Opinioni
Francesco Nicodemo - @fnicodemo
· 12 marzo 2017
La riorganizzazione del Pd parta dalla base
La struttura tradizionale del partito non funziona più perché non riesce a coinvolgere
Essere di nuovo al Lingotto è emozionante. Insieme all’entusiasmo, circolano tante idee per ripartire insieme. Il punto ora è capire come fare tesoro di questa esperienza e continuare a coinvolgere tutti, dal momento che non può esistere formazione politica senza una partecipazione costante. Ho provato a dire la mia al seminario “Fare il Partito. Organizzazione, formazione, comunità” e ho riportato un dato di fatto.
La struttura tradizionale del partito non funziona più perché non riesce a coinvolgere, non fotografa il feedback dei territori e non sempre è al passo con le decisioni veloci che i tempi della politica impongono di prendere. Al suo posto propongo una struttura a rete in cui è centrale la figura del community organizer. Ne immagino uno per ogni zona corrispondente ai collegi elettorali in cui è suddiviso il nostro Paese e all’interno della quale ha compiti precisi:
– Operare una vera e propria analisi dei dati di carattere elettorale, anagrafico ed economico;
– Stilare l’elenco delle associazioni di categoria, delle associazioni laiche o religiose, degli ordini professionali, in generale delle formazioni sociali presenti sul territorio;
– Elencare quali sono i componenti del gruppo dirigente locale e quindi parlamentari, amministratori, consiglieri regionali, comunali, ecc.
– Favorire il dialogo su singoli temi, sui provvedimenti in fase di approvazione, sulle proposte presentate dal partito;
– Trasmettere umori e pareri che arrivano dal basso e tradurre le esigenze e i suggerimenti dei cittadini in piani per gli amministratori da attuare nel concreto;
– Organizzare la comunicazione stabilendo modi e tempi;
– Effettuare un’attività costante di fact-checking;
– Contrastare il linguaggio dell’odio in rete.
In questa rinnovata struttura di partito l’online e l’offline si integrano a vicenda. I community organizer infatti si avvalgono sul territorio di gruppi di volontari e non sono semplici influencer, sono molto di più: punti di riferimento e nodi che permettono sia il dialogo tra il gruppo dirigente (locale e nazionale) e la base, sia la circolazione di notizie e il confronto all’interno della base stessa. Grazie a loro le informazioni vengono trasmesse dall’alto verso il basso, cioè dal partito rappresentato da dirigenti e parlamentari, fino agli amministratori locali e agli elettori.
Ancora, è tramite loro che i feedback dai territori arrivano al centro del partito, permettendo a quest’ultimo di definire il programma e le successive azioni da intraprendere. In breve, migliora la qualità del dibattito pubblico reale. Ma non è tutto. Con una struttura organizzativa di questo tipo infatti, ciascuno si sente coinvolto e può diventare a sua volta il community organizer del proprio gruppo di riferimento reale o virtuale, di lavoro, di studio, di amici.
Al centro c’è il militante, al centro c’è ognuno di noi che diventiamo punto di riferimento per altri e questi ultimi per altri ancora e così via. Ciascuno è indispensabile, allo stesso modo ogni singolo individuo può creare la sua rete, “evangelizzare”, diffondere nozioni e fare in modo che altri grazie a lui siano in grado di fare lo stesso con altre persone. Gramsci sosteneva che non fosse possibile separare l’homo faber dall’homo sapiens. «Ogni uomo infine, all’infuori della sua professione esplica una qualche attività intellettuale, è cioè un “filosofo”, un artista, un uomo di gusto, partecipa di una concezione del mondo, ha una consapevole linea di condotta morale, quindi contribuisce a sostenere o a modificare una concezione del mondo, cioè a suscitare nuovi modi di pensare».
Senza pretendere di forzare il senso ben più ampio e complesso delle profonde riflessioni gramsciane, il concetto riportato è dotato di una straordinaria modernità. Che ciascuno di noi infatti dia il proprio senso alla realtà che lo circonda, la filtri e ne offra una personale lettura è evidente ma non accade solo questo, dal momento che la comunica anche e quindi, inevitabilmente condiziona direttamente o meno gli altri. L’utente isolato, l’elettore spasso disorientato, se coinvolto in questa struttura, diventa un soggetto attivo, chiamato in causa a offrire il proprio contributo in base al tempo a disposizione, ai propri interessi e alle proprie competenze. La partecipazione non è limitata solo al momento elettorale, il quale eventualmente rappresenta solo l’ultimo passo di un percorso di coinvolgimento continuo e propositivo in cui la fiducia verso i propri rappresentanti viene costruita giorno dopo giorno.
Da -
http://www.unita.tv/opinioni/la-riorganizzazione-del-pd-parta-dalla-base/