Minoranza PD, Roberto Speranza incoronato leader antirenziano da Pier Luigi Bersani.
L'obiettivo è rifondare il partito
Andrea Carugati, L'Huffington Post
Pubblicato: 27/06/2015 19:03 CEST Aggiornato: 27/06/2015 19:03 CEST
SPERANZA LEADER
“Il Pd non è solo Matteo Renzi, e non può essere il megafono di palazzo Chigi. Tocca a noi rispondere a chi ci chiede un altro Pd, un’altra visione del centrosinistra”. Roberto Speranza scalda la platea della minoranza dem riunita a Roma a due passi da via Margutta. Cinquanta minuti di relazione in cui l’ex capogruppo alla Camera demolisce 18 mesi di renzismo e s’incarica di prendere sulle spalle quel che resta della sinistra nel Partito Democratico.
Non alza i toni, il mite Speranza, però è molto duro su un partito “diventato somma di comitati elettorali, che s’illude di potersi affidare a un leader, che ha asfaltato tutte le forze intorno e infatti ai ballottaggi i nostri voti non aumentano”. Dal lavoro all’Italicum, dalla scuola alle riforme istituzionali, passando per l’idea di un nuovo centrosinistra, Speranza s’intesta la leadership della minoranza. Alla fine del suo intervento molti delegati si alzano in piedi, lui viene colto in contropiede, si rialza e saluta con la mano, visibilmente emozionato. In prima fila Bersani annuisce, “relazione perfetta, io non ho nulla da aggiungere”. C’è un patto di ferro tra il vecchio leader e il suo delfino, la famosa “ruota che gira”. “E’ il giorno di Roberto”, commenta Bersani, soddisfatto del suo (per ora mezzo) passo indietro.
Speranza ha appena finito di demolire il Pd renziano, “basta picchiare sui corpi intermedi, non esiste un modello con un leader e una moltitudine informe di cittadini”. Usa parole sconosciute all’altro Pd, come “umiltà”, ricorda che oltre a Fassina e Civati “nei territori il fenomeno della scissione è molto più profondo”, lancia a Renzi un avvertimento sui prossimi appuntamenti parlamentari: “Non si può abusare all’infinito del nostro senso di responsabilità, non si può governare dividendo il Paese”.
Nelle prime file Gianni Cuperlo, l’ex sfidante di Renzi alle primarie. Con Speranza sta costruendo una partnership sempre più forte, fino a immaginare un grande evento in autunno per dar vita a una nuova area unificata della minoranza. Un processo ancora in corso, per ora le due correnti non si sciolgono, Cuperlo ipotizza un “patto di coordinamento tra i parlamentari”, poi si vedrà. “Ma il tempo stringe”, avverte.
Per entrambi la decisione di restare nel Pd ormai è assodata, e non più in discussione. L’orizzonte è il congresso del 2017, la costruzione di una alternativa a Renzi, prima sui contenuti e poi sulla leadership, ma è chiaro che in pole position per ora c’è Speranza, classe 1979. E’ proprio lui a lanciare la sfida a Renzi, quella di un appuntamento in autunno per “rilegittimare le scelte che stiamo facendo al governo”. Non è una richiesta di congresso, ma ci si avvicina. “Bisogna chiamare i nostri iscritti a dire come la pensano sui temi principali, dal fisco all’immigrazione alla scuola. C’è uno scollamento tra il nostro popolo e quello che fa il governo, nessuno ha dato a Renzi una delega in bianco fino al 2017”. Il premier-segretario ha già risposto a queste sfide, “dovete aspettare il congresso”. Ma D’Attorre incalza: “Non ha avuto il mandato da nessuno per fare quello che sta facendo, non dagli elettori e neppure dalle primarie”.
La sfida è lanciata e ad oggi appare quasi una mission impossible. Sul tavolo resta il tentativo di una “ripartenza” del Pd, del recupero di” quella fetta di elettori che ci ha voltato le spalle”. Più che ripartenza, sembra la conferma di un partito nel partito, un Pd 2 che si richiama alle parole d’ordine dell’Ulivo. ”Facciamo come Gianni Rivera, lanciamo la palla in una parte del campo dove ora non c’è nessuno e proprio lì potrebbe arrivare un popolo”, suggerisce Cuperlo dal palco. “Il partito della nazione si è spento nelle urne, è stato un errore di calcolo e di visione. E ora abbiamo una leadership fragile e in difficoltà. Tocca a noi indicare la strada, a una sinistra larga che sta dentro e fuori il Pd”.
Nei vari interventi, dall’ex ministro Zanonato a Epifani fino ad Alfredo Reichlin, si coglie la diagnosi di una parabola di Renzi ormai in fase discendente. E di una minoranza cui tocca ricostruire sopra le macerie, tra mille difficoltà. A partire da “un partito da rifondare e un centrosinistra da ricostruire”, spiega Cuperlo. Durissimo Reichlin, che accusa Renzi di “ignoranza e stupidità”, quando ha pensato a “un partito indistinto, personale e trasformista”.
“Se asfalti i valori del centrosinistra poi la gente non ti vota più. Ha giocato con la destra come il gatto con il topo per poi scoprire che nel paese del fascismo non esiste una destra moderata, ma c’è la barbarie”. Reichlin ne ha anche per la minoranza: “Dobbiamo mettere in campo oltre alle proteste e ai voti contrari qualcosa in più, un pensiero politico, che non è un semplice documento programmatico. Bisogna scardinare il blocco sociale che ci governa, che non è Renzi. Serve una forza larga di popolo di centrosinistra, capace di grandi alleanze sociali”.
La ripartenza della minoranza dem dunque è solo all’inizio. Un vagito che può essere facilmente travolto e zittito. Il rischio all’orizzonte è quello dell’impotenza, dei penultimatum. Peggio ancora, quello di finire, fuori dal Pd, “nel ribellismo e nell’irrilevanza”. Speranza avverte: “L’Italicum è pericoloso e va cambiato, altrimenti è necessario un Senato delle garanzie eletto dai cittadini”. Dopo la scuola, sarà questa la battaglia più dura della minoranza prima della pausa estiva. E con Renzi ancora un’intesa non c’è, e neppure una trattativa aperta.
In sala c’è anche Vasco Errani. Dal palco Speranza lo indica come “buon esempio” per le due dimissioni anche di fronte a una condanna poi cancellata. Applausi, lui sorride, si parla di un suo ritorno nelle prime fila della politica dem. Ma l’interessato svicola: “ Dare una mano? Sono qui per questo, lo vedete no?...”. Bersani lascia la sala congressi prima della fine. In strada un gruppo di militanti campani lo accoglie con calore e foto dai cellulari. Si avvicina un ragazzo: “Facciamo un selfie, e scusa se è una cosa un po’ renziana…”. Lui sorride e s’infila in via Margutta: “Questa è la giornata di Roberto…”.
Da -
http://www.huffingtonpost.it/2015/06/27/speranza-leader-minoranza-pd_n_7678032.html?utm_hp_ref=italy&utm_hp_ref=italy