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Autore Discussione: Abatantuono: in Italia troppi registi arrabbiati Un cinema che si piange addosso  (Letto 2445 volte)
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« inserito:: Novembre 15, 2007, 09:01:35 am »

L'ATTORE E "L'ABBUFFATA" DI CALOPRESTI

Abatantuono veramente

«In Italia troppi registi arrabbiati Un cinema che si piange addosso»

 
 
MILANO — Ecceziunalmente Diego Abatantuono diventa regista.

E un regista così, rompiballe e malmostoso, capace solo di sputare veleno e sentenze, raramente si era visto. Neri, così si chiama il cupo maestro dello schermo ritiratosi su un Aventino calabro inutilmente incantevole, sembra ormai impermeabile a tutto, persino alla bellezza del mare e del sole che gli brillano davanti, persino allo sguardo vellutato di una bruna barista... Abatantuono regista di fiele è il protagonista de L'abbuffata, commedia sul cinema e sulla vita di Mimmo Calopresti, che raduna attori come Donatella Finocchiaro, Valeria Bruni Tedeschi, Nino Frassica e, nel ruolo di se stesso, Gérard Depardieu. Presentato alla Festa del Cinema di Roma, il film da domani sarà nelle sale, distribuito dal Luce. «Un personaggio inventato ma non troppo, di registi di quel tipo ce ne sono eccome — assicura l'attore —. Che scaricano sugli altri la propria insoddisfazione, il proprio stallo creativo. Uno che parla, parla... Sempre lì lì per partire, ma poi sempre fermo dove si trova. Con Calopresti ci siamo divertiti a ricostruendo il mosaico di questo misantropo, emblema di un cinema, il nostro, sempre più ripiegato su di sé, pronto solo a piangersi addosso, rancoroso verso tutti». Una metafora amara, com'è potuto accadere? «Non ci si è resi conto che il cinema è una forma d'arte corale. Che ha bisogno di bravi professionisti, uno per ogni suo tassello. Una regola che vale negli Stati Uniti ma anche in Francia, in Spagna, in Germania... Tutti ci hanno superati in questo senso...»

Opinioni in sintonia con quelle di Muccino che di recente, dopo l'esperienza americana, ha accusato il nostro cinema di «cialtroneria», le nostre troupe di essere «impigrite e annoiate». «Ma la colpa non è solo loro — aggiunge Abatantuono —. Anche tanti registi pensano di aver concluso il loro compito alla consegna della copia, mentre un film è un figlio che va preso per mano e accompagnato in tutte le sue fasi, dall'uscita nelle sale al dvd. E poi ci sono quelli che dovrebbero occuparsi del lancio, del numero di copie ai trailer. Ma anche qui spesso si ha a che fare con degli impiegati, preoccupati solo di fare bella figura con il loro superiore». Con Calopresti però è andata diversamente... «Calopresti è un folle geniale, pieno di entusiasmo ed energia. E poi la storia era meravigliosa, un po' felliniana, un po' naif, il paese, Diamante, un vero gioiello. E poi c'erano un gruppo di giovani attori, Paolo Briguglia, Lele Nucera, Lorenzo Di Ciaccia, Elena Bouryka, davvero bravi. Ci sono nuovi talenti in Italia. Il problema è lasciarli emergere». Oggi però i film costano molto. Non è che, come si era suggerito per le star della tv, anche voi del cinema dovreste ridurre i compensi? «E i politici allora? E i calciatori? Nessun attore in Italia guadagna come un calciatore. Anzi la maggior parte campa a fatica.. Gente con anni di teatro o cabaret alle spalle si ritrova scavalcata dal primo tronista che passa». L'abbuffata era alla Festa di Roma. Perché lei non è venuto? «Perché stavo in giro per l'Italia a cercar di promuovere un altro film, 2061 dei Vanzina, che ha avuto la sventura di uscire in quei giorni. No Festa, no party. Se non era lì nessuno ti dava retta».

Per smaltire un po' di veleno sta lavorando a un altro progetto «molto segreto sennò ti fregano l'idea» e come produttore della Colorado collabora all nuovo film di Gabriele Salvatores tratto dal libro di Ammaniti Come Dio comanda. E tra poco, dopo tanti anni passati «in esilio» a Bologna, tornerà a vivere a Milano. «Sono contentissimo. A Milano sono nato, c'è la mia storia, i miei amici, i miei ricordi. Tornerò a Colorado Cafè. Tornerò a fare cabaret. Magari teatro. A patto di inaugurare una mia formula: alternarsi nella parte con qualcun altro. Così la gente torma a anche due volte per vedere chi è più bravo e io ho qualche sera libera per me». Teatro, cabaret, cinema. E il calcio, la grande passione. Come la mettiamo dopo gli ultimi fatti? Come potrà più gridare: «viulenza»? «Sono più di 20 anni che sostengo che le trasferte vanno abolite. E basta chiamare tifosi quelli che sono solo teppisti. Sacche di delinquenza utilizzate quando serve. Perché finora si è sempre lasciato correre? Perché se io lancio dal Duomo un motorino mi mettono in galera e se lo scaravento allo stadio mi tolgono al massimo la tessera per un anno? Lo dico sempre: se vuoi ammazzare tua suocera portala allo stadio e stringile il collo con la sciarpa dell'altra squadra. Ma forse è meglio non dirlo. Di questi tempi c'è sempre qualcuno pronto a prenderti sul serio».



 
Giuseppina Manin
15 novembre 2007

da corriere.it
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