Il fronte Democratico
Tra il pessimismo di Renzi e la scheda bianca di Camusso
Veneto, la solitudine di Moretti
La candidata pd: «Il 6 a 1 di Renzi? Solo una battuta».
La senatrice Puppato: «Anche questa volta l’abbiamo considerata una Regione perduta»
Di Marco Cremonesi
Eppure, qualche cosa di più, forse, si poteva fare: crederci, per esempio. «Anche questa volta abbiamo considerato il Veneto una Regione perduta». Lo dice Laura Puppato, oggi senatrice dem, nel 2012 competitor di Matteo Renzi alle primarie del Partito democratico. Il sondaggio sulle Regionali in Veneto pubblicato sul Corriere della Sera di ieri vede la sfidante del centrosinistra, Alessandra Moretti, molto indietro rispetto al governatore uscente Luca Zaia. Nonostante Renzi nella pubblica opinione continui a cavalcare l’onda, mentre il centrodestra «classico», quello che governa la Regione dal 1995, è oggi assai spezzettato. Il dubbio, dice Puppato, è che «qui il Partito democratico da tempo abbia semplicemente rinunciato a pensare di poter vincere».
In realtà, lo ha fatto supporre lo stesso Renzi. Quando se ne è uscito, giorni fa, con una gaffe illuminante: «Le Regionali finiranno sei a uno». In cui l’uno sta per il Veneto. Lei, Alessandra Moretti, sembra averla presa da sportiva. E commenta: «Giusto una battuta. Chi conosce Renzi, sa bene che lui non lascia niente a nessuno». Una pennellata sul leader, anche. Ma soprattutto un modo per dire che la Regione non è affatto perduta.
Assai peggio di Renzi, e certamente in modo ben più mirato, ha fatto nei giorni scorsi il segretario della Cgil Susanna Camusso. Che a Mestre ha detto di rendersi conto «dell’imbarazzo e della difficoltà che hanno in tanti» di fronte alle Regionali. Un messaggio forse più destinato a Renzi che alla Moretti. Ad ogni, modo, il consiglio è stato: «Piuttosto che non votare, meglio annullare la scheda». Una torpedine. Un siluro probabilmente senza precedenti.
E così, Moretti si è ritrovata davanti non soltanto l’atteggiamento liquidatorio del centrodestra (Matteo Salvini non manca mai di attribuirle come elettorato d’elezione «le estetiste»). Ma anche una certa sufficienza - se non peggio - da parte del centrosinistra. E lei, che deve fare? Tiene botta. Il siluro della Camusso è il «classico esempio di quella sinistra tafazzista che si fa male da sola». E se le si chiede se sia soddisfatta del sostegno che le ha fin qui riservato il Partito democratico, risponde di essere «felice soprattutto dello spirito e del sostegno che vedo nelle persone, ogni giorno di più. Le stesse persone che il 31 maggio faranno una grossa sorpresa a tanti».
Lo pensa anche Patrizio Donnini di Dotmedia, spin doctor fiorentino e uomo di fiducia di Renzi inviato a raddrizzare la situazione: «Se i sondaggi fossero le elezioni, oggi Ed Miliband sarebbe il premier inglese». Il comunicatore ritiene che oggi sia «difficilissimo» interpretare l’opinione pubblica veneta con i sondaggi perché il «quadro non ha precedenti né paragoni». Questo perché «molte delle liste sulla scheda, fino a non molto tempo fa non esistevano». E anche perché «il Veneto ha di gran lunga più liste civiche che ogni altra Regione. Ma le civiche sono difficili da valutare. Spesso la gente non ne conosce neppure il nome: vota l’amico o la persona di fiducia, e punto». Inoltre, «qui più che altrove esiste l’abitudine. Il centrodestra è al governo da molti anni e si ritiene che continuerà ad esserlo. Ma nel concreto, una volta alle urne, i veneti daranno una risposta molto diversa».
Puppato, però, avanza un’ipotesi peggiore della semplice sfiducia nella vittoria: «Abbiamo costruito una dirigenza che pensa più che altro a ritagliarsi un proprio ruolo di minoranza». Specialisti nella gestione della sconfitta, più che nella costruzione della vittoria. A dire il vero, anche qui lo stesso Renzi nella sua puntata a Mestre per sostenere la Moretti e Felice Casson lo aveva detto, parlava di Venezia, senza troppe metafore: nel passato il Partito democratico «ha fallito». Per poi plaudire alla capacità del partito stesso di «ammettere i propri errori». Roger De Menech è il segretario del Pd veneto. Anche lui ammette che «fino a un certo momento qui c’è stata poca vocazione alla scommessa. Ma il clima oggi è davvero un altro e sarebbe ingeneroso non vederlo».
16 maggio 2015 | 08:03
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