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Autore Discussione: Andrea Biondi. Divulgazione e rigore: le ricette di un’informazione economica...  (Letto 1670 volte)
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« inserito:: Maggio 15, 2016, 12:25:46 am »

Divulgazione e rigore: le ricette di un’informazione economica che ha mercato

Dal nostro inviato Andrea Biondi
8 maggio 2016

Da una parte il riconoscimento di vivere in un Paese dove della formazione sui temi dell'economia e della finanza è fin troppo evidente la mancanza. Dall’altra parte però, anche e soprattutto per questa mancanza, i giornali oggi – e sempre di più in futuro – dovranno supplire a questa mancanza. Risultato? Sulla divulgazione si giocherà una partita decisiva per i quotidiani italiani. E un punto a favore c’è: il mercato su questo fronte non manca./b]

Sulla domanda di informazione e formazione sui temi dell’economia, del risparmio e della finanza, nessuno avrebbe avuto più dubbi vedendo la partecipazione e l’interesse con i quali il pubblico a Dogliani (CN) ha partecipato al dibattito che ha animato l’ultima mattinata della quinta edizione del Festival della Tv e dei nuovi Media. “Sotto Scacco: come l’economia influenzano l’economia” era il titolo dato al panel cui hanno preso parte il direttore del Sole 24 Ore Roberto Napoletano, il direttore di Sky Tg24 Sarah Varetto, il vicedirettore del Corriere della Sera Federico Fubini, il giornalista di Repubblica Ferdinando Giugliano e l’amministratore delegato di Unipol Carlo Cimbri, moderati dal vicedirettore de La Stampa Francesco Manacorda.

«Su come i media influenzino l’economia ne abbiamo evidenza dalla composizione del panel in cui io sono l’unico non giornalista», ha detto Cimbri. «Una presenza come la sua pareggia le nostre», ha replicato scherzosamente Manacorda. Cimbri a margine dell’incontro ha anche parlato di Rcs (di cui il gruppo assicurativo ha il 4,6%). «Se le condizioni restano queste il nostro giudizio non cambia. Non vedo evoluzioni. Noi non aderiamo”, ha ribadito l’ad Unipol parlando dell’Ops lanciata da Urbano Cairo su Rcs. «L’Ops – ha aggiunto – può andare avanti anche senza di noi. Staremo lì a beneficiare del lavoro che Cairo, che considero un buon imprenditore, farà bene. È l’auspicio che facciamo come azionisti».

Questa valutazione a margine ha preceduto l’inizio di un dibattito molto partecipato da parte del pubblico e in cui un messaggio in particolare è emerso con chiarezza: «La divulgazione è un dato importante perché è cambiato il mondo», ha detto il direttore del Sole 24 Ore Napoletano. «Arrivando alla direzione del Sole 24 Ore – ha aggiunto – ho voluto portare una cosa che facevamo al Messaggero: la “Parola chiave”. Ho inizialmente pensato che in un giornale specializzato come il nostro potesse esserci rimproverato un eccesso di spiegazione. Ho poi capito che non è così. Si può essere esperti di un centimetro, ma non di tutti i centimetri che compongono il metro. Per questo dalla “Parola chiave” alla “Bussola del risparmiatore” al “Dizionario dell’economia” abbiamo imposto una filiera di divulgazione che accompagna il nostro modo di fare informazione in quello che è diventato il sistema multimediale del Sole 24 Ore». E per questo tipo di informazione-formazione, Napoletano non ha dubbi: «C’è ancora mercato, come strumento di lavoro attraverso i quotidiani digitali specializzati e c’è un mercato della famiglia».

Quest'ultima è apparsa come una sfida sulla quale la consapevolezza è comune e diffusa. «In televisione – ha spiegato Sarah Varetto (Sky Tg24) – non c’è molta economia nei tg. Gli editori lo considerano un tema che non attira grandi audience. E invece credo che proprio la televisione, per la sua caratteristica di arrivare a tutti, debba darsi il compito di dare strumenti per creare risparmiatori e consumatori consapevoli. È facile rendersi conto dell’asimmetria nell’informazione, per esempio, sulla crisi delle banche. Nostro compito è spiegare nel dettaglio cosa succede. La tv in questo ha una grande occasione, perché veicola i fondamentali meglio della carta stampata».

«Abbiamo un’informazione che segue, non che anticipa. Che si ripete nei contenuti sui diversi media. E, purtroppo, è un tipo di informazione superficiale o elitaria che ha comunque l’ingrato compito di supplire alle carenze di base della formazione economica della gente», ha detto dal canto suo l’ad di Unipol Cimbri. «Però – ha aggiunto – perché i quotidiani diventino veramente influenti in questo compito occorre che non siano, come accade troppo spesso ora, cassa risonanza di settori che fanno mestieri diversi». Il riferimento, abbastanza esplicito fra le righe, sembra essere soprattutto all’informazione giudiziaria e alle inchieste delle Procure. «Questo – puntualizza Cimbri – rende la stampa ancillare rispetto ad altri tipi di attività».

Il dibattito si è anche animato in un botta e risposta dopo le parole di Ferdinando Giugliano (Repubblica): «Premesso che ci sono giornalisti bravi e che fanno bene il loro lavoro in Italia e meno bravi e che fanno male il loro lavoro all’estero, penso che giornali e giornalisti in Italia abbiamo colpe. Servono competenza, chiarezza, coraggio e correttezza. Non sempre questo è riscontrabile», ha argomentato Giugliano che ha lavorato all’estero, al Ft. «In Italia forse manca quella attenzione alla competenza tale per cui i giornalisti siano in grado di sedersi davanti alle fonti senza abbeverarsi».

Il vicedirettore del Corriere della Sera, Federico Fubini, ha voluto mettere in evidenza che ci sono da considerare le criticità, ma non solo, visto che «negli ultimi cinque anni credo che ci siano stati molti cambiamenti, in parte dovuti anche ai social che hanno richiamato e richiamano sempre di più i giornali al fact checking. In questo la funzione dell’online è sicuramente positiva». Al di là di ciò «i giornalisti sono fallibili, per carità. Ma credo che la stessa fallibilità sia riscontrabile o sia stata riscontrabile nel mondo anglosassone. Penso al caso dei mutui subprime, o alle valutazioni non certo tranchant su Greenspan».

«Su temi come questi, quando si parla di giornalismo economico, occorrerebbe essere meno generici», ha replicato Napoletano. «Al Sole 24 Ore si studia tutto nei minimi dettagli e c’è un giornalista tecnico per ogni materia». Il direttore del Sole 24 Ore ha poi portato all'attenzione alcune peculiarità dell'offerta informativa del principale quotidiano economico e finanziario del Paese. «Voglio ricordare “Rating 24”. Vuol dire che, per chiunque ci governi, ogni mese andiamo a vedere quanto di quelle riforme annunciate sia stato realmente attuato. E da questo punto di vista abbiamo avuto un impatto perché nel momento in cui è stata costituita una task force per le riforme a Palazzo Chigi vuol dire che il giornale ha svolto il suo compito. Nel caso di Rating 24 molti possono pensare che lo hanno fatto esperti e professori. No. È fatto da giornalisti del Sole 24 Ore. Ma oltre a questo voglio ricordare, solo per fare un altro esempio, anche la “Lettera al Risparmiatore”, con cui ogni domenica si analizzano le imprese quotate sempre seguendo i medesimi criteri. Ma altrettanto si può dire per Plus, per gli scenari, le analisi, i focus che caratterizzano il nostro modo di fare informazione».

Il discrimine, non ha dubbi Napoletano, sta nel metodo. «Per noi vale il criterio comparativo-competitivo per cui le cose vanno raccontate per quelle che sono. Quando nessuno scriveva niente sulla Banca Popolare di Vicenza e sulle operazioni di Zonin in assoluta autonomia il Sole 24 Ore ha raccontato quelle operazioni discusse. Sono sempre più convinto che il giornalismo vero d’inchiesta debba precedere l’attività giudiziaria. Invece c’è una confusione abissale nella riproduzione spesso priva di qualunque capacità di osservazione e valutazione di ciò che fa l’attività inquirente». Questione di metodo, da utilizzare uniformemente per tutti. Su questo il direttore del Sole 24 Ore è categorico. Un episodio concreto per spiegare meglio: «Il nostro titolo “Fate Presto” esprimeva il rigore algebrico del Sole 24 Ore. Non era un titolo politico. In quel momento nel mondo non c’era uno che volesse comprare un titolo Italia. I mercati, a torto o a ragione, si erano convinti che potesse esserci un default di questo Paese. I fondamentali dell’economia però non giustificavano questa valutazione, ma allo stesso tempo la situazione richiedeva un cambiamento: eravamo sull’orlo del baratro e bisognava evitare di caderci dentro. Perché dico questo? Perché le critiche al Governo Monti, nato dopo “Fate Presto”, a partire dalla crisi bancaria sono documentate nelle analisi e nei fondi del giornale. Noi abbiamo chiesto, più volte, di porsi il problema degli aiuti al sistema bancario. Perché non si poteva non vedere la recessione, non si poteva non vedere che sull’economia pesava la perdita di un quarto della produzione industriale e di dieci punti di Pil. Forse ci voleva un po’ più di coraggio». Conclusione: «Ogni giorno commettiamo errori come tutti e come tutti quelli che fanno. Un impegno è certo però: punteremo sempre sulla specializzazione, sul rigore e utilizzeremo sempre lo stesso criterio e lo stesso metodo per scavare nei fatti e raccontarli in modo riconoscibile».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2016-05-08/divulgazione-e-rigore-ricette-un-informazione-economica-che-ha-mercato-153120.shtml?uuid=ADOlfaD&p=2

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