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Autore Discussione: Boris Pahor - Combattente dei Ricordi  (Letto 2182 volte)
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« inserito:: Febbraio 07, 2017, 04:06:46 pm »

Letteratura

Combattente dei Ricordi

    –di Boris Pahor 04 febbraio 2017

Al nome di Predrag Matvejević ho sempre associato la voglia di lottare per la giustizia e la verità. Anni fa, ancora sotto l’ex Jugoslavia, era intervenuto a favore del poeta e partigiano sloveno Edvard Kocbek, cui il regime aveva impedito di partecipare a un convegno sulla poesia a Ohrid, in Macedonia, in quanto fervente sostenitore del cristianesimo sociale e quindi lontano dal socialismo jugoslavo. Matvejević non era riuscito a fare inserire Kocbek nella lista dei partecipanti ma aveva letto le sue poesie davanti a tutti.

Ci siamo conosciuti personalmente dopo la guerra che ha diviso i Balcani. Veniva spesso a Trieste quando c’era un dibattito sui diritti delle minoranze, appoggiava sempre la causa. Molte volte ci siamo vicendevolmente aiutati sulle questioni di principio. Quando le autorità di Zagabria gli hanno impedito di venire a Trieste, ho pubblicato un elenco di tutti i casi, simili a quello di Kocbek, in cui era intervenuto per raddrizzare la giustizia. A maggior ragione l’ho sostenuto quando il tribunale di Zagabria lo ha condannato a cinque mesi nel 2005 per calunnia e ingiuria nei confronti dello scrittore Mile Pešorda, poeta bosniaco trasferitosi in Croazia durante la guerra, partigiano dell’ideologia colpevole del disastro jugoslavo.

Ci siamo incontrati prima che la televisione mi rendesse famoso nel 2008 e lui era molto più conosciuto di me. Lo stimavo anche se era comunista; avevamo visioni politiche differenti ma era un uomo onesto. Nel 1974 era stato espulso dal partito per aver scritto una lettera in cui esortava Tito a preparare la successione, creare cioè una Jugoslavia confederale come quella che proponevo io sulla mia rivista «Zaliv».

Mi regalò il suo Breviario Mediterraneo (Garzanti, 2006) che ricostruisce in modo narrativo la storia “geopoetica” del Mediterraneo. È uno studio importante che merita una riflessione, soprattutto per noi sloveni che viviamo sulla costa, e abbiamo molte delle caratteristiche descritte nel libro di Matvejević, un carattere più aperto degli abitanti dell’entroterra e l’amore per la pianta dell’ulivo. L’ho continuato a seguire anche sul «Primorski dnevnik», il giornale triestino della minoranza slovena, dove pubblicava molti racconti a puntate sul pane, che poi vennero raccolti nel libro Pane nostro (Garzanti, 2015).

Il nostro vero sodalizio è nato però sulla legge 30 marzo 2004 n. 92, che istituisce “Il Giorno del ricordo” il 10 febbraio di ogni anno. Matvejević è intervenuto sul «Corriere della Sera» a sostegno della mia tesi, che avevo esternato anche su «Il Sole 24 Ore», il «Corriere della Sera» e sul «Piccolo» di Trieste, in cui suggerivo che il “Giorno del Ricordo” venisse trasformato ne “Il giorno dei Ricordi”.

Come me, Matvejević aveva sottolineato come le foibe fossero un crimine gravissimo, i cui colpevoli si meritavano le più dure condanne, ma che oltre alla tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo degli istriani, fiumani e dalmati dalle proprie terre per avversione al regime socialista titino, bisognava ricordare i precedenti crimini dei fascisti contro le popolazioni “slave”.

Matvejević aveva provato sulla sua pelle cosa fosse il fascismo, conosceva bene anche i campi di concentramento in cui venivano deportati sloveni e croati, e ancora prima della guerra, la soppressione dell’identità e della cultura slovena e croata da parte degli italiani, come ho scritto sul numero di «Micromega» dedicato alla Resistenza del marzo 2015.

Basterebbe una nuova commissione italo-slovena di cultura e di Storia che facesse ulteriore chiarezza su quanto accadde ai due popoli anche negli anni della guerra e nel periodo postbellico. Già un rapporto rispettoso delle due verità era stato stilato, ma i risultati sono stati lasciati nel cassetto. Sarebbe necessario solo per ridiscutere i punti dove la politica non si riesce a mettere d’accordo. I tedeschi e i francesi ci sono riusciti, mentre in Italia il tutto è stato tacitato da un accordo tra Gianfranco Fini e Luciano Violante a Trieste nel 1998, poi ripetuto nel 2015 al teatro Verdi, in cui era stato aumentato il numero degli infoibati per tacere sul fatto che la lista di coloro che sono finiti nelle foibe era stata stilata anche dai comunisti italiani, che allora erano tutt’uno con quelli jugoslavi e avrebbero voluto che Trieste venisse consegnata a Tito.

Credo che il modo migliore per onorare la memoria dell’amico Predrag sia ribadire con fermezza che non si tacciano i crimini fascisti contro gli sloveni nascosti nell’armadio della vergogna e che “Il giorno del Ricordo” diventi “Il giorno dei ricordi”, proprio come aveva proposto lo stesso Matvejević.

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Da - http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2017-02-04/combattente-ricordi-154706.shtml?uuid=AEvgWBN&cmpid=nl_domenica

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