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Autore Discussione: ILARIO LOMBARDO. Nato IL POLO AZIENDALISTA Il M5S incorona Casaleggio jr  (Letto 8643 volte)
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« inserito:: Giugno 27, 2015, 10:21:30 pm »

Per candidare Di Battista a sindaco di Roma è già pronto il referendum on line del M5S
Casaleggio sarebbe pronto all’escamotage per conquistare la Capitale


27/06/2015

Ilario Lombardo
ROMA

Ricordate la regola sui talk show? I «pollai» come li chiamavano i parlamentari 5 Stelle, fieri di tenersi a distanza dall’agone chiassoso della tivù. A un certo punto, a Genova e a Milano, dove pulsa il cervello organizzativo del Movimento, si è deciso che per prendere voti la televisione era un male necessario. Le deroghe, se si vuole, si trovano sempre. E il M5S potrebbe fare un altro strappo al proprio ideale di purezza per Alessandro Di Battista. 

Non è semplice, ma è possibile. Nel vangelo dei 5 stelle c’è un comandamento che adesso in molti vedono come d’impaccio all’agognata conquista di Roma. Qualunque eletto deve concludere il proprio mandato prima di essere candidato altrove. Gianroberto Casaleggio, come è noto, ha freddato i furori di tanti fan che chiedono di mettere il Dibba alla guida della lista per la corsa al Campidoglio, declinando così il suo no: «Ogni volta che deroghi a una regola praticamente la cancelli». Non è stato però riportato completamente il pensiero del fondatore. E il pezzo mancante del ragionamento apre una nuova prospettiva. Come spiega un membro dello staff molto vicino al guru, quello che intendeva Casaleggio è che «sono inaccettabili deroghe prese dall’alto». Ovvero: né lui né Beppe Grillo daranno mai il dischetto verde alla candidatura di Di Battista. 

Ma una strada alternativa c’è, ed è scritta nel DNA del Movimento. Nell’amata Rete, che ha cullato i sogni casaleggiani di veder trionfare la democrazia partecipativa. «Basta affidare la decisione a un referendum sul blog. Se la base lo vuole…altrimenti non avrebbe senso per noi parlare di democrazia diretta». Il pressing pro-Di Battista di una fetta di parlamentari e dei militanti si fa ogni giorno più forte sul web e potrebbe tradursi a breve in un’altra novità: migliaia e migliaia di mail indirizzate alla Casaleggio Associati, un vero e proprio mailbombing che solo all’apparenza costringerebbe il guru a cedere al voto online sulla deroga, perché in verità gli faciliterebbe quel via libera che lui e Grillo non darebbero certo a malincuore. 

Questa è la strategia, ben vista anche dal direttorio, per vincere le loro ultime resistenze e aggirare la regola. Roma fa troppo gola. Dopo Mafia Capitale, nei sondaggi il M5S veleggia su cifre altissime. Oggi, a Ostia, alla fiaccolata dell’onestà, dovrebbe esserci Grillo. Chiederà a Ignazio Marino di sloggiare. Il sindaco si è barricato in trincea ma se e quando lascerà, il M5S vuole farsi trovare pronto. Non con Marcello De Vito, capogruppo in Comune, candidato considerato troppo debole. Ma un nome che preoccupa il Pd e Matteo Renzi. Di Battista è il volto più mediatico del Movimento, l’«arringatore» della piazza, sempre a suo agio quando c’è da urlare «mafia», «partiti», «onestà», nella stessa frase. 

Va da sé che il M5S sta piano piano smontando l’impianto originario della creatura di Grillo e Casaleggio. E se c’è uno che incarna la nuova fase di istituzionalizzazione del Movimento è Luigi Di Maio che con Di Battista divide la fama, ma rispetto a lui è lanciato verso la più ambiziosa candidatura a premier. Per raggiungere quel traguardo, qualcosa va sacrificato. La trasparenza assoluta, per esempio, altro pilastro dei grillini. «I panni sporchi si lavano in casa». La frase la usò un giovane Giulio Andreotti contro «Umberto D» di Vittorio De Sica, perché rendeva pessimo servigio alla patria. Ma nella sua evoluzione dorotea l’ha usata di recente anche Di Maio in un giro di sms in cui ordinava di non parlare più della possibile espulsione di Federico Piccitto, sindaco di Ragusa, reo di non aver fermato le trivellazioni. «Evitiamo altre cazz... – dice Di Maio – e se le riunioni sono a porte chiuse, non si pubblica nulla di quello che diciamo». La stagione delle espulsioni è finita. Ma anche lo streaming è un ricordo lontano. 

Da - http://www.lastampa.it/2015/06/27/italia/politica/per-di-battista-sindaco-referendum-on-line-ms-wn1rlrdAVSIb6mFGcXlcdI/pagina.html
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« Risposta #1 inserito:: Marzo 26, 2017, 11:48:32 pm »

“Casting di mille esperti di governo per non ripetere gli errori di Roma”
Il capo partito: “Non possiamo più fidarci di chiunque”.
Già iniziati colloqui con economisti, magistrati e funzionari


Pubblicato il 21/03/2017

ILARIO LOMBARDO
ROMA

Quanto è facile trasformare un sogno in un incubo? È la domanda che Beppe Grillo tiene bene in mente quando immagina il M5S al governo dell’Italia e al contempo guarda alle condizioni di Roma. Una è una possibilità, l’altra è già realtà e non gli fa dormire sonni sereni. 

Ecco perché Grillo non vuole più commettere errori e vuole arrivare all’appuntamento elettorale in maniera impeccabile. Perché, al di là delle dichiarazioni di facciata e delle fiducia ostentata, Grillo sa che quanto accaduto con la sindaca Virginia Raggi è l’esempio lampante di quello che non va più fatto: «A Roma abbiamo sbagliato, siamo arrivati impreparati e non possiamo permetterci di farlo di nuovo se andremo al governo» ha ripetuto ieri a chi lo ha incontrato a Roma. 
 
LEGGI ANCHE - Caso Genova, Grillo: “Chi non è d’accordo si crei un altro partito” 
 
Il M5S in versione governativa cerca fuori dai propri confini tradizionali il personale che andrà a rinforzare la squadra di Palazzo Chigi. Sottosegretari, dirigenti, funzionari, consulenti, e anche qualche ministro di peso. Beppe Grillo spara un numero: «Ci serviranno mille persone perbene - ha detto - E dobbiamo cercare i migliori». I migliori magistrati, professori, avvocati, ingegneri che vogliano partecipare al primo governo dei 5 Stelle. Un governo che avrà in larga parte ministri politici come volti e portavoce, ma dietro ai quali si muoveranno quegli esperti che dalle diverse categorie si stanno già avvicinando alla causa di Grillo. Al netto degli opportunismi di carriera, di chi è pronto a salire su un carro lanciato verso la vittoria, il comico sa che questo interesse è crescente, annusa un clima diverso, meno ostile verso il Movimento. Lo aveva notato durante il convegno sul lavoro del futuro, organizzato dai deputati grillini, e ne ha trovato conferma ieri, seguendo gli interventi al dibattito sull’acqua pubblica che si è tenuto alla Camera. 
 
C’è una fetta di accademici pronti a prestare le proprie competenze, come ci sono ex generali e alti ufficiali in cerca di un accreditamento verso i rampolli del M5S come Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista. Il casting è partito già da qualche mese, dalla fine del 2016, da quando il Movimento ha cominciato una serie di colloqui informali con economisti, magistrati, giuslavoristi, esperti di ambiente e di difesa, per sondare la loro disponibilità a dare una mano agli inesperti grillini che altrimenti arriverebbero al potere orfani di una classe dirigente e di una struttura di funzionari fedeli alla missione del Movimento. Esattamente come è successo a Roma. E il ribaltone sul ribaltone di Genova, deciso a tavolino da Grillo dal terrazzo della sua villa di Nervi, che ha mandato al diavolo anni di parole sulla democrazia partecipata, va letto tenendo presente il pasticciaccio della Capitale. Anche a Roma, come ha fatto a Genova la consigliera regionale Alice Salvatore contro Marika Cassimatis, c’era chi, la deputata Roberta Lombardi, aveva messo il leader genovese in guardia dalla vincitrice delle primarie, Raggi, e dagli uomini di cui aveva scelto di circondarsi, su tutti Raffaele Marra e Salvatore Romeo. Solo che a differenza di Salvatore, Grillo aveva scelto di lasciare fare alla sindaca, isolando Lombardi. Un rischio che non vuole più correre: e così per non mettere una toppa dopo - con assessori inviati dalla Casaleggio Associati, deputati spediti in Campidoglio a supervisionare il lavoro della giunta - ha preferito optare per lo strappo preventivo, liquidando la legittima candidata e la sua lista di consiglieri in odore di eresia. 
 
Per tutti questi motivi, la frase che va ripetendo Grillo, «non possiamo più fidarci di chiunque», porta con sé diverse conseguenze in vista delle politiche: ci sarà sì una ristrutturazione dei meet-up, e verrà ripensato il metodo di selezione degli eletti, ma è pronto anche un lavoro di selezione dei nomi che dovranno affiancare i ministri scelti tra i 5 Stelle. Gente che sulle banche, sul reddito di cittadinanza, sull’immigrazione, sull’euro e sull’Europa, la pensa come il M5S e che può garantire a Grillo di non avere brutte sorprese dopo le elezioni. 

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Da - http://www.lastampa.it/2017/03/21/italia/politica/casting-di-mille-esperti-di-governo-per-non-ripetere-gli-errori-di-roma-mp4UnZq8UWNyehrplB8ktM/pagina.html
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« Risposta #2 inserito:: Aprile 05, 2017, 04:45:39 pm »

Da Harvard a Trump: Di Maio riparte dagli Usa Viaggio per accreditarsi, obiettivo vedere il presidente.
Mentre Grillo è pronto a incontrare Papa Francesco

Pubblicato il 05/04/2017

ILARIO LOMBARDO
ROMA

Quando pensano di essere a un passo dal governo i leader cercano subito di accreditarsi e di farsi conoscere da chi hanno bisogno di farsi conoscere. E si comincia sempre da due potenze mondiali: quella politico-economica, gli Stati Uniti, quella spirituale, il Vaticano. 

Beppe Grillo è pronto a incontrare Papa Francesco, il pontefice che il comico scherzando ha più volte definito «grillino», nel tentativo di assimilare la visione francescana di rottura del sistema ecclesiastico a quella del M5S nella politica italiana. In Vaticano è un rituale che conoscono bene: chi accarezza l’idea del potere prima o poi si fa vedere in Santa Sede. Ma se per la visita ufficiale Oltretevere, fanno sapere dal M5S, i contatti tra le diplomazie grilline e vaticane sono al momento agli albori, diverso è il discorso per il viaggio Oltreoceano di Luigi Di Maio. 
 
Questa volta si farà. E se tutto si incastrerà alla perfezione dovrebbe essere già a maggio, al massimo a settembre, se ci saranno imprevisti. Il sogno sarebbe di farlo prima del G7 che riunirà i leader mondiali a Taormina il 26 e 27 maggio. Di Maio atterrerà a New York e si muoverà tra la Grande Mela, Boston, dove sarà ospite dell’università di Harvard, e Washington dove l’obiettivo grosso del M5S è incontrare Donald Trump in persona. Già una volta Di Maio era stato costretto ad annullare la trasvolata negli States. La prima, a ottobre, nel pieno della crisi di Roma, quando venne travolto dalle faide del M5S. La sua leadership fu messa in discussione dai movimentisti guidati da Roberto Fico, lui scelse il basso profilo e cancellò il viaggio, che, dopo la tappa di Israele, lo avrebbe accreditato, forse definitivamente, come prossimo candidato premier. Da allora si può dire che il mondo è cambiato: negli Usa ci sono state le elezioni e a sorpresa ha vinto Trump, portatore di quel postmodernismo populista che ha raccolto l’entusiasmo di Grillo e delle destre sovraniste d’Europa. Nel frattempo, in Italia, per restare alle beghe più domestiche del M5S, Di Maio non deve più subire la finzione della democrazia orizzontale, leaderless, e, piegati i suoi avversari interni, ormai si muove da candidato premier. Il viaggio negli Usa a pochi mesi dal voto serve a rinforzare questa immagine e a farlo conoscere dall’Amministrazione Usa. 
 
Le diplomazie sono all’opera, i primi contatti con gli ambienti governativi e l’entourage di Trump sono in corso. Di Maio dovrebbe incontrare qualcuno della squadra, ma punta a stringere la mano a The Donald in persona. Molti dettagli sono ancora da definire e ci stanno lavorando sia uomini della Casaleggio sia i collaboratori dell’ufficio di Di Maio, a partire dal fidato consulente politico, Vincenzo Spadafora, già responsabile dello sdoganamento del deputato tra i lobbisti italiani. A giorni invece è attesa la bozza del programma di interventi ad Harvard, la prestigiosa università dove Di Maio parlerà di democrazia diretta e della piattaforma Rousseau affidata a un imprenditore privato, Davide Casaleggio, per definire il piano di governo partecipato dagli attivisti. Di Maio ovviamente non potrà sfuggire agli interrogativi internazionali che gli verranno posti, soprattutto dopo il voto in Francia. Negli Stati Uniti gli chiederanno della Nato, che il M5S vuole ridimensionare, e dei rapporti con la Russia, a cui i grillini vogliono togliere le sanzioni decise dall’Ue d’accordo con Washington quando alla Casa Bianca sedeva Barack Obama. Sono due punti del programma di Esteri che in questi giorni si vota sul blog. Le convergenze con la dottrina Trump non sono poche e i 5 Stelle non hanno mai nascosto una certa simpatia per il presidente Usa. Al netto dell’imbarazzo per la sua conversione al carbone, mentre Grillo vuole chiudere con i fossili, anche alla presentazione del programma energetico del M5S alla Camera, i 5 Stelle hanno usato vari distinguo per evitare di attaccare Trump e di causare incidenti diplomatici che possano compromettere i piani di Di Maio. 
 
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Da - http://www.lastampa.it/2017/04/05/italia/cronache/da-harvard-a-trump-di-maio-riparte-dagli-usa-PH4NAIx3R9e63lGoj243CL/pagina.html
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« Risposta #3 inserito:: Aprile 08, 2017, 05:33:05 pm »

Grillo “il Grigio”, espulsioni e pistole nel film che svela l’ascesa del M5S
Una regista danese, unica al mondo, ha assistito alle riunioni segrete
In una foto di gennaio 2013 il leader del M5S, Beppe Grillo, durante lo «Tsunami Tour», il tour elettorale organizzato per le elezioni di febbraio quando i grillini diventarono il primo partito superando il 25%

Pubblicato il 08/04/2017 - Ultima modifica il 08/04/2017 alle ore 10:00

ILARIO LOMBARDO
ROMA

«Dovreste vivere in Italia per capire cos’è la paranoia», dice Mario Giarrusso, senatore e attore prestato a interpretare se stesso, «è la cosa che ti fa dubitare dei tuoi stessi amici». La frase va finendo mentre Giarrusso è seduto in trattoria ad ascoltare quei suoi amici e colleghi che poco dopo saranno espulsi dal M5S: Francesco Campanella, Luis Orellana, Lorenzo Battista. Nel frattempo Giarrusso raccoglie minacce di morte e si compra una pistola che, con eccesso di immaginario cinematografico, porta con sé a letto. Siamo nel 2014 e la paranoia nel M5S è al suo culmine. Poi, resterà come una ferita e una cifra comportamentale, come un sapore in bocca che non va più via. 

Il documentario 
Quasi due anni prima, una regista danese, Lise Birk Pedersen, ottiene, unica al mondo, di poter raccontare il M5S dal suo interno, seguendo nel privato e nelle riunioni quattro senatori grillini. Paola Taverna, Alberto Airola, Mario Giarrusso, Luis Orellana. Nessun velo, nessuna finzione, se non la posa attoriale che ogni tanto prende chi sa di avere una telecamera accesa intorno a sé. Il risultato è «Tutti a casa – Inside M5S», il documentario di Pedersen, ieri in anteprima al festival di Pordenone «Le voci dell’inchiesta». È un racconto lungo tre anni, dallo Tsunami tour di Beppe Grillo, le piazze piene che annunciavano, inascoltate, il maremoto politico, a un comizio del 2015 organizzato sulla coda di Mafia Capitale, che invece annunciava la scontata vittoria del M5S a Roma. 
 
In mezzo ci sono aneddoti divertenti e dolorosi. C’è quella volta in cui sempre Giarrusso, sfinito dalle discussioni con gli attivisti ai banchetti in Sicilia che spingono per l’accordo con il Pd di Pier Luigi Bersani, si addormenta nella cameretta di quand’era bambino, con la sciarpa del Catania sopra il letto e il padre che gli dice in dialetto di «tirar fuori le palle». Giarrusso è un omone addolcito dall’amore per la musica classica, dilaniato per mesi dai dubbi se accettare un compromesso con i dem. Chi invece non sente ragioni è Taverna, capace far piangere una senatrice, Michela Montevecchi. La scena si svolge durante l’assemblea che decreterà l’espulsione della collega Adele Gambaro, rea di aver accusato Grillo di scrivere post violenti («il Parlamento è una tomba maleodorante»). Interviene Taverna in italiano-romanesco: «Vojo che me fate il favore di levarve dai cojoni. Voi state qui per grazia ricevuta de Beppe Grillo, e state a sputà nel piatto in cui se magna…». Ma c’è chi della grazia ricevuta non sa che farsene, e vorrebbe fare politica, ragionare con la propria testa, come Orellana che nell’intimità dello sconforto dice: «Per il 99% degli attivisti Beppe è perfetto e non può sbagliare». Beppe li porta fino alle soglie del Parlamento, dove è un po’ cominciato e un po’ finito tutto. Poi riappare solo di tanto in tanto dal vivavoce di un iPhone, su quello di Vito Crimi, dove è registrato come «Il Grigio». La telecamera entra nelle assemblee e dà ragione ai retroscena che hanno raccontato i giornali, incuranti degli attacchi di un Movimento che si è subito rimangiato le promesse di trasparenza. Si vede come «Il Grigio» impone le scelte: «Fate come volete, ma sappiate che…»; la sua rabbia impietosa quando viene messo in discussione. 
 
Senza filtri 
Dove si spegne lo streaming si accende l’occhio di Pedersen su semplici cittadini entrati in un gioco più complesso di loro, dove parlare liberamente diventa sempre meno gradito. La regista ha detto di aver cominciato senza sapere nulla del M5S, mossa da curiosità. La fortuna l’ha premiata e le ha permesso di raccontare cosa è successo davvero, senza pregiudizi e con quel rigore scandinavo che come nulla fa passare dal comico al drammatico. Le liti feroci, il potere di Grillo, il conformismo di alcuni, la ribellione di altri, le epurazioni, la deriva personalistica e autoritaria del M5S, Airola che preme Sì sul tablet per espellere Gambaro, l’addio amaro di Orellana: «Ascoltare cosa dicono gli altri dovrebbe essere lo scopo di chi sta in Parlamento». È un documento storico su un esperimento antropologico. E che parla di oggi, parla di quanto è successo a Genova, e potrebbe risuccedere. La parola onestà si sente riecheggiare fino al finale, a Roma, dove si chiude come si era cominciato, sui volti del pubblico a un comizio di Grillo che è anche spettacolo: «La manifestazione dell’onestà», dopo Mafia Capitale. Poco prima le telecamere mostravano Taverna e Airola fumare nelle stanze del Senato, dove è vietato farlo, inconsapevoli che l’onestà comincia sempre dal rispetto delle piccole regole. 
 
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Da - http://www.lastampa.it/2017/04/08/italia/politica/grillo-il-grigio-espulsioni-e-pistole-nel-film-che-svela-lascesa-del-ms-gHdlA3c88QYHd9MS5MR2KP/pagina.html
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« Risposta #4 inserito:: Aprile 09, 2017, 05:09:53 pm »

Il M5S incorona Casaleggio jr
La svolta imprenditoriale piace ai deputati: meglio degli slogan di Renzi: «E non chiamatela Leopolda». Grillo ai giornalisti: «Parlate con Davide»
«Capire il futuro» ieri a Ivrea la kermesse per ricordare Gianroberto Casaleggio
Pubblicato il 09/04/2017 - Ultima modifica il 09/04/2017 alle ore 09:50

ILARIO LOMBARDO
INVIATO A IVREA (TO)

Davide Casaleggio è una statua a braccia conserte che veste come un impaccio la fama improvvisa. In piedi per ore, con sopportazione ascetica, ascolta parlare di robotica, colonscopie, cancro, spazzatura nello spazio, lavoro e intelligenza artificiale, in un evento a metà tra i Ted e, come nota Carlo Freccero, i più noiosi speech aziendali. Diversa dalla Leopolda di Matteo Renzi, si fionda a precisare, per il resto parco di dichiarazioni, Casaleggio Jr. Defezioni a parte, gli ospiti si alternano per provare a disegnare la sua idea di futuro, la stessa parola amata da Renzi che diventa un’eco meccanica in bocca ai politici, per una volta ridotti a comparse, come Beppe Grillo che ascolta e non parla quasi. «Siamo qui per cambiare il futuro», dice la sindaca di Roma Virginia Raggi. Ma il futuro non si cambia, si affronta, o, appunto, si capisce, come titola l’evento, «Sum#01-Capire il futuro», voluto dal figlio Davide per battezzare l’Associazione in memoria del padre Gianroberto, che un po’ serve a eternizzarlo in mito e a superarlo. Non il futuro, ma il presente si cambia ed è quello che il M5S prova a fare grazie all’erede della Casaleggio Associati che ha messo in piedi questo esperimento di imprenditoria politica che qui, all’Officina H di Ivrea, affronta la sua maturazione ideologica. 

Si intravedono Antonio Di Pietro, vecchio cliente della Casaleggio, e Andrea Delogu, manager di Mediaset. A dire cosa significhi questa giornata, più che il palco è la platea di imprenditori mescolati ai tanti parlamentari e ai pochi militanti. Ma lo è ancor di più il luogo. L’Olivetti, dove Casaleggio padre cominciò, e soprattutto la collocazione geografia. Non la Sicilia dei Forconi, non le periferie metropolitane arrabbiate, dove il M5S ha già trionfato, ma è la provincia del Nord, quella produttiva che cerca nuove sicurezze. 
 
Ivrea, Piemonte. «Molti imprenditori entrati in anonimato perché pensavano fosse un evento troppo politicizzato, sono usciti contenti», dice Arturo Artom, che con il suo network di imprese, Confapri, è stato tra i primi a cercare Casaleggio e il M5S: «Più che ricette i 5 Stelle ci offrono qualcuno che sa ascoltare». Qualcuno che abbia un volto rassicurante, che parli come loro. Casaleggio Jr è l’artefice di questa svolta. Un leader riluttante che si rivela ai media e che i primi sondaggi bocciano come possibile candidato premier. Troppo timido. Ma nel M5S a molti, che sognano il governo, non dispiacerebbe. «Meglio di altri che parlano per slogan», dice un deputato. Anche se alla rissa politica sembra alieno, lui che è rimasto male perché non è venuto il pm Francesco Greco, previsto in programma: «I magistrati hanno paura dell’etichetta politica? - si sono chiesti ai vertici del M5S -. Eppure abbiamo già ospitato interventi di magistrati sul blog». Ma a non venire è stato anche l’astronauta Paolo Nespoli, ed è toccato al giornalista Gianluigi Nuzzi, tra gli organizzatori, evocare polemicamente un divieto improvviso da parte dell’Esercito. Per la politica lo spazio è poco. A chi con una battuta gli prospetta l’alleanza con la Lega di Matteo Salvini, Roberto Fico risponde: «Finirebbe a mazzate». Anche Grillo rimanda a Casaleggio: «Parlate con lui ha scalato l’Himalaya». Una passeggiata se la confronti con le vette della politica italiana. 

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Da - http://www.lastampa.it/2017/04/09/italia/politica/il-ms-incorona-casaleggio-jr-tiizysZvXR3soWFduyWL4N/pagina.html
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« Risposta #5 inserito:: Luglio 02, 2017, 05:24:11 pm »

Ballottaggi, gli "aiutini" dei 5 Stelle alle vittorie del centrodestra
L'analisi dell'Istituto Cattaneo evidenzia il comportamento dell'elettorato dei 5 Stelle al secondo turno che contribuisce ad affondare i candidati del centrosinistra. L'esempio di Genova e L'Aquila

Di MAURO FAVALE
27 giugno 2017

Che vadano a votarli per sostenerli direttamente o che si rifugino nell'astensione, il comportamento degli elettori dei 5 Stelle ai ballottaggi finisce per giovare soprattutto al centrodestra. Un "aiutino" che si evidenzia nell'analisi dei risultati del secondo turno delle amministrative condotta dall'Istituto Cattaneo di Bologna. Che sottolinea come a Genova e a L'Aquila il contributo dei grillini alle urne è stato importante nella conquista da parte del centrodestra dei due capoluoghi finora governati dal centrosinistra. Ma pure a Verona, l'elettorato M5S ha premiato l'esponente del centrodestra Federico Sboarina, frenando così la rincorsa della candidata civica Patrizia Bisinella sostenuta al secondo turno anche dal centrosinistra.

Sotto la Lanterna, scrive Rinaldo Vignati che ha condotto la ricerca per il Cattaneo, la maggioranza degli elettori di Luca Pirondini, il tenore candidato ufficiale del M5S (dopo la "cacciata" di Marika Cassimatis, risultata vincente alle Comunarie sul blog di Beppe Grillo e poi sconfessata dallo stesso leader 5 Stelle), "confluisce nell'astensione". Tra i due candidati rimasti in lizza, dunque, Gianni Crivello (Pd) e Marco Bucci (centrodestra), è quest'ultimo "ad avvantaggiarsi maggiormente dal voto dei cinquestelle che si sono recati alle urne".

Simile il caso de L'Aquila dove però, al contrario di Genova, il centrosinistra partiva in vantaggio al ballottaggio. Ma nonostante quegli 11 punti di distacco fatti registrare dal pd Americo Di Benedetto al primo turno, alla fine, dalle urne di domenica è uscito vittorioso Pierluigi Biondi, il candidato di centrodestra, che ha vinto con un margine di 7 punti. Al di là di un'emorragia dei voti di Di Benedetto verso l'astensione (l'8,1%, calcola il Cattaneo), a Biondi sono andati la metà dei voti grillini conquistati al primo turno dal candidato del M5S Fabrizio Righetti.

Anche a Verona, "la scelta prevalente" dell'elettorato grillino, segnala il Cattaneo, "è stata per Sboarina", il candidato del centrodestra nuovo sindaco della città di Romeo e Giulietta. Bisinella, invece, compagna del sindaco uscente Flavio Tosi al secondo turno "ha subito una perdita di discreta entità verso l'astensione" ma si è potuta giovare di un pezzo dell'elettorato della candidata di centrosinistra Patrizia Salemi che si è diviso in due: "Più di metà è finito nell'astensione: tra chi si è recato al voto, però, Bisinella ha prevalso largamente".

© Riproduzione riservata 27 giugno 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/06/27/news/ballottaggi_gli_aiutini_dei_5_stelle_alle_vittorie_del_centrodestra-169239090/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P3-S1.8-T2
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