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Autore Discussione: Alfredo Reichlin contro Renzi (Cosa dire? Solo rispetto per i vecchi perdenti)  (Letto 3650 volte)
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« inserito:: Giugno 28, 2015, 10:28:04 am »

Alfredo Reichlin contro Matteo Renzi e sinistra Pd. "Il premier? Un ignorante"

Redazione, L'Huffington Post
Pubblicato: 27/06/2015 14:11 CEST Aggiornato: 27/06/2015 14:11 CEST

Da Matteo Renzi alla sinistra Pd, Alfredo Reichlin ne ha per tutti. Parlando alla riunione della minoranza Dem, Reichlin ha definito il premier "un ignorante" e ha quindi criticato la sinistra Pd, spiegando che "non bastano "le proteste e i voti contrari a leggi sbagliate".

Nel suo intervento all'iniziativa che riunisce due delle 'anime' della sinistra Pd, Area Riformista e Sinistra Dem, Reichlin ha messo subito in chiaro che "la questione decisiva è quella delle alleanze con il tessuto pulsante del paese che sta nella parte sana delle imprese italiane: le forze produttive di cui, invece, in questo partito non si discute più, perchè nel Pd si discute di Civati", ha detto.

"Il nodo politico è pensare alle forze reali, non a quelle che stanno a Montecitorio. Il nostro problema è quali sono queste forze: non sono Matteo Renzi, anche se occupa la scena, ma dietro di lui cosa c'è?. Vedo un vuoto politico", ha attaccato ancora Reichlin, che mette in guardia: "stiamo attenti a non diventare una setta come tante altre".

Per Reichlin, nel Pd, dietro a Renzi c'è "un vuoto politico, non c'è una cultura politica, non c'è un disegno del futuro, mentre invece occorre pensare cose nuove per l'Italia, oltre alle proteste e ai voti contrari e alle leggi sbagliate dobbiamo mettere in campo qualcosa di più. Mettere in campo - ha insistito Reichlin - un pensiero politico che non può essere un documento programmatico, bisogna rimettere in discussione il blocco sociale e politico che ci governa, ma che non è Renzi. Insomma, ha chiesto Reichlin, "il Pd serve ancora?. L'Italia ha bisogno di una forza larga di popolo e di centrosinistra, mentre dove va Renzi con una forza indistinta? È un ignorante, non può asfaltare i valori del centrosinistra e se lo fa è uno stupido, perché ottiene solo che la gente non va più a votare".

Da - http://www.huffingtonpost.it/2015/06/27/reichlin-renzi-ignorante_n_7677458.html?utm_hp_ref=italy
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« Risposta #1 inserito:: Luglio 05, 2015, 11:00:42 am »

Serve un pensiero
Dal giornale   
Renzi ha doti di leader, ma dietro vedo un vuoto pericoloso

Alfredo Reichlin
Pongo a me stesso e a voi una questione che considero cruciale.

Quale messaggio dovremmo mandare a questo Paese frastornato, impaurito, privo del senso di dove sta andando, assalito da problemi enormi che investono ormai direttamente la vita quotidiana: le grandi migrazioni, il fantasma della povertà, perfino le minacce di nuove guerre. Che senso ha organizzare una corrente se non parto da qui? E poi: una corrente di che cosa? Di quale partito, essendo venuta in discussione la natura stessa del PD?

Questo è il “dunque” a cui siamo arrivati. Uscire? Entrare? Stare con Renzi ma al tempo stesso prendere le distanza da Renzi?

 Rispetto le decisioni personali. Ma questo dibattito mi sembra inconcludente. La necessità che sento è quella di dare una risposta forte e chiara alla domanda vera: se sia venuto meno (oppure no) il bisogno per gli italiani in questo difficile passaggio storico di una grande forza organizzata di popolo, di centro-sinistra.

Dico di centro-sinistra. Insisto su questa espressione perché la intendo non solo e non tanto  come uno schieramento parlamentare pur sempre labile ma come l’alleanza più che mai necessaria tra quello che è il deposito in parte disperso ma tuttora vivo e grandissimo di  spinte solidaristiche, di esperienze umane, di culture democratiche,  di lotte e di valori ideali, insomma quel complesso di forze e di culture laiche e cattoliche che hanno fatto la storia italiana  e che a prescindere dai tanti errori e dai settarismi, dalle fughe in avanti  e dall’anacronismo di vecchie ideologie sono piantate dentro le fibre stesse del Paese (ricordiamoci: non è la destra che ha fatto la Repubblica) e che perciò è un grande errore da parte di Renzi cercare di asfaltare. Ma l’alleanza dicevo tra tutto questo e la parte migliore della borghesia italiana. Voglio dirlo chiaro. Parlo anche degli imprenditori. Le famose forze produttive. Noi non andiamo da nessuna parte se non affrontiamo questo problema, se non parliamo al tessuto tuttora pulsante di ingegno, di lavoro, di innovazioni, di culture che sta nella parte sana delle imprese italiane. Senza questa alleanza che non è sindacale noi non affrontiamo il nodo europeo da cui tutto dipende. Non siamo nelle condizioni della Grecia ma non illudiamoci. Il ventennale blocco dello sviluppo italiano resta. Le cosiddette riforme non hanno risolto quasi niente. L’austerità l’attacco allo Stato sociale e il suo degrado, il Mezzogiorno, la svalutazione del lavoro e quindi il sacrificio della creatività e dell’ingegno italiano stanno tutti lì, di fronte a noi. Questo è il nodo che sta venendo al pettine.

È un nodo politico prima che economico. Come dimostra la vicenda greca. È un fatto che la piccola Grecia ha costretto l’oligarchia dominante d’Europa a mostrare la faccia e a non nascondersi dietro i tecnici e la burocrazia di Bruxelles È apparso chiaro che il programma greco che non funziona non sono le pensioni troppo generose ma è l’alleanza politica di sinistra sostenuta da una larga base popolare. Perché è questo singolare centro-sinistra di governo che bene o male mette la politica del rigore sotto accusa e pretende la riconquista della sovranità.

Noi stiamo arrivando allo stesso appuntamento. Con quali forze, con quale idea del futuro dell’Italia? Questo è il nostro problema. Non è Renzi, lo è anche, naturalmente, ma di risulta. È evidente che Matteo Renzi occupa la scena e ciò anche perché ha rivelato dote di leader di slancio e di energia. Ma cosa c’è dietro di lui? Io vedo un vuoto molto pericoloso. Non c’è una cultura politica e una armatura socio-culturale capace di dare un’anima agli italiani. Non c’è un sistema politico che garantisca un equilibrio costituzionale. Non c’è un disegno del futuro. Ecco tutto. Quel disegno di cui l’Italia ha un assoluto bisogno. E di cui non è più possibile fare a meno perché non ci sono più alibi. La recessione è finita. Una riprese sia pure debole è avviata ma il paese che esce da questi lunghi anni di crisi non si è stabilizzato. Anzi, è più debole di prima. Ha perso un quarto del suo apparato industriale, più del 10 per cento della sua ricchezza, la distanza fra la grande metropoli europea e cosmopolita qual è Milano e il Ventre di Napoli è diventata abissale. Si vede sempre meno non dico uno Stato unitario ma una cittadinanza uguale.

Sono cittadini uguali un giovane di Catanzaro e uno di Mantova? La corruzione e il fatto che la vita civile (non solo economica ma politica) di intere regioni è dominata non dalla legge ma dai poteri di mafie e camorre pesa ormai enormemente su tutto. Tutte le previsioni dicono che se anche una riprese ci sarà il nuovo contesto in cui siamo immersi (salti tecnologici, materie prime, nuove relazioni geopolitiche) è tale per cui il problema della disoccupazione di massa soprattutto delle nuove generazioni resterà irrisolto. A meno che (questo è il punto) il genio italiano non inventi un nuovo modello di sviluppo per cui nel futuro un nuovo Carlo Cipolla ci possa ancora raccontare come un paese senza risorse naturali può diventare ricco se “inventa le cose belle che piacciono al mondo”.

I problemi sono questi. Non invento nulla. Sono noti. Perché li cito? Perché essi ci dicono una cosa molto semplice: che se vogliamo affrontarli dobbiamo mettere in campo insieme a proteste sacrosante e a voti contro leggi sbagliate un pensiero politico. E che cos’è un pensiero politico? Non è un documento programmatico. E’ l’idea semplice e chiara che non si può riformare l’Italia senza rimettere in discussione il blocco sociale e di potere dominante che di fatto ci governa.

Riforme e alleanze non sono separabili. Ce lo siamo dimenticati? La sinistra non è l’ennesimo partitino. La sinistra è Gramsci, è l’analisi dell’Italia come blocco storico dentro il quale non ci sono solo i padroni. È l’egemonia. È la politica come lotta ma anche come dialogo. È soprattutto cercare di capire come la politica può incontrarsi con le nuove generazioni europeizzate.

Ritorno così al tema iniziale e chiudo. Che cos’è il PD? Serve ancora? Una cosa mi sembra chiara: che l’Italia ha bisogno di una forza larga, di popolo, di centro-sinistra nel senso anche di una grande alleanza sociale. Qui sta lo sbaglio drammatico di Matteo Renzi. Glielo dico con amicizia. Dove va con una forza indefinita, un partito personale, trasformista ignorando il fatto che egli non può “asfaltare” quel grande deposito di valori che le generazioni della sinistra e del laicismo cattolico hanno creato. Perchè se tenta di farlo, può solo ottenere che la gente non va più a votare. Né si può giocare con la destra come il gatto col topo e poi scopri che la destra in Italia è forte e ha il volto orrendo delle barbarie.  Cerchi di ricordare che non a caso c’è stato il fascismo in Italia. E noi pure stiamo attenti a non diventare una setta come tante altre.

È essenziale allargare gli spazi della politica, ridare fiducia e ascoltare il mondo crescente della povertà e della sofferenza. È per questo che bisogna riaprire il dialogo tra tutte le forze democratiche.

DA - http://www.unita.tv/opinioni/serve-un-pensiero/
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« Risposta #2 inserito:: Agosto 22, 2015, 05:02:11 pm »

Caro Bobo, caro Gianni, la vera questione è dove va il Pd
Il Pd e il banco di prova del riformismo.

Lettera di Alfredo Reichlin

Ho molto esitato nell’intervenire sulle questioni sollevate dalla lettera di Bobo a Gianni Cuperlo, consapevole come sono dei limiti e delle responsabilità che pesano su una persona come me. Lo faccio perché la situazione è molto seria e c’è un bisogno assoluto di chiarezza. Su che cosa si divide così aspramente questa forza – il PD – che lo si voglia o no rappresenta attualmente e non per ragioni contingenti l’architrave della democrazia italiana e la garanzia che questo paese ritrovi la via per una rinascita?

Io sono molto preoccupato. Sento acutamente il rischio che il paese vada allo sbando in balia degli sconvolgimenti del mondo, esposto a poteri sconosciuti e incontrollabili. Come si elegge il nuovo Senato è una scelta importantissima. Lo è anche la legge elettorale. Per non parlare della riforma della scuola e del mercato del lavoro. Ma io non credo che sia solo per queste scelte non condivise che il PD si trova di fronte ad un rischio serio di scissione. Ecco perché intervengo. Apprezzo molto tutti gli appelli a restare uniti ma temo che servano a poco senza una discussione vera che renda esplicita la ragione reale e seria del contrasto. Io credo che alla sua base c’è un grande interrogativo irrisolto: dove va il PD, dove si vuole che vada. Il punto è questo, e questa domanda ne presuppone un’altra: dove va e dove si vuole che vada l’Italia. Si vuole consolidare il PD come un grande campo che riorganizza e unisce le forze progressiste sia di centro che di sinistra? Oppure, volenti o nolenti, si scivola verso un nuovo partito orientato al centro capace di assimilare pezzo a pezzo la parte meno indigesta della destra, e ciò in quanto fonda il suo asse di governo su una base culturale e morale che rinnega e isola la sostanza del patrimonio storico della sinistra italiana. Questo dilemma esiste, inutile negarlo. Lo dimostra il fatto che un analogo problema, sia pur in forme diverse, si sta ponendo in tutti i paesi d’Europa ed esso investe non solo la Grecia e la Spagna ma la vicenda dei laburisti inglesi come dei socialdemocratici tedeschi. Di che cosa si tratta? Si tratta delle nuove sfide poste dalla crisi del processo di unificazione d’ Europa le quali stanno sconvolgendo i partiti i classici, le sovranità, e i vecchi sistemi politici. Ecco allora ciò che non mi convince. È il modo come la sinistra italiana sta affrontando questo problema cruciale. È vano ed è senza respiro né prospettiva ridurlo a Renzi. Non vedo un Mussolini alle porte. Vedo invece un enorme ed inedito problema storico-politico che riguarda la democrazia, il “chi comanda” in Europa (non devo ricordare la potenza impressionante delle oligarchie finanziarie) un problema che mette in crisi la figura della democrazia parlamentare e quindi il modo di essere dello Stato, insomma le Costituzioni materiali, non solo quelle formali. Mi pare questo il banco di prova del riformismo. Mi pare questa la crisi di quella che fu la grande corrente politico-idele che aveva fatto dell’Europa la patria della democrazia e dello stato sociale. Questo io penso. Non penso affatto di ostacolare gli sforzi di Renzi per l’avvio di nuove riforme. Non credo però che il compito della sinistra possa ridursi a guardare ciò che fa Renzi e non misurarsi con i grandi i problemi a cui ho accennato. Ciò su cui vorrei insistere, rivolgendomi agli amici in senso anche autocritico, è il fatto che il centro-sinistra non può ridursi ad un semplice schieramento parlamentare. Esso vive se è la costruzione di una nuova ed inedita alleanza tra le forze reali italiane di progresso. Se rappresenta il bisogno di una nuova Europa in cui le forza di progresso tornino a dire la loro in nome di un ruolo nuovo del vecchio continente nel mondo. Mettiamocelo bene in testa. Il centro-sinistra non può ridursi alla vecchia alleanza tra vecchi comunisti e vecchi democristiani morotei. Se vogliamo dare al Paese una grande forza di governo, progressista e potenzialmente maggioritaria, abbiamo bisogno di andare ben oltre i ridotti insediamenti di una sinistra vecchia che rischia di dividersi in gruppetti ancora più vecchi alla ricerca di identità perdute e di inesistenti “nomenclature delle classi”. Dovremmo invece aprire al dialogo con quel nuovo Centro rappresentato dagli imprenditori moderni e creativi, dagli intellettuali e dalle nuove leve giovanili. E dialogare non a capo chino, ma rivendicando con orgoglio l’enorme deposito di valori, di sacrifici, di idee che hanno fatto l’Italia. L’Italia l’ha fatta la sinistra e non la destra, trasformando le plebi in un popolo-nazione. Lo dico perché senza quel patrimonio Renzi non si può governare. Non si illudano certi personaggi. Si sfascia tutto e si consegna l’Italia ai mercati finanziari e ai diktat tedeschi. E qui, caro Bobo, ci starebbe bene un appello alle responsabilità non di Cuperlo ma di Renzi.  E’ questa visione delle cose e dei compiti nuovi che ci cascano addosso che non sento nel dibattito che hai suscitato. È giusto criticare posizioni settarie, non costruttive, scarsamente consapevoli dei rischi drammatici che ci sovrastano. Nemmeno io sottovaluto ciò che di buono sta facendo il Governo. Ma chiedo: posso pensare “oltre” i sì e i no a Renzi? Ecco il punto che mi sta a cuore. Posso pensare la vicenda italiana e questo nuovo mondo in modo autonomo? Sono più di venti anni – e per colpa di tutti i Governi – che l’Italia è ferma anzi è scivolata all’indietro negli ultimi posti delle classifiche sulla produttività e sull’innovazione. Guardiamo quindi bene in faccia la realtà. Non facciamoci illusioni. La recessione è finita ma non è fatto sicuro che l’Italia stia uscendo da una crisi che ha già ridotto il suo potenzione industriale, cognitivo, e produttivo del 20%. In ogni caso si fa sempre più breve il tempo utile per fermare la deriva verso una decadenza storica: finire ai margini del mondo, subire un crescente impoverimento (siamo già a 10 milioni di poveri) ma soprattutto il fatto che l’antico divario tra Nord e Sud può tradursi in una separazione di fatto. Il degrado di tanta parte del territorio meridionale si autoalimenta. Siamo già al punto che la gioventù è senza prospettiva di lavoro e sta emigrando. Se ne va. Come si ferma questo degrado? Ho già scritto troppo. E ti dico, caro amico Bobo, la mia opinione in un’estrema sintesi. Non vedo ancora un indirizzo che ci spalanchi la porta del futuro. Il tema vero è il superamento di un modello economico basato sul circuito consumo-debito-rendita. In favore di un nuovo schema centrato su valore-investimento-lavoro. Dove per valore intendo un nuovo sistema di priorità che si basa su investimenti sulla scuola e nella formazione con la consapevolezza che il capitale umano è la prima e fondamentale ricchezza di una comunità. Posso pensare queste cose o sono il solito “gufo”?

Da - http://www.unita.tv/focus/caro-bobo-caro-gianni-la-vera-questione-e-dove-va-il-pd-2/
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