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Autore Discussione: Alberto Crespi - Hollywood, confessa: sei comunista?  (Letto 2240 volte)
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« inserito:: Novembre 15, 2007, 12:31:55 am »

Hollywood, confessa: sei comunista?

Alberto Crespi


Il 6 dicembre 1938 Hallie Flanagan, direttrice del Federal Theatre Project (un’istituzione teatrale creata da Roosevelt nel 1935, nella quale lavorarono anche Orson Welles e Joseph Losey), venne chiamata a testimoniare davanti alla commissione per le attività anti-americane. La interrogò Joseph Starnes, deputato democratico dell’Alabama. Dal verbale:

Starnes: «Leggo qui in un suo articolo che lei, parlando degli operai che parteciparono al Federal Theatre Project, fa riferimento a, cito, “una certa follia marlowesca”. Chi è questo Marlowe, un comunista?» (il pubblico che assiste all’udienza scoppia a ridere).

Flanagan: «Ma… citavo Christopher Marlowe, ovviamente».

Starnes: «Bene, ci dica chi è questo Marlowe, cosicché possiamo comprendere la giusta relazione».

Flanagan: «Sia messo a verbale che Marlowe è stato il più grande drammaturgo del periodo antecedente la venuta di Shakespeare».

Starnes: «Sì, sia messo a verbale, perché l’accusa nei suoi confronti è che il suo articolo trasuda comunismo da tutti i pori».

Questo dialogo degno di Ionesco è tratto dal libro Fuori i rossi da Hollywood! Il maccartismo e il cinema americano, di Sciltian Gastaldi, edizioni Lindau. Ed è storicamente vero. Il pericolo, quando si parla del maccartismo e della caccia alle streghe degli anni ’40 e ’50, è di scambiare tutto per una gigantesca barzelletta. I numerosi verbali delle udienze tenute davanti all’Hcua (l’acronimo per «House Committee for the Un-American Activities», la suddetta commissione) sono spesso surrealismo allo stato puro. Eppure, dietro quel profluvio di idiozia burocratica si nasconde un vulnus molto grave inflitto alla democrazia americana, una spirale di nevrosi anti-comunista che non può essere semplicemente giustificata con le necessità politiche e propagandistiche della guerra fredda. Anche perché, come abbiamo visto, il vulnus comincia già negli anni ’30 - l’udienza testé citata è del ’38 - e la cosa non deve stupire, se si pensa a quanti americani erano convinti che gli Usa dovessero allearsi con la Germania di Hitler, e non certo con l’Urss di Stalin. La Hcua viene istituita dalla Camera degli Stati Uniti il 26 maggio 1938 e viene abolita ufficialmente solo nel 1975, anche se dagli anni ’60 è praticamente inattiva. Il maccartismo - nome con cui si identifica quel periodo, dal senatore repubblicano Joseph McCarthy - inizia ben prima dell’ascesa politica dello stesso McCarthy e prosegue oltre la sua morte, avvenuta il 2 maggio 1957.

In questi giorni viene programmato su Studio Universal il documentario - realizzato dallo stesso canale - Hollywood 10. Se siete abbonati a Sky, cercate di vederlo: è breve (circa 25 minuti) ma ben fatto, e assai istruttivo. Parte dal 1947, quando la Hcua ha già 9 anni di vita: ma è l’anno - esattamente 60 anni fa - in cui la sua attività investigativa «punta» Hollywood in modo violento. Molti registi, attori e produttori testimoniarono con grande solerzia, denunciando le infiltrazioni comuniste nell’industria cinematografica. Nella seconda parte il documentario si concentra sui cosiddetti «10 di Hollywood», un gruppo di cineasti che divennero il simbolo della resistenza alle intrusioni della commissione. Vale la pena di ricordare i loro nomi: Ring Lardner Jr., Dalton Trumbo, Edward Dmytryk, John Howard Lawson, Adrian Scott, Samuel Ornitz, Alvah Bessie, Lester Cole, Albert Maltz, Herbert Biberman. Dmytryk e Biberman erano anche registi, gli altri erano scrittori. Non tutti erano famosi. I più bravi erano Lardner (autore anche di magnifici racconti, 2 Oscar a distanza di quasi 30 anni con La donna del giorno, del ’42, e M.A.S.H., del ’70) e Dalton Trumbo (lo sceneggiatore di Spartacus, anch’egli 2 Oscar… ma sotto pseudonimo: come Robert Rich per La più grande corrida, 1957, e come Ian McLellan Hunter per Vacanze romane, 1953). Dmytryk, il regista di I giovani leoni e di Ultima notte a Warlock, è quello che tradì: messo sotto pressione, denunciò numerosi compagni, come Elia Kazan che però - nonostante la memoria spinga a identificarlo con loro - non era uno dei «10».

Anni fa incontrammo Dmytryk al festival di San Sebastiano, in Spagna. Gli chiedemmo un’intervista, gli dicemmo che eravamo dell’«Unità» - sapeva benissimo cos’era - e gli buttammo là, con grande cortesia (era pur sempre un signore di quasi 90 anni!), una domanda sul suo «tradimento». Non si tirò indietro. Parlò a lungo dei suoi sogni giovanili, del comunismo come utopia, e della sua denuncia che ancora difendeva, «perché era necessario rivelare i metodi stalinisti interni al partito». Probabile fosse vero. Negli anni 30 e 40 tutti i partiti comunisti del mondo erano «stalinisti», anche se non tutti fucilavano i propri iscritti o li mandavano nei gulag. Ciò che ci sembra interessante dire, oggi, è che nell’America degli anni 40 e 50 il vero stalinismo era quello della commissione, che interrogava i sospetti in modo arbitrario e puntava solo ad ottenere ulteriori delazioni, per allargare il campo del nemico e dimostrare che i «rossi», in America, erano milioni. Poi, certo: il maccartismo non ha ucciso (quasi) nessuno, ha «solo» rovinato la vita di centinaia di cittadini. Ma è stato un momento in cui la democrazia americana si è trovata in pericolo. Questo, ai tempi di Bush, è bene non dimenticarlo.

Pubblicato il: 14.11.07
Modificato il: 14.11.07 alle ore 9.09   
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