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Autore Discussione: ORFINI  (Letto 5251 volte)
Arlecchino
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« inserito:: Febbraio 17, 2017, 12:02:07 am »

Congresso Pd. Matteo Renzi e gli alibi anti-scissione: Orfini reggente, primarie a maggio. "Ma tanto hanno già deciso"

Pubblicato: 15/02/2017 12:27 CET Aggiornato: 5 ore fa

RENZI ORFINI

 “Temo che questa decisione sia stata già abbondantemente presa'', dice Roberto Giachetti parlando delle ipotesi di scissione ventilate dalla minoranza del Pd. Giachetti è sempre bianco-nero. Ma effettivamente anche l’atteggiamento di Matteo Renzi in questa corsa per il congresso non conosce sfumature di grigio. Il segretario e i suoi sono convinti che una parte della minoranza uscirà comunque, checché ne dica Walter Veltroni sul Corriere della Sera. E’ per questo che all’indomani della direzione Renzi e i suoi, con l’aiuto di Dario Franceschini e gli altri alleati di maggioranza, stanno costruendo una trama che aiuti a dire: ‘Ci abbiamo provato a tenervi dentro, siete voi che avete deciso di rompere’. Il classico gioco del cerino, uno dei più vecchi in politica.

Da qui parte la mini-offerta di qualche settimana in più per celebrare le primarie: il 7 maggio invece che ad aprile. Comunque prima che inizi la campagna elettorale per le amministrative. E nello stesso ragionamento si inserisce la 'puntualizzazione' – perché più di questo non è - emersa dal vertice di tarda notte ieri al Nazareno. Presenti Matteo Orfini, Dario Franceschini, Luca Lotti, Maria Elena Boschi. Renzi è già a casa a Pontassieve. La riunione decide di esaltare un’ovvietà, stando allo statuto del Pd. E cioè che con Renzi dimissionario all’assemblea di domenica il ‘reggente’ del partito per tutto il periodo del congresso fino alle primarie sarà Orfini, in quanto presidente del Pd, la carica più alta che resterebbe in piedi dopo le dimissioni di Renzi.

Dal canto suo, un momento dopo le dimissioni da segretario, Renzi sarà il candidato alla segreteria del Pd. Quasi una questione di lana caprina, se si pensa che alla fine l’attenzione mediatica sarà naturalmente spostata sui candidati al congresso più che su chi regge il Pd.

Piccoli passi, nella speranza che Andrea Orlando scenda in campo perché questo arginerebbe la scissione, convincerebbe qualcuno o molti a restare. Ma si vedrà. Il punto per Renzi ora è avere argomenti per dire: ‘Ho provato a fermarvi, avete deciso di rompere comunque, avete deciso voi’. E non è un caso che riunirà i suoi dal 10 al 12 marzo al Lingotto, il luogo simbolo di un partito nato, come ricorda Veltroni oggi sul Corriere, "da una fusione e non da una scissione" Insomma il gioco del cerino: è iniziato ieri e durerà fino a quando (massimo dieci giorni) si dovrà comporre la commissione per il congresso, rappresentativa di tutte le anime del Pd. Naturalmente chi deciderà di lasciare il partito non entrerà in commissione.

“Hanno già deciso”, dice Giachetti esprimendo quello che è un pensiero comune tra i renziani doc. Perché in fondo l’aspettativa più realistica è di andare a votare con una legge elettorale che ‘omogeneizzi’ il proporzionale che ora regola il Senato. In quanto in Parlamento la voglia di maggioritario sembra minoritaria. E il proporzionale è praticamente un invito a nozze per chi vuole creare un piccolo partito. E poi c'è l’incognita Pisapia.

In casa Renzi sono convinti che il ‘Campo progressista’ lanciato dall’ex sindaco di Milano sia il vero incubo dei dalemiani o dei bersaniani che vogliono lasciare il Pd. In quanto insiste sullo stesso terreno: a sinistra. “Può servire più Pisapia che le nostre offerte sul congresso come deterrente anti-scissione”, dice una fonte renziana. Anche perchè è Pisapia l'alleato di sinistra con cui Renzi pensa di poter dialogare in futuro, non certo la sinistra degli scissionisti. Sul congresso insomma c’è poco da trattare.

Da - http://www.huffingtonpost.it/2017/02/15/congresso-pd-scissione_n_14765780.html?utm_hp_ref=italy
« Ultima modifica: Giugno 03, 2017, 11:45:45 am da Arlecchino » Registrato
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« Risposta #1 inserito:: Giugno 03, 2017, 11:45:06 am »

Opinioni
Matteo Orfini - @orfini
· 3 giugno 2017

Basta ipocrisie. Ecco la cruda verità sulle larghe intese

Legge elettorale   

Ecco, a tutti i miei compagni di partito che vogliono strumentalmente il tema delle larghe intese auguro buon divertimento

Facciamo che proviamo a evitare ipocrisie e raccontiamo la verità.
– Le larghe intese in questo paese ci sono già state. Abbiamo già governato insieme a Berlusconi. Abbiamo deciso di farlo in una direzione del Pd. Solo in due si alzarono per dire che non appariva una così grande idea. E furono contestati dalla direzione. Sapete chi erano? Bersani? Letta? Speranza? D’Alema? No, sbagliato. Io e Debora Serracchiani.

Poi le larghe intese le abbiamo fatte davvero. Letta ha fatto il Presidente del consiglio. Speranza il capogruppo, e ogni giorno ci chiedeva di non alzare troppo i toni per non mettere a rischio la maggioranza. Orlando il ministro. Fassina il vice ministro e faceva i servizi fotografici posati con Brunetta, pubblicati con il coccoloso titolo “la nostra grande intesa”.
– Le larghe intese le porta il proporzionale?
No. Ci furono con una legge stra-maggioritaria. Perché se gli italiani dividono il paese in 3 non c’è legge che ti consenta di evitarlo (se non il ballottaggio che però dopo la bocciatura del referendum non c’è più, oibò).
– Col proporzionale finisce il pd e la sua vocazione maggioritaria?
No. Semmai è vero il contrario. Liberi dal tema delle alleanze possiamo esprimerla al meglio, tanto che il 40 % lo abbiamo preso alle europee dove si vota col proporzionale puro. La vocazione maggioritaria la uccide questa noiosissima e inutile discussione sulle coalizioni possibili che appassiona solo il ceto politico. E che ci distoglie dal parlare dei problemi del paese e di come vogliamo risolverli.
– Ma così uccidi il centrosinistra e tradisci il progetto originario del Pd
Veramente il Pd lo abbiamo fatto proprio per superare il centrosinistra, che non era esattamente una ficata. Per la precisione era fatto da: Ds, Margherita, Rifondazione, Pdci, Idv, Sdi, Verdi, Udeur, Mre, Pensionati, Psdi, Dcu, Consumatori, Svp, Lal, Pdm, lfv.

Vi mancano davvero così tanto?
(Un premio a chi sa sciogliere tutti gli acronimi senza andare su Wikipedia)
-Ma col tedesco nessuno avrà mai la maggioranza!
Col modello tedesco c’è una correzione maggioritaria per effetto dello sbarramento e dei collegi. Quindi se prendi tanti voti, puoi persino pensare di arrivare ad essere autosufficiente. Potrebbe persino bastare arrivare intorno al famoso 40 %. Però certo, devi prenderli quei voti. Che capisco che a molti abituati a comandare col 3 per cento appaia strano, ma in realtà è abbastanza normale, giuro: se vuoi vincere le elezioni, devi convincere gli elettori, funziona così.
Ecco, a tutti i miei compagni di partito che vogliono passare i prossimi mesi a parlare di Pisapia e Bersani, a usare strumentalmente il tema delle larghe intese (che -ripeto- si sono fatte col maggioritario) per non cambiare la legge elettorale così da votare con quella che c’è (che è ancora più proporzionale del tedesco), a tutti loro dico: buon divertimento.
Agli altri suggerisco di lasciarli fare e impegnarsi a conquistare voti e consensi.
Ci si diverte di più, si fa vincere il Pd e così non ci saranno nemmeno le larghe intese.

Dalla pagina Facebook di Matteo Orfini

Da - http://www.unita.tv/opinioni/orfini-pd-larghe-intese/
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« Risposta #2 inserito:: Giugno 05, 2017, 11:57:27 am »

Orfini: "Il Pd nato per superare il centrosinistra, che non era una ficata"

Lungo post del presidente Pd che indica la linea sulle critiche di chi accusa il Pd di scegliere il proporzionale e allearsi con Berlusconi: "Le larghe intese? Già ci sono state, e con una legge maggioritaria"

04 giugno 2017

ROMA - "Il Pd è nato per superare il centrosinistra, che non era una ficata" e "le larghe intese ci sono già state, anche con una legge maggioritaria". A parlare in un lungo post su Facebook è il presidente del Partito Democratico Matteo Orfini. Le sue dichiarazioni sono state rilanciate anche da un account ufficiale del Pd.

Orfini interviene così nel dibattito sull'intesa con Forza Italia e Movimento 5 Stelle per la legge elettorale, un proporzionale che rischia di rendere obbligatoria una futura alleanza di governo con Forza Italia o quantomeno con i centristi. "Facciamo che proviamo a evitare ipocrisie e raccontiamo la verità - inizia Orfini - le larghe intese in questo paese ci sono già state. Abbiamo già governato insieme a Berlusconi. Abbiamo deciso di farlo in una direzione del Pd. Solo in due si alzarono per dire che non appariva una così grande idea. E furono contestati dalla direzione. Sapete chi erano? Bersani? Letta? Speranza? D'Alema? No, sbagliato. Io e Debora Serracchiani".

Continua Orfini: "Poi le larghe intese le abbiamo fatte davvero. Letta ha fatto il Presidente del consiglio. Speranza il capogruppo, e ogni giorno ci chiedeva di non alzare troppo i toni per non mettere a rischio la maggioranza. Orlando il ministro. Fassina il vice ministro e faceva i servizi fotografici posati con Brunetta, pubblicati con il coccoloso titolo 'la nostra grande intesa'. Le larghe intese le porta il proporzionale? No. Ci furono con una legge stra-maggioritaria. Perché se gli italiani dividono il paese in 3 non c'è legge che ti consenta di evitarlo (se non il ballottaggio che però dopo la bocciatura del referendum non c'è più, oibò). Col proporzionale finisce il pd e la sua vocazione maggioritaria? No. Semmai è vero il contrario - aggiunge - liberi dal tema delle alleanze possiamo esprimerla al meglio, tanto che il 40% lo abbiamo preso alle europee dove si vota col proporzionale puro. La vocazione maggioritaria la uccide questa noiosissima e inutile discussione sulle coalizioni possibili che appassiona solo il ceto politico. E che ci distoglie dal parlare dei problemi del paese e di come vogliamo risolverli".

Poi Orfini elenca le critiche che vengono fatte alla linea pro-tedesco.
'Così uccidi il centrosinistra e tradisci il progetto originario del Pd'. "Veramente il Pd lo abbiamo fatto proprio per superare il centrosinistra, che non era esattamente una ficata. Per la precisione era fatto da: Ds, Margherita, Rifondazione, Pdci, Idv, Sdi, Verdi, Udeur, Mre, Pensionati, Psdi, Dcu, Consumatori, Svp, Lal, Pdm, lfv. Vi mancano davvero così tanto?".

'Col tedesco nessuno avrà mai la maggioranza'. "Col modello tedesco c'è una correzione maggioritaria per effetto dello sbarramento e dei collegi. Quindi se prendi tanti voti, puoi persino pensare di arrivare ad essere autosufficiente. Potrebbe persino bastare arrivare intorno al famoso 40%. Però certo, devi prenderli quei voti. Che capisco che a molti abituati a comandare col 3 per cento appaia strano, ma in realtà è abbastanza normale, giuro: se vuoi vincere le elezioni, devi convincere gli elettori, funziona così".

"Ecco, a tutti i miei compagni di partito che vogliono passare i prossimi mesi a parlare di Pisapia e Bersani, a usare strumentalmente il tema delle larghe intese per non cambiare la legge elettorale così da votare con quella che c'è (che è ancora più proporzionale del tedesco), a tutti loro dico: buon divertimento. Agli altri suggerisco di lasciarli fare e impegnarsi a conquistare voti e consensi. Ci si diverte di più, si fa vincere il Pd e così non ci saranno nemmeno le larghe intese".

© Riproduzione riservata 04 giugno 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/06/04/news/orfini_il_pd_nato_per_superare_il_centrosinistra_che_non_era_una_ficata_-167197344/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P3-S1.8-T2
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« Risposta #3 inserito:: Settembre 15, 2017, 05:55:42 pm »

POLITICA

Matteo Orfini: "Consip è il nostro Watergate.
C'è un termine tecnico per definire cosa è accaduto: E-ver-sio-ne"
Il presidente Pd cavalca la tesi del complotto: "Sulla base di prove false apparati dello Stato avrebbero provato a colpire il premier. Questa è eversione"

 15/09/2017 16:47 CEST | Aggiornato 34 minuti fa

Alessandro De Angelis
Politics reporter, L'Huffington Post

Matteo Orfini scandisce il passaggio più delicato della intervista: "Siamo di fronte a pezzi di apparati dello Stato che hanno consapevolmente lavorato per fabbricare prove false per colpire il legittimo presidente del Consiglio del paese e per interferire con la dinamica democratica. Qualora tutto questo fosse confermato, ci sarebbe un termine tecnico per definire questo tipo di comportamenti. E si chiama eversione. E-ver-sio-ne". Sulla sua scrivania, al Nazareno, ci sono gli articoli di Repubblica e Corriere. Evidenziate in giallo le frasi dell'ex capitano del Noe Gianpaolo Scarfato che il procuratore di Modena Lucia Musti avrebbe riferito al Csm: "Dottoressa, lei ha una bomba in mano. Scoppierà un casino. Arriviamo a Renzi".

Presidente Orfini, bastano queste frasi, ancora da verificare a parlare di "eversione"? Il capitano Ultimo ha smentito la ricostruzione, minacciando querela.

Mi faccia fare una premessa, e arrivo al punto. Innanzitutto ci tengo a rivendicare metodo e stile con cui questo gruppo dirigente ha affrontato la vicenda Consip.

Stile?

Sì, stile. Siamo stati aggrediti da una campagna politica e mediatica su cose rivelatesi false, ripeto false, abbiamo sempre detto che la verità prima o poi sarebbe emersa. E lo abbiamo fatto ribadendo il nostro punto di vista e al tempo stesso ribadendo la nostra fiducia nella magistratura. Lei ricorderà che per primo segnalai elementi torbidi ed inquietanti in questa vicenda. Oggi emergono fatti nuovi che confermano i miei timori di allora, di una dinamica, per l'appunto, eversiva.

I cui registi, seguo il suo ragionamento, sarebbero Woodcock, il Noe e il Capitano Ultimo .

Non spetta a me attribuire responsabilità individuali, ma emerge un quadro inquietante su cui è necessario fare chiarezza fino in fondo. E noi ci muoveremo in tal senso con tutti gli strumenti che abbiamo: sollecitando il Copasir, presentando interrogazione parlamentari, chiedendo che della questione si occupino Csm e magistratura. Questo grumo di comportamenti eversivi deve emergere, e devono essere individuati responsabilità e coperture.

Responsabilità e coperture. Sta alludendo a una regia politica?

Dico che ogni giorno che passa ci sono elementi nuovi che fanno vedere un quadro complesso. E colpisce è che, tra le forze politiche, solo il Pd chieda chiarezza. Una cosa del genere in qualunque paese democratico al mondo avrebbe la rilevanza del Watergate, non è un problema del Pd ma della democrazia.

Addirittura il Watergate, presidente Orfini. Il caso è grave, ma mi pare che nelle sue parole ci sia una dose di strumentalizzazione politica su un'inchiesta in cui anche altro da chiarire. Il ruolo del papà di Renzi, il ministro Lotti che è ancora indagato...

De Angelis, stiamo ai fatti. Oggi emerge che sulla base di prove false si è provato a colpire il presidente del Consiglio e lo avrebbero fatto apparati dello Stato. Se fosse acclarato sarebbe il nostro Watergate.

Al Senato voi avete già presentato un'interrogazione parlamentare a firma Zanda-Latorre, sul capitano Ultimo, perché a vostro giudizio gode da vent'anni di una grande libertà nel suo agire. E nelle sue modalità di azione evidentemente rilevate delle anomalie.

Esatto.

Come mai il governo non risponde?

La domanda che poniamo nell'interrogazione è obiettivamente complessa e immagino il governo abbia bisogno di tempo. Ma c'è un'evidente anomalie nel campo di azione del Noe. Io non mi voglio sostituire né al governo né agli inquirenti. Mi limito a dire che esponenti di apparati dello Stato che lavorano con questa libertà di azione e con obiettivi politici mi allarmano. Se a lei pare che stiamo caricando il caso ad arte...

A me pare che si evochi il colpo di Stato con una certa disinvoltura. Ma la domanda è un'altra: sostenete che l'inchiesta, a questo punto, non ha credibilità nella sua interezza?

Beh, il filone napoletano, diciamo, mi pare screditato. E aspettiamo gli esiti, che ci daranno sicuramente soddisfazione.

C'è tutta una parte dell'inchiesta su cui però continuate a non dare una risposta politica. Si deve appurare se Tiziano Renzi approfittava del ruolo pubblico del figlio per influenzare nomine e appalti, se il ministro Lotti ha avvisato i vertici Consip delle indagini e addirittura delle cimici negli uffici, in modo che venissero rimosse. Le ricordo che proprio ieri ha patteggiato l'ex dirigente di Consip Marco Gasparri, indagato per corruzione in concorso con l'imprenditore napoletano Alfredo Romeo.

Chiariamoci su un punto. C'è un'indagine in corso noi abbiamo assoluto rispetto per la magistratura. Le indagini le fanno i magistrati, i processi si fanno nei tribunali, non in tv o sui giornali, anche questo è un principio di sinistra. Benissimo, la magistratura acclarerà. Ma adesso le faccio io una domanda: non crede che un contributo alla ricerca della verità debba venire da altre forze politiche e anche dal mondo dell'informazione nel momento, in cui emergono tentativi di manomettere la democrazia? Questo è il punto: gli elementi che emergono oggi sono un problema del Pd o della democrazia italiana? O per colpire il Pd va bene tutto?

È la sua tesi: c'è un disegno per liquidare il Pd.

C'è stato ed è fallito. Le ricordo che nel momento in cui dovevamo fare il congresso qualche commentatore e qualche leader politico disse che non si poteva fare perché c'era la vicenda Consip. La verità è che il tentativo c'è stato perché un pezzo dei poteri di questo paese evidentemente non ha mai digerito una classe dirigente che non frequentava i soliti salotti. Noi abbiamo la necessità di ampliare il circuito della classe dirigente e una leadership nuova deve produrre una classe dirigente nuova.

Proprio questo è il punto. Il modo in cui è stato gestito il potere pubblico, con uomini di provata fede personale, lasciando germogliare possibili filoni di interesse privato che si intrecciano alla sfera delle decisioni pubbliche. Questo è il caso Consip, letto politicamente. È un punto che ha un rilievo politico che prescinde dal rilievo penale.

Questa teoria del familismo di solito è sostenuta da quei settori del potere italiano che prima gestivano le nomine con modalità non sempre trasparenti e con risultati non sempre esaltanti. Noi abbiamo rotto alcuni equilibri perché non abbiamo scelto quelli bravissimi a farsi mettere nei consigli di amministrazione ma, messi lì, non sapevano cosa fare. E questo ha prodotto una reazione.

A proposito di familismo, parliamo di banche.

Dico: viva la commissione! Non vedo l'ora di cominciare, non abbiamo nulla da nascondere, abbiamo molto da scoprire.

Suona come una minaccia. Partirete da Banca d'Italia, che Renzi accusa di non aver vigilato abbastanza?

Lo decideremo insieme da dove partire, ma non ci saranno tabù né perdite di tempo. Nelle sedi istituzionali si ricerca la verità e credo nessuno debba aver paura della verità.

Dopo la legge di stabilità la legislatura è finita?

Beh, politicamente direi di sì. Dispiace per chi ha provato a liquidare il Pd e invece se lo troverà in campagna elettorale battagliero come mai.

Da - http://www.huffingtonpost.it/2017/09/15/matteo-orfini-consip-e-il-nostro-watergate-ce-un-termine-tecnico-per-definire-cosa-e-accaduto-e-ver-sio-ne_a_23210609/?utm_hp_ref=it-homepage
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« Risposta #4 inserito:: Giugno 28, 2018, 05:08:17 pm »

Orfini: “Il tema non è il nuovo nome ma riconquistare gli elettori che hanno votato a destra”

Intervista a Matteo Orfini di Daniela Preziosi – Il Manifesto

Pubblicato il 26 giugno 2018 in Partito


Presidente Orfini, per Zingaretti si chiude «una fase storica». Si chiude il renzismo?
 
«Non so cosa intenda Zingaretti. Il 4 marzo c’è stata una sconfitta politica del Pd, domenica anche. Tutti avevano chiesto di affrontare la discussione dopo le amministrative. Ora possiamo farlo».

Calenda dice: andare oltre il Pd.
 «Oltre il Pd oggi c’è la destra.

Questa è una citazione di D’Alema sulla svolta di Occhetto. Ma poi la svolta ci fu».
 «Non risolveremo i nostri problemi ripartendo dai nuovi nomi di partito, dalle formule o dalla somma del ceto politico. Il tema è come riconquistare gli elettori che hanno votato destra. La soluzione non sono le coalizioni larghe fatte a prescindere: le abbiamo fatte alle amministrative, non hanno vinto. Il problema è più profondo».
 
Calenda parla di fronte repubblicano, Renzi vagheggia un partito macronista fuori dalla famiglia socialista. Le piace?

«No. E lo dico nel momento di massima debolezza del Pse. Non ci ridaremo un orizzonte europeo sommando tutto ciò che non è populismo xenofobo. Se si vuole rilanciare davvero il centrosinistra non serve una grande coalizione Ppe-Pse. Serve lavorare a un soggetto europeo che vada da Macron a Tsipras».
 
Sui migranti c’è una posizione dei socialisti europei?
 «Lo stesso Pd, con Minniti, è il precursore della lotta contro le Ong di cui oggi in Italia si raccolgono gli amarissimi frutti con Salvini. Una delle scelte che hanno determinato la nostra sconfitta. Abbiamo sdoganato la lettura del fenomeno migratorio delle destre. Lo dico da tempo, da quando abbiamo cominciato a chiederci ‘quanti ne arrivano’ anziché ‘perché partono’, una lettura che poi ci ha portato a dichiarazioni allucinanti, tipo che la democrazia è messa a rischio dagli sbarchi e non dalle mafie o dall’esclusione sociale. Qualche giorno fa Gentiloni ha rivendicato la diminuzione degli sbarchi dicendo che ‘abbiamo fatto fare meno affari agli scafisti’. Falso: gli scafisti hanno riconvertito le attività e si sono messia gestire lager e vendere schiavi. È accettabile da una forza di sinistra?».
 

Risponda lei.
 «Da me no. C’è chi si sorprende che i1 60 per cento dia ragione a Salvini. A me sembra un miracolo che i1 40 ancora no, nonostante il silenzio anche nostro. L’Espresso ha pubblicato un’inchiesta in cui si dice che questi lager sono stati costruiti su sollecitazione e forse finanziamento dei servizi. Sarebbe allucinante, appena ci sarà il Copasir mi occuperò di segnalare la questione».

Il Pd va ripensato, dice Martina. Ma per lei le coalizioni non servono. E allora che serve?
 «Oggi si è cementato un blocco politico che cuba più del 50 per cento del consenso degli italiani. C’è un solo italiano che si aspetta da noi che ricomincino le dispute sulle coalizioni larghe o strette? Non credo. Il tema è fare un racconto nuovo, cose alternative a quel blocco. La sinistra ha perso l’egemonia culturale. La responsabilità è nostra ma anche degli intellettuali che hanno giocato con certi argomenti senza vederne i rischi. Anche noi abbiamo cavalcato alcuni slogan sui costi della politica».
 
Nel Lazio Zingaretti ha vinto con una coalizione larga.
 «Sì, e con la destra divisa. Fosse stata unita avremmo perso. Il punto non è quanto allarghi la coalizione ma quanto convinci i cittadini. Rincorrere ceto politico non serve».
 
Da qualche parte dovrete pure iniziare per rimettere insieme una maggioranza.
 «Non c’è dubbio. Ma la soluzione non è rimettere insieme vecchi amici come me e Stumpo (Mdp, ndr). Dobbiamo partire da un progetto che convinca i cittadini. Siamo stati percepiti come establishment perché a volte lo abbiamo difeso, di più nell’ultimo anno».
 
Ma Renzi non è il ‘nuovo’. Il Pd si può rigenerare se Renzi resta il più influente dei suoi dirigenti?
«Per un pezzo di ceto intellettuale e politico che si autodefinisce di centrosinistra, sinistra era essere contro Renzi. Ora Renzi si è dimesso. Dobbiamo continuare a discutere della purezza del suo sangue mentre la destra chiude i bambini in gabbia? Ripartiamo per inclusione, non per esclusione, ciascuno si misurerà sulle nuove idee. Discutiamo seriamente fino in fondo. Dobbiamo decidere cosa portare nella fase nuova e cosa va riconosciuto come un errore».
 
La legge Fornero e il jobs act sono stati errori?
 «Lo sono stati la linea sugli immigrati, l’idea della democrazia come costo, il federalismo sbagliato. Invece il mercato del lavoro oggi è meglio di 5 anni fa. Infatti chi ha costruito un partito contro quelle scelte ha preso pochi voti».

Molti maggiorenti vogliono il congresso subito. Lo convocherà?
 «Convocherò l’assemblea il 7 luglio e il decideremo. Tutti invocano un congresso costituente. Con le nostre attuali regole il congresso è una conta su dei nomi che serve a ridefinire gli equilibri interni del Pd.
Per aprire una fase costituente bisogna invece ripensare il Pd, le sue regole, darsi il tempo che serve per coinvolgere chi non ci ha più votato».
 
Non è che volete tenervi Martina segretario perché garantisce gli equilibri proprio con i renziani?
«Io mi sento garantito dalle mie idee, non da quello che decideremo il 7 luglio. Chi ha idee le può far vivere in un congresso o in una discussione più larga. Chi non le ha si affanna sulle procedure».

Il segretario del Pd sarà ancora il candidato premier?
 «La legge elettorale non prevede il candidato premier, il candidato premier di fatto già non c’è più. Ma resto dell’idea che il leader del Pd sia scelto dagli elettori con le primarie e non dagli editori con i loro giornali».

Da - https://www.partitodemocratico.it/partito/intervista-orfini-tema-non-nuovo-nome-ma-riconquistare-elettori-che-votano-destra/
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« Risposta #5 inserito:: Agosto 10, 2018, 01:39:13 pm »

Orfini

Di David Allegranti,
 
Il Foglio, 7 agosto 2018

Costruire l’alternativa a un “governo di destra” come quello felpa-stellato è possibile, secondo Matteo Orfini, che rifiuta dialoghi e alleanze con i grillini, da qualcuno spacciati nel Pd per una costola della sinistra. “Considero il M5s di destra”, ha detto sabato scorso in apertura della festa del Pd di Livorno. “Una forza culturalmente e politicamente sovrapponibile alla Lega di Salvini. Credo che il blocco politico nel paese tra grillini e leghisti si sia saldato molto prima che pensassero di fare un governo. Quando noi litigavamo al bar o al mercato con l’elettore che usava argomenti contro la politica, contro le istituzioni, contro la legge sui vaccini, contro qualunque cosa, facevi fatica a distinguere se era un leghista o un grillino”.

Detto questo, c’è da capire come ricostruire il Pd e l’opposizione. Non è semplicissimo per un partito che è stato sette anni al governo o in maggioranza, “perché ci sono persone come me che hanno qualche anno in più e che sono abituati a fare l’opposizione. Ma c’è anche un pezzo del Pd e anche una parte dei nostri gruppi dirigenti e dei nostri parlamentari che per la prima volta si trovano in una posizione del genere e devono imparare a farlo”. C’è anche un problema di identità.

Che cos’è oggi il Pd?
“L’identità del Pd è quella di una grande forza di centrosinistra, che deve evidentemente rideclinare i valori della sinistra in una condizione diversa rispetto al passato. Oggi in Europa ci sono forze estreme di populismi e nazionalismi, c’è il riemergere di pulsioni che credevamo archiviate nei libri di storia. Quello che sta accadendo ogni giorno in questo paese, e che Salvini nega, come il ritorno di violenza a evidente matrice razzista se non fascista in alcuni casi, racconta l’esigenza di costruire una risposta non solo in Parlamento, ma nella società. Perché la sfida nei confronti di questa destra l’abbiamo persa prima culturalmente che politicamente”.

In che modo?
“C’è un pezzo di paese che non vota Lega, ma che su alcuni temi, anche a sinistra, pensa come Salvini. A me questo preoccupa molto di più di quelli che votano Salvini. E questo accade anche perché noi probabilmente negli ultimi anni quella battaglia culturale abbiamo smesso di farla, perché abbiamo immaginato che l’unica missione vera di un grande partito come il nostro fosse governare il paese e cambiare il paese dal governo. Credo che abbiamo governato bene il paese, abbiamo lasciato un’Italia che sta meglio di cinque anni fa, però abbiamo perso drammaticamente le elezioni, perché governare bene non è sufficiente, non basta più”.

La questione è che “noi abbiamo fallito anche perché per una parte del paese siamo apparsi come la forza che cercava di difendere lo status quo, non quella che cercava di sovvertirlo. Oggi ci stupiamo che non prendiamo più voti tra i precari, i disoccupati, i giovani, gli operai, i ceti popolari: sono trent’anni che non prendiamo più quei voti, perché siamo stati percepiti per larghi tratti della nostra storia come quelli che non volevano cambiare gli equilibri di potere e di ricchezza di questo paese, che è chiuso, oligarchico. Una volta abbiamo rotto questo meccanismo, alle europee quando abbiamo preso il 40 per cento, perché siamo stati interpretati come la forza – in quel caso per merito di Renzi che lo trasmetteva quasi in modo pre-politico – che aveva voglia di scassare tutto, di sovvertire gli equilibri, di cambiare le cose. Poi quella forza, percepita di cambiamento, si è evidentemente appannata, o almeno non è arrivato più quel messaggio. Anche perché in alcuni casi non siamo stati in grado di rivoluzionare davvero tutto; non abbiamo avuto uno strumento all’altezza di questo compito”.

Contro le alleanze stravaganti
E adesso la soluzione per curare i mali della sinistra sarebbe recuperare il dialogo con l’elettorato a partire da un dialogo con il M5s?
No, grazie, dice Orfini. “L’idea che siccome un pezzo dei nostri elettori ha scelto di votare il M5s noi ci dovessimo conseguentemente alleare con il M5s a me non ha mai convinto. Ho sempre ritenuto e pensato che qualora ci fossimo alleati con il M5s avremmo certificato la fine della storia della sinistra italiana”. Troppe le cose che dividono: “Casaleggio dice che tra un po’ il Parlamento sarà superato; non è una boutade, non è una sciocchezza, non l’ha detta perché aveva bevuto, l’idea che la democrazia rappresentativa vada superata è l’idea del M5s. L’idea che le istituzioni debbano essere delegittimate, l’idea che non conta ciò che è vero ma ciò che è virale, l’idea che sulle fake news, sulle bugie e sulla demonizzazione dell’avversario si costruisca una vittoria elettorale è la negazione di quello che pensa e crede una persona di sinistra.

Il reddito di cittadinanza non è una proposta di sinistra, il Pci non lo voleva, ma per una ragione: nella nostra Costituzione il lavoro è dignità – ma non come il decreto di Di Maio – il lavoro è quello che costruisce la soggettività politica, è un perno della cittadinanza. Non puoi immaginare che il lavoro sia solo il salario. Questo non significa che nel momento in cui ti trovi in condizioni di povertà o difficoltà tu non abbia diritto a un sostegno, infatti abbiamo realizzato il reddito di inclusione, di cui usufruiscono già un milione di persone. Uno strumento che va ampliato, certo, ma, insomma, da qualunque parte la si prenda, la sinistra con il M5s non c’entra nulla”.

C’è chi dice che bisogna superare il Pd, ma “oltre il Pd c’è la destra”. E’ una battuta di D’Alema, che peraltro ha costruito “una grande scuola di formazione, poi purtroppo è invecchiato male”, ma è una frase “vera, purtroppo. Quando la disse lui non lo era, adesso è diventata. Oggi, se io guardo in Parlamento, a parte uno sparuto gruppetto sotto di noi la cosa più moderata che c’è è Forza Italia, con cui non voglio avere nulla a che fare come prospettiva di allargamento del Pd”. Carlo Calenda, per dire, ha lanciato il “fronte repubblicano”, ma “l’idea di costruire una cosa che tiene insieme tutto ciò che non è il governo attuale vuoi dire immaginare che si possa costruire un soggetto politico nuovo in cui noi e Berlusconi stiamo insieme. A me pare anche questa la negazione della ragione per cui siamo nati. E onestamente non fa per me, non è cosa nostra. Lasciamo Berlusconi a Salvini, tanto più che questo governo è nato grazie al permesso di Berlusconi, che è per finta all’opposizione, ma di fatto è in maggioranza”.

Discorso vale anche per chi è oggi a sinistra perché uscito dal Pd, avverte Orfini: “Non mi convince l’idea che noi risolleviamo le sorti della sinistra rimettendo insieme me, Bersani e D’Alema. Non risolverebbe nulla. Noi abbiamo preso il 18, Leu il 3. Se noi ci rimettessimo insieme sono abbastanza convinto che una parte di quelli che hanno votato per noi non ci voterebbero più e penso che una parte di quelli che hanno votato Bersani e D’Alema non li voterebbero più”. Contro Minniti, voce dal pubblico, parla un elettore livornese: “Mi dovete spiegare una cosa. Come mai noi s’è perso a Pisa? C’è stato un sviluppo esagerato di industrie, di lavoro, eppure… Il mio punto di vista è uno solo: quando uno va all’ospedale di Pisa, come si fa tutti, c’è trenta neri che ti vengono davanti. La Lega ha vinto in quella maniera”.

Orfini non si scompone: “A Pisa, come in larga parte del paese, la Lega ha preso i voti sull’immigrazione. Ora, è ovvio, se uno va all’ospedale e trova un nucleo di immigrati particolarmente aggressivi o vive in un quartiere dove delinquono poi tutto questo produce una reazione. Ma la risposta a quel problema è garantire la sicurezza, il controllo del territorio, dare gli strumenti a chi deve farlo”. Però attenzione, dice Orfini, non è stato solo Salvini a “costruire l’idea che la sicurezza e l’immigrazione siano due cose legate, e non è così, perché i delinquenti possono essere italiani o immigrati. Se accetti quel nesso vince Salvini. Il tema non è indicare il nemico da fermare. Perché se la sicurezza tu la garantisci fermando l’immigrazione – e accetti quindi questa lettura – allora ha ragione Salvini: bisogna chiudere i porti, affondare i barconi e chiudere le persone nei lager in Libia, come sostiene Salvini. Noi dobbiamo rifiutare la lettura per cui immigrazione e sicurezza sono collegate. Poi, certo, dobbiamo garantire la sicurezza, e questo significa che quando un immigrato o un gruppo di immigrati delinquono devono essere presi, messi in galera o rimandati – garantendo che ci restino – nel loro paese”.

Ma, dice Orfini, “la battaglia culturale per spiegare agli italiani che non si può indicare il nemico ma bisogna garantire la sicurezza non l’abbiamo fatta. La ragione per cui a me è capitato di discutere con Minniti è perché se tu sei il ministro dell’Interno di un governo di sinistra e dici che l’immigrazione mette a rischio la democrazia, come capitò di dire a lui, accetti la lettura di Salvini. Non lo puoi dire, perché se l’immigrazione mette a rischio la democrazia, è lecito fare quello che fa Salvini. Per fortuna non è vero che l’immigrazione mette a rischio la democrazia. Sono i delinquenti che la mettono a rischio, sono le mafie, la criminalità organizzata; poi, a volte, tra quei delinquenti ci sono anche gli immigrati”. Dunque, “se sei ministro dell’Interno devi dichiarare guerra alla criminalità, non indicare un nemico che ti serve perché non sei in grado di fare il tuo mestiere. Salvini questo sta facendo. Non è migliorata per niente la condizione di vita del nostro paese.

Io mi sono candidato a Tor Bella Monaca, zona peggiore in assoluto, elettoralmente per il Pd di Roma e piazza di spaccio modello Scampia tra le più grandi di Europa e le più controllate dalla criminalità organizzata. Salvini ci venne a fare una passeggiata in campagna elettorale dicendo ripulirò tutto. Ovviamente da quando è ministro, nulla è cambiato e nulla cambierà, perché l’attività che svolge Salvini è indicare il nemico. Prima sono i rom, poi sono i migranti, però non farà nulla per risolvere quei problemi, perché non ci riesce, perché non lo può fare perché non gli serve, perché continua a lucrare sulla rabbia nei confronti di quella percezione di insicurezza che, a volte, è insicurezza reale che i cittadini soffrono”. E allora “noi questo giochetto, questo incantesimo, lo dobbiamo rompere prima di tutto tra di noi e ricominciare a dire che non è vero che è tutta colpa degli immigrati, non è vero che noi non siamo nelle condizioni di accoglierli, non è vero che sono troppi, è che sono distribuiti male e integrati male, perché abbiamo fallito anche noi sulle politiche di accoglienza e di integrazione, e che noi abbiamo bisogno di mettere contestualmente le forze dell’ordine in condizioni di garantire il controllo del territorio e la sicurezza.

Dobbiamo recuperare, questo sì, l’idea che sicurezza è un grande valore della sinistra, perché della sicurezza ha bisogno soprattutto chi non se la può comprare da solo. Se tu sei ricco vai nel quartiere bene, dove non c’hai il problema della sicurezza. Se non te lo puoi permettere hai bisogno che quella sicurezza sia garantita dallo stato. Noi per troppi anni abbiamo lasciato il tema della sicurezza alla destra e poi per recuperare abbiamo accettato di declinarlo come lo declinava la destra, cioè legandolo al tema dell’immigrazione. Se continuiamo a fare così non è che Salvini vince a Pisa, vince ovunque. Da un lato, dunque, cogliamo il punto di verità che c’è in quel ragionamento, dall’altro ricominciamo a raccontare la verità agli italiani e a fare battaglie impopolari. Perché su questo tema dell’immigrazione abbiamo usato le parole della destra; perché avevamo paura del consenso che quelle parole avevano nel paese. Ma se tu usi le parole della destra, e questo vale sull’antipolitica quando usi le parole dei grillini, alla fine la gente vota l’originale”.

Da - http://www.matteoorfini.it/2018/08/07/ricostruire-il-pd-e-fare-opposizione/
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