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Autore Discussione: Nerina Garofalo. Condivido la ricca riflessione di Giuseppe Genna, pur essendo,  (Letto 1547 volte)
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« inserito:: Dicembre 02, 2016, 06:37:29 pm »

Condivido la ricca riflessione di Giuseppe Genna, pur essendo, personalmente, decisa ad andare ad esprimere il mio sì-- e, in particolare, trovo meravigliosa la foto di corredo al testo, già ricchissimo di spunti

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Giuseppe Genna

"NON HAI NEMMENO ESPRESSO UN'OPINIONE SUL REFERENDUM, CHE INTELLETTUALE SEI?" Nel 1994 mi ritrovavo, in modo piuttosto dadaista e consono all'età, a lavorare come consulente a Montecitorio, con incarichi che andavano dall'organizzazione culturale presso la Camera dei Deputati allo studio e intercettazione di determinati nomi e giri umani ravvisabili nei 19 tomi degli atti della Commissione Anselmi sulla P2. Fu un anno tremendo e memorabile. Ebbi tantissima paura, subii furti sospetti nel microscopico bilocale in affitto a Milano. Vidi tante orripilanti evenienze grottesche e tragiche. Riguardai il crollo del governo Berlusconi in tempo reale. Mi trovavo ad aggirarmi per androni e sale storiche, corridoi di passi perduti e mense stratosferiche per deputati desiderosi di condimenti speziati. Appresi regolamenti, compresi i misteri della riunione dei capigruppo, certe alchimie parlamentari, il ruolo delle commissioni, la limitatezza e la limitazione, il fenomeno umano intriso di bizantinismo e inserito in una logica di potere astrusa e nondimeno spietata. Ho letto attentamente la proposta di riforma costituzionale che il governo avanza e che va giudicata dalla nazione di votanti. Potrei tranquillamente ignorare la cosa, in armonia con quanto è diventata la delega di rappresentanza e la partecipazione diretta a una democrazia che non è mai stata tale, a mio giudizio. Accenno qui qualche brandello di memoria e ragionamento, a uso di chi magari è interessato a sapere cosa pensi di questa modifica della Carta. Anzitutto sono sorpreso del fatto che non si ricordi abbastanza, nel corso del pubblico dibattito, che un referendum di modifica costituzionale lo abbiamo già affrontato, bocciando la proposta governativa, dieci anni orsono, nel 2006. Così pure non mi sembra sufficientemente ricordato come un ulteriore decennio prima, nel 1997, fu il premier D'Alema a ipotizzare un premierato forte. Detto ciò, appunto la mia attenzione a un unico aspetto della riforma, il che è ovviamente scorretto, poiché qui si parla di una modifica estesa e organica, che tocca 47 articoli della carta costituzionale. L'aspetto decisivo, a mio avviso, non ha nulla a che vedere con la personalizzazione o la storia attuale in cui matura questo referendum: non è questione di Renzi e non è questione delle ragioni occasionali di chi intende azzoppare l'attuale governo. Prescindo anche dalla logica che porterebbe alle per nulla necessarie dimissioni dell'attuale premier, in caso di sconfitta. Infine intendo ignorare il "combinato disposto" di riforma e legge elettorale, poiché su quest'ultima non si vota al referendum. A proposito di questa giunzione tra riforma costituzionale e legge elettorale, ravvedo nel 1993 le ragioni storiche dello scenario attuale, in cui si inserisce la variabile referendaria. Il 1993 è l'anno in cui colui, che oggi è presidente della Repubblica, elaborò un sistema misto, che rivoluzionava del tutto il pluridecennale strumento proporzionale con cui si era finiti a votare governi e governicchi, pentapartiti e astensioni, fino al momento terminale in cui si misurò quanto alla legge elettorale fosse legato un sistema di potere privo ormai di gambe, con la Democrazia Cristiana in crollo, tanto quanto il Partito Socialista di Craxi, mentre andava rivoluzionandosi nell'incertezza la granitica chiesa comunista, che virava verso una impura socialdemocrazia. Mutando il sistema elettorale, veniva evidenziandosi la divaricazione dell'assetto imposto da una carta costituzionale, pensata per reggere una situazione di composizione partitica che andava decomponendosi. Ciò non toglie che già in precedenza e, stando ai miei ricordi, con un forte intervento di Nilde Jotti, presidente della Camera dei deputati, uno dei vizi strutturali del sistema parlamentare veniva identificato con il bicameralismo perfetto, un appretto essenziale al controllo di eventuali insorgenze di stampo fascista o comunque vocato alla tirannide. Attraverso anni di capziose discussioni sottotraccia, a cui si aggiunge l'oblio generalizzato circa il funzionamento dello Stato democratico, si giunge a oggi. Il promotore principale del referendum, Matteo Renzi, il giorno stesso della sua elezione a segretario del Partito Democratico, rivolse alla principale forza di opposizione, il Movimento 5Stelle, un appello a lavorare assieme per l'abolizione del Senato o per la trasformazione in Camera delle autonomie. La proposta rimase priva di risposta. Si è giunti dunque al tentativo molto goffo di rimuovere il bicameralismo perfetto, poiché la proposta di riforma nasce da una compagine governativa ibrida, il che è dovuto ai risultati elettorali che hanno determinato un parlamento spaccato in tre compagini principali, con un via vai di transfughi impressionante. Già soltanto la contemplazione di una simile situazione determinerebbe un giudizio sulla macchina che governa una nazione. Se proprio dovessi votare, voterei "sì" per eliminare il bicameralismo perfetto, che a oggi è in pratica un unicum al mondo. Non mi preoccupala modifica delle attribuzioni riservate al presidente della Repubblica, che non prende autonomamente la decisione di sciogliere le Camere, ma lo fa dopo essersi consultato col premier. Ciò è logico, nel momento in cui il governo si appoggia quasi del tutto sulla vita politica in un'unica Camera. Non ritengo che si vada a un premierato forte al punto di preoccuparsi in vista di un'eventuale tirannide. Tuttavia non andrò a votare "sì" alla riforma, perché da decenni ravviso in questo Stato un dispositivo di abolizione della vita vivente politica. Non è soltanto questione antropologica, che per me rimane la zona principale di fallimento democratico; è anche questione di tecnicismi statuali fondamentali.
Non ho espresso la benché minima ragione politica intorno a quanto vedo di centrale in questo referendum: mi sono semplicemente espresso intorno a parametri e strutture che permettono alle ragioni politiche di esprimersi.

Da FB del 28/11/2016
Da Nerina Garofalo.
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