Italicum (con voto di fiducia) o immobilismo: per le riforme davvero «tertium non datur»?
La prova di forza di Renzi sulla legge elettorale come antidoto all’impossibilità (che dura da vent’anni) di trovare un accordo. Due alternative sbagliate
Di Tommaso Pellizzari
Comunque vada, questa faccenda dell’Italicum sarà un insuccesso. Il percorso della nuova legge elettorale è forse l’esempio più chiaro di come il nostro Paese, quando si tratta di riforme, da troppo tempo non riesce a trovare un accordo ragionevole: non tanto sui contenuti, quanto sui modi per definirli.
Detto in altri termini: è ovvio oltre ogni evidenza che leggi come quella elettorale devono essere scritte e approvate da tutte le forze presenti in Parlamento, o perlomeno da una grande maggioranza di esse. D’altra parte, però, questa è la ragione per cui, da oltre 20 anni, il Parlamento non è riuscito a produrne una. Impossibile, in tutto questo tempo, trovare un accordo tra il centrosinistra sistematicamente diviso e il centrodestra rapido ed efficiente solo in pochi e chiarissimi casi. Una situazione che la nascita del Pd, l’ascesa di Renzi e l’implosione di Forza Italia non hanno migliorato.
Il che spiega perché sull’Italicum il presidente del Consiglio (e segretario del Pd) abbia deciso per la prova di forza, dato che si erano detti favorevoli a votare l’Italicum solo i parlamentari della corrente di maggioranza del Partito democratico. E così, per evitare rischi o che la legge elettorale venisse approvata solo da una componente di un partito (incidentalmente, quello al governo), ecco il ricorso al voto di fiducia: con tanti saluti a una delle regole-base (scritte o non scritte, non importa) della convivenza democratica. Scelta sbagliata, dunque, quella di Renzi. Ma che ha la sua spiegazione nel fatto che, senza questa forzatura, sia ragionevole pensare che applicando le (buone) regole della mediazione sempre e comunque, la legge elettorale non sarebbe arrivata mai. Quindi, l’alternativa è tra una legge di sistema (buona o cattiva che sia) approvata a colpi di fiducia e, dall’altro lato, un infinito – e sfinente – rinvio. «Tertium non datur», su un tema di questa importanza?
@tpellizzari
28 aprile 2015 | 16:28
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