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Autore Discussione: Alessandro Da Rold. Peppino Caldarola. (all'attacco di Renzi).  (Letto 3207 volte)
Arlecchino
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« inserito:: Marzo 23, 2016, 06:26:03 pm »

Renzi, quanti imbarazzi per i guai di De Luca
Fedelissimi indagati.
Vecchio sostegno a Bersani.
Strane amicizie col prefetto.
Tra inchieste e rapporti opachi, il governatore della Campania turba il premier.

Di Alessandro Da Rold
22 Marzo 2016

Matteo Renzi ha un problema che si chiama Vincenzo De Luca.
Il premier sta continuando a lasciare campo libero al governatore della Campania, ma ne parla sempre di meno e dall'inizio del 2016 non c'è settimana che l'ex sindaco di Salerno non crei qualche preoccupazione al segretario del Partito democratico.
Più che altro, nonostante l'assoluzione in secondo grado per abuso d'ufficio, è una situazione che mette in estrema difficoltà lo stesso Pd, già provato dopo gli scandali alle ultime Primarie, incapace di arginare le scelte amministrative dell'ex primo cittadino salernitano.

Il putiferio su Alfieri, consigliere caccia & pesca di De Luca
VALANGA DI INCHIESTE. Basta mettere in fila le inchieste, le indagini, il rapporto con l'attuale prefetto di Napoli e gli imbarazzi che il giro deluchiano sta creando soprattutto a livello locale, con le elezioni amministrative per Napoli alle porte, per capire che il territorio campano resta per Renzi un problema molto serio.
Oltre all'inchiesta sulla variante di piazza della Libertà a Salerno, dove De Luca è indagato per falso in atto pubblico, l'ultimo caso in ordine di tempo, datato venerdì 18 marzo, riguarda un'altra indagine della procura di Vallo della Lucania sugli appartamenti sequestrati ma lasciati nelle mani del gruppo criminale dei Marotta.
A quanto pare si sta aprendo la strada una richiesta di rinvio a giudizio per Franco Alfieri, consigliere all’agricoltura e alla pesca del presidente della Regione.
L’ipotesi seguita nelle indagini è che il sindaco di Agropoli abbia chiuso un occhio, consentendo ai cosiddetti “zingari” di restare negli appartamenti confiscati per ottenere in cambio il sostegno della numerosa comunità rom di Agropoli.

STRATAGEMMA DELLA MULTA. Quello di Alfieri è un caso scuola in casa De Luca.
Perché il consigliere caccia & pesca aveva già fatto parlare di sé al momento di formare le liste per le elezioni regionali.
Aveva tentato uno stratagemma per candidarsi senza far cadere la giunta comunale, ovvero farsi multare per divieto di sosta e ricorrere contro lo stesso Comune di cui era sindaco.
In questa maniera giunta e consiglio comunale sarebbero rimasti ancora in piedi sotto la reggenza del vice sindaco Adamo Coppola, senza il commissariamento del Comune sino alle elezioni amministrative del 2016.

GUERINI MINACCIÒ DI DIMETTERSI. Scoppiò un putiferio alla fine del 2015 con Lorenzo Guerini, vice segretario del Pd che minacciò di dimettersi.
Tutto inutile. Alfieri è ancora lì. E ultimamente il Comune di Agropoli è finito persino in un servizio de Le Iene per come la polizia municipale gestisce le contravvenzioni.
Alle Primarie del 2012 Vincenzo sostenne Bersani
D'altra parte che i rapporti tra De Luca e Renzi non siano i migliori è noto da tempo.
Le intercettazioni nell'inchiesta sulla variante di Salerno lo hanno confermato, raccontando le faide che nel 2012 ci furono per le Primarie dove vinse Pier Luigi Bersani.
Sindaco e costruttori speravano in lui: «O votate o vi taglia la testa».
Osservava, tra l’altro, il Fatto Quotidiano: «Matteo Renzi si fida di Vincenzo De Luca? Fa bene a tenere aperta una linea di credito al governatore della Campania convertito al renzismo e sostenuto dal premier in barba a una condanna (poi annullata in Appello) e alla legge Severino?».

«IMPRESENTABILI» IN CASA. Non è un caso che il coordinatore regionale di Sinistra ecologia e libertà (Sel), Tonino Scala, nelle ultime settimane abbia spiegato in una nota: «Alla fine scopriamo che gli impresentabili De Luca li ha proprio in casa sua, nella stretta cerchia dei collaboratori del Pd salernitano».
Nelle intercettazioni telefoniche protagonista è Nello Mastursi, braccio destro di De Luca costretto alle dimissioni da capo della segreteria del presidente della Regione perché indagato a Roma con De Luca per la trattativa sulla sentenza che lo ha mantenuto in carica.

COINVOLTO PURE IL SUBENTRATO. A subentrare al dimissionato Mastursi nel ruolo di capo segreteria del governatore è Alfonso Bonaiuto.
Sempre dall’inchiesta sui lavori di piazza Libertà emerge come Bonaiuto intrattenga rapporti con imprenditori e accetti perfino una vacanza spesata in un albergo di famiglia dell’azienda impegnata nella realizzazione di piazza Libertà.

Nelle carte i presunti brogli per favorire il deluchiano Bonavitacola
Ma l'inchiesta sulla variante colpisce pure il vice presidente Fulvio Bonavitacola, già deputato.
D'altra parte si parla di «un comitato politico-affaristico» come scrivono gli investigatori della tributaria della Guardia di finanza.
E a quanto pare tra le carte ci sarebbe la prova di presunti brogli alle Parlamentarie del 2012 per favorire proprio Bonavitacola.

INTERDITTIVA ANTI-MAFIA. Non solo. A questo si aggiunga che l'Esa, l'impresa appaltatrice dei lavori di piazza Libertà, nell'aprile del 2013 fu colpita persino da un'interdittiva anti-mafia a causa di un appalto sospetto.
Enrico Esposito, titolare dell'Esa, consigliere comunale del Pd di Nocera Inferiore, è lo stesso che si sarebbe prodigato per il tesseramento Pd e truccare le Parlamentarie del 2012, appoggiando proprio il deluchiano Bonavitacola.

L'AMICIZIA COL PREFETTO. Come se non bastasse, l'inchiesta ha pure scoperchiato i rapporti tra Gerarda Maria Pantalone, ex prefetto di Salerno e attuale prefetto di Napoli, e lo stesso De Luca.
A colpire è la confidenza tra i due che De Luca manifesta nelle telefonate intercettate del 26 marzo del 2013.
Ne è nata pure un'interrogazione parlamentare sul caso a firma di Edmondo Cirielli di Fratelli d'Italia.
A destare qualche perplessità è come un prefetto brighi con un coinvolgimento così personale per il caso di incompatibilità tra vice ministro (all'epoca alle Infrastrutture del governo Letta) e sindaco ricoperti contemporaneamente da De Luca e per il mancato scioglimento della Provincia di Salerno.

STRANI GIRI CON L'UDC. Il governatore negli ultimi giorni ha persino nominato il nuovo assessore al Turismo nella persona dell’esponente dell'Unione di centro (Udc) Corrado Matera: si tratta del cugino dell’ex capogruppo in Regione per l’Udc, Luigi Cobellis, signore delle cliniche sanitarie salernitane. Le polemiche sono assicurate.

 Twitter @ARoldering
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Da - http://www.lettera43.it/politica/renzi-quanti-imbarazzi-per-i-guai-di-de-luca_43675239099.htm
« Ultima modifica: Marzo 23, 2016, 06:30:16 pm da Arlecchino » Registrato
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« Risposta #1 inserito:: Marzo 23, 2016, 06:28:23 pm »

Renzi si riposi per un po' di decenni, ha già dato
Non renziani, anti-renziani e diversamente renziani si coalizzino e lo mandino a casa.


Di Peppino Caldarola
02 Febbraio 2016
(© Ansa)

Una notizia e un articolo ci fanno sapere che il Pd è entrato in una nuova fase in cui, tuttavia, tracce di cose e persone antiche sono visibili (e chi mi conosce sa che questo lo considero un valore aggiunto).
La notizia è che, invece di Massimo Bray, il competitor di Giachetti sarà Morassut, deputato, assessore con Veltroni, uomo dei Ds quanto Giachetti era 'margheritico'.
Entrambi configurano uno scenario diverso dal recente passato quello che vide affacciarsi la stella rapidamente cadente di Marino.
Sono due competenti, a differenza del predecessore. Sono, anche, due uomini ancora giovani (insisto sull’ancora), hanno una storia politica netta, sono personaggi del nuovo corso renziano, Giachetti come esponente del renzismo non militarizzato e Morassut dell’opposizione non di principio. Insomma, entrambi sembrano fuori dalle logica amico-nemico imposta da Renzi, alla faccia della rottamazione e del nuovismo.
LA CARICA DEI DIVERSAMENTE RENZIANI. L’articolo è, invece, di Salvatore Merlo, una delle penne più brillanti del già brillante Foglio (auguri per i ventanni), che porta alla luce l’esistenza di un affollato e titolato gruppo di «diversamente renziani». Si tratta di personaggi legati a Renzi fin dapprincipio, tipo Del Rio e Rughetti, alcuni non di origine 'margheritica', tipo Chiamparino, ex fedelissimi, tipo Simona Bonafè, enfante prodige della managerialità, tipo Andrea Guerra.
Persone di qualità, che sono fuori dal “giglio magico”, un po’ scacciate un po’ incapaci di vivere dentro quel piccolo mondo concentrazionario che, tuttavia, al renzismo restano legati non solo per affetto, non corrisposto, verso l’ex sindaco di Firenze, ma soprattutto perché convinti che non vi sia altra strada se non il renzismo.
Questo renzismo, che in molti tratti a loro non piace, vorrebbero condizionarlo in modo efficace e si augurano che nasca un’opposizione interna al Pd che superi la vecchia sinistra di Cuperlo e Bersani e si ponga l’obiettivo di non abbattere i leader ma di fare pressione su di lui.
Che cosa c’è di vecchio e cosa c’è di nuovo in questi due spunti di riflessione? C’è che tutti i nominati appartengono alla generazione di mezzo, sono quarantenni molto inoltrati e più spesso ultracinquantenni. L’età dei giovani del Komsomol, i virgulti cinquantenni che aspettavano che gli oligarchi del Kremlino crepassero. Sono fuori dalle logiche del dibattito Bersani-Renzi. Sono proiettati verso un ‘aspirazione riformista vera che non abbia i tratti, nella funzione di direzione, delle guardie rosse guidate dal quadrumvirato Renzi-Boschi-Lotti-Carrai.
Sappiamo tutti come finì in Cina la “banda dei quattro”, e qui il momento si avvicina.
SERVE UN NUOVO GRUPPO CHE SI OCCUPI DEL PAESE. Sono in sostanza dei democratici e riformisti. Tuttavia sia la concorrenza Giachetti-Morassut, sia la fronda dei “diversamente renziani” possono portare in un vicolo cieco. Per una ragione di fondo. Entrambi non esprimono la necessità del tempo: il superamento della stagione arrembante e confusa del renzismo.
Giachetti e Morassut dovrebbero, e confido che lo faranno, dare vita a un dibattito-scontro di merito, di progetto, fuori da appartenenze antiche. I “diversamente renziani” si illudono se non elaborano un progetto alternativo a Renzi che lo possa condizionare ma che sia alternativo.
E sia alternativo su punti di fondo. Più rassicurante verso il Paese: Renzi come Berlusconi vuole un'Italia sempre con la febbre alta. Serve una componente politica che funga da antipiretico.
Più leale verso amici e nemici: con Renzi il colpo sotto la cintura è nelle cose consuete e questo crea problemi nello Stato – caso Carrai e Calenda –, nelle relazioni internazionali, nell’economia. Più concreto nel progetto-Italia: il premier non si occupa di cose che dovrebbero angustiarlo, dalla produzione industriale alla crisi dell’olio.
Questo gruppo deve aprire un dialogo vero, senza temere di dispiacere a Renzi, con gli oppositori interni. A loro non può chiedere di essere opposizione di sua Maestà, però può chiedere che la loro opposizione esca dai meandri ideologici dei mesi passati, che non si impelaghi nel referendum, ad esempio. Questa convergenza e questo processo, avvicinandosi il congresso, dovranno convergere su un nome forte da contrapporre a Renzi.
Perché sia i non renziani, sia gli anti-renziani, sia i diversamente renziani si devono rendere conto che la ricreazione è finita per tutto il cerchio magico. Renzi ciò che poteva dare, nel bene e nel male, l’ha già dato.
Ora bisogna farlo riposare per qualche decennio, con i suoi quattro amici e i loro papà e mamme, nonché fratelli e zie.
Questa è l’Italia non è il gioco del Monopoli.

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Da - http://www.lettera43.it/firme/renzi-si-riposi-per-un-po--di-decenni-ha-gia-dato_43675232671.htm
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« Risposta #2 inserito:: Marzo 23, 2016, 06:32:19 pm »

Caldarola il grande escluso: "D’Alema mi ha sconfitto. Veltroni? Un maleducato"
E' fuori dalle liste del PD. A Walter avevo detto: sono disposto a farmi da parte, ma dimmelo. Invece è stato sfuggente.

Giancarlo Perna - Lun, 10/03/2008 - 08:31

Roma - Socchiudo la porta e vedo Peppino Caldarola al computer che ridacchia tra sé. Gabriella, la segretaria, è anche lei al computer, seduta di spalle. Nessuno mi fila.

«Hem, hem», tossisco per annunciarmi.

«Entra», dice sollevando la testa l’ex direttore dell’Unità e parlamentare uscente del Pd dopo sette anni di Montecitorio.

Siccome ha sempre il riso stampato in faccia, ritiene di dovermi una spiegazione: «Mi diverto con Vaicolmambo, il mio blog».

«Continui a prendere per i fondelli il Pd che ha candidato i portaborse dei big?», chiedo.

«Questo e altro», dice allegro il sessantunenne deputato pugliese vestito da giovanottello: cravatta colorata e camicia grigio topo.
«Ho letto il blog in cui fingi che la segretaria di Bersani, seccata per non essere nel giro dei beneficati, protesti: “A me invece neppure un consiglio di amministrazione!”», ridacchio a mia volta. Gabriella, fin lì muta, si volta di scatto e dice: «Dimenticavo! Ha telefonato la segretaria di Bersani per dire che non si è mai sognata di pretendere un cda. Era molto arrabbiata». Caldarola, che già era ilare, si spancia.

«Che rilevante senso dell’umorismo!», esclama.

«Tu invece ne hai davvero. Ti trombano e la prendi a ridere», dico e siedo di fronte a lui.

«Non me ne può fregare di meno. Come vedi, mi sono tolto la divisa. Niente camicia bianca, né cravatte tristi. È come la fine di un amore. O si è disperati o si comincia un’altra vita».

«Ti hanno considerato inutile?».

«Fastidioso. Pensavo mi volessero per la mia capacità di comunicazione. Ma se aprivo bocca, inorridivano per l’imprevedibilità delle mie dichiarazioni».

«Eppure eri entusiasta di Veltroni. Ti chiamavano il suo Emilio Fede».
«Non lo sapevo, ma è carina. L’entusiasmo effettivamente è calato. Da vecchio signore meridionale non sopporto la cattiva educazione».

«Cioè?»

«A Walter avevo detto: “Sono disposto a mettermi da parte, ma avvertimi”. Invece, ho saputo a cose fatte. Lui, in ogni caso, anche per la sua cultura sfuggente, è il migliore per il nuovo partito. Mi sono sbagliato su D’Alema, non su Veltroni».

«Pare che il veto alla tua candidatura in Puglia sia appunto di Max D’Alema, ras della Regione».

«Confermo. Ha detto che sono troppo globalizzato e quindi “non locale”. Così, hanno candidato un portaborse di Dario Franceschini che non so se sia globalizzato, ma che certamente non è locale perché vive da sempre a Roma».

«Eri considerato il più dalemiano dei dalemiani».

«Fino alla vicenda della scalata Unipol, quando ho criticato pubblicamente lui e i suoi luogotenenti troppo affezionati alla finanza».

«Nient’altro tra voi?».

«In 25 anni di conoscenza abbiamo avuto un solo punto di dissenso: Israele. Lui l’ha sempre attaccato, io sempre difeso. Per il resto, ci siamo stimati e voluti bene. Anche se fu lui a togliermi la direzione dell’Unità».

«Conclusione?».
«Una lunga guerra è finita con un vincitore: lui».

«Comunista da decenni, nell’aprile 2007 hai lasciato i Ds».

«Non ero d’accordo su come si stava costituendo il Pd. Una somma di due partiti, Ds e Margherita, in cui si perdeva l’elemento socialista».

«Infatti, hai pensato di andare con la sinistra di Fabio Mussi».

«Non c’era rischio che andassi con Mussi. Rischio per Mussi, intendo. Nella sinistra, io sono sempre stato a destra».

«Sei poi finito per due mesi nello Sdi di Boselli».
«Ma ho trovato pigrizia intellettuale e nessuna voglia di rischiare».

«Così, quando è arrivato Veltroni, ti sei fiondato con lui nel Pd».

«Walter ha ravvivato con sentimenti e passione quella che sembrava una fusione a freddo. Era la persona giusta».

«Sei andato un bel po' tentoni. È l’andropausa?».

«Se ce l’ho, è un’andropausa serena. Avendo un bimbo di sei anni, gli ultimi sfizi creativi me li sono presi».

«Perché tanti andirivieni negli ultimi tempi?».

«Ho vissuto con più turbamento la morte dei Ds, l’ultimo partito di sinistra che mi piacesse, che non quella del Pci, che ritenevo necessaria. Di qui, l’incertezza».

«La gestione del Pd da parte di Walter in questi cinque mesi?».

«Ottima. Movimentismo, rottura con la sinistra estrema. Fine della guerra a parole con Berlusconi. Un durevole incivilimento della politica».

«Però ironizzi sulle candidature dei figli di, portaborse e reggicoda».

«Una ventina di quelli messi in lista hanno il solo merito di avere svolto attività ancillare nei confronti della nomenclatura. Su tre dei suoi portaborse, Franceschini ne ha piazzati tre. Rosy Bindi protesta perché Giovanni Bachelet ha un posto in lista insicuro. Ma perché invece di lamentarsi non gli dà quello della sua segretaria candidata? Saranno le caldane, ma io mi inc..zo».

«Esclusioni ingiustificate oltre la tua?».

«Allam Fouad, il deputato arabo della Margherita mio vicino di stanza».

«Lo conosco. La quintessenza della tolleranza. Era un pupillo di Cicciobello Rutelli».

«Lo hanno fregato, senza che nessuno alzasse un dito. Lui che, come musulmano moderato, è espostissimo. Ora lo sarà di più. Lascia andare me. Io non sono un simbolo. Lui sì», dice e in quel mentre entra Fouad per chiedere qualcosa a Gabriella. Mi vede, stringe la mano e sorride mesto: «Ha visto che mi hanno fatto?».

Esce e ci lascia tutti e tre col magone.

Lo slogan di Veltroni è «voltiamo pagina». Come se la pagina non l’avessero scritta gli uomini del Pd e il suo presidente, l’ineffabile Prodi.
«Walter non è tipo da farsi carico del passato. Tutto comincia oggi, da lui. Avrebbe fatto meglio a riconoscere gli errori, chiedere scusa e poi voltare pagina. Una reticenza sbagliata».

Veltroni dice: meno tasse, meno Stato, ecc. Già sentito?
«Da vent’anni è il programma della destra mondiale. Conferma la regola: la sinistra arriva sempre con vent’anni di ritardo. Abbiamo mostrificato la destra e ora la inseguiamo. Sogno una sinistra che arrivi in tempo reale».

Maledici Mastella che ha interrotto la legislatura o ti commuove la sua fine?
«Lui è vittima delle sue macchinazioni, ma la crisi ci sarebbe stata comunque. Avevano ragione i nostri avversari: la maggioranza non teneva più».

La caduta di Prodi è stata una iattura o c’è del buono?
«Il ciclo era finito e non doveva neanche cominciare. Ci voleva dall’inizio un patto tra i due vincitori. Avrò l’andropausa, ma l’ho sempre detto».

Veltroni è il migliore dei leader per la sinistra?
«Veltroni non è di sinistra. È la sua virtù. Da un lato, c’è la sinistra radicale e il più adatto a guidarla è Nichi Vendola. Dall’altro quella riformista, che nessuno può dirigere meglio di Walter onnivoro e pigliatutto com’è».

D’Alema?
«È come Ciriaco De Mita: un grande leader regionale. Puglia e Campania sono il suo regno».

Chi vincerà le elezioni?
«Berlusconi».

Se Veltroni perderà contro il Cav che fine farà?
«Dipende dalla dimensione della sconfitta e dal Cav. Se Walter resta sotto il 33 per cento, è una débâcle. Ma se Berlusconi dialogherà con lui eviterà il cannibalismo a sinistra. Al Cav conviene avere Veltroni come interlocutore».

Tra i due nuovi partiti, Pd e Pdl, chi ti sembra più autentico e vitale?
«Il Pd è un buon partito. C’è amalgama tra gli ex Ds e la ex Dc di Rosy Bindi e Franceschini. Il vantaggio del Pdl è invece di avere una leadership indiscussa che, con la fine dei giochetti di Casini, potrà esprimere tutte le sue potenzialità».

Quando li senti in tv, chi ti sembra più convincente, Veltroni o il Cav?
«Se li vedo, cambio canale e passo ai programmi di cucina. La tv politica non la guardo più. So già quel che dicono. Posso scriverti seduta stante un discorso di Veltroni o Berlusconi. Ancora più facile uno di D’Alema. Se torni tra due ore, te li do».

Una domanda all’ex direttore dell’ «Unità» Ti ci ritrovi leggendola?
«Non la leggo da tempo immemorabile e finché ci sarà Transilvania-Travaglio non la leggerò».

Travaglio come Dracula?
«Mi dicono che mi attacca un giorno sì e l’altro pure. Ma mi sembra assurdo litigare con un ventriloquo dei pm che lo ispirano».

Qual è il tuo giornale?
«Il primo che leggevo era il Corsera. Da un paio di giorni il Riformista che ha ripreso a dirigere Antonio Polito».

Chi voterai?
«Veltroni, nonostante tutto».

Volendo cambiare, Pdl o sinistra bertinottiana?
«Non cambierò. Ma se dovessi scegliere non mi sposterò a sinistra. Ho convinzioni irremovibili su Israele. E a sinistra sento troppo inimicizia. In questi giorni, le telefonate più carine mi sono venute da esponenti della comunità ebraica».

Un mesto pensiero a Mastella e Casini.
«A Mastella auguro una folgorante carriera come assessore regionale in Campania. Casini penso possa dedicarsi, come me, a una serena paternità tardiva».

Ora che farai: giornalismo o giardinaggio?
«Giardinaggio no: non ho il pollice verde. Giornalismo, certo. Ma soprattutto baby sitting: oltre a essere padre di un bimbo di sei anni, sono nonno di due nipoti di tre. E poi...».

Poi?
«Andrò dall’andrologo.
 
Da - http://www.ilgiornale.it/news/caldarola-grande-escluso-d-alema-mi-ha-sconfitto-veltroni.html
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