Renzi punta su governo di responsabilità o elezioni.
Domani la direzione Pd
di Vittorio Nuti 6 dicembre 2016
Matteo Renzi premier “congelato”, ma solo per poco. La blindatura al Senato della legge di Bilancio 2017, su cui domani verrà messo il voto di fiducia senza modifiche sul testo licenziato dalla Camera, accelera i tempi delle dimissioni del presidente del Consiglio. Incassato il via libera definitivo alla manovra (e, nelle stesse ore, la conversione in legge del decreto terremoto, all'ordine del giorno di Montecitorio) il premier è atteso al Colle per confermare il suo addio a Palazzo Chigi e aprire ufficialmente la crisi di governo. Tempi stretti, nello stile del premier, ma rispettosi della richiesta del Capo dello Stato che ieri ha chiesto a Renzi di “congelare” le dimissioni fino all'ok della legge di bilancio. E coerenti con il suo annuncio a caldo dopo la batosta nella notte referendaria: «Il governo assicura l'iter della legge di stabilità e i provvedimenti sul terremoto».
05 dicembre 2016
Domani la direzione Pd, partito diviso sul voto anticipato
Ma quelle da premier potrebbero non essere le uniche dimissioni all'orizzonte. Domani pomeriggio l'agenda di Renzi prevede anche la riunione della Direzione Pd che si preannuncia infuocata per il confronto tra le varie anime del partito sulla linea da tenere nelle prossime settimane, a partire dalle consultazioni al Colle in cui si presenteranno le forze politiche per spiegare le proprie posizioni sulla crisi politica. Le varie anime dalla maggioranza interna al Pd sono divise sull’idea di un voto anticipato come sembravano orientati i renziani di stretta osservanza fino a qualche ora fa, mentre la minoranza è assolutamente contraria, considerando le urne un salto nel buio dopo la débâcle del referendum. Al momento, a chiedere esplicitamente le dimissioni di Renzi dalla segreteria del partito è solo il presidente della commissione Bilancio della Camera Francesco Boccia, ma non è detto che la sua richiesta faccia proseliti, accelerando anche i tempi del congresso Pd. «Le uniche dimissioni che Renzi ha il dovere di dare sul piano politico, sono quelle di segretario del Pd», ha spiegato intervenendo oggi a “Un Giorno da Pecora” (Rai Radio 1) perché «era premier in quanto segretario del Pd, altrimenti non avrebbe fatto il presidente del Consiglio».
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Renzi verso proposta di governo di “responsabilità” o voto
Secondo indiscrezioni provenienti dal suo entourage Renzi nel suo intervento confermerà solo le dimissioni da premier, senza spingere l'acceleratore sulle elezioni anticipate. In pratica, Renzi dovrebbe ribadire la fine del “Renzi I” e confermare la necessità di andare alle urne nel più breve tempo possibile, ma senza indicare una data. Sempre secondo voci interne l'orientamento del segretario Renzi sarebbe quello di dare la disponibilità alla formazione di un governo istituzionale, con la più ampia partecipazione delle forze politiche e senza politici dem di peso nell'esecutivo, appoggiandolo in Parlamento ma solo con lo scopo di varare la legge elettorale. Nessuna disponibilità invece a reggere un governo da solo facendosi “rosolare” dalle opposizioni che chiedono le urne anticipate e accusano i dem di volere restare al governo. Su questa linea potrebbe convergere anche la minoranza del partito, che oggi in ufficio di presidenza del gruppo dem al Senato ha auspicato scelte «responsabili» per il varo della legge di Bilancio ma soprattutto sui tempi del voto anticipato perché, sarebbe questo il ragionamento, non si può andare a votare per le elezioni politiche senza modificare la legge elettorale della Camera e anche quella del Senato.
Mattarella contrario a voto anticipato con due leggi elettorali
A frenare la corsa verso il voto non sono sole le resistenze della minoranza dem. Dal Quirinale trapela la preoccupazione per ogni accelerazione verso elezioni anticipate senza la garanzia di una normativa capace almeno potenzialmente di garantire stabilità politica al Paese. Confermata quindi la linea del Colle per la prima crisi di governo “gestita” da Mattarella, che intende essere il notaio della situazione, puntando sulla moral suasion per smussare gli angoli e trovare soluzioni sostenibili e il più possibile condivise. Al momento l'Italia ha due leggi elettorali diverse, una per ognuno dei rami del Parlamento: per questo il presidente della Repubblica sembra orientato a considerare le elezioni un azzardo se prima non si renderanno più omogenee le due normative. Altro elemento che induce alla calma è la pronuncia della Corte costituzionale attesa per il 24 gennaio, una data talmente ravvicinata da sconsigliare la fretta verso il voto: meglio attendere un mese e poter contare su una parola chiara sul tasso di legittimità costituzionale dell'Italicum.
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