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Autore Discussione: Enzo Moavero Milanesi Le ricadute europee di una Germania che si scopre debole  (Letto 2025 volte)
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« inserito:: Settembre 28, 2015, 07:48:47 pm »

Le ricadute europee di una Germania che si scopre debole
Il Paese si interroga sulla capacità di essere ancora la locomotiva dell’Unione. A queste paure si aggiunge un’altra questione: per essere leader bisogna sapere per primi rispettare le regole

Di Enzo Moavero Milanesi

In Europa, quanto sta accadendo alla Volkswagen non può non far riflettere. La reazione istintiva di molti, probabilmente, è beffarda: ecco, anche i primi della classe provano a barare. Pensiamo subito a quante volte, nelle vicende dell’Unione Europea, specie durante la tempesta della crisi economica, esponenti del mondo politico e industriale tedesco hanno richiamato l’importanza del rispetto delle regole. Tutti i Paesi europei hanno sentito e sentono il vincolo del rigore normativo del quale, così spesso, la Germania si erge a tutrice. Un vincolo reale, concreto e psicologico, in forza del quale le regole Ue sono state potenziate e hanno imposto duri sacrifici. Ora, apprendiamo un fatto gravissimo: il più grande gruppo automobilistico del mondo, con astuti accorgimenti, avrebbe raggirato disposizioni di legge fra le più sensibili per i cittadini, come quelle a tutela dell’ambiente e della salute. Le responsabilità dovranno essere stabilite, ma colpisce che il secondo azionista della Volkswagen sia un ente pubblico, uno dei Länder della federazione tedesca. Addirittura, c’è chi solleva interrogativi e dubbi su eventuali connivenze politiche.

Dunque, gli ingredienti per una sorta di rivalsa morale ci sono ed è pressoché inevitabile che si diffonda quel sentimento descritto proprio da una parola tedesca: Schadenfreude, la gioia per i guai altrui. Ma siamo sicuri che siano soltanto guai altrui? L’economia europea, fiaccata dalla crisi, si sta riprendendo molto meno velocemente di quanto auspicato. Il mercato dell’automobile è fra quelli che andavano meglio: il colpo subito da uno dei suoi protagonisti può rallentarlo. Un fattore essenziale per l’Ue sono le esportazioni: l’accusa di frode negli Stati Uniti colpisce un’azienda simbolo e potrebbe avere effetti dannosi su altre imprese europee. Il titolo del gruppo coinvolto ha subito perdite notevoli in Borsa, trascinando al ribasso altre Borse, ovunque, a pesante discapito di tanti investitori e risparmiatori.

La vicenda Volkswagen ha una clamorosa risonanza in Germania: c’è un rischio di ripercussioni negative sulla sua capacità di essere quella locomotiva del continente che traina anche gli altri Paesi. Se guardiamo oltre le questioni più schiettamente economiche e per esempio, pensiamo all’epocale movimento migratorio verso l’Europa, non dobbiamo dimenticare che il maggior numero di migranti è, da sempre, assorbito dalla Germania: cosa accadrebbe se, indebolita, non fosse più in grado di accoglierli? Sappiamo bene, del resto, che per gli accordi sulle quote fra i diversi Stati è stato determinante l’impulso tedesco, così come lo è per quasi tutte le decisioni rilevanti che si prendono a livello dell’Unione.



Penso che il centro focale della riflessione sia proprio questo: la leadership tedesca in Europa. Non da un punto di vista astratto, di filosofia politica, né alla luce delle colpe passate, nelle tragiche guerre. Piuttosto dovremmo concentrarci sulla realtà degli equilibri europei. Senza l’Unione e di fronte a un mondo globalizzato e agitato, è arduo immaginare un avvenire con pace e prosperità analoghe agli ultimi 60 anni. Tuttavia, non possiamo nasconderci che, in Europa, alcuni Paesi contano nettamente più degli altri e fra questi primeggia la Germania. Non dipende solo dalla potenza economica. Si tratta della capacità, via via cresciuta negli ultimi 25 anni, di costruire stabili alleanze, di proporre iniziative, di convincere i partner, di interagire con i meccanismi Ue, anche attraverso propri connazionali intelligentemente collocati in posti politici e amministrativi chiave. Per analoghe ragioni, in precedenza, si erano distinte Francia e Gran Bretagna.

Dunque, non è inusuale per l’Europa avere uno Stato leader, ma ne discendono due domande: quali sono i contrappesi e quali sono le scelte concrete del leader. Con riferimento al primo aspetto, gli assetti istituzionali Ue ne offrono in abbondanza (ricordiamoci l’esigenza di unanimità che persiste per le scelte cruciali), ma spesso sono utilizzati in maniera approssimativa, privilegiando il generico approccio politico a una meticolosa azione da sviluppare nei numerosi tavoli di lavoro. Per quanto riguarda il secondo aspetto, il discorso ritorna alle opzioni politiche e alle regole che le accompagnano. La Germania influisce su iniziative e normative dell’Unione e sa coniugare l’interesse nazionale con le esigenze europee. È basilare che sia la prima a osservare una severa disciplina, a non trascurare la vera sostanza di una prescrizione. Gli esempi nodali non includono tanto l’odierno caso Volkswagen, bensì: la questione dello squilibrio determinato dal surplus commerciale tedesco, illecito per le regole Ue se inflessibilmente applicate; e l’opportunità di incentivare la domanda in Germania, trainante anche per le produzioni di altri Paesi Ue e, quindi, conforme al principio europeo di solidarietà. Infine, è auspicabile trarre un ulteriore insegnamento dalla vicenda Volkswagen: i rilievi delle autorità statunitensi dimostrano che le norme di garanzia ci sono e se fatte valere funzionano; non occorre adottarne sempre di nuove, prima usiamo quelle esistenti con diligenza e senza eccessi di sovra regolamentazione.

25 settembre 2015 (modifica il 25 settembre 2015 | 09:11)
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Da - http://www.corriere.it/opinioni/15_settembre_25/ricadute-europee-una-germania-che-si-scopre-debole-2345be16-6350-11e5-9954-7c169e7f3b05.shtml
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