Il personaggio
Dalla Val di Susa all’Expo
Quell’eterno ritorno dei pendolari della violenza
Anche i disordini del Brennero hanno visto protagonista Massimo Passamani, antagonista trentino.
Che come altri è una presenza fissa negli scontri con la poliziaDi Marco Imarisio
Ancora tu. L’ultima volta che lo avevamo visto di persona era seduto sull’asfalto dell’autostrada, all’altezza del casello di Chianocco. Accanto a lui c’era Alberto Perino, figura di riferimento della Val di Susa più intransigente che si opponeva alla costruzione del Tav. La presenza di Massimo Passamani accanto alla memoria storica della protesta contro il treno ad alta velocità Torino-Lione, era la prova di una mutazione in atto da tempo, di una commistione, magari involontaria, che rendeva ancora più delicato l’equilibrio di un movimento di lotta, spesso esercitata con pratiche piuttosto discutibili, che stava cambiando pelle, diventando un magma ingovernabile.
Ordini al megafono
Ieri pomeriggio Passamani dava ordini al megafono, compreso quello di dedicare amorevoli cure ai giornalisti. Quel giorno di quattro anni fa era cominciato con l’aggressione di tre tecnici del Corriere.tv, accerchiati, malmenati, privati della attrezzature. Al Brennero un gruppo di manifestanti è uscito dal corteo impugnando racchette da sci e bastoni per dare la caccia ai cronisti. Ma l’ossessione per la stampa non è il dettaglio più importante. Il punto è l’eterno ritorno di certi personaggi, che da parecchi anni trasformano proteste anche legittime in occasioni di scontri cercati e voluti, magari per poi lamentarsi del fatto che si dia risalto solo al loro pendolarismo militante e violento. Questa volta Passamani e i suoi compagni di Rovereto e Trento giocavano in casa, in altre occasioni come in Val Susa la loro presenza era appena più discreta, celata con qualche imbarazzo dai militanti anche agguerriti che sapevano bene cosa significava la loro presenza.
Antagonista dal 1997
I black bloc non esistono, i black bloc sono una categoria dello spirito e del giornalismo. Esistono le persone, con nomi e cognomi, con il loro eterno ritorno, incarnato in questo caso da Passamani, un anarchico che fu frequentatore devoto della casa trevigiana di Alfredo Maria Bonanno, sulla carta bancario in pensione, in realtà presunto ideologo dell’ala più radicale del movimento anarchico italiano. La sua storia comincia con un no alla leva militare obbligatoria, che lo fece espatriare. Il 14 marzo 1997 venne arrestato per una sospetta adesione all’Orai, l’organizzazione rivoluzionaria anarchico insurrezionalista. Fu estradato nel dicembre di quell’anno, doveva rispondere di partecipazione a banda armata e acquisto di armi, munizioni ed esplosivi, accuse che lui ha sempre negato. Torna in libertà il 4 febbraio 1998. Da allora, pescando in un curriculum impossibile da riprodurre per intero che conta qualche condanna e altrettante assoluzioni, nel 2004 partecipa a scontri con estremisti di destra all’università di Trento, nel gennaio del 2006 viene arrestato per aver scippato la fiamma delle Olimpiadi invernali di Torino a una tedofora, viene coinvolto nelle manifestazioni violente avvenute ad Atene nel 2009, il suo gruppo partecipa agli scontri di Roma del 15 ottobre 2011, della Val Susa si è già detto, nell’ottobre del 2013 lo troviamo a Saronno per una protesta non certo numerosa contro le devastazioni ambientali, e poi il primo maggio del 2015 agli scontri di Milano per l’inaugurazione dell’Expo.
Il tributo da pagare
La persistenza delle azioni sue e del suo gruppo, che raccoglie militanti romani, veneti, e pochi collegamenti esteri, dovrebbe invece far riflettere proprio chi guarda ai movimenti sociali e alle cause del loro mancato radicamento in Italia. «Vorrei dirvi, con meno retorica possibile, che non ho alcuna intenzione di cambiare condotta e che non esiste misura che possa tenermi lontano dai miei compagni e dalle lotte». Le dichiarazioni ai giudici di Trento sono un manifesto prima di tutto personale. Ieri al Brennero c’erano tutti, o quasi, a cominciare da Pasquale «Lello» Valitutti, il vecchio anarchico dei circolo di Giuseppe Pinelli, antagonista romano, disabile, che si muove sulla sua carrozzina elettrica. Non c’erano bandiere, non c’erano gli striscioni delle associazioni, perché tutti sapevano quel che sarebbe successo, c’era da pagare il consueto tributo alla protesta più muscolare. Ancora pochi giorni e sarà il quinto anniversario della nascita degli «Indignados» spagnoli. In Italia, niente.
7 maggio 2016 (modifica il 8 maggio 2016 | 08:41)
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