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Autore Discussione: Francesco Daveri. Famiglie e investimenti come si è arrivati fino a questo punto  (Letto 1739 volte)
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« inserito:: Agosto 26, 2015, 11:59:39 am »

Famiglie e investimenti: come si è arrivati fino a questo punto
Troppo risparmio e poche opportunità di impiego dei capitali alla base della crisi che sta travolgendo i mercati finanziari

Di Francesco Daveri

Alla fine l’effetto domino è arrivato. In Europa le borse hanno lasciato sul terreno mediamente più del 5,6 per cento. A Wall Street, dopo un’apertura da brivido con l’indice Dow Jones in calo di più di 900 punti (non ne ha mai persi più di 800 in un giorno), le perdite sono state via via contenute al di sotto del 4%. Colpisce però il repentino aumento del Vix, l’indice della paura, che misura la variabilità attesa sul mercato azionario americano nei prossimi 30 giorni: dopo aver oscillato tra i 15 e i 20 punti per tutta l’estate, è arrivato in giornata a sfiorare zona 40, molto vicino ai livelli raggiunti nell’autunno 2011 nel mezzo di un’altra grande crisi con potenziali implicazioni sistemiche come quella dell’euro. Come dire che sui mercati ci si aspetta che le vendite a domino non siano finite con la tempesta del 24 agosto. A determinare l’ondata di vendite sui mercati, come nelle settimane precedenti, concorrono alcune circostanze specifiche. Quella di ieri, ad esempio, è il no opposto dalle autorità cinesi a garantire l’ennesimo salvataggio, dopo i 200 miliardi spesi dalle banche controllate dal governo nelle scorse settimane e le tante altre misure dirigiste a sostegno della Borsa cinese, dal divieto di vendite allo scoperto a quello di vendere azioni a chi deteneva grandi pacchetti di aziende, spesso pubbliche.

Il rischio della stagnazione secolare
Ma dietro il domino c’è ovviamente molto di più. I mercati si stanno interrogando sulla capacità dei governi di fare fronte al rischio di stagnazione secolare di cui si vedono molti sintomi. Con le loro vendite, comunicano di non avere ottenuto dai governi una risposta convincente ai loro interrogativi. Da dove vengono i timori delle Borse? Tutto nasce dall’eccesso di risparmio e dalla scarsità di opportunità di investimento nell’economia mondiale. Come raccontò l’ex rettore di Harvard Larry Summers in una conferenza al Fondo monetario internazionale nel novembre 2013, oggi famiglie, imprese e governi nei vari paesi del mondo risparmiano troppo e investono troppo poco, un’ipotesi che lui chiamò “stagnazione secolare”. Oggi si risparmia più di quanto si facesse nel 2007 perché da allora i debiti delle società non finanziarie e dei governi hanno continuato ad aumentare, raggiungendo a metà 2014 il 280 per cento del Pil nei paesi ricchi e il 120 per cento nei paesi emergenti. Del 217 per cento del Pil del debito totale della Cina, solo meno di un quarto era debito pubblico il 17 per cento era debito delle famiglie mentre il restante 58 per cento faceva capo alle imprese private e pubbliche. Un grande debito - specialmente in un contesto di bassa inflazione e bassa crescita - rischia di avvitarsi verso l’alto, di diventare insostenibile. E il rischio di avvitamento influenza negativamente le decisioni di spesa e induce a risparmiare. Risparmiano le famiglie che infatti hanno a lungo rinviato i loro acquisti di beni durevoli. E risparmiano, lo sappiamo bene in Italia, anche i governi che devono tagliare le loro spese e alzare le tasse sui loro cittadini per rimborsare i debiti regressi. E le imprese, anziché investire in nuovi macchinari, nuovi stabilimenti e nuovi prototipi, si tengono stretta la loro liquidità ed esitano a chiedere credito alle banche (che peraltro sono state a lungo restie a concederglielo). E così niente aperture di nuovi punti vendita, pochi rinnovi delle flotte di auto aziendali, pochi acquisti di prodotti informatici e di telecomunicazione.

Si risparmia troppo e si investe poco anche per ragioni che non dipendono dal debito pregresso. I cinesi risparmiano perché non hanno il welfare occidentale e quindi consumano poco dei loro redditi per mettere da parte i soldi per le spese sanitarie e per la pensione. Peraltro quando investono nell’economia, i loro soldi vanno spesso a finire in progetti di investimento con bassi rendimenti (se c’è tanto risparmio in giro, diminuisce l’esigenza di usarlo bene). Gli europei risparmiano perché oppressi da una demografia sfavorevole che vede Germania e Italia in testa dopo il Giappone nella quota di persone sopra i 64 anni di età. Gli americani invece risparmiano poco e - almeno per ora - crescono trainando con sé quel po’ di crescita che si vede nell’economia mondiale. Ma sui dati di consumo e di investimento Usa pesa il fatto che le nuove tecnologie e le innovazioni di oggi non producono le opportunità di investimento del passato e rimangono un affare dei Bill Gates e dei Mark Zuckerberg e non della famiglia Jones che tutti volevano imitare nei modelli di consumo.

L’Europa strangolata dal debito
Con troppi debiti, troppi risparmi e pochi investimenti, i governi che possono alimentare la crescita come in passato, consumando o investendo direttamente, si contano sulle dita di una mano. Lo può fare il governo americano, lo potrebbe fare se lo volesse (dimenticando la demografia sfavorevole) il governo tedesco. Ma non possono farlo i governi dei paesi emergenti e non possono farlo la maggior parte dei governi europei, strangolati dal debito del passato e dalla mancanza di un’unione politica che ben pochi vogliono. Non a caso fino ad oggi, per guadagnare tempo e decimali di crescita economica, ci si è affidati alle cure delle banche centrali.
Insomma l’economia mondiale è a un difficile bivio. Da un lato c’è la stagnazione con debito che si avvita, bassi prezzi delle materie prime e deflazione. Dall’altro lato c’è la ripresa di una crescita non drogata dalla politica ma che ritrova la sua ragione d essere nei meccanismi del passato: innovazione, consumi e investimenti, con il cruciale ritorno della classe media. Per avviarsi su questa strada, ci sarà da ristrutturare (anche con soldi pubblici) i debiti delle istituzioni insolventi mentre si dovrà proseguire sulla strada della realizzazione di riforme radicali del funzionamento dell’economia e degli stati che rendano la crescita di oggi inclusiva come in passato. Senza il ritorno ad una crescita più sostenibile e meno dipendente dalla liquidità delle banche centrali il mondo rischia di perdere la sua battaglia contro la stagnazione secolare. E di assistere ad altre giornate nere di falò delle attività finanziarie sui mercati di tutto il mondo.

25 agosto 2015 (modifica il 25 agosto 2015 | 07:12)
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Da - http://www.corriere.it/economia/15_agosto_25/famiglie-investimenti-come-si-arrivati-fino-questo-punto-59f284e8-4ae7-11e5-9f12-8a25e5d314d3.shtml
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