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Autore Discussione: Natalia Lombardo - La minoranza dem fa i conti: con Renzi meno della metà  (Letto 1550 volte)
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« inserito:: Dicembre 20, 2016, 06:42:04 pm »

Natalia Lombardo   
· 20 dicembre 2016

La minoranza dem fa i conti: con Renzi meno della metà

Senza la proposta di Renzi sul Mattarellum i bersaniani avrebbero votato contro la relazione del segretario

Se Matteo Renzi non avesse gettato nella platea dell’Ergife (e più ancora con le altre forze politiche) la carta del Mattarellum parte della minoranza dem avrebbe “votato contro” la relazione del segretario, invece di non partecipare al voto. Su quella autocritica che i bersaniani sospettano sia “un testacoda” piuttosto che una sofferta analisi della sconfitta a cui seguono delle proposte.

Tant’è che ieri Roberto Speranza, sfidante di Renzi al congresso che (per ora) non c’è, osserva l’assenza di “una parola” sulla scuola o sul lavoro. Anzi, ci sono le parole del ministro Poletti, che da una parte apre sulla modifica al sistema voucher, dall’altra difende il jobs act. E scoppia il caso sulla “gaffe” del ministro riguardo ai giovani che andando all’estero e “si tolgono dai piedi”. Le scuse di Poletti non hanno fermato la polemica.

Comunque Sinistra Riformista, la componente capeggiata da Speranza, riparte proprio dal sistema elettorale che porta il nome del Capo dello Stato, con il Mattarellum 2.0 già presentato alla Camera e al Senato. Quella contraddizione che Roberto Giachetti ha smascherato in modo non proprio elegante, ma “di pancia”. La sua, all’epoca, era vuota per lo sciopero della fame in difesa del sistema elettorale. Lo schiaffo politicamente scorretto del vicepresidente della Camera, però, ha riaperto le distanze fra la minoranza, non solo offesa dal paragone di Giachetti, ma anche indignata dagli “imbarazzanti risolini alla presidenza”, dagli “applausi in platea, più da curva da stadio che da assemblea nazionale”, commenta il deputato bersaniano Nico Stumpo. Sono usciti dalla sala dell’Ergife, non hanno partecipato al voto.

Ma ieri hanno fatto due conti sulla forza attuale di Matteo Renzi nel partito. 418 voti a favore della relazione non sono moltissimi, in effetti, su 1000 delegati, più “i 150, 180 membri di diritto” tra amministratori locali e ruoli di governo. I bersaniani partono dall’assetto dell’assemblea Pd nel corso della metamorfosi renziana, constatando che “non c’è più un unanimismo ferreo”.

Se Cuperlo aveva una “fetta” di 180 delegati circa e Pippo Civati 140, la minoranza non renziana aveva la forza di circa 300 delegati, un terzo dell’assemblea. A questo numero però bisogna “sottrarre” i ‘Giovani turchi’ di Orfini e Orlando e l’area del ministro Martina ormai nella maggioranza, quindi nelle truppe bersaniane restano tra i 200 e i 230 delegati. Il leader parte da “un sostegno di circa 950 delegati, invece ha votato a favore della relazione meno della metà”, osservano con celata soddisfazione.

Con scetticismo, invece, da Sinistra Riformista si aspettano le novità nella segreteria che si riunisce domani, dopo due anni, ma già la voce di Fassino agli Esteri fa storcere il naso: “Sarebbe andato bene trent’anni fa”, è il commento. Certo Roberto Speranza si è candidato al congresso un attimo prima che Renzi glielo sfilasse, anticipando invece delle primarie come candidato premier, sempre che il timing dei desideri di Matteo si realizzi. Speranza però vuol ripartire dal territorio con il giro per l’Italia (Monfalcone, prima tappa), ricostruire il contatto e anche “la comunità” democratica, ormai strappata da correnti e leaderismi. Un’occasione potrebbe essere la conferenza programmatica appoggiata anche da Guglielmo Epifani se “parte dal basso”.

Intanto il ministro Orlando, “giovane turco” ha detto che non si candiderà per la segreteria Pd. E nutre dubbi sul Mattarellum: “Rifletterei, in un sistema tripolare rischia di avere controindicazioni”, ha detto ieri a Zapping su Radio Rai1. Ma sulla legge elettorale, se Renzi riuscisse a mettere attorno al tavolo le altre forze politiche, la minoranza dem vorrebbe esserci perché, sempre per dirla con Epifani, “bisogna cercare un compromesso con gli altri partiti, a maggior ragione troviamolo dentro al partito”.

Gianni Cuperlo, che sembrava essere rimasto in un limbo con la firma al testo della commissione Guerini per cambiare l’Italicum, ora sembra invece il più mobile, nella minoranza, guardando a sinistra con Giuliano Pisapia. La proposta dell’ex sindaco convince poco i bersaniani, che non accettano “il trait d’union tra i buoni, i renziani, e i cattivi”. Loro. Nell’area dem che ha sostenuto il No al referendum serpeggia una certa sindrome da isolamento (nel partito, perché all’esterno dicono che sia “cresciuta la credibilità” di Bersani, Speranza e degli altri).

Di sicuro non pensano che avranno un posto in segreteria, né si mostrano interessati, ma si sentono un po’ “dimenticati” dal nuovo capo del governo: “Da Gentiloni neppure una telefonata alla minoranza, la richiesta di un parere… Non si è fatto vivo, ha cominciato senza consultare una parte del partito”.

Da - http://www.unita.tv/focus/la-minoranza-dem-fa-i-conti-con-renzi-meno-della-meta/
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