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Autore Discussione: I politici in Italia hanno fallito, per riparare ai loro danni occorrono ...  (Letto 10215 volte)
Arlecchino
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« inserito:: Febbraio 18, 2016, 11:50:23 am »

Tangenti sanità in Lombardia, 21 arresti: c'è anche Rizzi, fedelissimo di Maroni.
Salvini: sospeso dalla Lega
E' il 'padre' della riforma della Sanità. Insieme a lui arrestate altre 20 persone. Maroni: "Molto incazzato, subito commissione ispettiva" e annuncia che la Regione sarà parte civile. Il segretario del Carroccio: "Chi sbaglia è fuori". Il gip: "Strumentalizzate le idee del partito che rappresentano"

Di ALESSANDRA CORICA e ANDREA MONTANARI
16 febbraio 2016
   
Quattro mesi dopo l'arresto del vicepresidente della Regione, Mario Mantovani, un nuovo scandalo in sanità si abbatte sulla Regione Lombardia con l'opposizione che chiede a Maroni di farsi da parte: in serata Pd, Patto Civico e M5s avevano già pronta la mozione di sfiducia. In manette finisce Fabio Rizzi, 49 anni, ex senatore, plenipotenziario di Maroni e 'padre' della Riforma della sanità lombarda (provvedimento di cui il governatore lombardo si è detto più volte fiero. Coinvolto anche un membro del suo staff, Mario Longo, le compagne di Rizzi e di Longo - sembrerebbe socie a tutti gli effetti del grande affare - e 11 funzionari pubblici (definiti 'a libro paga') che avrebbero favorito sempre e soltanto l'Odontoquality dell'imprenditrice Maria Paola Canegrati, gruppo specializzato in servizi e forniture dentistiche. Attraverso tangenti e favori, l'imprenditrice si sarebbe aggiudicata appalti per 400 milioni; una sorta di monopolio nella gestione delle cure dentali negli ospedali lombardi. In serata la sopensione di Rizzi dalla Lega Nord da parte del segretario Matteo Salvini, che lo ha fatto "per il bene suo, della verità, della Lega e dei cittadini della Lombardia". Il governatore: "Sono incazzato. La Regione sarà parte civile".

"Favorita la sanità privata", con servizi scadenti. Una scorpacciata di appalti affidati sempre alle stesse società riconducibili alla Canegrati (che aveva in società anche le compagne di Rizzi e Longo), con liste di attesa finte e ticket gonfiati. Le conseguenze per i cittadini? La gestione degli ambulatori odontoiatrici - rispondono i magistrati - era "organizzata con modalità tali da favorire il ricorso, da parte del privato cittadino, alle prestazioni in regime di solvenza". Come? Lo spiega Canegrati intercettata dagli investigatori: "Sposteremo la maggior parte dell'attività sulla solvenza e faremo delle liste d'attesa tra virgolette... che accedono in '28SAN' (il regime a carico del servizio sanitario nazionale, ndr) alle calende greche". Non solo. "Un altro strumento chiaramente truffaldino che induce il paziente a ricorrere alla prestazione a pagamento" è indurre "la convinzione che il costo del ticket sanitario sarebbe di poco inferiore": lo scrive ancora il gip sottolineando che i cittadini sono privi "di qualsiasi tutela". In più. "Non solo sono stati violati i principi cardine di trasparenza, imparzialità, legalità, indispensabili per una buona amministrazione pubblica - si legge ancora nelle carte - ma si è determinata l'erogazione di servizi scadenti con ricadute, di natura economica e non, sia sugli enti pubblici sia sui pazienti".

Il gip: "Strumentalizzate le idee della Lega". Gravissime le accuse messe nero su bianco dal gip Giovanna Corbetta nell'ordinanza: "Hanno fatto - scrive riferendosi a Rizzi e a Longo - del potere politico lo strumento per accumulare ricchezze, non esitando a strumentalizzare le idee del partito che rappresentano". Di più: "La sfrontatezza e la facilità che tutti gli indagati svolgenti una pubblica funzione dimostrano nel violare costantemente i loro doveri istituzionali e le norme dello Stato - annota ancora il gip - portano ragionevolmente a ritenere che lo spaccato di illegalità che traspare dalla presente indagine costituisca per tutti l'abituale modo di gestire la 'res publica', totalmente svilita in ragione del proprio personale rendiconto".

Perquisizioni in Regione. Era in corso la commemorazione delle vittime delle forze dell'ordine quando in Regione si sono presentati i carabinieri del Comando provinciale: si sono diretti nell'ufficio di Rizzi e hanno iniziato a perquisirlo. Erano gli investigatori dell'operazione 'Smile' alle prese con l'inchiesta che parla di tangenti connesse all'esternalizzazione dei servizi odontoiatrici in aziende ospedaliere lombarde.

L'INCHIESTA: UN MONOPOLIO DA 400 MILIONI DI EURO
Maroni: "Sono molto incazzato". Ricevuta la notizia, il governatore ha chiamato a raccolta la maggioranza: tutti i capigruppo e tutti i capi delle delegazioni in giunta. Poi si è presentato in Consiglio: "Sono molto incazzato (video). Il mio primo sentimento è di stupore e di grande delusione se le accuse dovessero essere confermate". Poi il governatore ha annunciato "una commissione ispettiva" e "un piano straordinario sulla corretta applicazione delle procedure, ospedale per ospedale, gara per gara". Il governatore ha anche annunciato: "Non vogliamo coprire nessuno, ci costituiremo in giudizio, la Regione è infangata. Chiunque abbia sbagliato mi risponderà".

Salvini su Fb: "Chi sbaglia non merita la Lega". Netto anche Salvini, che - prima di sancire la sospensione comunicata in serata - su Facebook ha scritto: "Chi sbaglia davvero, non merita la Lega. Ma spero che le accuse si rivelino una bufala". Raffaele Cattaneo (Ncd), presidente del Consiglio regionale, invece, ha commentato sconfortato: "E' un altro colpo alla credibilità del Consiglio".

Le accuse sui finanziamenti per la campagna elettorale. Secondo le accuse, Rizzi sarebbe stato remunerato dal gruppo imprenditoriale della Canegrati con il finanziamento della campagna elettorale per le regionali del 2013. Poi con versamenti tra cui una tangente di 50mila euro (pagata in contanti grazie all'intermediazione di un soggetto accusato di riciclaggio) e una serie di finte consulenze per 5mila euro al mese fatturate dalla compagna che per questo motivo è stata messa ai domiciliari. La questione del finanziamento della campagna elettorale compare in un'intercettazione. Longo dice a qualcuno al telefono: "Ti dico una cosa riservatissima, la campagna elettorale di Fabio l'ha sostanzialmente finanziata al 100% la dottoressa Canegrati".

Il ruolo della compagna, "prestanome per le mazzette". Lorena Lidia Pagani, "compagna convivente" di Rizzi, "svolgeva il ruolo di prestanome del medesimo al fine di ricevere, per conto del predetto, il prezzo della corruzione", ha spiega il gip. Lo stesso vale per Silvia Bonfiglio "compagna convivente" di Mario Longo, collaboratore di Rizzi. Le due avrebbero rivestito il ruolo di socie nelle società riconducibili all'imprenditrice al centro dell'inchiesta. La Bonfiglio "rivestendo il ruolo di socia e amministratrice unica della Spectre srl, società riconducibile a Longo e a Rizzi, e socia al 50% della Sytcenter srl". Anche la compagna di Rizzi avrebbe rivestito "la qualità di socia della Spectre srl". Tra i "favori" elargiti dalla signora degli appalti al braccio destro di Rizzi, anche "il pagamento della somma di poco meno di 8mila euro per i lavori di imbiancatura della abitazione e dello studio professionale" di Longo.

Il Tweet del governatore. Ironia della sorte ha voluto che i primi tweet della giornata di Maroni - quando ancora la bufera non si era scatenata - fossero a commento della rassegna stampa del settore sanità. Commentando un paio di articoli, uno sul pronto soccorso pediatrico, l'altro sulle cure dei malati cronici, il governatore aveva coniato l'hashtag #sanità eccellente in Lombardia.

Il Pd e 5 Stelle chiedono le dimissioni di Maroni. "Cos'altro deve succedere per chiedere a Maroni di andarsene a casa? - è il commento del segretario lombardo del Pd Alessandro Alfieri - Non è stato capace di garantire discontinuità rispetto agli scandali precedenti. Arrestato il vicepresidente di Maroni, Mantovani, indagato con richiesta di rinvio a giudizio il suo braccio destro, Garavaglia, arrestato Rizzi, quello a cui Maroni aveva dato la delega di fare la riforma della sanità in cui si parlava di controlli". Così anche i 5 Stelle: “Il problema politico è enorme: venga ad annunciare che si dimette per il bene dei lombardi". Durissimo anche Umberto Ambrosoli (Patto Civico): "È da anni che diciamo che la sanità Lombarda va messa in sicurezza rispetto alle aggressioni del malaffare e di una pratica corruttiva sempre estesa. Che sia oggi coinvolto proprio il presidente della commissione Sanità è un fatto di gravità forse maggiore anche rispetto agli episodi degli ultimi tre anni".

Spunta un caso di malasanità. Secondo gli inquirenti, all’interno dei fascicoli di indagine sarebbe inclusa la segnalazione di un ex primario dell’ospedale Niguarda, poi allontanato, di un presunto caso di malasanità. Riguarda un dentista che curò il tumore al cavo orale di una paziente, poi deceduta, scambiandolo per un normale fungo. Stando al rapporto, a seguito della sua segnalazione, il primario perse il compito di vigilanza sull’operato del centro odontoiatrico interno mentre il medico coinvolto diventò direttore sanitario del reparto.

© Riproduzione riservata
16 febbraio 2016

Da - http://milano.repubblica.it/cronaca/2016/02/16/news/monza_tangenti_dentisti_21_arresti-133531014/?ref=HRER3-1
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« Risposta #1 inserito:: Agosto 15, 2016, 06:46:18 pm »

Opinioni
Roberto Morassut   
@RMorassut
14 agosto 2016

Riforme nel solco dell’Ulivo
Referendum   

Da tutti i gruppi dirigenti del centrosinistra l’impegno per un sistema dell’alternanza

Le riforme costituzionali che il popolo italiano si appresta a confermare o meno con il referendum del prossimo autunno sono il punto di approdo di un percorso più che ventennale della sinistra italiana post 89, del centrosinistra e dell’Ulivo e uno dei punti costitutivi che hanno dato vita al Partito Democratico. Vi è, in quelle riforme, il DNA del nostro popolo e la ricerca costante e mai negata che tutti i gruppi dirigenti del centrosinistra italiano hanno sviluppato in momenti diversi per giungere ad un compiuto sistema delle alternative, ad una ridefinizione della forma dello Stato e ad una riforma dell’istituto parlamentare più coerente con le esigenze di una democrazia matura.

Se volessimo spingerci ancora più indietro nel tempo potremmo arrivare alla metà degli anni 80 per ritrovare negli atti dell’allora commissione Bozzi molti elementi che fanno parte del ddl Boschi o rileggere atti di convegni e congressi del Partito Comunista Italiano dello stesso periodo in cui si sottolineava la necessità di superare un “nobile conservatorismo” in materia di revisione della Costituzione. Quindi la sostanza dell’attuale testo di modifica della Costituzione non tradisce l’indirizzo fondamentale (pur nelle inevitabili varianti tecniche) di una linea strategica e di una identità su cui si è fondato il lungo cammino che da quegli anni ha portato alla nascita del Partito democratico.

Alla vigilia di questo importante voto referendario credo che dovremmo fare tutti uno sforzo per sottolineare questo aspetto. Renzi ha condotto a termine questo tragitto raccogliendo un testimone (mi piace vedere così questa vicenda) che ( a dispetto di troppi strumentali e reciproci rancori ) è passato dalle mani di Prodi, a quelle di D’Alema, a quelle di Rutelli, a quelle di Veltroni e a quelle di Bersani. Differentemente dai suoi predecessori ha avuto però un vantaggio: la debolezza politica ed il declino irreversibile di Berlusconi come capo indiscusso della destra italiana. Le riforme costituzionali si fanno con un largo accordo politico o si tenta di farle così.

Fino al 2013 Berlusconi ha sempre avuto la forza di far saltare (condizionando la materia attraverso il suo conflitto di interessi) il tavolo delle riforme. Dopo il 2013 questo non gli fu più possibile mentre aveva ogni interesse a recuperare una posizione di leadership legandosi ad un ruolo di “padre della patria”. E nonostante questo ha comunque rotto in parte gli accordi nelle fasi conclusive dell’iter parlamentare della riforma. Ma senza riuscire a fermarne l’approvazione. Sottolineo questi aspetti perché, secondo me, sono decisivi per una corretta campagna referendaria e per un clima più unitario all’interno del PD.

Quanto alla prima questione dico questo: noi vinceremo il referendum se le riforme appariranno davvero come figlie della nostra storia e del nostro DNA e non il prodotto esclusivo e personale di Renzi (che pure ha il merito di avercela fatta). Su questo Renzi ha corretto la linea e ha fatto bene. Modestamente, proprio su queste pagine, ne ho segnalato la necessità poco più di un mese fa. Tutto il nostro popolo deve ritrovare se stesso in questo cammino lungo e faticoso per modernizzare la democrazia italiana ed esserne orgoglioso. Questo fondamento storico delle riforme che lega il PD alla Nazione è la nostra carta referendaria più i portante e va esaltata.

Più ancora dell’argomento della riduzione dei costi della politica che pur essendo vero si gioca su un terreno per noi sfavorevole dal momento che i populisti del momento sarebbero sempre in grado di promettere (senza mantenere) soluzioni low-cost più accattivanti delle nostre proprio perché basate su argomenti di pancia. Quanto alla seconda questione sono molto preoccupato per certi toni della discussione e interna sul referendum: toni reciprocamente offensivi, ultimativi e gravemente settari. Da una parte e dall’altra. E non parlo dei nostri gruppi dirigenti ma delle cosiddette “seconde file” che dovrebbero essere richiamate ad uno stile e ad una maggiore responsabilità.

Questo aspetto è serio e preoccupante non solo perché spezza la continuità di una storia ma corrode i rapporti interni e il senso di comunità di un partito. Io non professo rancore verso chi la pensa diversamente da me ne fuori ne dentro il mio partito per cui penso sia sbagliato e assurdo tanto dire che Renzi è un Duce che vuole restringere la democrazia quanto dire che chi vota No offende il Parlamento. Questo andazzo porterà tutti su un terreno autodistruttivo e perdente. Agli amici e ai compagni che voteranno No invito a fare una riflessione. Queste riforme sono nel solco della nostra tradizione anche se sono migliorabili e mancano di alcuni aspetti che dovranno essere affrontati: in primo luogo la riduzione e del numero delle regioni e una loro diversa divisione amministrativa sul territorio. Di questo si dovrà parlare ai fini di un ottimale funzionamento del futuro e nuovo Senato, se prevarrà il Si. Ma la perfezione non fa parte di questo mondo ne della politica.

La vittoria del No, oggi come oggi, non sarebbe un successo nemmeno dei più acerrimi nemici interni di Renzi ma sarebbe solo la vittoria delle destre e (a prescindere dalle sigle politiche sempre mutevoli) spingerebbe oggettivamente a destra l’esito politico della vicenda italiana in questa delicata stagione. Qualcuno davvero pensa che la vittoria del No darebbe frutti agli oppositori interni di Renzi e non invece ad un sentimento anti politico, demagogico e distruttivo che non potrebbe essere raccolto che da forze demagogiche e che sposterebbe ulteriormente a destra lo stesso profilo del Movimento Cinque Stelle che insegue la pancia degli elettori e non ne guida gli orientamenti? Ne uscirebbe demolita la Nazione e un idea della politica basata sul metodo delle riforme e dei cambiamenti strutturali e ponderati.

Un ultima considerazione. La minoranza interna al PD ha proposto di cambiare la legge elettorale ed ha avanzato una proposta. Personalmente apprezzo quella proposta anche se bisognerà vedere se avrà i numeri in Parlamento. Non giova, tuttavia, condizionare il Si alle riforme all’accettazione della revisione della legge. Perché – mi permetto di osservare – questo fa perdere forza alla genuinità della posizione assunta dalle minoranze. E credo che il gruppo dirigente debba avere maggiore attenzione alla possibilità di rivedere la legge elettorale (pur senza impegnarsi esplicitamente perché va verificata la possibilità di farlo) non per garantirsi un Si dalla minoranza ma perché nel merito la legge elettorale dell’Italicum merita una messa a punto. Non sulla questione dei premi alla lista o alla coalizione, rispetto alla quale non ci si può rapportare in funzione delle proiezioni elettorali del momento. La capacità di consenso largo e maggioritario un partito deve averla con la sua capacità politica e culturale di attrarre consenso prima che su un piano tecnico.

Quanto sul sistema di scelta dei rappresentanti del Parlamento. La preferenza è uno strumento che può garantire il diritto di scelta ma fino ad un certo punto. Non a caso la prima repubblica cadde, alla fine, su questo nel referendum abrogativo delle preferenze e si aprì la strada ai collegi uninominali e al Mattarellum. Il controllo del voto con la preferenza può diventare ( e sta diventando ) totale.

Il rapporto tra eletto ed elettore è più sano e completo se passa attraverso una ben definita comunità territoriale e se è limitato nel tempo. Cosa che i collegi uninominali garantiscono. Il voto di preferenza impone invece un rapporto singolo per singolo che, nell’impossibilità e inopportunità di una regia politica dei partiti, favorisce clientele e scambi. Non scopro evidentemente nulla di nuovo. Ecco perché auspico che in queste settimane si torni al merito della storia del PD e del suo presente. Ritrovando la continuità delle nostre radici in queste riforme e verificando ogni possibilità reale di una legge elettorale più coerente con lo spirito di una riforma che vuole rendere la nostra democrazia più trasparente. Cancellando dal nostro confronto interno i rancori e le asperità attuali che non corrispondono ad un confronto politico ma a rivalità e contrapposizioni di gruppo che nulla hanno a che fare con un momento alto come la riforma della Costituzione e con lo sforzo corale che con grande passione il Presidente Napolitano chiese al Parlamento giorno della sua rielezione. Uno sforzo che spetta soprattutto al PD che queste riforme ha promosso e che è figlio della storia che le ha generate.

Da - http://www.unita.tv/opinioni/riforme-nel-solco-dellulivo/
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« Risposta #2 inserito:: Settembre 04, 2016, 12:11:02 pm »

La realtà di centinaia di attività piccole e medie soffocate dall'assalto del fisco deve essere studiata nella ricerca di soluzioni eque.
Il giusto recupero del credito da parte degli esattori dello Stato sta soffocando la possibilità di lavorare e di proseguire il tentativo della loro ripresa economica.


L'esame del "caso per caso", DELLE PICCOLE IMPRESE IN ARRETRATO CON IL FISCO, deve essere realizzato con spirito costruttivo per accompagnare la rinascita delle imprese in difficoltà non, come di fatto accade, di arrivare a soffocarne la vita operativa.

Le aziende morte per pagare le tasse non creano sviluppo e non generano posti di lavoro.
La burocratica superficialità e il cinismo con cui gli esattori gestiscono il problema deve essere eliminata. Gg

ISPIRATO Da FB del 04/09/2016
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« Risposta #3 inserito:: Giugno 08, 2017, 10:46:42 am »

Dopo la legge elettorale (o il suo aborto) pensiamo al PROGETTO-ITALIA da proporre ai Partiti che aderiranno al POLO DEMOCRATICO e che si dovrà far approvare nelle elezioni 2018.

Dopo di che nel caso di vittoria i Partiti aderenti all'iniziativa del PD (e della sua Sinistra), formeranno il Governo del Polo Democratico.

Qui i percorsi si renderanno paralleli: il Governo dovrà realizzare il Progetto-Italia in modo autonomo dalla vita dei Partiti che lo sostengono.

I Partiti dovranno occuparsi soprattutto dei rapporti con i Cittadini e nella soluzione dei problemi politici quotidiani.


Senza intralciare i lavori del Governo!

Ciaooo

Da FB del 7 giugno 2017 (I Cittadini del polo Democratico)
« Ultima modifica: Giugno 08, 2017, 10:48:53 am da Arlecchino » Registrato
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« Risposta #4 inserito:: Giugno 10, 2017, 11:14:01 am »

L’Italia ha necessità di un Progetto, ampio e generale, per un futuro di cambiamento e di pulizia del fango-sociale accumulato.

Votare per singoli Leader senza un loro Progetto o per Partiti senza una visione è autolesionismo.

ggiannig
 
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« Risposta #5 inserito:: Giugno 10, 2017, 11:15:34 am »

La legge elettorale non è morta ... è a fine vita la politica come è intesa oggi.

Con il Polo Democratico si realizzerà un parallelismo senza incroci (scambi): Progetto-Italia e Governo del Polo su un binario, Partiti che lo sostengono sull'altro binario.

Sostegno al Governo e indipendenza dei Partiti: obiettivo realizzare il Progetto-Italia concordato.

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« Risposta #6 inserito:: Giugno 10, 2017, 11:17:08 am »

Io penso che sia tempo di contestare il fatto d'essere diventati il bersaglio, sottomesso, di qualsivoglia provvedimento o abitudine scarica-barile.

La politica sino ad ora praticata ha fatto di tutto per accanirsi contro i Cittadini e molti settori e attività sociali hanno seguito questo cattivo esempio.

Sproloquiando con il concetto di "popolo" da difendere o da coinvolgere (o di clienti da “servire”, nei fatti la politica e molte attività sociali, sino ad oggi, hanno sodomizzato i Cittadini (anche quelli che non si illudevano di non farselo fare).

Ora Basta!

Siamo circondati dalla malavita organizzata, da quella semplice quotidiana ma anche dalla delinquenza morbida e spesso sorridente di chi ci imbroglia quotidianamente.
Nelle prossime “scelte” dalle elezioni (da quelle di condominio, a quelle politiche) ai singoli acquisti di beni o di servizi cerchiamo di “stupire” i vecchi sacerdoti del sopruso e dell’imbroglio.

Ciaooo


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« Risposta #7 inserito:: Giugno 13, 2017, 12:14:51 pm »

Il Polo Democratico, il Progetto Italia e il suo Governo, ci renderanno liberi dalle ingerenze dei Partiti, impegnati nella conoscenza social-politica della realtà locale del Paese Italia.

Formato il Polo, messo a punto il Progetto-Italia e formato il Governo del Polo, i Partiti nei rapporti con il Governo dovranno limitarsi alla revisione della esecuzione per tappe, del Progetto-Italia.     

Le tematiche e le diatribe eventuali, tipiche del quotidiano vivere la politica, saranno dibattute a livello Partiti senza influenzare minimamente il lavoro del Governo del Polo.

In tal modo si realizza in concreto la separazione in due dimensioni della politica di CentroSinistra (binari paralleli). I Partiti vivranno nella realtà italiana e europea cercando, con maggiore puntualità e precisione, di capirle senza perdersi in fanfaluche da sottosviluppati della politica.

ciaooo   
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« Risposta #8 inserito:: Giugno 14, 2017, 11:37:23 pm »

Stanno emergendo (nel dopo elezioni) delle certezze:
1) in Italia l'assenteista è una parte importante di Cittadini con una precisa opinione sulla politica attuale.
2) I Comuni e il localismo in genere può insegnare alla politica il da farsi urgente (impegnarsi nell'interesse dei Cittadini).
3) Da parte di molti si continua con l'alzare fumo per favorire l'arrosto della tavolata di partito.
4) Il bipolarismo è la speranza dei vecchi della politica, i Poli in Italia sono tre (3). Uno dei tre è il Movimento 5 Stelle.
5) I partitini di quartiere sono rifiutati dagli elettori, non occorre alzare la soglia oltre il 5%. Il chiacchiericcio-snob dell'élite di cultura “imparata” sarà fastidioso, ma ininfluente se non diventa violenza (esperienza già sofferta in Italia).
6) Le intese tra partiti vanno dichiarate prima delle elezioni e il conseguente programma elettorale deve diventare Progetto da realizzare in 5 anni (le chiacchiere generano figuracce ai leader e alimentano l'assenteismo degli scontenti non topati).
7) Se il PD non realizza, da subito, il POLO Democratico, per realizzare, con i Partiti di CentroSinistra, un Governo di CentroSinistra che realizzi il suo Progetto-Italia in 5 anni, non perderà voti (è troppo forte) ma continuerà a perdere la "bussola".     

ciaooo 

Arlecchino da FB del 13 giugno 2017
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« Risposta #9 inserito:: Giugno 29, 2017, 12:30:02 pm »

Sui punti di incontro mai dire mai, ma allo stato delle cose Renzi e il PD (o altra espressione tematica Renziana) devono trovare, con urgenza, una intesa forte con gli elettori.

Questa mobilitazione motivata per creare un filo diretto con l’elettore si deve basare su due elementi:

1) una forte determinazione nel muoversi da soli come PD con segretario Renzi.

2) Presentando agli elettori un Progetto-Paese concreto, analitico delle cose da fare con priorità, condivisibile, da realizzare nella prossima legislatura.

La nostra idea di Polo Democratico non nega la possibilità di condivisione del Progetto, addirittura la prevede (infatti si parla di Polo) ma l'elenco delle intenzioni e il come realizzarle deve essere un parto del PD renziano. Le altre realtà politiche che lo accetteranno, avranno pari diritti e doveri nella sua realizzazione attraverso il Governo del Polo Democratico.

Ci si deve muovere in fretta anche se con la calma dei forti che non hanno altro intento se non la costruzione di un futuro migliore per l'Italia.

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« Risposta #10 inserito:: Luglio 02, 2017, 05:35:34 pm »

Il PD è Renzi! Le coalizioni che da 20 anni ci prendono in giro lasciamole ai vecchi tromboni.

Da ulivista mi spiace che Prodi per la terza volta si sia lasciato intrappolare dai furbetti delle cadreghe.

Visto il trappolone che hanno preparato a Renzi adesso deve andare avanti duro ma con un Progetto-Paese.

Da "non ancora renziano" dico "avanti insieme" tra noi senza "loro" ... mi sta' bene.

Ciaooo
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« Risposta #11 inserito:: Luglio 30, 2017, 06:17:39 pm »

Un patto di governo per le riforme

 Di Sergio Fabbrini

C’è una grande rimozione nella politica italiana: il referendum del 4 dicembre scorso. Nessuno ne parla. Né si parla della crisi istituzionale in cui l’Italia continua a vivere. Se nelle grandi democrazie europee ci si domanda, quando arrivano le elezioni, chi sarà il probabile vincitore, in Italia invece già sappiamo che, alle prossime elezioni, non ci saranno vincitori. In quelle democrazie il problema è capire chi governerà. In Italia, il problema è capire se ci sarà un governo. Si tratta di un’incertezza drammatica per i nostri partner europei, oltre che per i mercati, anche se noi l’abbiamo rimossa. È necessario alzare il tappeto e vedere cosa c’è sotto.

I sostenitori del No hanno ottenuto (forse) più di quello che miravano a ottenere. Hanno fermato un progetto di riforma che avrebbe messo in discussione molte rendite di posizione all’interno del sistema politico, con l’aggiunta di aver riportato all’indietro gli equilibri interni a quest’ultimo. Massimo D’Alema e Gaetano Quagliariello avevano promesso che, subito dopo la vittoria del No, si sarebbe potuto realizzare una “vera” riforma costituzionale in sei mesi. Di quella riforma non c’è notizia, mentre giungono notizie sullo smembramento proporzionalista del nostro sistema dei partiti. Dietro la critica ai difetti dell’uno o dell’altro comma, dell’uno o dell’altro articolo, dell’uno o dell’altro emendamento della nostra costituzione, si era nascosto un desiderio diffuso a ritornare alla repubblica dei partiti senza partiti.

Trasformando il referendum in un giudizio su Matteo Renzi, e il riformismo del suo governo, è stato possibile mobilitare con successo gli istinti conservatori della società italiana. Il cambiamento fa sempre paura. Ma quella paura diventa terrore in una società ossificata in piccoli e grandi privilegi come la nostra. Così il No ci ha riportato al vecchio proporzionalismo politico invece che ad una nuova riforma.

I sostenitori del Si hanno perso (forse) più di quanto avevano immaginato. Hanno cercato di fare un passo in avanti, per ritrovarsi a farne due all'indietro. L'intelligente azione del governo Renzi nel condurre il progetto di riforma attraverso il Parlamento ha finito per essere cancellata dalla non altrettanta intelligente mobilitazione per fare approvare quel progetto dagli elettori. Non solo si è personalizzato un referendum di natura costituzionale che avrebbe dovuto mantenere una connotazione sistemica, ma si è usato il referendum per segnare una cesura con il passato dei tentativi di riforma non riusciti. Un referendum sulla costituzione non è l'equivalente (ad esempio) di quello sulla scala mobile: nel secondo è stata inevitabile la divisione tra forze politiche, nel primo quella divisione avrebbe dovuto essere evitata. I sostenitori del Si, e Matteo Renzi e Maria Elena Boschi in particolare, non sono riusciti a trasmettere il senso sistemico del progetto di riforma. A far capire ai cittadini, cioè, che quel progetto di riforma era il risultato di un lungo percorso, portava a compimento gli sforzi e le idee di tanti protagonisti politici, si connotava per il suo carattere sistemico e non già partigiano. Il voltafaccia di Silvio Berlusconi ha fatto il resto. Comunque siano andate le cose, non possiamo però rassegnarci allo statu quo, con il rischio di essere governati in futuro da una Troika. Lo statu quo è incompatibile con l'interdipendenza economica e monetaria in cui siamo inseriti. E soprattutto con l'enorme debito pubblico che ci obera. La questione delle riforme è destinata a rientrare nella nostra agenda nazionale. Per questo motivo è opportuno derivare alcuni insegnamenti dall'esperienza del 4 dicembre. Ne propongo tre.

Primo. Le riforme costituzionali hanno successo solamente quando sono riforme di tutti (o dei maggiori partiti) e non già di alcuni di essi. Se vengono percepite come riforme del governo, chi sta all'opposizione non ha interesse a sostenerle. Paradossalmente, la logica maggioritaria con cui si è formato l'attuale Parlamento (seppure dando vita a maggioranze spurie nelle due camere di quest'ultimo) ha aiutato il processo riformatore nelle camere ma non nell'elettorato. Le riforme sono più facilmente realizzabili quando sono invece promosse da governi di grande coalizione, spesso espressione di legislativi proporzionali. Il vizio (del sistema proporzionale con cui andremo a votare la prossima primavera) potrebbe dunque generare la virtù (di un progetto riformatore condiviso), a condizione che ci sia la possibilità di dare vita ad un governo di grande coalizione tra i maggiori partiti che li legittimi reciprocamente. Secondo. La riforma costituzionale deve essere tenuta separata dalla riforma elettorale. La prima riguarda la struttura delle istituzioni governative, la seconda influenza direttamente la composizione e il funzionamento del sistema di partito. Seppure per ragioni comprensibili, fu un errore approvare l'Italicum prima della riforma costituzionale. La riforma elettorale fa entrare in fibrillazione i partiti perché altera i loro calcoli per fare eleggere i propri membri in Parlamento. Una fibrillazione che inevitabilmente si scarica sulla riforma costituzionale. Peraltro, un sistema elettorale si può cambiare a maggioranza assoluta del legislativo, mentre un sistema costituzionale richiede la maggioranza qualificata di quest'ultimo. La nuova legislatura dovrebbe riprendere in mano il progetto di riforma costituzionale e solamente dopo aver portato a compimento quest'ultima porsi il problema della riforma elettorale.

Terzo. La riforma costituzionale deve avere chiaro la priorità del Paese: la stabilità al governo. E' bene non distogliersi da questo obiettivo, aggiungendone altri come la riduzione dei costi della politica o del numero dei parlamentari. Se così è, allora vi sono due obiettivi su cui costruire un patto per un governo di coalizione tra i maggiori partiti. Assegnare solamente alla Camera dei deputati il compito di dare o togliere la fiducia al governo (e ciò a prescindere dalla futura composizione e dai futuri compiti del Senato) e introdurre il voto di sfiducia costruttiva nei confronti del governo in carica (contro il quale si può votare solamente a condizione di sostituirlo con un altro governo). In condizioni favorevoli, questi due obiettivi potrebbero essere raggiunti con maggioranze qualificate dell'una e dell'altra camera, rendendo così non-necessario il ricorso al referendum popolare. Solamente dopo aver raggiunto questi obiettivi, ci si potrà porre anche il problema della riforma dei rapporti tra stato e regioni o della rappresentanza delle regioni a livello nazionale o dell'eventuale rafforzamento del ruolo del presidente della Repubblica. Occorre procedere con gradualità. Abbiamo visto che mettere troppa carne al fuoco finisce per bruciarla.

Insomma, se gli individui che rimuovono i loro problemi non hanno un futuro, ciò vale ancora di più per le democrazie. L'Italia deve affrontare e risolvere la sua sfida istituzionale. Ne va della sua autonomia decisionale nel contesto intergovernativo che oggi connota l'integrazione economica e monetaria. Il ritorno al proporzionale ha molti vizi, ma potrebbe implicare una grande virtù. Quella di tenere separati, a sinistra e a destra, chi è a favore e chi è contro la riforma. Consentendo ai favorevoli di dare poi vita ad un patto di governo per le riforme, chiaro, limitato e vincolante. Le coalizioni pre-elettorali, che in condizioni ordinarie servono a razionalizzare la competizione elettorale, nelle nostre condizioni straordinarie ostacolerebbero invece la riforma. Chissà, la talpa riformatrice potrebbe aver deciso di usare le conseguenze del No per fare avanzare (alcuni) obiettivi del Si.

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    Sergio Fabbrini. Sergio Fabbrini è professore di Scienze Politiche e Relazioni Internazionali alla Luiss, direttore della Luiss School of Government ed editorialista del Sole 24 Ore. ...

Da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-07-22/un-patto-governo-le-riforme-231143.shtml?rlabs=1
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« Risposta #12 inserito:: Novembre 24, 2017, 12:18:16 pm »

In Italia occorre liberarsi dalle schermaglie della politica per entrare nella convinzione che l'Italia è una Azienda che la politica ha "sgarrupato" da decenni.

L'Italia è una Azienda disastrata e l'unica soluzione possibile in tempi brevi è affidarsi alla dittatura dell'aziendalismo che dovrà recuperare i tanti problemi irrisolti, occupandosi seriamente degli interessi "legati all'Azienda-Italia" e ai suoi abitanti.

I politici in Italia hanno fallito, per riparare ai loro danni occorrono metodiche "aziendaliste" dove i Progetti sono i binari seguendo i quali si arriva agli obiettivi raggiunti che faranno ottenere il benessere del Paese.

Il Polo Democratico potrebbe essere la prima Azione Aziendalista da presentare agli elettori di CentroSinistra ... chi vi aderisce deve cambiare modo di ragionare (o cambiamo le teste pensionandole), abbandonare le diatribe narcisistiche e lavorare per ottenere risultati concreti e proiettati nel futuro.

ggiannig
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« Risposta #13 inserito:: Novembre 24, 2017, 08:41:50 pm »

Riflessioni di un opinionista, “non ancora renziano”, e di suoi conoscenti della stessa area di pensiero socio-politico:

POSSIAMO NOI, oggi in Italia, permetterci il lusso di rinunciare alla gestione di un CentroSinistra retto da Renzi e Gentiloni, per soddisfare l’anti-renzismo dilagante (per ragioni diversissime) in tutti gli altri settori della politica Italiana?

Noi pensiamo di NO!

Sarebbe un “gettare tra i rifiuti” una differenza sostanziale, rispetto alle passate gestioni di governo, senza dare la possibilità, ai diversificatori, di completare un lavoro avviato e di proseguire, facendoli diventare benefici, i dati positivi ottenuti! Imponendo loro di correggere le insufficienze dimostrate e ritardi cui sono stati costretti anche dalle azioni, perpetrate da una opposizione (anche interna al PD) di pessima qualità.

La stessa opposizione anti-renziana che pretenderebbe di ottenere il potere di comando (sia a sinistra, sia a destra) della totalità del Paese-Italia, non con un impegno legato a un Programma di sviluppo nazionale di benessere per tutti gli Italiani (almeno negli intenti), ma farfugliando critiche per protesta, minime intenzioni e vuoti lanci propagandistici (5Stelle), oppure ripetendo vetusti e passati riferimenti a realtà di inizio secolo che oggi sono sparite (Sinistra storica), o peggio ancora dichiarare cinicamente: “uniamoci per vincere le elezioni poi vedremo” (Berlusconi e soci).

Noi pensiamo che, da Italiani “normali”, si possa “pretendere” che il vertice attuale di Governo e il Partito PD renziano, debbano continuare a svolgere, con una migliore qualità nel servizio all’Italia, l’opportunità che è accaduto loro, in modo insolito, di cogliere. Convincendoci di svolgere, la suddetta responsabilità, presentendosi alle elezioni con un Progetto Paese quinquennale che, se approvato dagli elettori, si dovranno attivare per realizzare attraverso priorità sostanziali e strutturali verificabili (per obiettivi raggiunti) dagli Italiani.

ggiannig
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« Risposta #14 inserito:: Dicembre 03, 2017, 12:15:36 pm »

Una Elite Aziendalista, per realizzare un Progetto Nazionale di Risorgimento Moderno.

Si a -L'Evoluzione Nonviolenta.

SI a - Un Progetto Italia, indipendente dai Partiti e dai loro Leader, ma da loro sostenuto e pensato come Opera da Realizzare in 5 anni (io l'ho proposto chiamandolo Polo Democratico).

NO a - Rivoluzioni di ogni tipo che creano solo vittime e danni.

Quindi non sperare in un ideale o in una utopia, ma un Progetto Condiviso concreto, visibile e palpabile, da far approvare agli elettori delle prossime elezioni politiche e da realizzare.
Un Progetto che deve vivere nel realizzarsi con chi ci sta e se ne prende l'impegno.

Un Progetto "Fuori dai Partiti", ma che coinvolge e impegna la parte migliore delle loro Intelligenze.

Una Elite “aziendalista”?
Se realizza il Progetto condiviso … ben venga.

Una Elite Aziendalista, per realizzare un Progetto Nazionale di Risorgimento Moderno.

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