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Autore Discussione: Volkswagen, 11 milioni auto ‘truccate’ Ombre sul governo: «Sapeva tutto»  (Letto 2958 volte)
Arlecchino
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« inserito:: Settembre 27, 2015, 11:38:02 am »

LO SCANDALO DEI TEST MANOMESSI NEGLI STATI UNITI.

Merkel: fare chiarezza
Volkswagen, 11 milioni auto ‘truccate’
Ombre sul governo: «Sapeva tutto»
L’ad: «Non mi dimetto “Giù le Borse
In Borsa il colosso tedesco dell’auto perde un altro 22%: in due giorni brucia 24 miliardi di capitalizzazione. Parigi e Londra chiedono inchiesta europea. Il ministro Galletti: valutiamo stop vendite in Italia. Il gruppo accantona 6,5 mld per i rischi dello scandalo

Di Redazione Online

Non si placa l’eco dello scandalo legato ai dati alterati delle emissioni ambientali delle auto diesel di Volkswagen vendute negli ultimi anni negli Stati Uniti. Il caso dei test truccati affonda le Borse europee e da più parti arrivano richieste di chiarimento al colosso tedesco. Ultimo in ordine di tempo l’appello della cancelliera tedesca Angela Merkel, che invita il gruppo automobilistico a fare chiarezza e si augura «piena trasparenza». Martedì pomeriggio il ministro dei Trasporti tedesco Alexander Dobrindt ha annunciato, inoltre, una commissione d’inchiesta sul caso. La commissione, che sarà guidata dal sottosegretario ai Trasporti Michael Odenwald, andrà a Wolfsburg in settimana.

In Borsa, intanto, Volkswagen appare in caduta libera: le azioni ordinarie hanno perso a Francoforte il 22,5% a 111,2 euro e le privilegiate il 26,2% a 106 euro. I titoli nelle ultime due sedute hanno perso un terzo del loro valore: la capitalizzazione complessiva bruciata ammonta a oltre 24 miliardi di euro.

Die Welt: «Il governo tedesco sapeva»
Mentre si attendono i risultati di ulteriori indagini e verifiche, si susseguono notizie, smentite, indiscrezioni di stampa (e non solo). Secondo «Die Welt», la manipolazione dei controlli dei gas di scarico da parte della Volkswagen negli Usa era conosciuta dal Governo tedesco. Una notizia che pesa come un macigno sulle commissioni di inchiesta e che si evincerebbe da una risposta del ministro dei Trasporti tedesco ad una interrogazione dei Verdi del 28 luglio scorso. Nella risposta il Governo tedesco sostiene che è «in corso il lavoro sull’ulteriore sviluppo del quadro normativo comunitario» con l’obiettivo di ridurre «le reali emissioni» dei veicoli. Sempre secondo «Die Welt» il dispositivo che consente di ridurre le emissioni durante i test era conosciuto al Governo tedesco e il dispositivo non sarebbe specificamente legato ai motori a benzina o diesel.

L’ad di Volkswagen si scusa: «Ma resto al mio posto»

In un videomessaggio l’amministratore delegato di Volkswagen, Martin Winterkorn, «chiede scusa per la cattiva condotta della compagnia», ma ribadisce di voler restare al suo posto. Nelle ultime ore si erano diffuse voci di possibili dimissioni dell’ad. Secondo una anticipazione del Tagesspiegel, l’amministratore delegato avrebbe perso la fiducia del consiglio di sorveglianza e mercoledì il presidio dello stesso dovrebbe comunicargli la decisione di mandarlo via. Il giornale fa anche il nome del successore, il capo della Porsche Matthias Mueller.

«Mi dispiace infinitamente di aver deluso la fiducia che riponevano in noi - ha detto comunque Winterkorn nel suo videomessaggio - Chiedo scusa in tutte le forme ai nostri clienti, alle autorità e all’opinione pubblica per questo comportamento non corretto». L’azienda «farà di tutto per recuperare la fiducia». Nel video - diffuso via internet sul sito del gruppo - il numero uno della casa automobilistica aggiunge che «sarebbe sbagliato se il terribile errore di pochi compromettesse il lavoro onesto e duro di 600 mila persone. La nostra squadra non lo merita. Perciò vi chiedo di continuare a riporre fiducia sul nostro percorso - sottolinea Winterkorn - Non abbiamo ancora tutte le risposte allo scandalo sui gas di scarico. Metteremo tutto sul tavolo, il più velocemente possibile e in modo trasparente».

L’azienda spiega che le auto dotate del meccanismo che «modifica» le emissioni sono 11 milioni in tutto il mondo. Volkswagen ha deciso di accantonare 6,5 miliardi di euro proprio per fare fronte a eventuali costi dello scandalo: l’inchiesta aperta dall’Epa (l’agenzia per la protezione ambientale statunitense) potrebbe portare a una maxi-multa pari a 37.500 dollari per vettura, oltre 18 miliardi. Ma - dopo che il titolo è crollato perdendo fino al 22% a Francoforte - il costo per i soci del colosso dell’auto tedesca è già stato di 12,9 miliardi.

«Volkswagen non tollera alcun tipo di violazione delle leggi»
Intanto il gruppo automobilistico assicura in una nota che «sta lavorando intensamente per eliminare» le discrepanze di emissione fra i risultati dei test condotti in fabbrica e le misurazioni effettive su strada per i veicoli con motori del tipo EA 189. «Volkswagen non tollera alcun tipo di violazione delle leggi sotto qualunque forma» e la prima priorità del board aziendale, sottolinea il comunicato, è riguadagnare la fiducia perduta presso i suoi clienti. «Il Gruppo terrà informato il pubblico sull’ulteriore progresso delle indagini in maniera costante e trasparente».

Galletti: «Valuteremo stop vendite in Italia»
Nel nostro paese, il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti incalza: «Ho chiesto a Volkswagen Italia rassicurazioni sul mercato italiano. Vogliamo vederci chiaro». Con una lettera indirizzata all’amministratore delegato e direttore generale di Volkswagen Group Italia Massimo Nordio, Galletti chiede informazioni sulle vetture vendute nel mercato italiano. «Ho appreso con preoccupazione le risultanze delle indagini e le chiedo di volermi fornire elementi oggettivi che nelle autovetture commercializzate in Italia non siano stati installati accorgimenti tecnici analoghi volti ad alterare i dati emissivi da test rispetto alla realtà», scrive Galletti. Il titolare dell’Ambiente, che ricorda l’incidenza di questi profili sulla qualità dell’aria e sul clima, fa riferimento nella lettera alla decisione assunta dall’azienda di bloccare le vendite delle auto sul mercato Usa e ritirare quelle già commercializzate, chiedendo al gruppo, «qualora necessario, di assumere analoghe iniziative già intraprese per il mercato americano anche a tutela dei consumatori italiani che hanno fatto affidamento sul marchio Volkswagen». Anche il Ministero dei Trasporti italiano esprime «preoccupazione» per lo scandalo delle emissioni truccate da Volkswagen e avvia un’indagine interpellando sia il Kba, Kraftfahrt-Bundesamt, il maggiore omologatore delle auto in questione, sia il costruttore tedesco. Il Mit, in sintesi, chiede di conoscere se l’illecito avvenuto negli Usa - dove vigono però regole differenti per la omologazione - risulti essere praticato su omologazioni della stessa autorità tedesca per l’Europa e se i veicoli sono stati commercializzati in Italia.

Dall’Ue a Seul: richieste di chiarimenti in tutto il mondo
Le richieste di spiegazioni si moltiplicano in tutto il mondo. «Per il bene dei nostri consumatori e dell’ambiente, abbiamo bisogno di avere la certezza che l’industria rispetti scrupolosamente i limiti sulle emissioni delle auto», è il primo commento ufficiale di Lucia Caudet, Portavoce Ue per il mercato interno. La Francia ha già sollecitato un’inchiesta «a livello europeo» per «tranquillizzare» i cittadini e controllare anche le altre case automobilistiche europee, ha dichiarato il ministro delle Finanze, Michel Sapin. I controlli, secondo Sapin, dovrebbero essere condotti sul territorio europeo, poiché sia il mercato sia le regole sono europee. Richieste analoghe anche dal Regno Unito che si rivolge alla Commissione Ue auspicando l’apertura «con urgenza» di una indagine. Il segretario britannico ai Trasporti, Patrick McLoughlin, ha spiegato che Londra «sta monitorando attentamente la situazione e sta spingendo per un’azione a livello europeo per test più accurati che riflettano le prestazioni su strada». «È importante che il pubblico abbia fiducia nei test sulle emissioni dei veicoli e per questo chiediamo alla Commissione europea di indagare su questo caso trattandolo come una questione di urgenza», ha aggiunto McLoughlin.

Volkswagen, lo scandalo delle emissioni
In Australia il dipartimento del governo che gestisce le verifiche ambientali ha chiesto alla Volkswagen se anche i veicoli venduti nel paese siano equipaggiati con il software «civetta» scoperto negli Stati Uniti. Simile richiesta a Seul dove il ministero dell’Ambiente sudcoreano ha convocato i responsabili del gruppo tedesco per raccogliere informazioni sul caso. Ma non solo. La Corea del sud ha infatti annunciato verifiche su tre dei modelli diesel della casa tedesca. L’indagine nel Paese coreano coinvolgerà tra 4mila e 5mila veicoli Jetta, Golf e Audi A3 prodotti nel 2014 e 2015. Il ministero valuta di richiamare tali veicoli, dopo l’indagine.

Verso l’inchiesta penale: «Volkswagen potrebbe non essere la sola»
Negli Stati Uniti il caso prende connotati penali. Il dipartimento americano di Giustizia sta conducendo un’inchiesta penale su Volkswagen che potrebbe non essere il solo gruppo ad avere barato sulle emissioni in Usa. Per questo le stesse autorità americane sono alla ricerca di altre possibili violazioni. «Non abbiamo intenzione di starcene seduti preoccupandoci che altri abbiano barato. Li scopriremo», ha dichiarato in un’intervista al Wall Street Journal Gina McCarthy dell’Agenzia per la protezione ambientale (Epa). «Al momento stiamo intensificando le nostre attività per capire cosa dobbiamo fare con altri veicoli», ha continuato. L’intento è scovare altri usi del software (soprannominato «defeat device») che permette alle aziende automobilistiche di barare mostrando in fase di test livelli di emissioni inferiori a quelle reali. McCarthy si dichiara, in ogni modo, «felice» che il gruppo tedesco «stia reagendo in modo deciso ammettendo il problema».

Fca Usa, su nostre auto nessun dispositivo simile
In merito ai dubbi avanzati dal dipartimento di giustizia americano, l’unità Usa di Fiat Chrysler Automobiles fa sapere che le sue auto non sono dotate degli stessi dispositivi adottati da Volkswagen cioè del software, presente in 482 mila vetture diesel, che faceva apparire le automobili molto meno inquinanti di quanto fossero in realtà. «Fca Usa - si legge in un comunicato e-mail della compagnia - non usa dispositivi simili». Inoltre Fca Usa fa sapere che sta lavorando in modo ravvicinato con l’Epa e la California Air Resources Board per «assicurare che le sue vetture siano in regola con tutti i requisiti riguardanti le emissioni inquinanti».

22 settembre 2015 (modifica il 22 settembre 2015 | 22:53)
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/economia/15_settembre_22/volkswagen-caso-emissioni-truccate-si-allarga-da-francia-a-australia-b55996b2-6100-11e5-9c25-5a9b04a29dee.shtml
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« Risposta #1 inserito:: Settembre 27, 2015, 11:39:27 am »

Volkswagen: cosa è successo, chi può guadagnarci e come

Economia   
Il gruppo tedesco affonda in Borsa. Quali sono le conseguenze e qual è il futuro delle concorrenti
Uno scandalo gigantesco che non accenna a placarsi: il trucco antismog della Volkswagen coinvolge 11 milioni di auto. Simbolo del potere economico e dell’efficienza tedesca, l’inganno della casa automobilistica di Wolfsburg tira in ballo anche la reputazione di un sistema paese, quello tedesco. Soprattutto dopo la notizia riportata da ‘Die Welt’ secondo cui Berlino era a conoscenza della manipolazione dei controlli dei gas di scarico.


In cosa consiste la truffa
Si tratta di un software installato (fin dal 2009) sulle centraline di tutti i motori diesel Audi e Volkswagen venduti negli Usa. In pratica un chip della centralina riconosceva quando erano in corso misurazioni di emissioni nocive e, in automatico, riduceva le prestazioni del motore, abbassando i parametri che altrimenti sarebbero risultati fino a quaranta volte superiori ai valori minimi consentiti. Un vero e proprio inganno che negli Usa prende i connotati penali: la Volkswagen rischia ora una pena pecuniaria pari a 37.500 dollari per vettura, per un totale di oltre 18 miliardi. Non solo, negli Stati Uniti si comincia anche a parlare di class action.

Quali sono le conseguenze
Il colosso delle auto vede seriamente minata la sua corsa inarrestabile verso la leadership mondiale delle quattro ruote. L’Unione europea sta valutando molto seriamente la questione e dalla Francia parte la richiesta di un’indagine a tappeto su tutti i costruttori. Anche in Corea sono stati annunciati controlli sulle vetture e i modelli sotto la lente sono gli stessi degli Stati Uniti: Volkswagen Jetta, Golf e Audi AG A3 sedan. Una brutta notizia visto che le vendite in Asia coprono ormai il 40% del totale, con la Cina a fare da mercato principale. E dopo Seul, anche l’Australia vuole sapere se i veicoli venduti nel Paese siano equipaggiati con il software “civetta” scoperto negli Stati Uniti.

La reazione delle borse
La risposta degli investitori allo scandalo Volkswagen è a dir poco spaventosa. Il titolo del gruppo automobilistico continua a perdere pesantemente terreno e dopo il crollo di ieri del 20% arriva a lasciare sul terreno un altro 19%. Oltre al salasso di 18 miliardi, infatti, si comincia a parlare di una class action che potrebbe addirittura raggiungere la mastodontica cifra di 275 miliardi di dollari.

Così, nel giro di due giorni, il costo per i soci del colosso automobilistico ammonta a oltre 20 miliardi.

Il crollo fa sbandare i listini europei che perdono tutti oltre il 3% colpiti dalle vendite sul settore auto. È proprio l’intero comparto dell’automotive infatti a soffrire: d’altronde in questi casi, si sa, è la speculazione a farla da padrona, puntando sull’incertezza e sui timori che lo scandalo possa coinvolgere anche altre case automobilistiche.

Il futuro delle concorrenti
Tuttavia, nel medio termine, se le concorrenti della Volkswagen dimostrassero di non essere coinvolte nella truffa uscendone ‘pulite’ potrebbero di fatto riconquistare le attraenti fette di mercato lasciate dal gruppo tedesco. E già la divisione americana di Fiat Chrysler Automobiles prova a rassicurare gli investitori specificando di “non usare il defeat devices”, il software incriminato a Volkswagen. In una nota, infatti, il gruppo spiega di “lavorare da vicino e continuamente con l’Epa (l’Agenzia per la protezione ambientale) e CARB (il California Air Resources Board, ndr) per garantire che i suoi veicoli siano rispettosi di tutti i requisiti richiesti”.

La posta in gioco, non solo per Fca, è davvero alta.

Da - http://www.unita.tv/focus/volkswagen-cosa-e-successo-chi-puo-guadagnarci-e-come
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« Risposta #2 inserito:: Settembre 30, 2015, 04:50:22 pm »

29 settembre 2015

Dieselgate, perché Volkswagen potrebbe aver escogitato il «trucco»
Il NOx, ossido diazoto è un inquinante difficile da trattare, perché richiede tecnologia costosa e porta a un peggioramento dei consumi e il gruppo tedesco ha scelto una via scorretta per le sue Euro 5


Di Adriano Tosi e Mario Cianflone

Dieselgate: fra titoli dei giornali, battute al bar e vignette ironiche sui social network, si legge, ascolta e vede ormai di tutto. Se durante i mondiali di calcio diventiamo tutti c.t., da settimana scorsa siamo tutti esperti di inquinamento automobilistico. Ma cosa potrebbe aver portato la Volkswagen a “truccare” le centraline del suo 2.0 TDI EA 189 Euro 5 (l'unico motore diesel coinvolto, fino a prova contraria)? Qual era la difficoltà insormontabile - nel passaggio da Euro 4 a Euro 5, con il conseguente abbassamento della soglia di NOx, ossido di azoto, tollerata - che ha “costretto” un'eccellenza tecnologica come il gruppo Volkswagen al trucco del software?

Il più grosso scoglio, leggendo i numeri, sembrerebbe essere la riduzione del particolato (PM), che da Euro 4 a Euro 5 deve scendere da 0,025 a 0,005: un limite 5 volte inferiore, rispettato però in modo relativamente semplice grazie all'installazione dei filtri anti particolato. Quanto al NOx - sostanza peraltro molto meno pericolosa per l'uomo rispetto al PM - il limite si abbassa da 0,25 a 0,18: in percentuale, si tratta di una riduzione ben minore. In realtà, i NOx sono inquinanti difficili da trattare, particolarmente sui diesel: fino all'Euro 4 bastava il ricircolo dei gas di scarico tramite sistema EGR, ma il passaggio all'Euro 5 ha complicato le cose e, oltre a un EGR perfettamente calibrato e alla massima efficienza, per soddisfare tale standard ci vogliono sofisticati e costosi sistemi di post trattamento dei gas di scarico. Di che genere? Esistono tre tipi di sistemi per abbattere i NOx: sulle auto più leggere è sufficiente il cosiddetto deNOx, ovvero una sorta di spugna che intrappola l'agente inquinante, ma che va ripulita iniettando una quantità superiore di gasolio a valle del deNOx stesso (aumentando i consumi). Sulle vetture più prestazionali e pesanti è invece necessario ricorrere a due sistemi, alternativi fra loro: SCR (Selective Catalytic Reduction) con aggiunta di urea (denominata AdBlue), oppure LNT (Lean NOx trap), la trappola di ossidi di azoto che però va anch'essa ripulita aumentando l'iniezione di carburante, peggiorando, ancora una volta, il consumo.

Volkswagen non ha specificato per quale ragione ha escogitato il trucco della centralina, che conteneva il valore di NOx solo ed esclusivamente durante i cicli di rilevazione dei consumi e delle emissioni. Si può però supporre - ma siamo nel campo delle ipotesi - che per offrire un prodotto più efficiente e prestazionale ai propri clienti abbia deliberatamente deciso di “aggirare” il processo di purificazione dei gas di scarico, trovando la classica scorciatoia in un software che permetteva peraltro di risparmiare sui costi - molto alti - della tecnologia di purificazione. Paradossalmente, l'entrata in vigore della normativa Euro 6 (dal 1° settembre 2014 per le nuove omologazioni e dal 1° settembre 2015 per le nuove immatricolazioni), che è molto più severa sui NOx per i diesel (da 0,18 dell'Euro 5 a 0,08), ha costretto tutte le Case a prendere provvedimenti radicali: ecco perché, fino a prova contraria, le Euro 6 by Volkswagen sono perfettamente a norma.



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Da - http://www.motori24.ilsole24ore.com/Industria-Protagonisti/2015/09/Dieselgate-analisi.php
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