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Autore Discussione: Ultimo avviso agli ignoranti quello in cui credete è falso, o quasi  (Letto 2703 volte)
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« inserito:: Ottobre 25, 2007, 03:34:07 pm »

SPETTACOLI & CULTURA

Un libro-gioco per svelare i luoghi comuni e le credenze che si tramandano da anni

Con molta ironia e una buona dose di cinismo, tante "verità" smontate a una una

Ultimo avviso agli ignoranti quello in cui credete è falso, o quasi

di STEFANO BARTEZZAGHI


 ROMA - Per beata, o beota, che sia, nemmeno l'ignoranza può ambire a essere sempre uguale a sé stessa: come ogni altra cosa che abbia a che fare con gli esseri umani ammette varianti e sottogeneri, si articola in distinzioni, alimenta paradossi e può arrivare ad assomigliare paradossalmente al suo rovescio.

Oggi come oggi vige per esempio un'ignoranza "a vocazione maggioritaria", e anzi francamente egemonica, che ritiene il non sapere la prima e principale forma di libertà, un diritto umano con i controfiocchi - che viene anche rivendicato in quanto tale dagli studenti delle scuole in rivolta contro insufficienze ed esami. Non che negli altri supposti templi dell'istruzione e della cultura - dagli atenei alle case editrici - vada molto meglio: tanto per l'ortografia ci sono i correttori ortografici, per le nozioni c'è Google e Wikipedia, per le opinioni c'è il tg. Essere ignoranti è visibilmente bellissimo, e si fa qualche fatica a ricordarsi che l'ignoranza qualche risvolto negativo alla fine ce l'ha.

Questa iper-ignoranza globale è fatta di parecchie ipo-ignoranze: l'analfabetismo di ritorno (avevo imparato, e ora non so più), la specializzazione perversa (so tutto di una cosa sola, e niente di tutto il resto), la sindrome dell'infarinato (so pochissimo di quasi ogni campo del sapere), il Tenebra Pride (so niente di niente, et pour cause: ogni volta che ho ascoltato una frase che potesse essere stampata sul libro ho messo mano alla pistola)... Fra tutte la più insidiosa e pervasiva è forse quella forma di ignoranza che consiste nel credere di sapere. Alla legge di Ennio Flaiano "Il cretino, oggi, pensa" andrà aggiunto un comma integrativo: "L'ignorante, oggi, sa".

È proprio a quest'ultima e paradossale propaggine del non sapere che è dedicato il curioso Libro dell'ignoranza (Einaudi, 12,80 euro, pagg. 226) compilato dai conduttori di un programma divulgativo della Bbc, John Lloyd (solo omonimo del politologo) e John Mitchinson.

Se le leggi del marketing fossero meno ferree di quelle della precisione semantica, questo libro si intitolerebbe: Libro delle credenze infondate. Non che ci annoi confutando dogmi religiosi o dottrine esoteriche. Ai due autori non interessa ciò a cui aderiamo per ragioni devozionali o psicologiche, ma ciò a cui crediamo razionalmente, ciò che abbiamo appreso come vero e non abbiamo mai messo in dubbio perché la fonte ci pareva sicura e la notizia verosimile. Insomma il libro non ci dice che Babbo Natale non esiste, ma che il primo presidente americano si chiamava Peyton Randolph, che gli imperatori romani ordinavano la morte di un gladiatore mettendo il pollice in su, che l'esatto numero della Bestia è 616 e che l'universo è beige.

Praticamente ogni pagina contiene una sorpresa. Il materiale più comune al mondo non è l'ossigeno, non è il carbonio, non è l'azoto, non è l'acqua ma si chiama perovskite, dal nome del mineralogo russo Lev Perovski. Non ci sorprende venire a sapere che l'inventore del telefono non è Alexander Graham Bell ma il nostro connazionale Antonio Meucci: però il libro spiega le circostanze dell'invenzione e quelle in cui si è determinato l'equivoco, il tutto in una sobria paginetta chiusa da una fantastica profezia dello stesso Bell: "Un giorno ci sarà un telefono in ogni grande città degli Stati Uniti".

Argomento successivo, lo champagne, che è stato inventato dagli inglesi: "Il monaco benedettino Dom Pérignon (1638 - 1715) non inventò lo champagne: in realtà passò gran parte del suo tempo a cercare di eliminare le bollicine". La citazione è solo un esempio del sense of humour con cui è stata condotta la delicata operazione. Che naturalmente non ha né la pretesa di riempire gli abissi della nostra ignoranza né quella - forse anche più ambiziosa - di svuotare il mare delle nostre credenze infondate, ma si propone innanzitutto di far sorgere qualche dubbio a proposito della nostra principale religione: la fede in ciò che abbiamo appreso in via indiretta, senza verifiche sperimentali e revisioni critiche. Sull'altro tipo di religione, il libro dice poco, anzi si limita a una bellissima citazione da Aldous Huxley (il cui nonno aveva inventato la parola "agnostico"): "Uno è un grande sostenitore della religione finché non visita un paese davvero religioso. Allora diventa un grande sostenitore di fogne, macchine e salario minimo". E, si vorrebbe aggiungere, di un po' di buona istruzione.


(25 ottobre 2007)
da repubblica.it
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