasione fiscale, che è un furto, e incidenti sul lavoro. E' un paese che non mette al centro l'educazione, la scuola, l'università, in una parola i giovani e quindi il proprio futuro. Qui chi nasce povero rischia quasi sempre di morire povero. Il paese è diviso tra chi produce, lavora e rema e chi sta seduto a poppa".

Come è potuto accadere?
"Dall'ingresso nell'euro l'Italia o non è più governata, nel senso che non si è più ritrovata intorno a grandi sfide comuni. É stato gestito male il suo "core business": il funzionamento dello Stato, la scuola, i servizi, le infrastrutture. La politica parla in televisione in modo oscuro, soprattutto ai giovani, senza rispondere nel merito alle questioni fondamentali delle famiglie italiane. La politica e i suoi leader non riescono a identificare obiettivi condivisi".

Ma il paese è effettivamente migliore della sua classe dirigente?
"Va ripristinato il senso della comunità, bisogna rimettere in fila diritti e doveri, uno Stato che sia di guida, che eserciti la sua autorità, che dia valore reale a regole e leggi, che garantisca la certezza delle pene. Che vuole che pensi un americano che viene in Italia e, a parte i blocchi dei tassisti e dei camionisti, i trasporti che non funzionano, vede una nazione che ha le stesse infrastrutture di vent'anni fa, una burocrazia meno efficiente di vent'anni fa, una macchina dello Stato complicata e costosa con duplicazioni tra Camera e Senato, tra centro e periferia?".

Lei, presidente Montezemolo, riesce a mettere insieme povertà, riscatto sociale, salari, da una parte, e produttività dall'altra?
"Guardi, è proprio questo che bisogna capire: il Pil pro capite italiano è calato rispetto alla media dell'area euro da 105 nel 1988 a 94 nel 2007. Se avessimo avuto la stessa crescita dei partner europei ogni lavoratore oggi potrebbe avere 3.400 euro in più in busta paga".

Ci sta dicendo che lo sviluppo non è questione di destra o di sinistra, ma di scelte giuste o sbagliate ?
"La politica deve coinvolgere i cittadini, sui fatti non sulle ideologie. La distinzione destra-sinistra è vecchia, è finita, persistendo non consente lo shock di cui il paese ha urgente bisogno. Reagan era considerato di destra, ma parlava alla gente. Clinton prima di candidarsi alla presidenza non lo conosceva nessuno. Sarkozy è figlio di un immigrato. La smettano di occuparsi dei presidenti delle banche, ma rivalutino i principi forti: lo Stato, l'ordine, il mercato, la concorrenza, il rispetto l'educazione, insomma il bene comune".

Tutta colpa dei politici o anche del nostro capitalismo un po' alle vongole?
"C'è una differenza clamorosa tra il paese che produce e le ovattate stanze del capitalismo finanziario, di quei templi che devono aprire le finestre e far entrare aria fresca".

Anche quelli calcati per lustri dall'avvocato Agnelli?
"Anche quei tempi sono cambiati, è inesorabile e auspicabile l'apertura di situazioni chiuse per creare una nuova borghesia e un nuovo capitalismo".

Lei sembra echeggiare De Rita, quando parla degli industriali come di una minoranza forte contro una maggioranza vischiosa, aggiungendo però che la minoranza forte non è "trainante".
"Le imprese e chi ci lavora stanno rispondendo alle sfide: l'export è salito nella prima parte del 2007 dell'11,5%, contro il 10,5 della Germania. La quota italiana sull'export mondiale sale per la prima volta dal 2001. La bilancia tecnologica è in attivo per la prima volta dal 1981, abbiamo creato 2,8 milioni di posti di lavoro in un decennio. Le par poco? Il capitalismo delle imprese è sano e ha posizioni di eccellenza nel mondo. La Luxottica ha comprato la Ray Ban in America, la Brembo fa i freni per l'Harley Davidson, la Ferrari ha battuto la Toyota, la Bmw e anche la Ford. Noi abbiamo portato in giro per il mondo 6.500 imprese, che hanno incrementato il loro fatturato estero".

Sarete pure uno squarcio di luce in un paese che ne ha pochi altri, come dice il NYT. Ma è anche vero che non abbiamo più Rossellini, Fellini, né una nuova Sofia Loren.
"Un Antonioni non nasce tutti i giorni, come non nasce un Ferrè o un Versace. Ma sa che il nostro cinema sta incassando in Italia in questi mesi più di quello americano? Io sono innamorato questo paese e, grazie a dio, credo che ce la farà".

Ce la farà grazie a Dio, presidente Montezemolo?
"No, grazie a Dio non è tutto come dice il New York Times. Sono convinto che possiamo farcela a vincere il declino se la politica saprà dare grandi obiettivi e grandi sfide condivise, necessarie per scelte difficili: spingere il paese ad aprirsi, chiudere finalmente una transizione infinita, puntare sulla capacità, sul merito e non sulla cooptazione, sui tanti giovani determinati e preparati che abbiamo, riformare veramente la burocrazia, rispettare il mercato, rilanciare la scuola, sciogliere i lacci e i lacciuoli, a cominciare dall'ambiguità delle duplicazioni tra Stato e regioni, eliminare un po' di quelle società a controllo pubblico che finiscono per essere discariche per politici trombati".

Ci sono le condizioni, secondo lei?
"Se ciascuno ricomincia a far bene il suo mestiere spero di sì. Conforta che tutti i leader dei partiti, almeno a parole, concordano sulla necessità di una riforma elettorale che dia spazio di manovra a chi vincerà le prossime elezioni, che sono cruciali per il cambiamento, per lo shock buono di cui il paese ha bisogno. Con buona pace del New York Times".

(15 dicembre 2007)

da repubblica.it
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« Risposta #2 inserito:: Ottobre 26, 2012, 04:20:52 pm »

Il caso

Giovani di Confindustria contro il governo

"C'è molto rigore, ma manca la crescita"

Duro il presidente degli industriali Jacopo Morelli che chiede il taglio immediato delle tasse: "La pressione fiscale è diventata confisca".

Monti: "Fatto scelte difficili per il futuro del Paese".

La replica: "Governo tratta cittadini come cavie".

Istat: sale la fiducia delle imprese


MILANO -  Il "peso" della pressione fiscale è "cresciuto così tanto da diventare una confisca": quella "ufficiale toccherà nel 2012 il 45% del Pil", l'onere sulle imprese "sarà superiore al 68%". Di più: "Perdiamo duemila occupati al giorno. La base industriale si è contratta del 20%". Il presidente dei giovani di Confindustria, Jacopo Morelli, dal palco del XXVII convegno di Capri punta il dito sulla "poca crescita" ed "il molto rigore". E "se chiudono le imprese dei giovani, il Paese brucia il futuro, le speranze, il dinamismo": bisogna "creare nuove occasioni di lavoro, dare ossigeno alle imprese". E a chi si candida per governare l'Italia, Morelli, chiede"cosa intenderà fare per i giovani che non hanno lavoro e non riescono a rendersi indipendenti".

Monti. Il presidente del Consiglio dei ministri Mario Monti, con un messaggio, ha rivendicato il lavoro dell'esecutivo: "L'Italia ha fatto in questi mesi scelte difficili e introdotto riforme importanti in modo da voltare pagina" su  un passato "di bassa crescita ed elevato debito", ma un "successo" - avverte - è possibile "solo dentro una azione comune a livello europeo". Secondo il premier "è essenziale che le giovani generazioni, e tra esse i giovani che si trovano in prima linea nel fare impresa e creare nuove opportunità, sentano l'Unione europea come orizzonte irrinunciabile per la loro azione e si impegnino direttamente a progettarne il futuro".

Confindustria. La prima richiesta dei giovani imprenditori è "l'abbassamento in maniera sostanziale" della pressione fiscale perché "il tempo della pazienza è finito". Il cuneo fiscale e contributivo, evidenzia ancora Morelli, è "tra i più elevati dell'Ocse: il 53% contro una media dell'Unione europea del 41%". Un livello che "strangola". Il governo, prosegue Morelli, "ha riconosciuto che gli italiani stanno dando una grande prova di responsabilità, accettando misure drastiche e impopolari. Se questo è vero, c'è un dovere morale di ridare, subito, fiducia al Paese abbassando, in maniera sostanziale, la pressione fiscale su chi lavora e sulle imprese che reinvestono. Invece i cittadini sono trattati come cavie per politiche inefficaci". A cominciare dal tagli dell'Irpef che rischia di essere "vanificato dall'aumento dell'Iva. Bisogna rilanciare la domanda interna".

Proprio per questo i giovani di Confidustria chiedono di fare tabula rasa cacciando "i  ladri, gli ignoranti e gli incapaci" dalla vita politica: "Siamo disgustati dall'idea della carica pubblica come scorciatoia per arricchirsi, ci ribelliamo a questo degrado", dice il leader degli under40 Jacopo Morelli. Servono "persone responsabili, preparate, all'altezza del compito. Abbiamo diritto a cambiare" continua l'imprenditore che aggiunge: "C'è spazio per interventi drastici, senza ipocrisie".

Istat. Intanto a ottobre è in leggero rialzo la fiducia delle imprese italiane salita a quota 76,6 punti 76,0. Lo rileva l'Istat, aggiungendo che la piccola risalita, arrivata dopo la caduta di settembre, è dovuta ai miglioramenti registrati per i settori dei servizi di mercato (a 75,8 da 72,3) e del commercio al dettaglio (a 79,7 da 78,6), mentre non aiutano il recupero della fiducia, segnando dei peggioramenti, sia l'industria manifatturiera (a 87,6 da 88,3) sia le costruzioni (a 81,4 da 86,1).


(26 ottobre 2012) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/economia/2012/10/26/news/confindustria_istat_imprese-45344939/?ref=HREC1-1
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« Risposta #3 inserito:: Ottobre 27, 2012, 11:56:51 am »

Convegno Giovani imprenditori, Barca: grazie all'Italia l'Europa ha evitato il baratro

dai nostri inviati Francesco Benucci e Vera Viola

27 ottobre 2012

La crisi finanziaria internazionale e la «grave sbandata dell'Italia sono stati due incidenti nel progetto di costruzione dell'Europa»: a parlare è il ministro della Coesione territoriale, Fabrizio Barca, nel primo intervento della seconda giornata del convegno dei Giovani imprenditori di Confindustria in svolgimento a Capri. «Proprio grazie all'Italia - ha sottolineato il ministro, l'Europa ha evitato il baratro. Oggi l'Italia ha concorso in tre modi a ritrarsi dal baratro dell'intera Europa: tolto dal tavolo il problema della finanza pubblica fuori controllo; consentito all'Europa di usare uno dei suoi strumenti, la Bce; riaperto il tema della crescita».

La ricetta di Saccomanni
Intanto Fabrizio Saccomanni, direttore generale di Banca d'Italia
si fa intervistare piuttosto che fare un discorso.un cambio di metodo, voluto dal direttore di Banca d'Italia. «Non c'era alternativa al rigore. Eravamo in una situazione difficile e con poca scelta sul piano delle strategie. L'antinomia rigore e crescita è falsata: siamo riusciti a dare segnali fortissimi al mercato, che sono stati accolti gradualmente, ma oggi produce impatto sullo spread e quindi si apre un canale per far ripartire l'economia reale. Oggi il problema è stabilizzare aspettative. Una stima in Banca d'Italia evidenzia che se lo spread si stabilizza su 300 punti base può influire sul recupero dell'economia nell'anno prossimo. Abbiamo cercato di far capire al mondo che in quello spread dei mesi scorsi c'era una componente di natura sistemica. L'intervento della Bce ha chiarito che c'è una componente nazionale e una componente sistemica che va gestita con strumenti della politica monetaria europea».

Saccomanni prosegue: «Nel reagire alla crisi ci sono stati dei ritardi, sopratutto in ambito europeo, ma oggi sono stati fatti molti passi in avanti. Quella zoppia già segnalata anni fa anche da Ciampi è in via di superamento. C'è consapevolezza ormai in Europa che l'unione bancaria deve essere realizzata, in modo serio, dal primo gennaio 2013. Naturalmente un gradualismo nel passare dalla vigilanza periferica a quella unificata ci sarà, ma se non partiamo non l'attueremo mai.
I giovani possono sperare? abbiamo attraversato una crisi senza precedenti che ha svelato carenza strutturali. Sarà superata la crisi, ma necessario avere correttezza delle informazioni. Bisogna riconoscere la globalizzazione da cui non si torna indietro. Dobbiamo riconoscere anche che dobbiamo investire di più nel capitale umano: abbiamo livelli di conoscenza e competenze inferiori poichè finora abbiamo privilegiato un sistema di libertà su studio e ricerca a livello universitario e trascurato vendibilità della conoscenza. Per le imprese dobbiamo affrontare il problema della dimensione. Troppo piccole, le medio grandi sono quelle che competono meglio a livello mondiale. Sulla dimensione delle imprese deve lavorare in primis il governo, le imprese stesse e il sistema bancario che pur rimanendo orientato al credito commerciale deve avere un rapporto più stretto con le imprese. le banche devono aiutare le imprese su crescita dimensionale e internazionalizzazione».

Pagliuca: «Un sistema di controllo meno poliziesco»
«Regole semplificate, certe e un sistema di controllo meno poliziesco, non soggetto ad interpretazione e più efficace, senza alcuna immunità, né per i controllati e né per i controllori». È quello che serve per dire ai nostri imprenditori, giovani e meno giovani di rimanere. Lo ha auspicato Lorenzo Pagliuca, presidente comitato interregionale Giovani Imprenditori Mezzogiorno, aprendo i lavori della seconda giornata di lavori di Capri. In un momento in cui, come ha rilevato l'Osservatorio Giovani Imprenditori, Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, «nel 2012 le imprese giovanili meridionali sono le sole che prevedono un incremento del proprio fatturato (+2%) e maggiore è la loro propensione ad investire», il Sud deve però vincere il gap del ritardo infrastrutturale. Per questo per Pagliuca, è «improrogabile, un rapido piano di rilancio delle opere pubbliche al Sud, che forse proprio in un momento di difficoltà come questo, possa riavviare la grande macchina dell'edilizia». I giovani del sud dicono «basta ad una finanza integrativa, agevolata, unico strumento oggi in vita e necessario per compensare il maggior costo della produzione e delle vendite di beni e servizi al Sud, dovuto alle carenze infrastrutturali, ma poco utile a rendere competitiva un'intera nazione. Perché non puntare sulla riduzione della pressione fiscale anziché sulla finanza agevolata?», ha chiesto Pagliuca sollecitando ad «alleggerire il peso fiscale. Intervenire sul cuneo per rilanciare i consumi, e dare un primo segnale alle imprese. Costruiamo la provvista – ha detto - determinando prima la base imponibile che serve a generarla e poi l'aliquota e lavoriamo per raggiungere questo obiettivo, consci, che le riserve sono ormai finite e che non si possono più chiedere ulteriori sacrifici».

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da - http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2012-10-26/giovani-imprenditori-seconda-giornata-193612.shtml?uuid=AbxSvBxG
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