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Autore Discussione: UGO MAGRI  (Letto 228994 volte)
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« Risposta #300 inserito:: Gennaio 16, 2014, 04:26:06 pm »

politica
14/01/2014
Dopo la sentenza della Consulta elezioni politiche più lontane
L’accordo sulla nuova legge elettorale risulterà più laborioso di quanto sarebbe stato nel caso in cui la Consulta avesse sgomberato il campo da alcune ipotesi, per esempio il sistema spagnolo

Ugo Magri
Roma

Una serie di indizi maturati nelle ultime ore fanno pensare che le elezioni politiche a maggio, insieme con le Europee, siano alquanto improbabili.

Elemento numero uno: la sentenza della Corte costituzionale. Che nelle motivazioni depositate ieri non fornisce alcuna indicazione ai partiti sulla riforma da perseguire, e anzi lascia tutte le strade aperte (compresa quella del non far nulla, tenendoci il mozzicone di «Porcellum» che è rimasto in vigore dopo la bocciatura del 4 dicembre scorso). Tanta abbondanza di scelte non è di aiuto alla politica. La quale, com’è giusto, dovrà prendersi per intero le proprie responsabilità. Ma proprio questo induce a ritenere che l’accordo sulla nuova legge elettorale risulterà più laborioso di quanto sarebbe stato nel caso in cui la Consulta avesse sgomberato il campo da alcune ipotesi, per esempio il sistema spagnolo.

Secondo indizio che non depone in favore delle elezioni politiche a maggio: le rassicurazioni di Renzi a Napolitano che lui non desidera provocare una crisi di governo. E anzi Letta, se farà bene i suoi compiti, potrà tirare avanti un altro anno tranquillo... A dimostrazione che dice sul serio, il segretario Pd sarebbe disposto a consentire quello che nel brutto gergo di Palazzo viene denominato «rimpasto». Cioè un aggiustamento in corsa della squadra ministeriale, per sostituire chi ha creato problemi. Se Renzi avesse continuato a opporsi a questo rimaneggiamento, l’avrebbero sicuramente accusato di giocare al «tanto peggio tanto meglio». Non è così. Matteo sembra avere scelto la stabilità patrocinata dal Colle. 

Ultimo elemento (poteva mancare?): il Cavaliere. Berlusconi sembrava il più ansioso di tentare la rivincita elettorale a maggio. Ma da ultimo si è un po’ frenato. Forse perché ha percepito le difficoltà di Renzi; o magari semplicemente ha consultato i sondaggi, parecchio attendibili, che gli produce a getto continuo Euromedia Research, da cui Forza Italia non esce così bene come Silvio vorrebbe. Qualcuno aggiunge la mancanza di un candidato premier, visto che Alfano se n’è andato e Berlusconi è impedito dalla legge Severino. Fatto sta che pure ad Arcore si stanno rassegnando alla prospettiva di una rivincita ormai rinviata al 2015, se va bene. Con il Cav che nel frattempo potrà scontare con calma la sua pena a domicilio oppure (lui si augura) ai servizi sociali. 

Da - http://lastampa.it/2014/01/14/italia/politica/dopo-la-sentenza-della-consulta-elezioni-politiche-pi-lontane-l6nRKTVs5hKkbyCk7naJoM/pagina.html
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« Risposta #301 inserito:: Gennaio 17, 2014, 12:00:24 pm »

Politica
15/01/2014 - retroscena

Legge elettorale, la Corte rianima i proporzionalisti
E adesso la riforma rischia di impantanarsi
La legge elettorale snodo decisivo

Ugo Magri
Roma

La Corte costringe gli strateghi politici a riscrivere i piani. Non perché faccia pendere il piatto della bilancia a vantaggio di questa o quella riforma elettorale (per sostenerlo occorre una bella faccia tosta), ma perché la Consulta chiarisce che potremmo tornare alle urne anche subito, con lo stesso sistema della prima Repubblica. Per i proporzionalisti è un assist insperato. E la matassa della legge elettorale si ingarbuglia vieppiù.

Ieri mattina la confusione era al massimo grado, un vociare cacofonico aggravato da pareri magari autorevolissimi, forniti da giuristi e professori illustri di diritto, che però talvolta ricordano i medici di Pinocchio in quanto mai se ne trovano due capaci di suggerire all’Italia la stessa ricetta (chi ha tempo, controlli sul sito della Camera le audizioni degli esperti in Commissione affari costituzionali). La Babele delle lingue e dei propositi ha dato quasi la sensazione che, per effetto della Corte, Matteo Renzi avesse perso il controllo del volante. Fino alla sorpresa del «proporzionale», il segretario Pd aveva il chiaro vantaggio di giocare su due tavoli: con i partner di governo e con le opposizioni. Cercava di ottenere il massimo come farebbe qualunque abile mercante, mettendo i primi in concorrenza con le seconde. Qualcuno sostiene che Renzi minacciasse di stringere un accordo con Berlusconi (e con Grillo) per far cadere il governo; altri invece pensano che volesse semplicemente far ingoiare ad Alfano una legge elettorale indigesta. Fatto sta che grazie alla Consulta Angelino, e con lui tutti i centristi a vario titolo, si sono ritrovati d’improvviso con una pistola in mano. Il colpo in canna consiste nella possibilità, in caso di lite sulla riforma elettorale, di mettere in crisi il governo e di tornare alle urne con il sistema proporzionale anziché con quello che vorrebbe Renzi. Con tre conseguenze non da poco. Primo: i piccoli partiti, anziché sparire come accadrebbe col sistema spagnolo o col «Mattarellum», riuscirebbero a scapolarla. Secondo: il futuro Parlamento sarebbe altrettanto ingovernabile dell’attuale, e magari di più. Terzo: le larghe intese, in assenza di un chiaro vincitore, tornerebbero obbligatorie... 

Insomma, verso mezzogiorno nei palazzi romani qualcuno ieri già incominciava a dire che il sindaco fiorentino è al tappeto, la sua promessa di riforma elettorale ormai svaporata, la sua speranza di governare l’Italia fin troppo ambiziosa. Latorre, già dalemiano ed ora con Renzi, ha lanciato l’allarme contro i risvegli di «pulsioni proporzionalistiche» non solo tra i grillini ma perfino nel Pd. Dove popolari come Fioroni (e non solo lui) brindano felici alla sentenza della Consulta. I più dietrologi, che non mancano mai, hanno visto dietro la Corte una manovra di menti sottili e raffinatissime volta a prolungare la vita del governo Letta. Ma Renzi, come ha reagito? Da leader svelto e determinato. In poche ore è passato al contrattacco. Anzitutto ha voluto accertare che Berlusconi non avesse nel frattempo cambiato idea, come spesso gli accade, e rimanga tuttora favorevole a un sistema maggioritario dove la sera stessa delle elezioni si sappia chi ha vinto e chi ha perso. Quasi tre ore di vis-à-vis con Denis Verdini gli hanno permesso di accertare che Silvio mantiene il punto, gli va bene tanto uno spagnolo quanto un «Mattarello» corretto da un premio del 15 per cento, sebbene la preferenza di entrambi vada nettamente al meccanismo iberico, pure in questo caso con «premio» per chi vince.

Non si vedranno subito col Cavaliere, ma nei prossimi giorni. Una data di massima pare sia stata fissata in gran segreto. Più urgente, per Renzi, è mettere le carte in tavola con Alfano. Fonti informate sugli sviluppi sostengono che il «match» con vice-premier potrebbe aver luogo in giornata, permettendo a Renzi di presentarsi domani nella direzione del suo partito con tutti gli elementi in mano per una rapida decisione.

Da - http://lastampa.it/2014/01/15/italia/politica/legge-elettorale-la-corte-rianima-i-proporzionalisti-b34xmxx93vb7I8UchNSJzL/pagina.html
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« Risposta #302 inserito:: Gennaio 17, 2014, 12:28:29 pm »

Politica
17/01/2014 - retroscena

Berlusconi spera nel patto con Renzi
Si lavora ancora all’accordo.
Domani il segretario Pd dovrebbe incontrare il leader di Forza italia

Ugo Magri
Roma

I berlusconiani fanno un tifo esagerato per Renzi. E se il loro super-eroe di nome non facesse Silvio, le «amazzoni» del Cavaliere con il cuore sarebbero già tutte pro Matteo. Grande schieramento al femminile per il segretario Pd: dall’ex governatrice del Lazio Polverini alla combattiva Bergamini, ma anche Gelmini, Carfagna, la Repetti e naturalmente la Santanchè, tutte hanno levato alta la loro voce. Dunque un plebiscito in favore del leader avversario che però si sta battendo come un leone nel suo partito per incontrare, dopo Alfano, anche il Condannato. Già, perché le notizie pervenute a Palazzo Grazioli raccontano di un Renzi decisissimo a tenere il faccia-a-faccia nonostante mezzo Pd gli stia intimando di ripensarci.

Renzi è atteso stasera al programma «Le invasioni barbariche»; e quale occasione migliore per annunciare il colloquio con Berlusconi? Tutti danno per scontato che andrà in scena domani, sebbene sulla legge elettorale non ci sia fumata bianca, anzi la trattativa risulti ancora per aria. Forza Italia preferirebbe il sistema spagnolo, ma hanno preso a circolare nuove ipotesi più creative, ad esempio un «Mattarellum» dove l’eventuale premio verrebbe assegnato al secondo turno. Sennonché i collegi uninominali non garbano a Berlusconi, perché lo costringerebbero ad allearsi con Alfano (i due non si parlano da settimane). Per cui ieri sera voci autorevoli da destra dicevano: «Se Renzi si impunta, per Berlusconi non avrebbe senso incontrarlo». Tra l’altro, il Cavaliere dovrebbe disdire l’evento che pregusta da quasi due anni, cioè da quando decise di cacciare l’allenatore del Milan Allegri e di piazzare al suo posto Seedorf: piombare domani in elicottero a Milanello per una conferenza stampa con il nuovo allenatore prediletto. Dalla segreteria del presidente è giunta a Galliani notizia che forse non ne farà nulla, niente show davanti alle telecamere di mezzo mondo. Ma solo a condizione che di show Berlusconi ne debba tenere un altro, ancora più clamoroso... Con chi, lo si intuire. Dove, è ancora un punto interrogativo. Quasi sicuramente a Roma. E alla luce del sole ma senza webcam, in quanto quei due dovranno usare una certa reciproca franchezza. Quanto all location: escluso il Parlamento, dove il Cav rifiuta di mettere piede essendone stato espulso. La sede del Pd verrebbe considerata dagli anti-berlusconiani alla stregua di un sacrilegio. Per cui alla fine, anziché vedersi al Nazareno, potrebbero convergere sullo stesso hotel Bernini Bristol dove mercoledì andò in scena il match Renzi-Alfano.

Di tutto ciò, ma non solo, si è ragionato ieri intorno al desco di Palazzo Grazioli. Presenti, oltre al padrone di casa, Confalonieri, Toti, Verdini (ambasciatore presso il sindaco fiorentino), Brunetta e Romani. Tra una portata e l’altra, discussione meno animata di altre volte circa gli assetti di vertice del partito. L’ultima mediazione ipotizza un comitato politico ristretto con dentro i principali esponenti di Forza Italia. Segretario e portavoce di questo «politburo» sarebbe Toti, l’uomo nuovo fin qui osteggiato dalla vecchia guardia pretoria. Ma a un certo punto Berlusconi si è scocciato di parlarne, e ha rinviato ogni approfondimento alla prossima settimana. In cima ai suoi pensieri, al momento, c’è solo il patto di ferro con Renzi.

Da - http://lastampa.it/2014/01/17/italia/politica/berlusconi-spera-nel-patto-con-renzi-BqldJgi5MVeasH2cuiy38L/pagina.html
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« Risposta #303 inserito:: Gennaio 24, 2014, 06:06:38 pm »

Politica
23/01/2014 - riforme. la partita

Arriva la legge elettorale
Non c’è il salva-Lega
Firma il Ncd, però i malumori sono tanti e trasversali. Anche nel Pd

Legge elettorale, ecco chi ci perde e chi ci guadagna
Ugo Magri
Roma

Con qualche ora di ritardo (anzi con qualche anno), il testo di riforma elettorale è approdato in Commissione affari costituzionali della Camera. I partiti avranno tempo fino a domani per suggerire modifiche. Sospesi i lavori durante il weekend onde consentire a Sel di tenere il congresso. Lunedì e martedì rush finale dei commissari, all’occorrenza in seduta notturna. 

E se la conferenza dei capigruppo stamane non cambierà le carte in tavola, mercoledì 29 inizierà la discussione in Aula seguita dal voto. A scrutinio segreto, con i «franchi tiratori» in agguato. Sarà la prima prova del fuoco per Renzi, che può uscirne trionfatore o, come complottano i suoi avversari, con le ossa rotte.

Il testo si è fatto attendere fino a sera perché nel Pd si sono accorti dell’esistenza di un «baco» potenzialmente in grado di inficiare il congegno matematico messo a punto dal professor D’Alimonte (è lui che consiglia Renzi). Riguarda, pare, la distribuzione dei seggi in Parlamento e il timore che possa essere decisa non dalle segreterie dei partiti, tantomeno dagli elettori, bensì dalla dea bendata, col rischio di trasformare il voto in una riffa imprevedibile. Frenetici contatti per venire a capo del problema. Mille altre questioni tecniche sono spuntate fuori all’ultimo momento, cosicché erano le 20 quando il relatore Sisto (Fi) ha depositato il testo. Non contiene sorprese rispetto all’impianto concordato sabato da Berlusconi e da Renzi. Manca la clausola «salva-Lega», quella che dovrebbe consentire ai padani di entrare in Parlamento perfino nel caso in cui non scavalcassero il 5 per cento. 

La postilla non è stata inserita in quanto altri partiti a rischio di sbarramento, in particolare il Nuovo centrodestra, hanno piantato una grana al grido di «come mai loro sì e noi no?». Però il «salva-Lega» verrà riproposto in Aula al momento opportuno e sotto forma di emendamento. Tanto è vero che dal Carroccio nessuno ha protestato, anzi il segretario Salvini orgogliosamente proclama che la Lega non ha bisogno di ricevere «aiutini». Gli alfaniani, in apparenza soddisfatti, hanno sottoscritto il testo base insieme con Pd e Forza Italia. Sulla carta, una vasta maggioranza a prova di scrutinio segreto.

Giochi fatti, dunque? Non proprio. Perché a sostenere la riforma con piglio garibaldino sono soltanto berlusconiani e renziani. Altrove è tutto un fiorire di obiezioni. Tra i democratici è in subbuglio la minoranza interna, che alla Camera comanda nei numeri. Renzi l’altra sera ha riunito i deputati Pd nell’intento di domare la fronda. Per riuscirci ha scaricato su Berlusconi la responsabilità di certe scelte, tipo il no alle preferenze. Il bersaniano D’Attorre ci vede un varco, per cui tornerà alla carica per introdurle col plauso di Alfano nonché dei centristi di varia estrazione. «Non se ne parla proprio», avverte da destra la Santanché. Brunetta, capogruppo «azzurro», ricorda al Pd che i patti vanno rispettati, gli accordi non sono «à la carte». E se crolla un caposaldo della riforma salta tutto l’impianto, non se ne fa più nulla. In fondo, al Cavaliere va bene pure il mozzicone di legge lasciato in vita dalla Consulta: un proporzionale puro, che piace anche ai grillini. Il referendum on-line tenuto ieri lo ha visto vittorioso sul maggioritario con 20mila voti contro 12mila.

DA - http://lastampa.it/2014/01/23/italia/politica/arriva-la-legge-elettorale-non-c-il-salvalega-GbYl5eF9r0d0L2XZZsy1XM/pagina.html
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« Risposta #304 inserito:: Gennaio 26, 2014, 11:36:56 pm »

politica
26/01/2014

Legge elettorale: la trattativa è iniziata, ma il rischio in Aula è il fuoco incrociato
Calderoli assicura: avrà vita durissima in Commissione

Carlo Bertini, Ugo Magri
Roma

Volendo credere a Calderoli, che nella giungla parlamentare si orienta come pochi, alla Camera da domani ne vedremo delle belle. Il padre del «Porcellum» ha fatto due conti: la riforma elettorale avrà vita durissima in commissione. 

E pure nel caso in cui superasse l’esame, «quasi certamente non avrebbe i numeri in aula» dove, va ricordato, si voterà a scrutinio segreto. «Inciamperà praticamente subito», scommette Calderoli, perché già al primo comma dell’articolo 1 verrà al pettine il nodo delle preferenze...».

Se Renzi riuscisse a imporre la disciplina di partito, questi dubbi non avrebbero fondamento. In commissione, dove entro martedì sera i giochi saranno fatti, Pd e Forza Italia hanno 26 dei 47 membri, la maggioranza. E in aula i due partiti sommano 360 deputati, 45 più di quanti ne occorrano per imporre il frutto dell’accordo tra Renzi e il Cavaliere. Ma la minoranza Pd è inquieta (un eufemismo). 

Questo pomeriggio si vedranno nuovamente i commissari democratici per chiarire se il testo-base è davvero tabù, ovvero può essere emendato d’intesa, si capisce, con Forza Italia. Bersaniani e dalemiani spingono per cambiare la bozza su tre punti. Primo: niente liste bloccate, al limite meglio 630 collegi con un solo candidato ciascuno, e ripartizione proporzionale dei seggi. Secondo: premio di maggioranza per chi supera il 40 per cento anziché il 35. Terzo: abbassare dall’8 al 5 per cento lo sbarramento per i partiti che volessero presentarsi fuori dalle alleanze.

I fedelissimi del segretario cosa rispondono? Che loro non avrebbero alcuna remora, però Berlusconi da quell’orecchio non ci vuol sentire. Anzi coglierebbe la palla al balzo per far saltare l’accordo, e allora niente riforma elettorale. Non solo: addio anche al «Senato gratis» (come lo chiama Renzi) e all’antidoto per le «disfunzioni regionali» (altra definizione del sindaco-segretario circa la riforma dei Titolo V). I leader hanno deciso, e al momento non si torna indietro. Anzi, sono pronti ad affrontare il voto segreto. Qui, effettivamente, potrà accadere di tutto. Sia che la riforma passi, sia che vada a gambe per aria insieme con il governo e la stessa legislatura. Già, perché tanto Renzi quanto i «berluscones» hanno chiarito che, in caso di bocciatura, questo Parlamento non sarebbe titolato a proseguire oltre.

Ecco dunque di nuovo il pallottoliere. Stime provenienti dai diretti interessati calcolano tra 90 e 100 i deputati Pd che, lasciati liberi, voterebbero per il ritorno alle preferenze. Chissà come si regoleranno nel segreto dell’urna. A questi possibili «franchi tiratori» bisogna aggiungere un altro paio di categorie interessate a scatenare un Vietnam parlamentare. Anzitutto coloro che, specie in Forza Italia, gradirebbero votare subito. E sarebbero pronti a tornare alle urne perfino con il mozzicone di legge tenuto vivo dalla Consulta (proporzionale puro e preferenza). L’altra categoria di potenziali «cecchini» è rappresentata da quanti sarebbero disposti ad affrontare le elezioni subito pur di tenersi la legge attuale, il «Consultellum» appunto, considerato un male minore della riforma in gestazione.

I 45 voti di maggioranza alla Camera sono insomma un vantaggio esiguo. Per mettersi al sicuro, Renzi dovrebbe trascinare dalla sua parte la Lega (20 deputati) con una normativa di vantaggio per i partiti su base territoriale; e poi anche il Nuovo centrodestra, abbassando da 5 al 4 per cento, e forse addirittura al 3, la soglia di sbarramento immaginata col Cavaliere. Il quale tuttavia si sente in una botte di ferro, comunque vada lui è soddisfatto, se casca il governo ancora di più. Come dice Brunetta, «è nella condizione di vincere su tutte le ruote».

Quanto a Renzi, il segretario Pd si mostra pronto ad affrontare le urne perfino a maggio. Secondo i suoi nemici interni è solo un «bluff». Però intanto mercoledì l’uomo potrebbe partecipare alla manifestazione dei sindaci in tensione con il governo. Sarebbe un segnale di quelli forti e chiari...

Da - http://www.lastampa.it/2014/01/26/italia/politica/legge-elettorale-la-trattativa-iniziata-ma-il-rischio-in-aula-il-fuoco-incrociato-MEz3brt9Afac67i0yLRA9H/pagina.html
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« Risposta #305 inserito:: Febbraio 07, 2014, 11:25:03 pm »

Politica
07/02/2014 - retroscena

Tra i berlusconiani si allarga il fronte di chi appoggerebbe un governo Renzi
Al Cavaliere piace sempre di più lo stile del sindaco-segretario

Ugo Magri
Roma

Due sere fa, a casa di Berlusconi, lungo articolato dibattito su come dovrebbe regolarsi il Cavaliere casomai Renzi volesse mettere in piedi un governo: appoggiarlo? entrarci? starne decisamente alla larga? Intorno al desco di Palazzo Grazioli si sono formati (come al solito) due schieramenti: i «governativi» da una parte; gli «oppositori» a tutti i costi dall’altra. Nel mezzo, il padrone di casa. Il quale mai come nella circostanza è apparso combattuto e indeciso, perché lui stravede per Renzi, in certi momenti ne sembra addirittura infatuato. Però al tempo stesso l’«ego» senza confini di Berlusconi gli vieta di ammettere che gli anni passano e, insomma, sarebbe ora di togliere il disturbo. Anzi, paradossalmente, più l’astro del sindaco-segretario brilla alto nel cielo e più Silvio si sente in dovere di competere con lui. Forse questa è la ragione per cui ieri sera l’uomo ha incaricato la Gelmini, ospite da Vespa, di smentire qualunque ritorno di Forza Italia alle larghe intese. E di escluderlo perfino nel caso in cui a guidare un nuovo governo fosse il suo beniamino Renzi, anziché Letta...

È una posizione, come tutte quelle berlusconiane, suscettibile di mille ripensamenti. Oggi si precipiteranno da lui quanti gli consigliano il massimo dell’apertura, e magari stasera qualche esponente «azzurro» andrà in tivù per ribaltare la linea del giorno prima. Domani si rifaranno sotto gli altri, e così via... In attesa che il pendolo si stabilizzi, ecco gli schieramenti. A guidare il fronte dei possibilisti c’è Brunetta, insieme con l’altro capogruppo Romani. Toti, consigliere politico, è sulla stessa loro lunghezza d’onda; idem Tajani, numero due della Commissione Ue, presente mercoledì alla cena. Al Cav rivolgono una domanda: se davvero nascesse un governo Renzi, e questo governo incontrasse il favore dell’Italia, che senso avrebbe combatterlo? E se per giunta Matteo arrivasse al 2018, è l’interrogativo, «come trascorreremmo i prossimi quattro anni all’opposizione? Abbaiando alla luna?». Ragion per cui alcune teste pensanti, come Minzolini, lanciavano su Twitter l’ipotesi di un appoggio esterno, motivato con la necessità di portare fino in fondo la nuova legge elettorale che accoppa i piccoli partiti. Replicano Fitto (capo dei lealisti) e Gasparri: appoggiare Renzi con o senza ministri in cambio sarebbe l’ultimo dei nostri errori; un conto è farci le riforme istituzionali insieme, altra cosa spalleggiarlo fino al giorno in cui Berlusconi avrà compiuto 81 anni e sarà prossimo agli 82...

A proposito di Fitto: l’ex ministro ha rifiutato in serata un posticino che il Cavaliere gli aveva ritagliato negli organigrammi di Forza Italia. Anziché procedere alla nomina dell’Ufficio di presidenza, come i «falchi» del partito reclamano da settimane, Berlusconi ha messo su una strana commissione incaricata di stipulare alleanze politiche a livello locale. In questo comitato, composto da Matteoli (presidente), da Saverio Romano, dal sindaco di Pavia Cattaneo nonché da Osvaldo Napoli, Fitto ha fatto sapere che lui non metterà piede perché altrimenti sembrerebbe che si lascia tacitare con un incarico, oltretutto da poco. Da segnalare viceversa l’ascesa di Mariarosaria Rossi, quarantenne senatrice napoletana amicissima della Pascale: sarà capo dello staff berlusconiano, sempre più in mano alle donne.

Da - http://lastampa.it/2014/02/07/italia/politica/tra-i-berlusconiani-si-allarga-il-fronte-di-chi-appoggerebbe-un-governo-renzi-94Lkn50KlBXpN6ENJs2BPN/pagina.html
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« Risposta #306 inserito:: Febbraio 11, 2014, 05:47:59 pm »

Politica
10/02/2014 - riforme. Le mosse

Italicum, armi spuntate per i contrari
I franchi tiratori della legge elettorale temono che, bocciando il testo, si torni alle urne

Ugo Magri
Roma

Domani la legge elettorale arriva in aula alla Camera. Ma nei palazzi della politica nessuno si agita più di tanto, poiché l’attenzione adesso è concentrata sul duello Renzi-Letta. Si parlava di «franchi tiratori» in agguato, di emendamenti-trabocchetto per far cadere l’«Italicum» nel voto segreto, dei piccoli partiti pronti all’ultimo disperato assalto... 

E invece, alla vigilia delle votazioni l’aria è quella di un passaggio parlamentare alquanto scontato, dove l’unica vera incognita la rappresentano i grillini, casomai volessero mettere Montecitorio a ferro e a fuoco per impedire che il testo venga licenziato entro venerdì. Cinque stelle a parte, nessuno più contesta la sostanza della riforma.

La minoranza Pd, fino all’altro giorno molto sofferente, per bocca di Cuperlo lancia messaggi flautati: «Da parte nostra nessun cecchinaggio, tutto si può dire di noi tranne che manchi il senso di responsabilità». Nemmeno i partiti che rischiano l’estinzione, dai montiani agli alfaniani, pare vogliano sabotare. Fa testo la riflessione a voce alta del ministro Quagliariello (Nuovo centrodestra): «Fin dall’inizio di questa partita il nostro ruolo è stato di correzione e di coesione al tempo stesso. Ci siamo battuti per aggiustare un impianto di legge elettorale quantomeno fragile, ma pure per evitare che il tentativo di riforma fallisse creando un alibi per il partito dello sfascio e delle elezioni anticipate». Esattamente questo è il punto: se nei prossimi giorni i «franchi tiratori» riuscissero a stravolgere il famoso patto Berlusconi-Renzi, la gioia durerebbe poco in quanto l’effetto inevitabile sarebbe di scatenare la reazione dei due nei confronti di un Parlamento fuori controllo. Tornerebbe a riaffacciarsi lo spettro di elezioni immediate, che consentirebbero al segretario Pd (al Cav, a Grillo) di rimodellare le Camere a loro immagine e somiglianza. Insomma, prima di pigiare il pulsante dell’autodistruzione, gli eventuali «cecchini» ci penseranno bene.

E poi ci sono tutti coloro che tifano per un «Letta-bis»: nel mezzo delle trattative, si guarderanno bene dal provocare incidenti di percorso. Magari vorrebbero le preferenze, oppure gradirebbero alzare la soglia del premio di maggioranza dal 37 per cento al 40. Però poi ne farebbe le spese Letta, meglio non insistere. Dunque niente emendamenti al testo base su cui il relatore Sisto (Forza Italia) sta portando le ultime limature? La previsione è che qualche tentativo di modifica ci sarà. Però senza mettere in discussione i pilastri della riforma. Piuttosto, cercando di ritardarne l’attuazione nel tempo. Ad esempio, è pronto un emendamento trasversale per rinviare l’entrata in vigore della legge al giorno in cui chiuderà il Senato. La speranza dei proponenti, inutile dire, è che quel giorno non arrivi mai...

Da - http://lastampa.it/2014/02/10/italia/politica/italicum-armi-spuntate-per-i-contrari-AgMCeo3lO8lf8hE16GpQKO/pagina.htm
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« Risposta #307 inserito:: Marzo 02, 2014, 11:30:26 am »

POLITICA
01/03/2014 - centrodestra, le mosse di Berlusconi
Il sogno del Cavaliere: patto con Renzi per riabilitare l’onore
Il berlusconiano “Chi”: “Silvio e Matteo mai così vicini”

Ugo Magri
Roma

Qualche frammento di vero dovrà pur esserci, perché troppi sono gli indizi, idem le coincidenze, per liquidare come bufale le voci di un patto Berlusconi-Renzi destinato a cogliere tutti di sorpresa: non ora ma in autunno, dopo le elezioni europee. Tutti i frequentatori di Arcore ne parlano come del segreto di Pulcinella, sebbene in che cosa concretamente consista questo presunto accordo nessuno lo sa: governi Pd-Forza Italia, taglio delle ali a destra e a sinistra, scenari fantascientifici alla Ridley Scott... «Vedrete cose che voi umani nemmeno vi immaginate» sussurra chi si abbevera alle confidenze del Cavaliere. L’ultimo folle sogno berlusconiano scommette che Renzi sia davvero l’interlocutore atteso per vent’anni, «il nostro Gorbaciov» come l’ha effigiato sul «Giornale» il direttore Sallusti. Un leader capace di abbattere il muro dell’ostracismo nei confronti di Berlusconi, di riabilitarlo a sinistra, di restituirgli l’onore politico sporcato dalla condanna e magari addirittura di riportarlo nel Palazzo con tutti gli onori... 

È assai improbabile che il piano berlusconiano sposi le ambizioni di Renzi. Il quale, lungi dal rimettere in circolo un personaggio così ingombrante, forse semplicemente mira a sottrargli i voti, a portargli via fette di elettorato in cambio di qualche moina. E forse non solo quella. Il premier ha scelto un ministro dello Sviluppo, la Guidi, che Berlusconi avrebbe messo di suo. Ha rinunciato al magistrato Gratteri per la Giustizia, piazzando due sottosegretari non certo ostili alla causa del Cavaliere. In cambio, Berlusconi ha completamente cessato di essere antagonista (come il suo ruolo di oppositore richiederebbe), lasciando a Grillo le radure della protesta. Da settimane il Cavaliere recita la parte dell’avversario senza minimamente crederci. Siamo al punto che giorni fa ha rinunciato alla telefonata mattutina con Belpietro, su Canale 5, nel timore di sperticarsi troppo in elogi per Matteo, in questo modo recandogli danno... Paolo Romani si è dovuto quasi ammutinare nei confronti del capo, il quale lo pressava perché nel discorso sulla fiducia in Senato lasciasse le piume di Renzi in un modo che il capogruppo «azzurro» giudicava esagerato e poco decoroso.

In Forza Italia cresce il disagio. «Niente critiche pregiudiziali», sintetizza gli umori Minzolini, «ma nemmeno beatificazioni gratuite». L’aumento della Tasi è stato accolto quasi come una liberazione, ieri i «falchi» ne hanno profittato per mitragliare il governo come ai vecchi tempi. Tuttavia nessuno si illude che il Cavaliere demorda. Per convincersene, basta la copertina del settimanale berlusconiano «Chi»: un panegirico congiunto a Silvio e a Matteo, ritratti in pose identiche e «mai così vicini».

Da - http://lastampa.it/2014/03/01/italia/politica/il-sogno-del-cavaliere-patto-con-renzi-per-riabilitare-lonore-ICt4Gf7xJxT7oOy3qBZjMK/pagina.html
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« Risposta #308 inserito:: Marzo 03, 2014, 05:29:26 pm »

Politica
03/03/2014

L’Italicum, prima prova per il governo
Il premier dovrà decidere se mantenere l’impegno con Alfano e “tradire” l’accordo con Berlusconi sulle riforme

Ugo Magri
Roma

Ogni cosa ha il suo tempo, e nella domenica di Renzi altre questioni hanno avuto netta priorità. Parlare con la Merkel dell’Ucraina, ad esempio, ieri era di gran lunga più importante del pollaio domestico. Per cui non c’è da stupirsi che la legge elettorale sia rimasta in ombra. Tuttavia oggi il premier dovrà dedicarvi un tot di attenzione perché domani iniziano le votazioni alla Camera. 

Già stasera l’assemblea dei deputati Pd vorrà ricevere lumi su come regolarsi, e quale che possa essere la decisione molte tensioni per il governo ne deriveranno. Renzi si trova a un bivio: o resta fedele al patto del 18 gennaio con Berlusconi e sfida a scrutinio segreto le frange inquiete del Pd (oltre, si capisce, alla «santa alleanza» dei partitini). Oppure, per non rischiare la prima sconfitta parlamentare, il presidente del Consiglio può disdire gli accordi col Cav e siglare un compromesso coi piccoli partiti che gli permetta di superare indenne il cerchio di fuoco. 

Perché di impresa ardua realmente si tratta, causa le votazioni a scrutinio segreto su oltre 200 emendamenti. Il più insidioso è quello presentato da Lauricella (Pd area Civati), che posticipa l’entrata in vigore dell’«Italicum» al giorno in cui il Senato dirà sì alla propria riforma. Qualcuno sostiene che per ragioni di regolamento verrà votato in modo palese, dunque senza «franchi tiratori». Però cambierebbe poco in quanto nel segreto dell’urna, prima del Lauricella, andranno comunque votati altri 5 emendamenti, sottoscritti da altrettanti esponenti di tutti i partiti eccezion fatta per Forza Italia, che puntano a cancellare l’intero articolo 2 della legge, rendendola inapplicabile al Senato. L’effetto sarebbe un Lauricella al cubo. 

Non è dato prevedere la decisione ultima del premier, che con i suoi si dichiara fiducioso di «portare a casa la legge entro questa settimana» e ha vestito i panni del lottatore (nella sua stanza è comparso un pallone da rugby). Era previsto ieri sera un chiarimento con Alfano, ma se vi sia effettivamente stato, e soprattutto sull’esito, nulla trapela. La forza di Angelino sta negli impegni presi nel famoso colloquio notturno da cui decollò il governo: testimoni Lupi e Franceschini, Renzi promise che avrebbe dato via libera all’emendamento Lauricella. Però nessuna riforma istituzionale si farà, e forse nemmeno la legge elettorale, se il Cavaliere offeso si metterà di traverso. Tra l’altro, nel giro stretto berlusconiano asseriscono che l’intesa siglata un mese e mezzo fa fu messa addirittura nero su bianco, con tanto di postille e condizioni. In caso Renzi venisse meno ai patti, aggiungono minacciosi da quelle parti, non sarebbe difficile rinfacciargli il voltafaccia. Toti, consigliere politico dell’ex premier, alza preventivamente il tiro, «il credito di Renzi si sta esaurendo, speriamo che sulla legge elettorale trovi più coraggio».

In realtà Verdini, che con il capo del governo mantiene un filo fondato sulla reciproca simpatia, nutre speranze di portare a casa il risultato, «alla fine Matteo rispetterà i patti» è il mantra. E perfino nel caso che non li rispettasse, ostenta tranquillità il capogruppo Brunetta, «noi usciremmo vincitori comunque, perché verrebbe a dimostrarsi che nemmeno Renzi riesce a farsi rispettare dalla sua sinistra». Insomma per Berlusconi la classica situazione che gli anglosassoni definirebbero di «win or win».

Da - http://lastampa.it/2014/03/03/italia/politica/litalicum-prima-prova-per-il-governo-k0X0IJ1AmgAnkBLWzD8mTP/pagina.html
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« Risposta #309 inserito:: Marzo 24, 2014, 05:05:55 pm »

Politica
20/03/2014 - retroscena

Un Berlusconi capolista È pressing su Pier Silvio
Il padre vorrebbe lanciare il figlio che cerca però di resistere
Pier Silvio Berlusconi avrebbe un gradimento del 20,6%. Davanti solo Renzi, Letta e il papà

Ugo Magri
Roma

L’erede politico di Berlusconi, il «Mister X» al quale l’ex premier vorrebbe passare il testimone, è anch’egli un imprenditore televisivo. Per giunta milanese. Quel che più conta, porta lo stesso cognome del leader di Forza Italia. 

Cambia soltanto il nome, seppure di poco: Pier Silvio anziché Silvio.

Si tratta del figlio quarantaquattrenne, sottoposto a un pressing davvero intenso perché accetti di rivoluzionare (in peggio) la propria esistenza finora molto tranquilla e sicuramente sobria, se confrontata ai parametri di famiglia. Precisiamo subito che Pier Silvio non sembra propenso a farsi trascinare sul ring. Oppone una resistenza fondata su considerazioni molto sensate. Ma la questione risulta tuttora aperta, e non è mai semplice far cambiare idea al Cavaliere quando si mette in testa una fissa. Testimoni super-attendibili giurano di aver sbirciato il discorso, scritto di suo pugno da Silvio, con cui Pier Silvio dovrebbe accettare la candidatura alle prossime elezioni europee quale capolista «azzurro» in tutte e cinque le circoscrizioni.

A certi suoi ospiti il Cavaliere ha mostrato con orgoglio un «trailer», dove si vede suo figlio che parla disinvolto e brillante in una convention aziendale: la prova che a Pier Silvio non mancherebbe la verve per duellare in pubblico con un battutista del calibro di Renzi. E a questo proposito, circola ad Arcore un sondaggio riservatissimo dell’istituto Tecnè. È aggiornato al 18 marzo, e misura il gradimento degli italiani. Al primo posto della hit parade troneggia Renzi (42,2 per cento), seguito a distanza da Letta al 25,5. Terzo si piazza Berlusconi senior (23 per cento). Ma subito dopo, distaccato di un’incollatura e in ascesa rispetto a un precedente campione, ecco Berlusconi junior: quarto con il 20,6 per cento di approvazione, due punti più della sorella Marina. Della quale molto si era parlato come possibile risorsa del centrodestra, nonostante lei avesse ripetutamente smentito. Così come era circolata voce che Barbara (figlia di Veronica) ardesse dalla voglia di cimentarsi, nonostante le disavventure del Milan di cui è dirigente, con conseguente calo di popolarità.

Pochi, anzi nessuno, aveva immaginato che l’occhio del Cavaliere stesse posandosi invece sul secondogenito. Ai suoi occhi ha i seguenti pregi: 1) è giovane 2) maschio 3) di bella presenza 4) senza grilli per la testa (una compagna fissa da 17 anni, la soubrette Silvia Toffanin) 5) concentrato sul «fare», inteso come lavoro a testa bassa in azienda. Insomma, chi meglio di lui per dare un senso di continuità fisica, anzi genetica, a una leadership che la condanna in Cassazione impedisce a suo padre di esercitare? Quando gli hanno messo sotto il naso le rilevazioni Tecnè, Silvio ha fatto un salto sulla sedia: «Ecco la conferma delle mia intuizioni...». Ed è partito alla carica. Però Pier Silvio resiste (sebbene a sera con minor vigore, dopo alcune telefonate di notabili «azzurri» terrorizzati dalla prospettiva che un suo no possa spalancare le porte a Barbara). Lui dirige Mediaset da quasi vent’anni. Mollare in questo momento il volante sarebbe, esemplificano esagerando nel mondo del Biscione, «come se Marchionne smettesse di guidare la Fiat».

C’è di più: Pier Silvio non ha mai espresso pulsioni forti per la politica. Esiste anzi il fondato sospetto che le sue idee collimino solo in parte con quelle del paterno genitore (in passato aveva manifestato simpatie per la Bonino). Dovesse mai cimentarsi, darebbe dispiaceri a papà. Che poi è il destino comune dei figli.

Da - http://lastampa.it/2014/03/20/italia/politica/berlusconi-sulla-scheda-pressing-su-pier-silvio-ss2Lv0bRS2ATsze9N9Z5MK/pagina.html
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« Risposta #310 inserito:: Aprile 06, 2014, 06:14:53 pm »

Politica
19/02/2014 - Forza Italia

L’asse De Benedetti-Renzi raffredda il Cavaliere
Berlusconi è stato messo sull’avviso dai suoi: «Renzi pronto a tradirti»

Ugo Magri
ROMA

Il seme del dubbio si è insinuato nella mente del Cavaliere proprio nel giorno delle consultazioni con Renzi. L’hanno messo sull’avviso che Matteo (di cui Silvio è politicamente «cotto») lo tradisce con suoo acerrimo nemico, l’ingegner De Benedetti. Quel nome, a quanto si racconta, ha avuto su Berlusconi l’effetto di un brusco risveglio, come se un sogno a occhi aperti si fosse improvvisamente infranto: il sogno di un sodalizio con Renzi capace di riportare il Cav al centro di tutti i giochi, compresi quelli futuri per il Quirinale...

Invece Berlusconi teme, adesso, di aver preso un abbaglio. Qualcuno, forse il suo consigliere politico Toti, gli ha fatto notare lo sfogo dell’ex ministro Barca, che al telefono con un falso Vendola descrive De Benedetti come il vero regista del governo nascente. Stessa segnalazione al Cavaliere è pervenuta da altri ambienti, come se in tanti si fossero passati la voce. Col risultato che l’«innamoramento» per Renzi, fin qui irrefrenabile, ha ceduto il posto a calcoli più coi piedi per terra. Verso sera addirittura l’uomo è arrivato a esprimere giudizi alquanto severi nei confronti del presidente incaricato, che vedrà questa mattina alle 10 nell’ambito delle consultazioni. «Non ha avuto certo una bella partenza», è il giudizio più carino. E poi: «Perfino i suoi vecchi amici rifiutano di fare i ministri, col risultato che al governo Renzi sarà circondato dai traditori», epiteto con cui Berlusconi identifica gli alfaniani. 

Insomma: sembra escluso che stamane il leader «azzurro» voglia spingersi oltre la promessa di un’opposizione «costruttiva», vale a dire non pregiudizialmente ostile. Blinderà il rispetto del patto sulle riforme, a cominciare da quella elettorale, ma pretenderà che Renzi onori gli accordi con lo stesso puntiglio, specie per quanto concerne sbarramenti e premi di maggioranza, senza nulla concedere ai piccoli partiti. Lamenterà l’assenza del capitolo giustizia. E si riserverà di accogliere le proposte del governo in materia economica alla luce del giudizio insindacabile che ne darà Brunetta, cliente tutt’altro che facile (come ben sanno Monti dapprima e Letta poi).

«Il nostro atteggiamento sarà legato ai fatti, unica cosa che conta per la gente», garantisce Mariastella Gelmini. Anche perché «di Renzi non ci si può fidare», assicura un vecchio squalo della politica come il senatore Minzolini: «Oggi sembra un amico, ma fra tre giorni non esisterebbe a mettere un coltello nella pancia di Berlusconi, se gli tornasse vantaggioso...». 

Da - http://lastampa.it/2014/02/19/italia/politica/lasse-de-benedettirenzi-raffredda-le-simpatie-del-cavaliere-per-il-sindaco-1HkS6QoUsEyjNcIonr5UDM/pagina.html?exp=1
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« Risposta #311 inserito:: Aprile 28, 2014, 06:09:29 pm »

Politica
26/04/2014

Berlusconi: diremo di sì solo quando la corda starà per spezzarsi
Continuano gli incontri tra Verdini e Guarini sulle modifiche

Ugo Magri
Roma

Berlusconi è parecchio soddisfatto di sé. Voleva far sapere all’Italia che lui c’è ancora, non l’hanno parcheggiato tra gli anziani di Cesano Boscone, e dunque lo «strappo» del «Porta a Porta» ha ottenuto pienamente il suo scopo: ieri tutti i titoli erano per lui, tornato al centro del ring con un colpo sotto la cintura di Renzi (così lo giudicano dalle parti del premier). L’ha dipinto come un «simpatico tassatore» e, soprattutto, gli ha bloccato il progetto di riforme della Costituzione. Insomma: l’«ego» del Cavaliere, nella ricorrenza della Liberazione, risultava appagato.

Resta il punto interrogativo, che in primis è di Renzi ma poi ci riguarda tutti: che ne sarà della legge elettorale, del nuovo Senato e del futuro Titolo V, che dovrebbe mettere ordine nel pasticcio di competenze tra Stato e Regioni? Forza Italia se ne farà carico, oppure siamo già ai titoli di coda dell’ennesimo patto infruttuoso tra Berlusconi e la sinistra? Alle ore 20 di ieri sera, il consigliere politico Toti ha fatto intendere via «Tg5» che nulla è precluso, anzi dipende tutto da Renzi. Perché è il Pd, nella versione berlusconiana, che cambia continuamente le carte in tavola e rende a Forza Italia la vita impossibile... Messa in questi termini, sembrerebbe quasi un puzzle di facile soluzione: sarebbe sufficiente che sulla materia più controversa, vale a dire la riforma del Senato, il premier prestasse finalmente orecchio alle richieste berlusconiane. E smussasse certi spigoli del progetto Boschi, mai presentato del resto come un vangelo. Anzi, i mediatori sono già all’opera, manco a dirlo nelle persone dei soliti Verdini e Guerini, il primo per conto di Forza Italia, l’altro del Pd. Pochi giorni fa s’erano visti, e avevano in gran segreto concordato certe modifiche al testo governativo, tutte quante finalizzate a mettere il Cavaliere a proprio agio. E dunque: meno sindaci nel futuro Senato delle autonomie (quelli delle aree metropolitane); più consiglieri regionali, con una ripartizione territoriale meglio proporzionata tra Regioni grandi e piccine; cinque senatori indicati dal Capo dello Stato, anziché 21. 

Sempre per venire incontro a Berlusconi, i due negoziatori avevano messo a fuoco un altro punto controverso: il ruolo del Senato nell’elezioni dei massimi organi costituzionali. In modo da fornire garanzie che chi vince le elezioni, comunque, non piglia tutto. E di tale lavorio dietro le quinte Berlusconi era stato costantemente informato, figurarsi se il fido Verdini gli avrebbe mai nascosto qualcosa. Ciò nonostante, il Cav è andato da Vespa con un tono dell’umore che definire negativo sarebbe poco. Dunque, palesemente, non è semplice questione di ritocchi, tolgo una virgola qua e ne aggiungo una là. Dev’esserci dell’altro dietro il cambio repentino di umore.

La risposta più vera che si ricava da quelle parti ha molto a che vedere con il braccio di ferro tra le due anime del partito berlusconiano. Dove i mediatori pro-Renzi, Verdini in testa, si scontrano con lo scetticismo di Brunetta, e una volta prevalgono i primi, in altre fasi la spunta il capogruppo. Che considera l’intero impianto riformatore, messo in piedi da Renzi e da Verdini, come «una mappazza immangiabile», un caotico impianto senza pesi e contrappesi, per effetto del quale chi vincesse le elezioni anche solo di uno zero virgola, diventerebbe poi il padrone d’Italia. Di questi argomenti, l’altro ieri Berlusconi si era innamorato. Ieri, più dialogante, la metteva così: «Daremo il via libera solo quando la corda sarà sul punto di spezzarsi, e non prima».

Da - http://lastampa.it/2014/04/26/italia/politica/berlusconi-diremo-di-s-solo-quando-la-corda-star-per-spezzarsi-uMcKrF6xwru1lz27I6LiPI/pagina.html
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« Risposta #312 inserito:: Maggio 15, 2014, 10:53:00 am »

Politica

13/05/2014 - verso il voto. le sfide tra i poli
La paura di Grillo incrina il patto sulle riforme
Berlusconi si sfila: la strada di Renzi non può essere la nostra

Ugo Magri
Roma

Da venerdì scorso è proibito pubblicare i sondaggi. Ma la legge permette di farli. E i primi a passarseli sottobanco non sono i personaggi politici, come verrebbe da immaginare, bensì gli istituti finanziari più importanti. Guarda caso, sulla piazza milanese ieri c’era grande fibrillazione: importanti operatori di Borsa davano per certa una vittoria grillina alle Europee. Da Milano le voci sono rimbalzate immediatamente a Roma, nei palazzi che contano. Dove in molti già si chiedono quale potrebbe essere (a parte tutti gli altri eventuali contraccolpi) l’impatto di un trionfo a Cinque stelle sulle riforme. La risposta che nelle sedi altolocate si raccoglie è netta: se Grillo andrà forte, a maggior ragione le riforme dovranno essere portate a compimento. Perché rinunziarvi sarebbe come alzare bandiera bianca. Né il Pd, né il vecchio e nuovo centrodestra sembrano ancora pronti alla resa...

Se invece la domanda si riferisce al patto tra Berlusconi e Renzi, beh, in questo caso nessuno mette la mano sul fuoco.

Le riforme andranno fatte, d’accordo; ma il premier non dovrà contare sull’ormai ex-Cavaliere. Per due ragioni. La prima è che Berlusconi si sta vistosamente sfilando. Tra le sue ultime esternazioni ne spicca una molto simile a un «de profundis»: «Stiamo ritenendo di non poter seguire la strada proposta da Renzi», contro il quale Berlusconi aggrava il tono della sua critica. Indigesta per Forza Italia è la bozza di Senato delle autonomie presentata dalla ministra Boschi. Ancor meno accettabile è la legge elettorale in gestazione, che prevede un ballottaggio tra i due schieramenti più grossi. A Berlusconi l’«Italicum» non conviene più, perché ha rotto con gli alleati. Salvini, segretario della Lega, fa finta di non conoscerlo. E con Alfano si è creato un solco incolmabile sul piano umano, oltre che politico. Da sola, Forza Italia avrebbe zero chance di arrivare e vincere al ballottaggio. Insomma, il leader forzista pare deciso a stracciare le intese del Nazareno.

Casini invita a non prenderlo troppo alla lettera, «in campagna elettorale Berlusconi dice cose che non pensa nemmeno...». Ed effettivamente può essere che dopo il 25 maggio l’uomo torni sui suoi passi, specie se verrà bastonato dagli elettori. Ma perfino in quel caso non è detto che un ripensamento berlusconiano sia sufficiente a tenere in vita il patto del 10 gennaio. Ed ecco il secondo motivo di scetticismo: a fronte di una travolgente avanzata grillina, l’intesa col Condannato rappresenterebbe per il premier un motivo di debolezza e di grave imbarazzo. Sarebbe numericamente vantaggiosa ma politicamente molto difficile da gestire: anche questa è una valutazione molto diffusa specie in Senato, dove di riforme si sta discutendo. Figurarsi la reazione grillina davanti a un patto costituzionale che tagliasse fuori un terzo del Paese...

Guarda caso, con molta tempestività Alfano si è fatto avanti: «Se Forza Italia partecipa alle riforme, bene. Altrimenti le approviamo a maggioranza, andiamo al referendum e lo vinciamo», ha twittato. Quagliariello, che del Ncd è coordinatore nazionale, conferma precisando: l’«Italicum» andrà cambiato, ma sulle altre riforme noi ci saremo... Se l’onda grillina diventerà tsunami, gli alfaniani si propongono come salvagente del governo e delle riforme. 

Da - http://lastampa.it/2014/05/13/italia/politica/la-paura-di-grillo-incrina-il-patto-sulle-riforme-ojRvqEcM6eqcImL1ImGe9J/pagina.html
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« Risposta #313 inserito:: Maggio 16, 2014, 06:49:56 pm »

Politica

16/05/2014 - Forza Italia. L’addio dei fondatori
Anche Previti lascia Silvio e sostiene Alfano
L’ex ministro appoggia il Ncd nel Centro Italia
Cesare Previti è stato condannato a 6 anni per lo scandalo Imi-Sir

Ugo Magri
Roma

Scajola chi? Berlusconi ne parla come se dovesse frugare nei ricordi. Acqua passata, vorrebbe convincerci. Fa il paio con Dell’Utri: i due «da tempo non partecipano alla vita del partito», di qui i vuoti di memoria. Ma c’è un terzo antico sodale che l’ex Cavaliere potrebbe tranquillamente aggiungere alla lista dei «desaparecidos»: Cesare Previti. Nemmeno lui interviene più alle riunioni forziste. 

Tantomeno si fa vivo ad Arcore o a Palazzo Grazioli. E non solo «Cesarone» latita, ma l’intero mondo previtiano brilla per la propria assenza dalle adunanze forziste. L’altro ieri, ad esempio, Tajani ha riempito l’Hotel Parco dei Principi con signore inguainate e attempati esponenti del «generone» romano per la gioia di Berlusconi, che non si aspettava tutta quella gente disposta a sorbirsi le sue disgrazie. Ma dell’ex ministro, ras della Roma «pariola», nemmeno l’ombra.

Trapela notizia che pure lui se n’è andato. Senza pubblici proclami, ha detto ciao a Forza Italia e al suo leader: ora gravita dalle parti di Alfano, dove la circostanza viene confermata, in verità con un certo pudore: Previti non è, specie in campagna elettorale, il miglior biglietto da visita per un partito che voglia puntare sulla legalità (6 anni di carcere incassati per la vicenda Imi-Sir, e uno «stage» ai servizi sociali per il «Lodo Mondadori»). 

Però contano i fatti. E questi fatti documentano il nuovo traumatico congedo dal giro stretto berlusconiano dopo il licenziamento della storica segretaria Marinella, dopo l’addio tormentato del portavoce Bonaiuti, dopo lo strappo politicamente doloroso di Bondi. Primo: già da novembre il cognato di Previti, onorevole Sammarco, si era unito alle «stampelle della sinistra» (amabile definizione che Berlusconi dà degli alfaniani). La circostanza non sfuggì al «Foglio» e a Berlusconi medesimo. Secondo, l’intero clan previtiano si sta battendo con molta energia per un’affermazione Ncd nel Centro Italia, dove capolista è la ministra Lorenzin. Terzo, nella fitta rete dei colloqui privati il capo-clan non lesina critiche anche severe al suo amico Silvio. Gli rimprovera errori da matita blu.

Anzitutto Previti contesta l’intera linea difensiva adottata da Ghedini e da Longo nei confronti del loro assistito: troppa inutile conflittualità coi magistrati che tanto, come si è visto, hanno il coltello dalla parte del manico. Ciò detto, l’ex ministro della Difesa non vede un costrutto logico nella scelta di andare all’opposizione. Al posto del Cav, lui mai si sarebbe sfilato dal governo Letta, avrebbe continuato a tenere le mani in pasta perché contare poco (nella sua visione molto pragmatica) è sempre meglio che contare nulla. Cose dette personalmente a Berlusconi nell’ultima rimpatriata, presente Dell’Utri, che risale a fine ottobre.

Non risulta che da allora si siano più confrontati. Oggi sarebbe impossibile, in quanto Previti è pregiudicato, dunque appartiene esattamente a quella categoria di soggetti che Berlusconi non deve frequentare, per ordine del Tribunale di sorveglianza. Nel frattempo, le rispettive strade si sono separate.

Da - http://lastampa.it/2014/05/16/italia/politica/anche-previti-lascia-silvio-e-sostiene-alfano-VKS2tTNeJbAeCtSAtUUlVP/pagina.html
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« Risposta #314 inserito:: Giugno 01, 2014, 06:14:41 pm »

Politica
31/05/2014 - l’intervista

Alfano chiama Forza Italia “Una coalizione popolare con Berlusconi e la Lega”
Il leader Ncd: “Ma Forza Italia non vada a rimorchio della Le Pen”


Ugo Magri
Roma

Che cosa le fa venire in mente, onorevole Alfano, questa corrispondenza di amorosi sensi tra Forza Italia e la Lega? 
«La contraddizione parla da sé: un partito membro del Ppe che si precipita a cercare accordi con la variante italiana del lepenismo. Penso alle enormi praterie che si aprirebbero per il Nuovo centrodestra, se fossi così cinico da volerne approfittare».

Sia sincero, una tentazione ci sarebbe... 
«Sì, ma con la stessa franchezza le dico: anziché sfruttare questa occasione è più serio fare il bene del Paese».

E l’interesse collettivo dove sta? 
«In una scelta diversa. Occorre costruire uno schieramento in grado, la prossima volta, di sfidare la più grande forza del socialismo europeo».

Un fronte dei moderati? 
«Una coalizione popolare italiana che li rimetta in gioco. Ma che non sia una somma di sigle e abbia un programma».

Vede un precedente storico capace di rendere l’idea? 
«La Coalicion Popular della Spagna post-franchista. Quando il centrodestra era spezzettato in una decina di soggetti politici, ciascuno a forte impronta leaderistica, si mise in moto un processo, oggi lo chiameremmo un cantiere, che portò nel 1976 all’Alleanza popolare e tre anni dopo alla Coalizione democratica da cui prese origine il Partito popolare».

 Ci faccia capire: come mai lei tende la mano ai concorrenti del centrodestra e propone, un domani, di rimettervi insieme? 
«Perché sono rimasto molto colpito dal discorso di Renzi alla direzione Pd. Lui ha perfettamente compreso che, se vuole consolidare il 41 per cento, deve cambiare prospettiva e assorbire al proprio interno un centro, una destra e una sinistra, dai liberali di Scelta civica a una porzione di Sel. Non a caso ha parlato di un partito della nazione».

Cosa c’è di strano? 
«Nazione è concetto di destra. Mai un leader della sinistra si era avventurato così in là».

Scusi, ma allora perché non vi unite anche voi a quel partito della nazione? 
«Perché, come dice il nome, Ncd lavora a un’altra prospettiva. Ed è la ragione per cui sarebbe utile che Forza Italia non facesse scelte lepeniste».

E se invece non le dessero retta, anzi accentuassero le scelte estremiste? 
«Molti moderati in fuga potrebbero fermarsi da noi. Altri invece verrebbero risucchiati da Renzi, e la sfida con il Pd verrebbe persa in partenza».

Con la Lega siete stati alleati per vent’anni, ci avete governato insieme quando Bossi evocava i fucili... Com’è che adesso avete delle riserve? 
«Non sfuggirà, spero, una differenza. Bossi aveva a che fare con Forza Italia al 29 per cento nel 2001 più An al 13, e con il Pdl al 39 per cento nel 2008. Guidavamo noi. Adesso la debolezza di Forza Italia è tale che rischia di trasformare la Lega nell’autista».

Non la volete a bordo? 
«Il ragionamento è opposto: bisogna rimettere in gioco tutti. Compresi quanti, dentro Scelta civica, non desiderano aderire al Pd. Comprese le aree, dall’Udc ai Popolari per l’Italia, con cui abbiamo condiviso la battaglia europea».

Perché mai Berlusconi dovrebbe cambiare strategia? 
«E’ uomo pragmatico. Credo che non sarebbe nel suo interesse ostacolare questa evoluzione».

Si riparla di primarie del centrodestra: lei è pronto a cimentarsi? 
«Prima deve nascere una coalizione. Se e quando nascerà, è evidente che il candidato premier non potrà essere sorteggiato. Tantomeno uno potrà decidere per tutti».

Qualche super-falco dirà: dopo le elezioni Angelino viene a Canossa... 
«Nemmeno per sogno. È esattamente il rovescio. Dal momento che abbiamo varcato con le nostre gambe la soglia del Parlamento europeo, siamo nella condizione di indicare una prospettiva comune».
Voi al governo, Forza Italia all’opposizione: Renzi deve preoccuparsi per la tenuta del governo? 
«Non casco in questo giochino. Nessuno deve rinnegare niente. Noi continuiamo a pensare che a ottobre sarebbe stato un disastro precipitare l’Italia nella crisi, e nel governo vogliamo affermare la nostra identità rilanciando su riforme come mercato del lavoro e giustizia, lotta alla burocrazia e alle tasse. Ma non chiediamo a Forza Italia di rinnegare la propria scelta di andare all’opposizione, e nemmeno quella di partecipare alle riforme. Ovviamente, pretendiamo il reciproco».

Perché non ne parla direttamente con Berlusconi? 
«Perché in questa fase è bene privilegiare il confronto pubblico delle idee. Nel frattempo, magari, una moratoria degli insulti personali da parte dei giornali di famiglia sarebbe di qualche aiuto».

Negli ultimi mesi sono circolati molti veleni. Si sente nello stato d’animo giusto per provare a ricostruire sulle macerie del centrodestra? 
«Certamente ho l’animo sereno, io...».

Da - http://lastampa.it/2014/05/31/italia/politica/una-coalizione-popolare-con-berlusconi-e-la-lega-vM34HgiF4ANpJhntiiI4FO/pagina.html
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