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Autore Discussione: DARIO OLIVERO - Tra nomadi, dervisci e profeti le storie del maestro deserto  (Letto 3455 volte)
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« inserito:: Ottobre 26, 2007, 04:17:37 pm »

LIBRI /

I racconti del Sahara di al-Koni, il romanzo di Maometto visto dalle sue donne, la vita della poetessa persiana che sfidò lo Shah

Tra nomadi, dervisci e profeti le storie del maestro deserto

Tra le novità i discorsi di un maestro sufi metropolitano

di DARIO OLIVERO

 
ORIZZONTE
L'Occidente è figlio del deserto. Il Dio delle tre religioni è un Dio del deserto e nel deserto parla con l'uomo, con Abramo, con Gesù, con Maometto. Il deserto, si dice, è il vicario di Dio sulla terra. Anche chi non ha la sorte, la grazia o la condanna di credere, non può restare immune dalla voce del Sahara. Ibrahim al-Koni, libico, è uno che sente quella voce. E' possibile soltanto elencare alcune delle suggestioni del suo libro La patria delle visioni celesti (tr. it. M. Avino e I. Camera d'Afflitto, Edizioni e/o, 14 euro). L'uccello del paradiso che i più fortunati vedono una volta nella vita. I tuareg che preferiscono morire liberi e assetati sotto il cielo che schiavi di una vanga da contadini. L'oscuro linguaggio dei mistici qadiriti. I beduini e i loro figli che imparano la pratica del silenzio. L'acqua che accarezza piedi stanchi. La notte che porta risposte a uomini e donne sfiancati. Una frase detta da un tuareg nel libro vale per tutti noi, figli dell'Occidente e del deserto: "Tutti noi amiamo l'orizzonte e piangiamo di nostalgia, vagheggiando ciò che si nasconde al di là del deserto".

RIVELAZIONE
Quando Maometto tornò sconvolto a casa con il cuore che gli usciva dal petto, il corpo congelato dal terrore, gli occhi bruciati dalla visione che aveva avuto e la testa che scoppiava per le parole che l'angelo gli aveva instillato quale fu la prima persona che incontrò? Chi lo calmò, si prese cura di lui, vegliò sulla sua notte insonne? Chi si trovò di colpo senza più l'uomo di cui si era innamorata e al suo posto un profeta? Una donna, Khadigia. Quando il profeta morì dopo aver cambiato il mondo per sempre, dove posò il capo l'ultima volta? Sul grembo di una donna, A'isha. Basterebbe questo anche per i profani che non si arrogano nessuna pretesa di conoscere a memoria il Corano per vedere in quale considerazione l'Islam tenga la donna. Ma se non bastasse, Hafez Haidar ha scritto Le donne che amavano Maometto (Piemme, 12,90 euro), un romanzo liberamente tratto dal Corano che racconta la storia dell'apostolo d'Arabia dal punto di vista delle donne che fecero parte della sua vita. Aria fresca in mezzo a tanta pesantezza.

LIBERTA'
Nel ben-presto-possibile-nuovo-stato-canaglia Iran la letteratura è forte, radicata, vivace come la società da cui deriva. Sovversiva anche, come dovrebbe essere la letteratura. Dopo Azar Nafisi e il suo Leggere Lolita a Teheran, solo per citare uno dei casi più noti, ecco La donna che leggeva troppo (ancora l'atto del leggere è simbolo di libertà) di Bahiyyih Nakhjavani (tr. it. M. Baiocchi e A. Tagliavini, Rizzoli, 19 euro). E' la storia di Tahirih Qurratu-'l-Ayn, meglio nota come la poetessa di Qazvin, donna emancipata, eretica, bellissima, che fece impazzire d'amore lo Shah di Persia e di rabbia la madre di lui. Che venne catturata e accusata per la sua indipendenza, per essersi mostrata senza velo. Un intreccio che incomincia con l'assassinio dello Shah e va a ritroso e infila un po' di finzione, di luce e di speranza in una storia vera.

ILLUMINAZIONE
I sufi scrivono poco e quando lo fanno scrivono in modo semplice. Storie, aneddoti, racconti brevi. Per il resto tramandano il loro insegnamento in modo molto pratico. Danzano per avvicinarsi a Dio. Ripetono incessantemente i nomi di Dio in quello che chiamano zikr. Pregano. Discutono molto anche. Dell'uomo, di Dio, degli ostacoli che li separano e di cosa fare per superarli. Sono convinti che l'infinito amore che Dio ha per l'uomo lo salverà. Se qualcuno chiede loro come credere in Dio, una delle risposte che rischia di sentirsi dare è: non devi credere in Dio, devi amarlo. Li chiamano mistici dell'Islam. Non è del tutto corretto. In secoli di storia hanno elaborato psicologie e tecniche di meditazione e di insegnamento raffinatissime. Tutte volte a un unico fine: liberarsi dall'illusione di poter essere felici seguendo ciò che comanda il nostro ego e abbandonarsi con fiducia a Dio, ad Allah. Ma non sono esseri fuori dal mondo. Sono, per dirla come dicono loro, nel mondo senza essere del mondo. Si sporcano nella realtà imperfetta degli uomini dando a questa una chance. Si può essere felici qui, basta sapere cosa cercare. E cosa lasciarsi alle spalle. Un manuale per gli uomini di questo mondo e di questi tempi è Il derviscio metropolitano (Armenia, 15,50 euro) di Burhanuddin Hermann, maestro sufi e allievo di Maulana Grandsheick Nazim, gran maestro dell'antico ordine sufi Naqshbandi. Niente di impegnativo, nulla che possa cambiare la vita a nessuno che già non abbia deciso di farsela cambiare. E' solo un libro scritto da un sufi. Gente che scrive poco. Gente pratica.

(25 ottobre 2007)
da repubblica.it
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