Quella “sponda magra” del Lago Maggiore dove Fo passava le sere tra affabulatori e istrioni
Luino, il paese dove ha vissuto il grande giullare e dove non ha mai smesso di tornare: a teatro con i suoi spettacoli, e in privato, per le passeggiate con la moglie
13/10/2016
SIMONE GORLA
«Il padre eterno una mattina si sarà svegliato e avrà pensato: tutti i matti li voglio mettere a Luino». Parola di Dario Fo. Il grande giullare l’ha sempre detto, che tutto per lui era iniziato sulla “sponda magra”, la costa varesotta del Lago Maggiore. Terre povere, nel 1926, a due passi dal confine con la Svizzera. Dove, se non si diventava contrabbandieri, non era raro scoprirsi istrioni. Qui Fo è cresciuto tra personaggi fantastici, affabulatori di piazza e racconti grotteschi. Quelli che ascoltava di sera nelle osterie di Porto Valtravaglia, il “paese dei Mezarat”, dei pipistrelli. Un luogo magico, dove le maestranze arrivavano da tutta Europa per lavorare il vetro nelle officine. Soffiatori di famiglie tedesche e boeme. «La notte le osterie erano aperte, si raccontavano storie mescolando lingue diverse, si usavano parole inventate. È qui che Fo ha imparato il grammelot», ricorda il sindaco Adriano Giacobazzi. In paese ci sono ancora alcuni amici d’infanzia. Pochi e un po’ affaticati, ma con i ricordi intatti. Tra loro il fotografo Carluccio Calderoni, che ricorda la “testa matta”. L’ultima volta che ha visitato il paese, più di dieci anni fa, lo hanno accolto da vecchio amico: «Lo abbiamo sempre seguito, da lontano ma con affetto».
Lui, in queste terre non ha mai smesso di tornare. A teatro con i suoi spettacoli, e in privato, per le passeggiate con la moglie Franca Rame. «È la provincia dove ho vissuto da piccolo e dove è cresciuta anche Franca: ci sono tornato decine di volte per passeggiate, visite e abbiamo portato qui tutti i nostri lavori nel tempo - ricordava Fo nel 2012 in occasione dell’ultima messa in scena di Mistero Buffo a Varese - Dei miei amici di allora non ce ne sono quasi più».
In queste terre Fo ha lasciato la sua arte. L’impronta è rimasta forte, anche dopo il definitivo trasferimento a Milano per avviare la sua carriera inimitabile. Luino è oggi patria di comici, tra i tanti anche Massimo Boldi, Enzo Iacchetti, Francesco Salvi. Dal 2006 ospita il Festival del teatro e della comicità, tenuto a battesimo proprio da Fo. Quella sera, fermò il direttore che lo stava introducendo con un lungo elenco di premi e riconoscimenti, e si presentò dicendo solo: «Buongiorno, sono Dario di Luino». Naturale, visto che qui è stato residente dal 1959 al 1975 e ha ricevuto la cittadinanza onoraria il 16 ottobre 1996. «Tutto il mondo conosce i suoi più grandi capolavori – osserva il sindaco Andrea Pellicini– ma noi amiamo ricordarlo per le sue straordinarie performance sulle carrozze dell’accellerato Luino-Gallarate». Il treno che lo portava a Brera era il suo palcoscenico, «con platea sempre esaurita e festante» come narrava lo stesso Fo. In città si ricorda con orgoglio anche “Ma la Tresa ci divide” del 1948, commedia grottesca sulla storica rivalità tra Luino e Germignaga. Paese limitrofo che, proprio in quell’anno, riottenne l’agognata indipendenza territoriale. «Oggi la Tresa ci unisce nel suo ricordo».
A Luino gli scherzi della famiglia Fo hanno fatto la storia. Anche quelli involontari. Come quando, il 2 gennaio 1987, in città c’erano i funerali dell’illustre scrittore Piero Chiara e del padre di Dario Fo. Due cortei che più diversi non avrebbero potuto essere. Molti dei presenti al solenne ricordo dell’intellettuale, accompagnato dalle autorità, furono distratti dall’incrocio con la folla riunita per salutare “Pà Fo”, il vecchio socialista, tra bandiere rosse e il coro di “Bella ciao”. Uno sberleffo ripetuto negli ultimi anni, quando Fo ha più volte rifiutato la candidatura al Premio Chiara alla carriera. Riconoscimento cittadino mai arrivato, per la delusione dei luinesi che erano pronti ad accoglierlo a braccia aperte. Ma il rapporto di Fo con le sponde del lago non aveva bisogno di targhe. Veniva rinnovato dalle passeggiate discrete e dalle visite ai vecchi amici. Come l’attore Davide Rota, scrittore, umorista e allievo di Fo, scomparso nel 2014.
«Tutto dipende da dove sei nato, diceva un grande saggio. E per quanto mi riguarda forse il saggio ci ha proprio azzeccato», diceva Fo. Il figlio del capostazione Felice Fo diede il primo vagito a Sangiano, pochi chilometri a sud di Luino. Raccontava che il suo urlo avesse superato anche il fischio della locomotiva. Ma «ho preso coscienza trenta-quaranta chilometri un po’ più in su, lungo la costa del lago, a Pino Tronzano, e qualche anno dopo a Porto Valtravaglia. Entrambi sono stati i miei “paesi delle meraviglie”. I luoghi che mi hanno scatenato le fantasie più pazze e hanno determinato ogni mia scelta futura».
Licenza Creative Commons
Alcuni diritti riservati.
Da -
http://www.lastampa.it/2016/10/13/cultura/quella-sponda-magra-del-lago-maggiore-dove-fo-passava-le-sere-tra-affabulatori-e-istrioni-4fiMelHmQ0edAZy09luxGN/pagina.html