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Autore Discussione: MUTAMENTO SOCIOCULTURALE.  (Letto 3270 volte)
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« inserito:: Settembre 13, 2015, 08:04:51 am »

Mutamento socioculturale
Enciclopedie on line

Locuzione con cui si denota la presenza di variazioni, alterazioni e cambiamenti, relativamente ampî e non temporanei, nelle componenti strutturali, ovvero nei maggiori sistemi sociali di una determinata società. In senso stretto, per m. sociale si intende una trasformazione significativa, che si produce in un determinato periodo, nella struttura della società.

1. Ambiguità terminologiche
In considerazione del fatto che la modificazione di una qualunque istituzione sociale è strettamente connessa a una modificazione dei sistemi culturali, si è soliti, nella sociologia contemporanea, impiegare l'espressione mutamento sociale e culturale, ovvero mutamento socioculturale.  A volte dette espressioni vengono usate come sinonimo di evoluzione sociale, ovvero sviluppo sociale, ovvero progresso sociale. Tale uso risulta quanto mai improprio, per quanto possa trovare una parziale giustificazione sul piano della ricerca storica. Le difficoltà incontrate nella teoria dell'evoluzione e del progresso suggeriscono l'adozione dell'espressione m. sociale, ovvero m. socioculturale, per indicare, in via generale, tutte le variazioni storiche della società umana. Nella sociologia contemporanea si sono acquisiti tre significati differenti, ancorché divergenti, di m. sociale. Alcuni sociologi (tra gli altri, G. Bouthoul, Traité de sociologie, 1954; H. P. Dreitzel, Sozialer Wandel, 1967) intendono il m. sociale come una categoria generale, al cui interno fanno confluire tutte le possibili trasformazioni delle società umane; altri (in modo particolare D. A. Martindale, Social life and cultural change, 1962) pongono particolare attenzione ai fenomeni di formazione e/o di distruzione di gruppi e di società. Altri sociologi (per es. R.A. Nisbet, Social change, 1972) si orientano verso una definizione costruttiva del m. sociale che salva però la distinzione, nell'ambito di uno stesso sistema sociale, tra fenomeni responsabili del funzionamento di tale sistema e fenomeni responsabili del m. nella struttura di tale sistema.

2. Fattori del mutamento sociale
Per individuare i fattori del m. sociale è opportuno considerare l'origine del m. stesso; se esso avviene all'interno del sistema che muta, allora si avranno fattori endogeni; se, al contrario, il m. ha origine all'esterno del sistema considerato, allora si avranno fattori esogeni. Tracciati schematicamente, i principali fattori endogeni ed esogeni del m. sociale sono: grado di complessità del sistema, grado e frequenza di conflitti interni al sistema (fattori endogeni); pericoli alla sicurezza nazionale, brusca inversione del trend "nati/morti", profonde modificazioni dell'ambiente naturale, innovazione tecnologica, ecc. (fattori esogeni).

3. Teorie del mutamento sociale
I problemi del m. sociale hanno ricevuto un'attenzione costante nel pensiero sociologico. In via preliminare è opportuno distinguere tra teorie lineari e teorie cicliche. I maggiori rappresentanti del primo tipo di teorie sono A. Comte, H. Spencer, L.T. Hobhouse e K. Marx, i quali, considerati nell'insieme, hanno evidenziato i m. cumulativi nella storia sociale dell'uomo: lo sviluppo della conoscenza, l'aumento di dimensione e di complessità della società, il crescente movimento verso l'uguaglianza sociale e politica. Le teorie cicliche, per converso (in particolare V. Pareto, P. Sorokin, A. Toynbee), descrivono altri aspetti della storia umana, quali: la lotta tra i gruppi per il potere politico, la distinzione tra tipi di cultura e l'incessante "sviluppo-arresto-declino-sviluppo" dell'umanità. La teoria moderna risale soprattutto agli studî di W.F. Ogburn (Social change with respect to culture and original nature, 1922), secondo il quale è l'innovazione tecnologica a determinare il m. sociale, sollecitando in altri settori della società corrispondenti processi di adattamento e m.; ma poiché il progresso tecnico è rapido e continuo e non tutti i settori della vita sociale sono in grado di seguirne il ritmo, si verificano di conseguenza situazioni di scarto tra i varî processi di m. (ritardo socio-culturale). Secondo R. Dahrendorf (Pfade aus Utopia, 1967), nella metodologia di approccio allo studio del m. sociale occorre invece rinunciare a ogni costruzione unitaria e lineare impegnandosi nella spiegazione di problemi specifici. Lo studio del m. sociale andrebbe fondato: su di una definizione rigorosa delle situazioni di partenza e di arrivo della variazione; sulla enunciazione dei fattori (demografici, economici, politici, tecnici e culturali) che influenzano il m. e delle condizioni più o meno ad essi favorevoli; sull'identificazione degli agenti che favoriscono o resistono al m. (persone, gruppi o associazioni) e della durata di osservazione della variazione in oggetto. Secondo H. Gerth e C. Wright Mills (Character and social structure, 1953), un modello di analisi del m. sociale dovrebbe rispondere ai seguenti quesiti: quale unità deve essere osservata nel m.; come cambia questa unità; qual è la direzione del m.; qual è il ritmo del m.; quali sono le cause necessarie e sufficienti del m.; qual è l'importanza causale dei fattori soggettivi e oggettivi del mutamento.

Da - http://www.treccani.it/enciclopedia/mutamento-socioculturale/
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Utente non iscritto
« Risposta #1 inserito:: Settembre 13, 2015, 08:06:29 am »

Cultura
Vocabolario on line


1.

a. L’insieme delle cognizioni intellettuali che una persona ha acquisito attraverso lo studio e l’esperienza, rielaborandole peraltro con un personale e profondo ripensamento così da convertire le nozioni da semplice erudizione in elemento costitutivo della sua personalità morale, della sua spiritualità e del suo gusto estetico, e, in breve, nella consapevolezza di sé e del proprio mondo: formarsi una c.; avere, possedere una discreta c.; uomo di grande, di media, di scarsa c.; gli uomini di cultura. In senso più concr., e collettivo, l’alta c., quella che si acquisisce attraverso gli studî universitarî, e le persone stesse (laureati o docenti) che ne sono gli esponenti; analogam., il mondo della c., gli ambienti culturalmente più elevati.

b. L’insieme delle conoscenze relative a una particolare disciplina: avere c. letteraria, musicale, artistica; possedere una ricca c. storica, filosofica; c. classica, che riguarda la storia, la civiltà, la letteratura e l’arte dei popoli antichi, soprattutto greci e latini. Con riferimento a più discipline, ma sempre in senso limitativo (come insieme di nozioni, estese ma non approfondite): formarsi, avere una c. generale; ampliare la propria cultura. Nel linguaggio socio-politico, diffondere la c. nel popolo, nelle masse, frasi che esprimono l’esigenza o il programma di una diffusione a livello popolare di un tipo di cultura medio, standardizzato e uniforme, destinato al consumo nel tempo libero ma concepito anche come mezzo di elevazione sociale. In partic., c. di massa, espressione (di origine statunitense) con cui si indica un tipo di cultura medio, diffuso dai moderni mezzi di comunicazione di massa – stampa, radio, televisione, cinema, ecc. – prodotto con scopi prevalentemente commerciali e di intrattenimento, standardizzato e uniforme, destinato al consumo nel tempo libero ma concepito anche come mezzo di innalzamento sociale di larghi strati popolari tradizionalmente esclusi dalla fruizione dei beni culturali.

c. Complesso di conoscenze, competenze o credenze (o anche soltanto particolari elementi e settori di esso), proprie di un’età, di una classe o categoria sociale, di un ambiente: c. contadina, c. urbana, c. industriale; la c. scritta e la c. orale; le due c., quella umanistica e quella scientifica, soprattutto in quanto si voglia (o si volesse in passato) rilevare insensibilità e ignoranza negli scienziati per i problemi umani e negli intellettuali per i concetti e i problemi della scienza.

d. Complesso delle istituzioni sociali, politiche ed economiche, delle attività artistiche, delle manifestazioni spirituali e religiose, che caratterizzano la vita di una determinata società in un dato momento storico: la c. italiana del Quattrocento; la c. illuministica o dell’illuminismo; la storia della c. di un popolo.

2. In etnologia, sociologia e antropologia culturale, l’insieme dei valori, simboli, concezioni, credenze, modelli di comportamento, e anche delle attività materiali, che caratterizzano il modo di vita di un gruppo sociale: c. primitive, c. evolute; la c. delle popolazioni indigene dell’Australia; la c. degli Incas.

3. In archeologia e storia dell’arte, c. materiale, tutti gli aspetti visibili di una cultura e di una civiltà, quali i manufatti urbani, gli utensili della vita quotidiana e gli oggetti artistici.

4. Con ulteriore ampliamento della semantica, e conseguentemente degli usi lessicali, del termine e della connessa fraseologia (ampliamento dovuto principalmente allo sviluppo degli studî di sociologia e al crescente interesse per i problemi sociali), il termine stesso è passato a indicare genericamente, nella letteratura, nella pubblicistica e nella comunicazione di questi ultimi anni, l’idealizzazione, e nello stesso tempo la scelta consapevole, l’adozione pratica di un sistema di vita, di un costume, di un comportamento, o, anche, l’attribuzione di un particolare valore a determinate concezioni o realtà, l’acquisizione di una sensibilità e coscienza collettiva di fronte a problemi umani e sociali che non possono essere ignorati o trascurati. Si è parlato, e si parla, così, di una c. della vita ma insieme anche di una c. della morte; di una c. del lavoro, e insieme, ma con ottica diversa, di una c. della povertà, o di una c. dell’assenteismo; di una c. della pace, della solidarietà, dell’altruismo, del dialogo (per es. tra le diverse religioni) e all’opposto di una c. del profitto, della tangente o addirittura della mafia; di una c. ecologica o ambientale, che è soprattutto acquisizione di coscienza e rispettoso comportamento per tutto ciò che concerne l’ambiente; di una c. del turismo, per significare sia l’importanza data, di un determinato paese, ai problemi e allo sviluppo del turismo, sia l’abitudine a praticarlo in un territorio più o meno ampio; di una c. di governo, quella indispensabile per poter governare; di una c. dell’accoglienza, quella che dimostra di saper rispondere, con progetti di reale, partecipe inserimento dell’elemento straniero nel tessuto sociale e culturale dei paesi ospitanti, ai nuovi assetti multiculturali e alle esigenze che ne sono conseguite; e così via. Esempî, tutti questi, che possono essere classificati sotto la triplice ripartizione, che talora viene enunciata, di una c. ideologica, una c. materiale, una c. comportamentale.

5.

a. Coltivazione, allevamento (come variante del più com. coltura): vestigi di cultura per la campagna (Leopardi); al plur., luoghi coltivati: partendosene per andare alle proprie abitazioni e culture i contadini (Guicciardini).

b. C. fisica, l’esecuzione costante e ordinata di quegli esercizî fisici che contribuiscono a un armonico sviluppo del corpo.

c. ant. Culto religioso: di religione gentile era, e alla c. degli idoli massimamente dato (Belcari). ◆ Con i sign. di «coltivazione, allevamento» è usato anche come secondo elemento di parole composte, meno frequente della variante -coltura (v.).

da - http://www.treccani.it/vocabolario/cultura/
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