INCHIESTA
Quello strano giro di milioni tra i Berlusconi e l'agente segreto
Somme importanti trasferite da Silvio a Paolo. Finite poi sul conto di uno 007 e del suo socio.
Causale: acquisto di opere d'arte. Ma i dubbi sono molti.
Perché il beneficiario dei soldi non è un collezionista né un commerciante del settore
DI GIOVANNI TIZIAN E STEFANO VERGINE
Un capannone industriale affacciato sulla campagna, circondato da filo spinato e telecamere a circuito chiuso. Un magazzino fantasma, senza nemmeno un citofono a cui suonare. Solo una targa di carta sulla casella postale, con un nome scritto a penna, in caratteri minuscoli: C&C srl. Roma, via del Ponte Pisano 98, quartiere Gianicolense.
È qui, a pochi passi dal Corviale - il cosiddetto “Serpentone” diventato simbolo degli scempi architettonici della Capitale - che finisce la corsa di chi prova a capire perché, l’anno scorso, la famiglia Berlusconi ha trasferito milioni di euro sui conti correnti di Luigi Ferdinandi.
La ragione ufficiale è scritta nelle causali dei bonifici: «acquisto di opera d’arte». Una motivazione molto particolare. Ferdinandi, 62 anni, non è infatti un artista né un noto commerciante romano di quadri e sculture. Ufficialmente è un dirigente della Polizia di Stato oggi in pensione. Ma ha un curriculum importante. Per anni ha fatto la scorta ai presidenti della Repubblica. Sul suo profilo Facebook ci sono ancora tracce di quel passato speso a proteggere uomini delle istituzioni. C’è persino una foto sbiadita di fine anni Ottanta, che lo ritrae a fianco del presidente della Repubblica dell’epoca, Francesco Cossiga, in visita in Mozambico. Nel 2008 Ferdinandi viene nominato commendatore su richiesta del governo guidato da Silvio Berlusconi. Nello stesso anno il suo nome emerge per la prima volta nelle cronache giudiziarie. In un interrogatorio sullo scandalo Telecom-Sismi, il poliziotto viene descritto come agente dei servizi segreti civili e massone.
I documenti ottenuti dall’Espresso permettono di ricostruire con precisione lo strano flusso finanziario che collega la famiglia Berlusconi al presunto 007. I soldi sono partiti da Paolo, fratello dell’ex premier Silvio. Sono finiti sui conti correnti di Ferdinandi e di un suo socio in affari, Tiziano Cosettini. E subito dopo sono stati investiti: in polizze assicurative, soprattutto, ma anche in obbligazioni, auto di lusso, gioielli da decine di migliaia di euro. E in società, aziende costituite poco tempo prima dagli stessi Ferdinandi e Cosettini. Imprese fra cui spicca la C&C srl, fondata nel gennaio dell’anno scorso con l’obiettivo ufficiale di commerciare opere d’arte.
Enigma risolto, dunque? Berlusconi ha comprato delle opere da una società del settore? Non proprio. Perché non è stata la C&C a vendere al fratello dell’ex premier la fantomatica opera da 4 milioni di euro: il denaro necessario per acquistarla è stato infatti versato sui conti personali di Ferdinandi e Cosettini.
Come mai? E qual è la meraviglia comprata da Paolo Berlusconi? Alle domande dell’Espresso, il fratello del quattro volte primo ministro italiano ha risposto attraverso il suo avvocato, Niccolò Ghedini, spiegando che «nel corso degli anni precedenti, così come nel 2016», Paolo «ha effettuato alcuni acquisti a fini collezionistici di opere d’arte da alcuni antiquari». Fra questi, dice Berlusconi, ci sono anche Ferdinandi e Cosettini. «Trattasi di operazioni del tutto trasparenti con regolari bonifici su opere certificate», ha tenuto a specificare Ghedini. La risposta, tuttavia, non corrisponde esattamente a quella fornita al nostro giornale da Ferdinandi, il quale ci ha scritto «di aver venduto unitamente al signor Tiziano Cosettini, al dottor Paolo Berlusconi, in regime tra privati, alcune opere d’arte appartenenti ai nostri patrimoni di famiglia da oltre trenta anni». Insomma, nessuno vuole specificare di quale opere si tratta, ma soprattutto non è chiaro in quale veste Ferdinandi e Cosettini le abbiano vendute, se da privati cittadini o da commercianti d’arte.
I BONIFICI
Meglio quindi attenersi ai fatti documentati. Nel solo 2016 Ferdinandi e Cosettini hanno ricevuto 4 milioni di euro da Paolo Berlusconi. Due milioni sono finiti a Ferdinandi, altri due a Cosettini. Stesse date dei bonifici, stessa banca, stessa causale. Come se i due fossero comproprietari delle opere. Il 29 aprile parte il primo bonifico, da 1 milione di euro a testa. Esattamente due mesi dopo Ferdinandi e Cosettini ricevono da Berlusconi altri 300 mila euro ciascuno. Il 21 luglio, infine, viene fatto l’ultimo versamento: 700 mila euro. Tutti soldi versati su conti correnti aperti poco prima presso la medesima filiale bancaria: l’agenzia della Deutsche Bank di via Orti della Farnesina, a Roma, vicinissima al ministero degli Esteri. Tutt’altra atmosfera rispetto alla desolazione che circonda il capannone della C&C al Corviale.
«MASSONE E 007»
Un altro fatto documentato è quello avvenuto il 12 dicembre 2006, quando davanti ai magistrati di Milano compare Marco Bernardini. È lui la gola profonda che ha permesso al pubblico di conoscere lo scandalo delle intercettazioni illegali compiute dalla security di Telecom, guidata ai tempi da Giuliano Tavaroli. Già condannato in secondo grado per la vicenda, Bernardini è stato un investigatore privato e un agente del Sisde, il servizio segreto civile. Ha raccontato ai magistrati di quando un uccellino gli rivelò che Marco Tronchetti Provera, all’epoca numero uno di Telecom, era sotto il tiro di un banda di spioni nemici. «Ero venuto a conoscenza del fatto che si stavano svolgendo accertamenti sul dottor Tronchetti», si legge nel verbale d’interrogatorio, «da un mio collaboratore, il quale era in contatto con Luigi Ferdinandi del Sisde (dove svolgeva attività nel settore minacce economiche diversificate)».
Bernardini, in pratica, apprende che la Kroll, società di sicurezza, sta spiando il capo di Telecom. «Incontrai Ferdinandi al bar Giolitti a Roma, quest’ultimo mi confermò la notizia», dice ancora Bernardini, che assicura di aver messo al corrente della situazione Tavaroli. «Quando Tavaroli seppe da chi avevo avuto l’informazione», si legge nel verbale, «mi disse che Ferdinandi era un massone amico di quell’altro massone di Conte (alto ufficiale dei Carabinieri)». Ferdinandi nega all’Espresso di essere iscritto a logge massoniche, mentre sull’appartenenza al servizio segreto civile si limita a commentare: «Non posso rispondere in merito, perché sussiste il Segreto di Stato».
Di certo, ora che ha lasciato la polizia, Ferdinandi può godersi la pensione. Ma l’ex angelo custode di Cossiga non è tipo da trascorrere le giornate nell’ozio. Così, nel giro di pochi mesi, a ridosso della data in cui ha ricevuto il primo maxi bonifico da Paolo Berlusconi, è diventato proprietario del 25 per cento della C&C srl e amministratore unico della stessa società. È proprio l’azienda col capannone protetto da telecamere e filo spinato, quella che si occupa ufficialmente di commerciare in opere d’arte. A chi lavora nei paraggi, però, il nome C&C non dice nulla. È come se questa società non fosse mai esistita.
Questa del Corviale è solo una delle due sedi della società di Ferdinandi. L’altra è a pochi passi dal tribunale di Roma, in piazzale Clodio. Nello stesso palazzo che ospita gli uffici della Tiga credit group. Del resto anche nella Tiga l’ex poliziotto ha un ruolo. Ferdinandi, infatti, ne possiede il 40 per cento. Quota acquistata il 17 marzo scorso, un mese prima, dunque, di iniziare a incassare i due milioni dal fratello dell’ex premier Berlusconi. La Tiga si occupa di recupero crediti e ha 4 dipendenti. Il primo bilancio, presentato nel 2015, non è molto incoraggiante. La società ha chiuso infatti in perdita. Poco male per Ferdinandi.
L’ex dirigente di polizia è infatti azionista di altre due società. Una è la Roma gestione crediti. La sigla non deve trarre in inganno, perché in realtà si occupa, si legge nei documenti societari, di commercio di abbigliamento. Tuttavia in via Vittoria Colonna, dove ha la base, nessuno la conosce. Il portiere del palazzo non l’ha mai sentita nominare, né il nome compare sul citofono. Anche in questo caso, insomma, sembra esistere solo negli elenchi della Camera di commercio. Ma la lista delle partecipazioni aziendali di Ferdinandi non è finita. Perché possiede una quota del 30 per cento della Lta consulting. Ufficio vicinissimo al Palazzaccio della Cassazione, si occupa di consulenza imprenditoriale: nel 2015 ha fatturato poco più di 3 mila euro.
Spiccioli, in confronto alla quantità di denaro che muovono sui conti personali Ferdinandi e il socio Tiziano Cosettini. Un maestro del low profile, quest’ultimo. Sconosciuto persino a Google: impossibile trovare notizie sul web che lo riguardino. Non compare da nessuna parte, se non nelle società in cui è coinvolto. E, stando ai conti delle sue aziende, non è un imprenditore di grandissimo successo. Di certo però scaltro nel cogliere l’occasione della vita: anche sul suo conto piovono infatti i denari di Paolo Berlusconi. Opere d’arte, dicono i bonifici. D’altronde anche Cosettini è socio della C&C, l’azienda che si dovrebbe occupare di commercio di dipinti, sculture e pezzi unici d’antiquariato. Cosettini, che non è neanche sull’elenco telefonico, è titolare pure del 40 per cento della Tiga con Ferdinandi. Il poliziotto in pensione e l’uomo misterioso sono dunque legati da un solido rapporto professionale. Uniti nel business quotidiano e anche nell’affare delle opere vendute alla famiglia Berlusconi.
IL GIRO DEI SOLDI
Ferdinandi e Cosettini devono avere visto con attenzione “Wall Street - Money never sleeps”, il film diretto da Oliver Stone in cui il protagonista, Gordon Gekko, sposta il denaro da un posto all’altro alla velocità della luce. I 4 milioni targati Berlusconi, infatti, non impiegano molto tempo prima di essere rimessi in circolo. Dai conti dei fortunati venditori dell’opera partono decine di bonifici. Con il risultato che, al momento, i conti sono quasi a secco.
Il 2 maggio, ad esempio, tre giorni dopo che Berlusconi gli ha bonificato 1 milione di euro, Ferdinandi compra alcune polizze assicurative della Zurich per una spesa totale da 750 mila euro. Acquisti simili vengono effettuati poco dopo l’arrivo degli altri due maxi-bonifici firmati Berlusconi. Prima di comprare le polizze, però, Ferdinandi si premura sempre di girare le somme ricevute dal fratello dell’ex premier su un altro conto aperto presso Deutsche Bank, quest’ultimo però cointestato con la moglie, Stefania Colosi. Da questo conto, poi, i soldi vengono investiti in assicurazioni, tutte intestate alla stessa Colosi, la quale al momento risulta proprietaria di sette polizze per un totale di 2 milioni di euro.
Anche a Cosettini piace assicurarsi. I documenti dimostrano che nel 2016 il socio di Ferdinandi ha comprato polizze Zurich per almeno 1 milione di euro. Ma non solo. Il 54enne romano ha disseminato l’incasso della vendita a Berlusconi in vari rivoli, con il risultato che tutti e tre i suoi conti presso Deutsche Bank risultano oggi in rosso. Strano, per una persona che solo nel 2016 ha guadagnato 2 milioni di euro. Di sicuro Cosettini non ha lesinato in spese. Ha pagato affitti per decine di migliaia di euro a tale Franco Merlo. Ha girato più di 100 mila euro a Onorato Mancini, un 61enne originario della provincia di Ascoli Piceno. Ha fatto bonifici per oltre 200mila euro a Ivana Andaloro, classe 1988, socia della C&C. Ha comprato una Porsche Cayenne. E pure parecchi orologi di enorme valore da una giovane donna, Caterina Scriva. Un cognome famoso a Roma Nord. Già, perché la ragazza poco più che maggiorenne lavora nella Boutique del gioiello, negozio finito al centro di un’inchiesta della Squadra mobile capitolina sulla ’ndrangheta. In particolare sui clan di Africo, provincia di Reggio Calabria, che nella Capitale avevano preso il controllo di numerose attività commerciali. Grazie ai guadagni, scrivono i detective, ottenuti prestando a strozzo decine di migliaia di euro. Inoltre, si legge nei rapporti della polizia che ha condotto l’indagine “Fiore Calabro”, la Boutique compro-oro degli Scriva traffica in preziosi orologi. Rolex, Patek Philippe e altri pezzi unici, che secondo gli investigatori fanno parte di un giro losco: «Un fitto traffico di riciclaggio lega l’attività degli Scriva con gioiellieri della Capitale molto noti». Ora, grazie ai documenti ottenuti dall’Espresso, si scopre che anche i fornitori di opere d’arte della famiglia Berlusconi hanno acquistato dagli Scriva orologi di valore, arrivando a spendere fino a 15 mila euro per un solo modello. E pagando, come risulta dalle carte, direttamente alla figlia di Placido, l’uomo che i magistrati considerano il capo del gruppo mafioso calabro-romano.
LO ZAMPINO DI SILVIO
Questa storia di denari, opere d’arte e agenti segreti è iniziata in realtà due anni fa. E coinvolge direttamente Silvio Berlusconi. Lo scrivono a chiare lettere gli uomini dell’antiriciclaggio della Banca d’Italia. Il primo bonifico porta la data del 24 aprile 2015. Quel giorno dal conto dell’ex premier parte un bonifico di 3 milioni di euro destinato al fratello Paolo. Cinque giorni dopo quasi la metà di questi soldi si rimette in viaggio per approdare su un conto corrente della Bnl, agenzia presidenza della Repubblica, intestato a Luigi Ferdinandi. Già, proprio lui.
L’ex poliziotto si ritrova dunque con 1,35 milioni accreditati, in una filiale dove solo i dipendenti di Quirinale e Corte costituzionale possono in teoria aprire un conto. Un’operazione sospetta, secondo i detective di Bankitalia, che nella loro relazione annotano: «I bonifici sono stati accompagnati sovente da causali riferite all’acquisto di opere d’arte e mobili antichi; le disponibilità ottenute dal signor Ferdinandi sono state trasferite all’estero ovvero investite in polizze, intestate a lui stesso o alla moglie Colosi Stefania». Proprio quello che è successo l’anno dopo, con somme molto più alte. Non c’è che dire: è il colpo grosso dell’agente in pensione diventato mercante d’arte.
© Riproduzione riservata 02 febbraio 2017
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