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Autore Discussione: Autoriciclaggio, riforma parte zoppa. Arriva il reato ma sarà difficile ...  (Letto 1939 volte)
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« inserito:: Maggio 01, 2015, 11:53:06 am »

Autoriciclaggio, riforma parte zoppa. Arriva il reato ma sarà difficile perseguirlo

    Domenica, Apr 26 2015

Fisco equo pubblica una analisi su autoriciclaggio e reati tributari di Fabio Di Vizio* che mette a nudo i limiti della normativa in parte varata e in parte annunciata dal Governo (Vai al documento)

Un bel vestito per coprire il vuoto. O meglio per nascondere una triste realtà. Il reato di autoriciclaggio confezionato dal governo nasce moribondo. Per la magistratura sarà difficile se non impossibile perseguirlo con efficacia. Il lungo dibattito tra gli addetti ai lavori che ha preceduto il varo del provvedimento ha fatto emergere l'insofferenza di gran parte dei potentati economici verso il reato di autoriciclaggio. Ma ciò che è peggio è l'insofferenza non dichiarata che in qualche modo ha guidato le penne che hanno redatto i testi, quelli già varati e quelli che vedranno la luce dopo le elezioni regionali di maggio. Per capire bene la portata di cosa sta succedendo occorre mettere insieme i tasselli di diversi provvedimenti che stanno rimodulando il penale tributario e di analizzarne le ricadute sul reato di autoriciclaggio: si tratta della voluntary disclosure, dell'abuso del diritto e delle nuove soglie di evasione che fanno scattare il penale. I primi due sono già stati varati, il terzo arriverà a giugno, ma ci sono già le bozze.

Vediamo alcune delle principali criticità: la norma nasce incorporando una serie di condotte, ancorché chiaramente illegali e illecite, dichiarate non punibili per legge. Il reato quindi non si applica in partenza a chi aderisce alla voluntary disclosure entro il 30 settembre. E già questo basterebbe a qualificare il legislatore: si introduce un reato e poi si stabilisce che chiunque lo commette aderendo alla sanatoria per il rientro dei capitali detenuti all'estero non è punibile fino al 30 settembre. Una sorta di invito a commettere il reato in fretta più che a contrastarlo. D'altra parte è il prezzo che si paga ogni volta che si fa un condono. E la voluntary è un condono mirato a favore dei grandi evasori che hanno portato capitali all'estero illegalmente. La norma infatti oltre alla non punibilità per l'eventuale reato di autoriciclaggio prevede anche la non punibilità per una serie di delitti tributari previsti dal decreto legislativo numero 74 del 2000. E' solo il caso di ricordare che dopo lo scudo fiscale di Tremonti e Berlusconi che ha consentito a numerosi contribuenti ben assistiti dagli studi tributari di costituirsi una immunità futura che tuttora viene contrapposta ai funzionari del fisco negli accertamenti, con la voluntary si è dato il via a una operazione di autoriciclaggio fiscale di massa che avrà effetti deleteri pari a quella dello scudo.

Altro elemento che desta particolare preoccupazione e che depotenzia enormemente la perseguibilità del reato è la previsione di una non punibilità quando i proventi dell'autoriciclaggio siano destinati alla mera utilizzazione o al godimento personale. Una esclusione che fa seriamente dubitare della razionalità ed efficacia della nuova fattispecie. Si è stabilito per legge che il provento illecito non fa scattare il reato di autoriciclaggio se resta estraneo all'attività economica. In pratica se i fondi neri ricavati con fatture false vengono utilizzati per comprare una villa, diamanti per uso personale o uno yacht non determina il reato di autoriciclaggio. Ciò significa che un evasore può incrementare il suo patrimonio di beni di lusso a dismisura senza alcun rischio di dover risponderne penalmente.

Quanto agli effetti sull'antiriciclaggio della preannunciata riforma del sistema sanzionatorio fiscale, stando alla bozza varata dal Cdm alla vigilia di Natale e ancora in attesa di scongelamento, sono molteplici gli aspetti critici. Anzitutto l'introduzione di soglie di irrilevanza penale per la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e per l’emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. E' opportuno ricordare che nell’esperienza giudiziaria è un dato acquisito il fatto che l’impiego di fatture false rappresenti il corredo immancabile di diverse e più gravi fattispecie penali (appropriazioni indebite societarie, false comunicazioni sociali, soventi trasmodanti in rovinose bancarotte, gravi corruttele pubbliche e private), ponendosi quale strumento tipico di simulazione del flusso finanziario che l’accompagna, riferendo ad esso una giustificazione economica diversa da quella reale e favorendo sia la consumazione del reato base principale, sia la propagazione dei suoi effetti economici. Pur considerando che la soglia ipotizzata di 1000 euro per periodo d'imposta non è elevata trattandosi la rappresentazione di elementi passivi fittizi nelle dichiarazioni uno strumento classico di riciclaggio, comunemente usato per trasferire, occultare e restituire beni di provenienza criminosa, la previsione normativa non può che destare preoccupazione e perplessità.

Stesso discorso vale per il consistente innalzamento delle soglie di rilevanza penale dei reati di dichiarazione infedele, di omessa dichiarazione ovvero di omesso versamento di ritenute certificate, di omesso versamento Iva e di indebite compensazioni. Una estesa depenalizzazione (attraverso l’aumento considerevole dei valori assoluti delle imposte evase, in taluni casi triplicate, e degli imponibili non dichiarati mantenuti nell’area della mera rilevanza amministrativa) che accresce, non di poco, il rischio di una gestione attendista da parte dei destinatari della normativa rispetto al sospetto di riciclaggio delineato dall’articolo 41 del decreto legislativo n. 231/2007 ed offre nuovi alibi per inerzie segnaletiche, a fronte di una attività che quand’anche riconosciuta illecita, può non risultare immediatamente criminosa. Eppure è noto che fra evasione fiscale e riciclaggio sussiste uno stretto rapporto.

Vi è poi una previsione altamente incomprensibile destinata a porre seri ostacoli all'attività segnaletica relativa al delitto di dichiarazione fraudolenta. La segnalazione viene esclusa per le operazioni simulate che hanno dato luogo ad effettivi flussi finanziari annotati nelle scritture contabili obbligatorie. La norma introduce un preciso vincolo modale, definendo in negativo il concetto di simulazione. Allorché quest’ultima si realizza con un effettivo flusso finanziario annotato nelle scritture contabili obbligatorie, pare quasi che si impedisca, sia pure in ambito penal-tributario, una ricerca della realtà economica e del significato effettivo delle operazioni realizzate, imponendo all’interprete una presa d’atto della forma, ovvero di alcune peculiari espressioni di essa. Un po’ come se si dicesse che ciò che è simulato per natura, tale non va considerato, per legge. Ma un bilancio societario non cessa d’essere falso solo perché documenta l’acquisizione, effettivamente intervenuta, di risorse finanziarie ove non annotate sotto le voci corrispondenti alla reale natura delle operazioni che le hanno favorite. E ciò vale anche quando esse dovessero collegarsi a flussi in entrata di ingenti somme di denaro riconducibili all'emissione di fatture per operazioni inesistenti e a comportamenti finalizzati all'evasione fiscale. E' opportuno rilevare che la previsione contrasta con le più importanti regole civilistiche e fiscali che presiedono la redazione del bilancio societario che fanno riferimento al principio di competenza economica per la corretta allocazione delle poste di bilancio. Invece, il legislatore delegato sembra predisporsi ad immaginare con la previsione anzidetta una simulazione che non può essere smascherata né denunciata, solo perché costruita su flussi finanziari materiali annotati nelle scritture obbligatorie. In altre parole, un’operazione che può, almeno in via di ipotesi, concretare una simulazione finanziaria ed un conseguente falso in bilancio non può essere ritenuta idonea ad integrare la porzione della condotta del delitto di frode tributaria, per profili di materiale esistenza finanziaria ed annotazione contabile. Ciò davvero non è comprensibile.

E’ intuibile il pericolo di abuso di una tale previsione definitoria, potenzialmente derogatoria dalla realtà economica. Parimenti può dirsi per la previsione di generalizzata irrilevanza penale di tutte le forme di abuso del diritto fiscale, comprese quelle realizzate con trasgressione di pregresse norme antielusive, come la scorretta classificazione dell’inerenza di costi effettivamente sostenuti (cfr. a. 5 dello schema). Disposizione, quest’ultima, che renderebbe auspicabile introdurre qualche precisazione nel testo della novella, almeno per non ricomprendervi anche i costi realmente sopportati ma direttamente connessi a fatti di reato realizzati dal contribuente.

E' opportuno rimarcare, sin d’ora, che rari settori del diritto sono sensibili agli effetti delle riforme nelle materie economico-finanziarie, come la normativa sul riciclaggio. Fenomeno strutturalmente di secondo grado, che ha per oggetto i proventi di altre attività criminose. Nell’ambito penale, come in quello amministrativo, la dipendenza di alcuni contenuti del riciclaggio dall’assetto normativo di altre attività criminose è inevitabile. Ove queste ultime si annientino o si riducano a poco, altrettanto niente o poco resta da riciclare e dunque da contrastare. Appare evidente che la riduzione o la restrizione (come nel caso di depenalizzazione o di introduzione di soglie di rilevanza amministrativa) delle fattispecie criminose (specie finanziarie) depotenzia enormemente la possibilità di applicare il nuovo reato, che appare sempre più evidente nella sua portata propagandistica e non di effettivo strumento di contrasto alle condotte criminose.  (Vai al documento completo)

*L'autore è sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Pistoia

Da - http://fiscoequo.it/2015/index.php?option=com_k2&view=item&id=1103:autoriciclaggio-riforma-parte-zoppa-arriva-il-reato-ma-sara-difficile-perseguirlo&Itemid=133
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