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Autore Discussione: Giacomo Russo Spena Syriza, le ragioni della vittoria  (Letto 13779 volte)
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« Risposta #15 inserito:: Luglio 05, 2015, 10:25:21 am »

Grecia, nei sondaggi il sì al referendum supera il no. Varoufakis: “Se vince il sì mi dimetto”
Martedì l'appello del premier Alexis Tsipras in diretta tv.
Ma al quarto giorno con le banche chiuse e i controlli sui movimenti dei capitali, il fronte di chi vuole rifiutare le proposte della ex troika arretra.
Il ministro delle Finanze: "Piuttosto che accettare intesa senza ristrutturazione del debito mi taglio un braccio. Banche riaperte da martedì"

Di F. Q. | 2 luglio 2015

Il primo ministro greco Alexis Tsipras, in diretta tv, ha rivolto ai connazionali un nuovo appello per il ‘no’ al referendum. Ma la realtà dei fatti è che in base agli ultimi sondaggi il fronte del sì all’accettazione delle proposte della ex troika ha superato, anche se di poco, quello dei contrari. Secondo una nuova rilevazione della società Gpo il 47% degli intervistati è ora propenso a votare per l’accordo sulla base delle richieste dei creditori, mentre i favorevoli al no sono il 43%. Siamo dunque al testa a testa, mentre le interviste di mercoledì davano il sì al 37% e il no al 46%, con un’ampia fetta di indecisi (17%). Il rovesciamento arriva al quarto giorno con le banche chiuse, un tetto di 60 euro ai prelievi ai bancomat e limitazioni ai movimenti dei capitali, cosa che per i cittadini si traduce nell’impossibilità di fare qualsiasi acquisto via internet. In molte stazioni di servizio manca il carburante perché i proprietari non sono in grado di pagare i fornitori e sul fronte del turismo iniziano ad arrivare le prime cancellazioni di viaggi per la stagione estiva ormai imminente. Continuano poi le code dei pensionati davanti agli sportelli bancari riaperti appositamente per versare i trattamenti previdenziali, ma fino a una cifra massima di 120 euro. Questa mattina sono stati segnalati anche scontri tra le persone in fila.

E la prospettiva è di dover andare avanti così almeno fino a lunedì. Il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis, intervistato da Bloomberg tv, ha promesso che le banche saranno riaperte martedì 7. Intanto gli aiuti internazionali al Paese sono congelati perché il piano di assistenza è scaduto martedì notte e l’agenzia Moody’s ha tagliato il rating del Paese (che riguarda solo la capacità di ripagare i creditori privati) a Caa3 dal precedente Caa2 avvertendo che se i greci bocciassero la proposta dei creditori sottoposta a consultazione “aumenterebbe il rischio di un’uscita dall’euro che imporrebbe perdite significative ai creditori privati”. In questa situazione a poco è valso che Tsipras, in diretta tv, abbia ringraziato i connazionali per “la calma il coraggio che avete dimostrato in questa settimana”, chiedendo al tempo stesso di dire no all’austerity per “tornare a un’Europa di valori” e consentire al governo di ottenere “condizioni migliori soprattutto riguardo alla ristrutturazione del debito“.

Per To Vima “Tsipras dovrebbe scusarsi per le file di pensionati disperati” – Il quotidiano ateniese To Vima, che già ieri aveva chiesto al primo ministro greco di ritirare il referendum, rinnova la sua richiesta con un editoriale in cui auspica che Tsipras “capisca che il paese è tecnicamente e sostanzialmente in bancarotta a causa dei suoi errori e le sue decisioni”. Il primo ministro, si legge, avrebbe dovuto scusarsi per le code di pensionati disperati davanti alle banche invece di accusare “gli stranieri”. “Signor primo ministro, capisca di non poter portare il popolo verso un referendum divisivo“, continua il giornale, secondo cui, lungi dal facilitare il negoziato, una vittoria del no porterebbe “ad un’uscita dall’euro”. Quanto alla chiusura delle banche, nel suo discorso Tsipras ha promesso che sarà temporanea, ma To Vima accusa il primo ministro di essere “ben consapevole che il giorno dopo il referendum potrebbe esserci una situazione senza ritorno”.

Varoufakis: “L’Europa ha chiuso le banche per costringere greci a accettare accordo” - Varoufakis ha intanto annunciato, in un’intervista a Bloomberg tv, che se gli elettori domenica voteranno sì “darà le dimissioni”. D’altro canto lo stesso premier, due giorni fa, aveva rivendicato di non essere “uomo per tutte le stagioni”, anticipando che se i cittadini ellenici decideranno di piegarsi alle richieste di Commissione Ue, Fondo monetario internazionale e Bce “non saremo noi a mettere in pratica” le conseguenze di quel voto. Come è noto, nel frattempo le opposizioni stanno già preparando un nuovo governo pro-istituzioni creditrici. Varoufakis ha promesso che se vincerà il no inizieranno i colloqui su un nuovo accordo e “credetemi, l’accordo ci sarà”. Ma ha escluso di poter accettare un’intesa che non preveda la rinegoziazione del debito: “Piuttosto mi taglio un braccio“. Il ministro ha anche accusato l’Europa di “aver preso la decisione politica di chiudere le banche” per costringere i greci ad accettare un accordo non sostenibile. Gli istituti “apriranno regolarmente martedì” prossimo, ha sostenuto poi il ministro, e sono “perfettamente capitalizzati”.

I partner Ue aspettano il voto. Assist a Tsipras dal Venezuela vicino al default - Ma da Parigi, nonostante mercoledì i ministri delle Finanze dell’Eurozona – in scia ad Angela Merkel – abbiano stabilito di congelare i negoziati con Atene fino all’esito del voto, il ministro delle Finanze francese Michel Sapin ha fatto sapere che “non puoi raggiungere un accordo con chi dice ‘no'”. Con Tsipras si è invece schierato Nicolas Maduro, presidente del Venezuela, a sua volta a un passo dal default. “Il Fondo monetario internazionale vuole metterli in ginocchio e derubarli, da una parte gli succhia il sangue e dall’altro chiude la bombola dell’ossigeno”, ha detto Maduro, che da mesi impone alla Banca centrale, al ministero delle Finanze e all’Istituto nazionale di statistica di non rilasciare dati sull’andamento dell’economia del Paese. Il presidente ha sottolineato che l’Alleanza Bolivariana per i Popoli Americani (Alba) ha diffuso una dichiarazione di appoggio alla Grecia a cui vanno “la nostra solidarietà, le nostre preghiere e il nostro abbraccio”. Oltre al Venezuela, dell’Alba fanno parte Antigua e Barbuda, Bolivia, Dominica, Cuba, Ecuador, Nicaragua, Saint Vincent e Grenadine.

di F. Q. | 2 luglio 2015

da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07/02/grecia-nei-sondaggi-il-si-al-referendum-supera-il-no-varoufakis-se-vince-si-mi-dimetto/1835088/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter-2015-07-02
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« Risposta #16 inserito:: Luglio 05, 2015, 10:39:32 am »

Grecia, viaggio nella classe media spaccata tra niente da perdere e qualcosa da difendere

L'Huffington Post  |  Di Flavio Bini
Pubblicato: 04/07/2015 21:37 CEST Aggiornato: 2 minuti fa
REFERENDUM

ATENE - “Perché non abbiamo paura di perdere tutto? Noi abbiamo già perso tutto. Non c’è più niente da perdere, e quindi niente di cui avere paura”. A scegliere il salotto di un secondo piano di un appartamento di Peristeri, periferia ovest di Atene, si direbbe che il no si prepara a un netto trionfo al referendum di domani. Mihalis, Marios, Voula, Dimitris, Aggeliki, Thomas e Dina, sparsi tra sedie e divano, hanno le idee molto chiare su come votare. Ma è Voula a trovare la sintesi perfetta per chi in questi giorni ha cercato di ingabbiare la consultazione in una scelta tra euro e dracma, tra Europa e isolamento. “E’ molto semplice. Domani si scontra chi non ha più niente da perdere contro chi ha qualcosa da difendere”.

È questo il dilemma che tormenta la classe media greca. Chi era in difficoltà prima della crisi oggi vede in Tsipras l’ultima speranza, chi era molto ricco e ha retto l’urto dell’austerità voterà sì, anche se guarda con paura a cosa potrà succedere lunedì. Ma tra questi due mondi c'è un blocco sociale che si è fratturato a metà come dopo un terremoto dal 2010 in poi. Una parte, franando verso una povertà mai conosciuta, un’altra - medio alta - che ora guarda al sì come l’ultimo salvagente per proteggere le proprie vite. Con questa lente, quella della classe media greca, la situazione greca deflagra in tutta la sua complessità.

όχι άλλο σώσιμο Da qualche settimana ormai compare sui muri della capitale greca questa scritta. "Per favore, non salvateci". I cinque anni di austerity hanno colpito in modo sì quasi indistinto, ma trasformando una fetta di popolazione, che pur non vivendo nell’agio poteva garantire la propria sopravvivenza con serenità, in un'enorme massa che dopo essere stata spogliata dei propri beni, è stata privata anche della speranza. Al punto che mentre qualcuno comincia a sventolare lo spettro del bail-in, il prelievo direttamente dai conti correnti delle banche, anche chi con la crisi ha perso quasi tutto si confessa, con orgoglio, guardandoti negli occhi: "Che cosa importa perdere 3-4mila euro, tutto quello che abbiamo, se rischiamo di perdere il futuro?"

Marios ha un possente fisico ricoperto di tatuaggi che nasconde una sorprendente gentilezza. Pensa di sposarsi il prossimo anno, ma aspetta tempi migliori. “Non voglio pensare di arrivare a 35 anni senza poter avere una famiglia e lasciare la casa, mettiti nei miei panni, posso avere paura di votare no?”. Eppure una vittoria del no rischia di significare il collasso definitivo del sistema bancario, un indebolimento della posizione di Tsipras. “E' il contrario, saremo più forti, spiega Thomas, 63 anni e 12.000 giorni di lavoro alle spalle. Perché in Grecia il pensionamento si conta per numero di giorni. "Il 75% dei greci vuole restare nell’euro e restarci con dignità, l'Europa non potrà non tenere conto dell’esito del voto”.

Per una città  che si appresta a segnare una svolta non solo alla propria storia ma a quello dell’intera Unione Europea, sarebbe quasi lecito aspettarsi caos, confusione e tensione. Ma anche le file ai bancomat, dove il prelievo è limitato ai 60 euro - 50 nei molti sportelli in cui sono esauriti le banconote da 20 euro - la gente attende pazientemente in fila il proprio turno. Dove non c’è la fila c’è poco da festeggiare: i soldi sono già finiti.

“Perché andiamo così lontano Spyros?”. Spyros, la guida, ha 29 anni. Si dirige quasi alle porte della capitale. Molti anni fa i benestanti hanno lasciato il centro e hanno comprato casa fuori. Questa non è periferia”, spiega. Eppure Cholargos, nella punta nord -ovest della cartina della città, sembrerebbe quasi ai confini della mappa urbana. Qui c’è quella parte di città aggrappata alla speranza. Tra chi ha tutto da proteggere e chi non ha nulla da perdere c’è chi pensa a qualcosa da difendere.

Il cugino di Spyros, suo omonimo, lavora per una grande compagnia straniera che si occupa di registrazione delle navi. Uno dei pochi settori privati, quello armatoriale, che -pur spesso al riparo dal fisco ellenico- garantisce un numero consistente di posti di lavoro. "Siamo la più grande società del nostro settore, ma ho sentito che in caso di vittoria del no vorrebbero spostare il grosso delle attività a Cipro, sarebbe un disastro per la nostra economia", spiega al tavolo di uno dei tanti bar che popolano il quartiere. Alle due del pomeriggio, ci sono pochi posti liberi. "Se vuoi avviare un’impresa in questo Paese, apri un bar. Vai sul sicuro", dicono un po' scherzando, un po'.

Il business privato per l’economia greca è praticamente irrilevante rispetto all’enorme settore pubblico. Ma la sola e ultima possibilità per ribaltare questo squilibrio, per una parte dei greci, passa dal sì. “Chi sostiene il no non sa a cosa sta andando incontro. Quella di Tsipras è una trappola, sta illudendo i greci che esista una sorta di scenario positivo in caso di no”.

Mentre parla squilla il telefono. Ascolta, poi si rivolge agli altri al tavolo preoccupato: "Avevate soldi lì dentro?", chiede facendo il nome di un’importante banca greca. Dall’altra parte della conversazione, un amico impiegato in quello stesso istituto e atteso di lì a poco, chiama per dare forfait. Ci sono "grossi problemi”.

Vassilis 31 anni, architetto, non ha dubbi, voterà sì. Mio padre lavora in una grossa impresa tecnica, non voglio mettere in pericolo quello che abbiamo costruito”. Proteggere quel poco che c‘è. Non è ricchezza, nemmeno benessere forse. Spyros, la guida, parla del padre, ex capitano di grandi navi, recentemente scomparso. In Grecia i lavoratori hanno maggiore libertà nel scegliere l'importo futuro della propria pensione, versando più contributi. “Non siamo dei privilegiati. Mio padre ha lavorato tutta la vita, facendo sacrifici, per garantirsi proprio un certo tenore di vita a lui e alla sua famiglia. Dall’inizio alla fine dell’austerity la pensione è diminuita di 1000 euro, da poco meno di 2500 di partenza”. Facile immaginare un no al referendum di domani. Eppure voterà sì domani. Non per respingere le ricette del passato, ma per tenersi stretto quel poco di futuro che resta. “Questi sono i sacrifici di un padre, di una famiglia normale. C'è chi si augura il collasso delle banche, io no. Non voglio perdere tutto”.

Da - http://www.huffingtonpost.it/2015/07/04/grecia-classe-media_n_7727812.html?utm_hp_ref=italy
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« Risposta #17 inserito:: Luglio 05, 2015, 10:41:00 am »

Zonaeuro
Grecia, Varoufakis ha sbagliato i conti

Di Fabio Scacciavillani | 1 luglio 2015

Per uno che si spaccia per sofisticato teorico dei giochi, il ministro Yanis Varoufakis, si è autoimpalato su un errore da pivello. Era illuso che l’Ue non avrebbe mai osato cacciare la Grecia dall’unione monetaria per non infrangere la mistica dell’euro irreversibile.

Sono stati innumerevoli i segnali lanciati dall’Ue ad Alexis Tsipras e Varoufakis per avvertire che lo schianto era prossimo, ma i due hanno pervicacemente a presentare programmi risibili, privi di impegni concreti e verificabili. Richieste di sostegni incondizionati venivano reiterate ossessivamente negli intermezzi tra velleitari giri di sirtaki con la Russia di Vladimir Putin.

La verità emersa nitida in questi cinque mesi è una sola: Tsipras e Varoufakis non hanno mai ricercato un compromesso. Hanno puntato a far saltare il banco convinti di avere la mano vincente se avessero mantenuto il piglio feroce.

Fino all’ultimo, il 28 giugno a sera, Varoufakis ha provato a fare il bullo, con un tweet in cui asseriva “i controlli di capitale all’interno di un’unione monetaria sono una contraddizione in termini. Il governo greco si oppone al concetto stesso”. Il giorno dopo li ha imposti insieme alla chiusura delle banche e della Borsa.

I greci che guardano l’abisso, si sono resi finalmente conto che l’euro è un sistema fondato su valori, fiducia e responsabilità rispetto alle quali Syriza (che rappresenta solo una minoranza dell’elettorato) è un elemento estraneo in quanto sarebbe assurdo adattare l’euro alle pretese di vivere alle spalle altrui. Il destino di Tsipras era segnato: la ragionevolezza gli avrebbe alienato il consenso degli accoliti estremisti e litigiosi; l’intransigenza avrebbe portato la Grecia al fallimento, come sta accadendo.

Da mesi, mentre Varoufakis credeva di ipnotizzare le controparti, a Bruxelles e Francoforte, commiserandolo, stendevano il cordone finanziario che avrebbe sterilizzato gli effetti della Grexit e che i mercati hanno digerito senza grossi traumi. Il plebiscito farsa, ultimo rifugio dei demagoghi, rappresenta il capolinea dell’esperimento politico bolscefighetto quale che sia il risultato.

Ammesso che si tenga (date le difficoltà di organizzare una consultazione nazionale in 6 giorni), se vincono i “Sì”, il governo sarà sconfessato e privo di legittimità. Se vincono i “No” prevarrà il caos: non ci saranno soldi, né in euro, né in dracme, le banche non saranno in grado di aprire senza essere prese d’assalto, insieme ai negozi. Sperabilmente ne prenderanno nota i gli elettori dei vari apprendisti stregoni alla Le Pen, Salvini, Grillo e Podemos.

Quelli che lamentano una moneta senza basi politiche vivono fuori dalla realtà e ignorano la Storia: è sempre l’economia a determinare la politica. Senza la zavorra greca l’euro è economicamente e dunque politicamente più forte.

Il Fatto Quotidiano, 30 giugno 2015
Di Fabio Scacciavillani | 1 luglio 2015

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07/01/grecia-varoufakis-ha-sbagliato-i-conti/1830450/
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« Risposta #18 inserito:: Luglio 09, 2015, 06:43:35 pm »

Grecia, la truffa intellettuale del recupero crediti
Di Pierfranco Pellizzetti | 8 luglio 2015

Dopo aver gioito per il risultato del referendum greco di domenica scorsa, che ha irriso gli ottusi burocrati di Bruxelles e Berlino nella loro pretesa arrogante di imporre come ricette salvifiche puerili catechismi bottegai (rinominati liberistici). Dopo aver ascoltato con crescente preoccupazione incoscienti letture di tale esito; che – a loro dire – giustificherebbe la liquidazione dell’Europa; non solamente di una politica disastrosa. Ossia la dissipazione dell’unico, vero, esperimento innovativo nella geopolitica mondiale di giro millennio (la creazione di uno spazio continentale non bellicoso per governare processi globali che fuoriescono dalla dimensione nazionale, rendendola obsoleta). Magari teorizzando l’improbabile beatitudine del ritorno alla liretta svalutata, con cui si dovrebbero comperare a prezzi inflazionati le materie prime indispensabili a un’economia di trasformazione. E magari riportare indietro le lancette agli anni Settanta, quando recuperavamo competitività con periodiche svalutazioni: l’opportunità di fare mercato con prodotti a basso contenuto tecnologico che ormai producono più e meglio di noi i Paesi di nuova industrializzazione.

Dopo questa ridda di entusiasmi, emozioni e chiacchiere irresponsabili, parrebbe giunto il momento di ritrovare raziocinio, un briciolo di analisi e qualche “scatto” innovativo; l’esercizio intellettuale di invenzione politica a cui si conferma refrattaria una classe dirigente continentale penosamente al di sotto delle sfide del tempo.

Se così si facesse, allora potremmo renderci conte che – come dicevano i nostri vecchi – nel pasticcio del buco greco “ce n’è per l’asino e per chi lo mena”. Indubbiamente Alexis Tsypras, in quanto ultimo venuto, è anche l’ultimo ad avere responsabilità dirette. Però risponde – quale rappresentante del proprio Paese – di governi che l’hanno preceduto governando malamente e disonestamente; cantierando con spregiudicati finanzieri internazionali marchingegni contabili truffaldini. Da qui i crateri di bilancio e gli indebitamenti; affrontati dai partner europei egemoni nella pura e semplice logica di fare gli interessi propri e del sistema bancario internazionale; a costo di tramortire un intero popolo. Da quel momento il centro focale della vicenda diventa la pochezza della leadership Ue, inabile a gestire un problema di cassa assolutamente insignificante nella dimensione del budget continentale. Tanto che la narrazione della catastrofe greca si è trasformata nella cronaca di un rissoso recupero crediti in un’amministrazione condominiale. Sceneggiata certamente a misura della chiacchiera da bar con cui ormai si discute di politica in questo tempo incanaglito; non certo a quella dell’impegno volto a preservare una costruzione epocale di tale importanza.

Difatti il dato emergente con maggiore evidenza è che nessuno sapeva “che pesci prendere”; così come tuttora, rimpallando da un summit impotente all’altro. Questo perché si continua a ragionare da contabili micragnosi; sia chi vuole indietro i quattrini, sia chi pretende uno sconto. Così come le presunte “riforme” – con cui pretenziosi mestieranti di troike e istituzioni internazionali varie si sono sciacquati la bocca – non sono state altro che marchingegni per trasferire risorse da poveracci sempre più disperati a sempre più insofferenti creditori.

C’era (e c’è) un altro modo di impostare la faccenda? Certo che sì. Basterebbe ricordare le carte sottoscritte tre lustri fa a Lisbona, come omonima “strategia”, che prefiguravano l’impegno di trasformare entro il 2010 l’Eurozona “nell’area più innovativa del mondo” e raggiungere la piena occupazione. Ma subito dopo quella dichiarazione così impegnativa, a Bruxelles sono arrivati i conversi liberisti; primo fra tutti il presidente della Commissione José Manuel Barroso. Con loro si è smarrita ogni idea di sviluppo spinto dall’investimento e guidato dalla politica industriale. Da qui la catastrofe. Visibile in Grecia, dove i soldi erogati non sono stati destinati ad avviare iniziative che avessero le gambe per camminare e riprodursi, bensì a colmare buchi per aprirne altri. Una logica da sensali, che si pretende di buon senso quando è solo lampante insipienza. Un sonno della ragione che parrebbe senza risveglio.

Di Pierfranco Pellizzetti | 8 luglio 2015

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07/08/grecia-la-truffa-intellettuale-del-recupero-crediti/1854336/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter-2015-07-08
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« Risposta #19 inserito:: Luglio 09, 2015, 06:48:19 pm »

Grecia, replica di Tsipras a Strasburgo: “Taglio del debito per restituire i soldi. Vogliamo abolire le baby pensioni”
Il premier greco all'Europarlamento di Strasburgo: "I soldi dati ad Atene non hanno mai raggiunto il popolo, ma sono stati dati per salvare le banche".
Duro il dibattito in Aula. Weber, leader del Ppe: "Noi vogliamo il successo, lei vuole il fallimento".
Il capo del governo ellenico nella replica dopo il dibattito: "Il momento di massima solidarietà nella Ue è stato nel 1953 quando venne tagliato il 60% del debito della Germania, dopo la Guerra". Inviata all'Eurogruppo la richiesta di un nuovo programma di aiuti del Fondo Salva-Stati. Tusk: "Arrivata la lettera. Buon presagio, ma l'ultima chance"

Di F. Q. | 8 luglio 2015

Martedì l’ultimatum dei partner europei, mercoledì un tentativo di avvicinamento. Che passa attraverso la presentazione dell’attesa lettera in cui il premier greco Alexis Tsipras chiede l’attivazione di un nuovo programma di aiuti triennale a carico del fondo salva Stati Esm e si impegna a intervenire subito su pensioni e Iva, a fronte però di “misure per rendere sostenibile il debito“, arrivato al 180% del Pil (LEGGI LA LETTERA). Proprio mentre la missiva arrivava al presidente dell’Eurogruppo Jeroem Dijsselbloem e al numero uno del Fondo Klaus Regling, il leader di Syriza teneva alla plenaria dell’Europarlamento un discorso per rivendicare un accordo entro la scadenza di domenica e ribadire ancora una volta le responsabilità dei creditori: “I soldi dati alla Grecia non hanno mai raggiunto il popolo, ma sono stati dati per salvare le banche europee e greche”, ha scandito il capo del governo ellenico. Il Paese è stato usato come “un laboratorio per l’austerità, ma l’esperimento è fallito”. Poi la citazione di Sofocle: “Esiste un momento in cui il diritto degli uomini vale sopra la legge. Questo è uno di quei momenti”. Come dire che la Grecia ha diritto alla sopravvivenza anche se i regolamenti europei ne sanciscono il default.

Il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk, dopo l’incontro di martedì sera a Bruxelles dove la delegazione greca si è presentata a mani vuote e il durissimo vertice dei capi di Stato e governo di martedì notte, ha chiarito che ci sono “solo 5 giorni per trovare l’accordo finale, altrimenti sarà Grexit“. Tsipras, davanti all’ultimatum, è pronto ad accettare le proposte dei creditori con qualche modifica su Iva e tagli alle pensioni più basse. Sì, invece, all’abolizione delle baby pensioni. Ma, ha chiarito parlando a Strasburgo, l’intesa necessaria per portare il Paese fuori dalla crisi e far “vedere la luce alla fine del tunnel” deve prevedere anche “un dibattito di merito sulla sostenibilità del debito pubblico”. Entro giovedì 9 il governo presenterà a Fmi, Bce e Commissione Ue le proprie proposte di riforma dettagliate, con lo scopo di “trovare un compromesso positivo per evitare una frattura storica“. La lettera non specifica a quanto ammontano i fondi che la Grecia chiede all’Esm, ma secondo le ultime stime del Fondo monetario internazionale il Paese ha bisogno, di qui al 2018, di una cifra vicina ai 70 miliardi di euro. La palla passa ora ai creditori. Intanto il ministero delle Finanze ha ufficializzato che le banche greche rimarranno chiuse fino a venerdì. Il board dell’Eurotower si è riunito nel pomeriggio e ha deciso di lasciare congelata al livello attuale, 89 miliardi di euro, la liquidità di emergenza (Ela) concessa agli istituti. Ieri una nota dell’istituzione ha chiarito che l’Ela, se non è assistita da collaterale adeguato, costituisce un aiuto di Stato esplicitamente vietato dallo statuto della Bce. Di qui la decisione, presa due giorni fa, di rivedere al ribasso il valore dei titoli presentati come garanzia dalle banche greche.

Tsipras: “Programmi di austerity non hanno funzionato e i governi del passato hanno rafforzato corruzione” – Il risultato uscito dal referendum del 5 luglio rappresenta “una scelta coraggiosa del popolo greco in condizioni di pressioni senza precedenti, con le banche chiuse e i mezzi di informazione che facevano terrorismo“, ha detto Tsipras all’Europarlamento. Non si tratta di una “scelta di rottura con l’Europa, ma è la scelta di tornare ai valori che stanno alla base dell’Ue, un messaggio chiarissimo. Occorre rispetto per la scelta del nostro popolo”. “Il forte verdetto dei greci ci ha dato mandato per impegnarci a una soluzione giusta socialmente e sostenibile, senza gli errori del passato che hanno condannato l’economia greca”. Errori del passato cui Tsipras ha dedicato un ampio passaggio del discorso: “La responsabilità principale del vicolo cieco in cui si trova oggi l’economia greca e in generale l’Europa non riguarda gli ultimi cinque mesi ma gli ultimi cinque anni, con l’attuazione di programmi che non ci hanno portato fuori dalla crisi”. “Non sono di quei politici che attribuiscono tutta la colpa agli stranieri cattivi – ha continuato Tsipras – siamo arrivati sull’orlo del fallimento perché i governi che si sono succeduti in Grecia hanno creato rapporti clientelari, rafforzato la corruzione e gli intrecci tra politica ed economia, lasciando incontrollata l’evasione fiscale da parte dei grandi ricchi”. Ma la cura imposta da Bruxelles non ha funzionato: “Le riforme ed il memorandum non hanno portato alla giustizia fiscale”.

Il dibattito – Weber: “Tsipras vuole il fallimento delle trattative”
Il discorso del premier greco è stato accolto da fortissimi applausi dalla destra e dalla sinistra dell’aula dell’Europarlamento. Muto invece il centro dell’emiciclo dove si trovano popolari, liberali e socialisti che fanno parte della coalizione di maggioranza. Duro il tono del dibattito. “Lei rappresenta un governo che ha detto molte cose nelle ultime settimane – ha detto il leader del Partito popolare europeo al Parlamento Ue, Manfred Weber, il primo a replicare a Tsipras – noi dobbiamo tenere conto del fatto che persone sono state considerate come terroristi. Il primo ministro greco dovrebbe scusarsi per queste dichiarazioni inaccettabili, ma lei non lo ha fatto”, ha detto ancora Weber, in riferimento alle parole dell’ex ministro greco delle Finanze Yanis Varoufakis. “Anche ieri lei non ha presentato proposte, lei distrugge la fiducia”, ha continuato Weber, scatenando le proteste di una parte dell’Aula. “Lei è stato democraticamente eletto, noi rispettiamo questo – ha aggiunto il tedesco – ma lei ama la provocazione, noi il compromesso. Noi vogliamo il successo, lei vuole il fallimento. Spero che lei presenti presto le proposte di riforma“.

La replica di Tsipras: “Taglio del debito per restituire i soldi. Aboliamo baby pensioni”
Dopo aver ascoltato il dibattito, Tsipras ha preso parola per la replica. Ha assicurato, il premier greco, di non avere “alcun piano segreto per l’uscita dall’euro” – ipotesi avanzata da alcuni parlamentari – e ha avanzato due proposte. “Io chiedo un taglio del debito per poter essere in grado di restituire i soldi: ricordo che il momento di massima solidarietà nella Ue è stato nel 1953 quando venne tagliato il 60% del debito della Germania, dopo la Guerra”, ha detto Tsipras per la prima volta davanti all’assemblea dei parlamentari Ue. Quindi l’apertura sul taglio delle pensioni: “Ci sono distorsioni del passato che devono essere superate, come la questione delle pensioni. Vogliamo abolire le baby pensioni in un Paese che si trova in una situazione disastrosa. Servono le riforme, ma vogliamo tenerci il criterio di scelta su come suddividere il peso”. Tsipras chiede che sia il governo ellenico a decidere quali decisioni prendere e quali riforme mettere in atto: “Credo che sia un diritto del governo scegliere di aumentare le tasse sulle imprese per evitare di abbassare le pensioni, misure equivalenti per centrare gli obiettivi di bilancio. Se non è questo un diritto del governo, allora questo vuol dire scivolare verso la dittatura dei creditori. Allora i Paesi sottoposti agli aiuti non dovrebbero neanche tenere le elezioni“.

Tusk: “Arrivata la lettera, buon presagio. E’ l’ultima chance”
“La procedura dell’ultima chance è iniziata – ha fatto sapere il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk al termine del dibattito – il presidente dell’Eurogruppo Jeroem Dijsselbloem ha ricevuto la richiesta finale della Grecia. Spero sia un buon segno”. “Moralità significa pagare i debiti – ha detto quindi Tusk commentando le parole di tsipras – non è vero che i creditori sono immorali e che i debitori sono vittime innocenti”. Non è possibile continuare a spendere più di quello che si guadagna, questa è l’origine della crisi in Grecia, non la moneta unica”. Quindi l’avvertimento ad Atene: “Bisogna cercare aiuto tra gli amici, non tra i nemici, soprattutto se questi non ti possono aiutare“, ha detto il presidente del Consiglio Ue riferendosi all’intensificazione dei rapporti tra la Grecia e la Russia verificatasi negli ultimi mesi.

La lettera: “Pronti a riforma pensioni e Iva già la prossima settimana”
La Grecia si impegna con i partner europei ad attuare le riforme fiscali e delle pensioni già la prossima settimana, come primo passo per ricevere un prestito di salvataggio. Lo si legge nella richiesta formale inviata dal governo Tsipras al fondo Esm. “Siamo fiduciosi – spiega la lettera – che gli Stati membri si rendano conto dell’urgenza della nostra richiesta di prestito, data la fragilità del nostro sistema bancario, la nostra carenza di liquidità disponibile, i nostri prossimi impegni, il nostro accumulo di arretrati interni e il nostro espresso desiderio di cancellare gli arretrati in essere con Fmi e Banca di Grecia”. Nel quadro di un programma “a medio e lungo termine” la Grecia si impegna “a una serie completa di riforme e misure da attuare per la sostenibilità fiscale, la stabilità finanziaria e la crescita economica a lungo termine” e, nell’ambito del programma, “si propone di attuare immediatamente una serie di misure già a partire dall’inizio della prossima settimana”, tra cui quella fiscale e quella delle pensioni, insieme con “azioni aggiuntive” per “rafforzare ulteriormente e modernizzare la propria economia”. Il governo greco si impegna di definire “nel dettaglio” la proposta “al più tardi” giovedì, “per la valutazione delle tre istituzioni e per presentarla all’Euro Group”.

Fallimento, iniziato il conto alla rovescia
Nessuna ipotesi era esclusa fino a poche ore fa. Ma ormai è iniziato il countdown e l’Europa concede ad Atene cinque giorni per trovare un accordo oppure domenica con un nuovo summit, questa volta a 28, metterà il sigillo sotto la sua dichiarazione di fallimento: la Grexit che nessuno vuole compreso il presidente degli Stati Uniti Barack Obama. “Non ho mai parlato di scadenze ma oggi (martedì per chi legge, ndr) dico che abbiamo solo cinque giorni per trovare l’accordo finale, tutti hanno responsabilità di trovare una soluzione”, altrimenti le conseguenze comprendono “il fallimento della Grecia e delle sue banche”, ha avvertito il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. Oggi il premier greco parlerà all’Europarlamento a Strasburgo.

Entro giovedì nuove proposte e domenica nuovo Eurogruppo
L’Eurosummit del post-referendum, che ha visto prevalere il no dei greci alle richieste dell’Ue, non chiude la porta ad Atene ma usa toni molto duri, e dà scadenze definitive al governo di Alexis Tsipras, che vede rigettata sia la sua richiesta di finanziamento ponte da 7 miliardi per alleggerire il debito. I partner della zona euro non si fidano più del premier ellenico e gli dettano l’agenda: entro giovedì dovrà presentare nuove proposte di riforme, dettagliate e da attuare subito, che saranno valutate dalla ex troika e domenica da un nuovo Eurosummit. Ma oltre a un vertice dei 19, ci sarà anche una riunione a 28, perché la Grecia è ormai arrivata al capolinea e se non ci sarà un accordo bisognerà valutare le conseguenze per tutta l’Ue, e varare anche un piano di aiuti umanitari per sostenere i greci che dovranno affrontare il collasso delle banche. Fino a domenica ci penserà la Bce – che ha congelato a 89 miliardi la liquidità di emergenza – a tenerle a galla, dopo solo un’intesa con l’Ue potrà salvarle.

Nessuna soluzione tampone. Attesa oggi lettera ufficiale
A questo punto, i leader non accettano più di farsi dettare i tempi da Atene, soprattutto perché “dopo il referendum di domenica la posizione del primo ministro greco Alexis Tsipras forse si è rafforzata ma la libertà di manovra degli altri 18 Stati membri si è ridotta“, ha detto la cancelliera Angela Merkel. Ovvero: non si può più dare credito e tempo al premier che ha ‘tradito’ la loro fiducia convocando un referendum a sorpresa. Il “clima non mi pare sia migliorato dopo il referendum” ha detto il premier Matteo Renzi spiegando che alcuni colleghi “sono stati più rigidi della volta scorsa”. Ma restano disposti ad aspettare le mosse qualche altro giorno e a valutare la loro richiesta di nuovi aiuti. Comunque non ci sarà nessuna soluzione ‘tampone': serve prima una “prospettiva a lungo termine, e quando questa sarà definita allora potremo parlare del breve periodo”, ha detto la Merkel. Oggi, quindi, i greci dovranno presentare la lettera ufficiale con cui chiedono assistenza finanziaria all’Esm, che sarà valutata da un Eurogruppo telefonico. La lista dettagliata di riforme deve invece arrivare entro giovedì, ma deve contenere qualcosa in più rispetto all’ultima offerta dei creditori, spiega la Merkel. In pratica sarebbe considerato un gesto di buona volontà se il Parlamento greco adottasse già nei prossimi giorni le prime misure, come ha spiegato il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan al termine dell’Eurogruppo di ieri che si è aggiornato a oggi e che molto probabilmente sarà di nuovo riunito sabato per valutare le proposte greche prima dei leader.

Tre scenari: Grexit, piano di aiuti umanitari o accordo
“La situazione è abbastanza grave e incerta“, sintetizza la Merkel, spiegando che “la sfida sarà vedere se ci sono le condizioni per aprire i negoziati”. “Domenica ci sarà la decisione finale e non posso escludere nessuna ipotesi”, ha detto il presidente della Commissione Jean Claude Juncker, spiegando che alla Commissione hanno preparato tre scenari: la Grexit, un piano di aiuti umanitari e un accordo. “Quello che preferisco è ovviamente il terzo”, ha chiarito. Anche sul fronte del debito, che Tsipras continua a mettere sul tavolo, la chiusura è netta: “Stasera molti attorno al tavolo hanno detto che un haircut del debito greco non avrà luogo perché questo è vietato nell’euro zona”, ha spiegato la Merkel che ha comunque rinviato la discussione a un secondo momento. “Prima di parlare di una ristrutturazione del debito, vediamo quel che la Grecia può fare”, ha aggiunto.

di F. Q. | 8 luglio 2015

da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07/08/grecia-replica-di-tsipras-strasburgo-taglio-del-debito-per-restituire-soldi-vogliamo-tagliare-le-baby-pensioni/1854380/
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« Risposta #20 inserito:: Luglio 09, 2015, 07:04:02 pm »

Tsipras: "Usati come laboratorio di austerity" Tsakalotos: "Riformiamo imposte e pensioni"
Il premier parla all'Europarlamento: "Tagliate il debito", poi chiede un nuovo piano di aiuti per tre anni. Noyer (Bce): "Senza un accordo domenica il Paese rischia il caos".
A rischio i conti correnti dei greci: senza una soluzione le banche dovranno usarli come garanzia per ottenere i prestiti della Bce. Banche chiuse fino a venerdì.
Il ministro delle Finanze promette riforme rapide

Di GIULIANO BALESTRERI
08 luglio 2015
   
MILANO - Senza un accordo domenica sera, Atene sarà fuori dall'euro. La posizione dell'Unione europea è durissima nei confronti della Grecia. Di più: per la prima volta i governi europei paiono compatti. Nessuno ha intenzione di cedere alla richiesta ellenica in un prestito ponte da 7 miliardi: "Ragioniamo per una soluzione di medio periodo, altrimenti non risolviamo nulla", ha detto il ministro dell'economia Pier Carlo Padoan. Una fermezza che servirà a mettere pressione al premier greco Alexis Tsipras: nonostante il trionfo del "no" al referendum che ha bocciato il piano di aiuti proposto dai creditori, il governo ellenico dovrà scendere a patti con i partner internazionali a meno di non voler uscire dalla moneta unica. E mentre a Bruxelles è arrivata la nuova richiesta di aiuti da parte della Grecia, il ministro delle Finanze Euclid Tsakalotos promette da settimana prossima riforma sulle pensioni e le tasse. La Germania, però, chiede riforme prima di sedersi nuovamente al tavolo delle trattative.

Di certo il clima resta teso. Davanti al Parlamento Ue Tsipras ha attaccato i suoi predecessori e il susseguirsi di piani d'aiuto che anziché risollevare il Paese, lo hanno fatto precipitare nella recessione: "La situazione greca non dipende dagli ultimi cinque mesi di governo, ma dagli ultimi 5 anni durante i quali gli aiuti non sono stati efficaci. Da nessuna parte l'austerity è stata così dura e lunga. La mia patria è stata trasformata in un laboratori di austerità, ma l'esperimento è fallito. Soldi degli aiuti non sono mai arrivati ai cittadini, ma solo alle banche". Il premier ha poi risposto a chi sostiene che abbia un piano segreto per uscire dall'euro: "Non ho alcun piano segreto, vi sto parlando con il cuore in mano. Voglio solo una riduzione del debito per restituire i prestiti e non essere sempre costretti a chiedere soldi". Una posizione condivisa anche dal segretario Usa al Tesoro, Jack Lew secondo cui il debito greco è "ora insostenibile".

La richiesta di aiuti. Tuttavia, dopo l'incontro di ieri a Bruxelles, dove Tsipras si è presentato a mani vuote, trapela un moderata fiducia sull'esito della trattativa. Il commissario Ue agli Affari economici, Pierre Moscovici, giudica un accordo con la Grecia "possibile" e "necessario", ma dipendente dalla capacità di Atene di presentare proposte di riforma credibili agli occhi dei partner dell'Eurozona. Oggi, intanto, è arrivata l'annunciata richiesta di un programma di sostegno dal governo greco al meccanismo europeo di stabilità (Esm): Atene chiede prestiti triennali, senza però precisare l'entità della somma.

I timori. Sulla partita greca è iperattivo anche il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, che attende per domani il piano di Atene: "Dopo il summit abbiamo tempo fino alla fine della settimana per decidere il terzo programma di aiuti. Per farlo abbiamo bisogno dei piani del governo greco. C'è bisogno di una soluzione molto in fretta". Il governatore austriaco, Ewald Novotny, però, cerca di tranquillizzare i mercati: "La Grecia è un caso speciale ma non vedo rischi di contagio e dunque per Ue e Bce c'è più libertà di azione".

L'asfissia finanziaria. Di una soluzione ha un bisogno disperato la Grecia: l'economia è ormai sull'orlo della catastrofe. Il ministero delle Finanze smentisce le voci secondo le quali lo Stato si appresterebbe a pagare in cambiali pensioni e stipendi pubblici, ma nel Paese non si pagano più tasse e bollette e i fornitori internazionali accettano solo pagamenti in contanti. "Senza un accordo domenica prossima, il Paese rischia il caos, ci possono essere scontri" ha detto il governatore della banca di Francia, Christian Noyer, membro del consiglio dei governatori Bce. Noyer si è poi soffermato sulla situazione delle banche: "Impossibile che possano operare normalmente fino a quando non tornerà la fiducia, ci sarebbe un'immediata corsa agli sportelli". Anche per questo le banche resteranno chiuse fino a venerdì.

Le banche. A preoccupare, quindi, è soprattutto la situazione della banche che continuano a distribuire liquidità a singhiozzo: per il momento la Bce ha confermato quota 89 miliardi per i fondi d'emergenza Ela (Emergency liquidity assistance), ma ha aumentato la richiesta di garanzie agli istituti greci per accedere ai prestiti. Le condizioni per avere i fondi sono che le banche siano solvibili e che gli istituti presentino del collaterale (titoli di Stato, Abs, altre forme di prestiti) a garanzia della liquidità ricevuta: non sempre, però, il collaterale è accettato al valore nominale. In sostanza la Bce applica uno sconto sul prezzo in base alla sua qualità. Cosa che sta succedendo in questi giorni ai titoli greci che sono scambiati a un prezzo pari a un terzo del loro valore nominale. Secondo una simulazione di Barclays, le banche greche sono in grado di fornire garanzie fino a quando lo sconto applicata dalla Bce sarà inferiore al 60%: poi sarà necessario mettere le mani sui conti correnti dei cittadini. Uno scenario che scatenerebbe il caos previsto proprio da Noyer.

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08 luglio 2015

Da - http://www.repubblica.it/economia/2015/07/08/news/grecia_europarlamento_tsipras-118606255/?ref=HREA-1
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« Risposta #21 inserito:: Luglio 09, 2015, 07:26:58 pm »

Perché Angela Merkel dovrebbe accettare di tagliare il debito
Lo sfacelo della linea finora adottata si manifesta in modo duplice: come perdita economica e sconfitta politica. L’unica via d’uscita è trattare

Di Wolfgang Münchau

Le carriere politiche si decidono in momenti come questo. I ripetuti avvertimenti di una possibile Grexit da parte di Sigmar Gabriel rendono ora impossibile per la Spd prendere le distanze dalla catastrofica politica europea di Angela Merkel. Sul piano della politica economica i socialdemocratici si sono declassati da soli a terzo elemento dell’Unione, una sorta di traballante appendice di Cdu e Csu.

Le reali alternative ora si trovano solo alle ali estreme, destra o sinistra. L’unica piccola chance di tornare a una posizione razionale è proprio nelle mani della Merkel stessa, che può evitare la débâcle dando il suo assenso a una conferenza sul debito per la Grecia. Potrebbe mettere sul piatto una cancellazione del debito a fronte di riforme rigorose: nessuna misura di risparmio, ma vere e proprie riforme strutturali. Politicamente una proposta di questo genere metterebbe Alexis Tsipras in difficoltà; tuttavia per lui opporsi sarebbe assai complicato. Sul piano economico la cancellazione del debito non ha alternative. È raro per me usare questa espressione perché la politica — e soprattutto la politica economica — consiste nello scegliere tra diverse alternative. Eppure in questo caso è un’espressione appropriata. Il taglio del debito, frutto di trattative o unilaterale, è una matematica conseguenza dei parametri economici stabiliti per la Grecia. Il Paese potrà restare nell’euro solo se saranno soddisfatte esattamente quattro condizioni: il condono dei debiti, un rifinanziamento del sistema bancario, reali riforme strutturali e la fine della politica di austerità. Se la Germania e gli altri finanziatori danno la propria disponibilità, allora la temuta Grexit si potrà scongiurare. Altrimenti no. È un dato di fatto.

La domanda è: la Merkel può e vuole farlo? Tra le sue fila c’è inquietudine e lei sa anche che Wolfgang Schäuble considera ormai la Grexit la strada giusta. Dovrebbe superare resistenze e ammettere indirettamente che la sua politica di rifinanziare i vecchi con nuovi debiti è fallita.

Uno studio della storia economica avrebbe reso superflua questa tardiva ammissione. Le lezioni che si possono trarre dall’economia sono raramente inequivocabili, ma la storia ci insegna senza dubbio che la crisi del debito va risolta rapidamente. Chi arriva tardi viene punito dalle circostanze. Penalmente i programmi di sostegno alla Grecia deliberati nel 2010 e 2012 avrebbero senza dubbio configurato un ritardo nella presentazione dell’istanza di insolvenza, se si fosse trattato del settore privato. Ciò che è successo qui è, di per sé, un illecito anche se formalmente non soddisfa i requisiti giuridici per essere considerato un reato. Si tratta dell’occultamento di fatti economici per futili motivi, cioè il tornaconto politico della Cancelliera a pesante discapito dei contribuenti. Il fatto che in Germania, di fronte a questa catastrofe, nessuno chieda le dimissioni di Angela Merkel è segno di una cultura politica malata.

Lo sfacelo della politica adottata dalla Merkel nei confronti della Grecia si manifesta ora in modo duplice. Nel caso di una Grexit la Grecia non rimborserà un solo centesimo dei propri debiti ufficiali, con il rischio per la Germania di una perdita assoluta di 90 miliardi di euro, cui si aggiunge una cifra incalcolabile in termini di danni collaterali. Se la Merkel accetta di prendere parte a una conferenza sul debito, la perdita materiale diminuisce notevolmente, ma l’onta aumenta. Nel primo caso si può attribuire la colpa ai Greci e definirsi vittima innocente. Nel secondo caso si riconosce indirettamente il proprio ruolo nella crisi. Il taglio del debito sarebbe razionale sul piano economico, ma non necessariamente su quello politico. Personalmente non sono ottimista poiché finora l’istinto della Merkel l’ha sempre indotta a scegliere l’opzione che presentava la minore resistenza.

Per un tedesco come me che vive da tanti anni all’estero, è sempre sorprendente vedere come un Paese di grandi scienziati e ingegneri, che affonda le radici nell’umanesimo e nel razionalismo, si faccia travolgere dall’emotività ogni qualvolta debba affrontare un dibattito importante. Così come nel 1914 i nostri nonni si rallegravano di fronte alla prospettiva di una guerra di breve durata, oggi i conservatori tedeschi pretendono la Grexit. Alcuni di loro sanno benissimo che un’uscita della Grecia destabilizzerebbe l’euro per lungo tempo, ancora non si sa esattamente in quale misura. Il pericolo di contagio diretto è limitato. Io ravviso invece il pericolo maggiore in un successo di quella stessa decisione. Se due anni dopo una eventuale Grexit l’economia greca riprende a crescere, il dibattito prenderà un’altra piega, soprattutto in Italia. Da quello che una volta era un rischio scaturirà una liberazione che lascerà dietro di sé un moncone di euro nordeuropeo, con un cambio sopravvalutato. Gli effetti di questa politica economica si potranno confrontare allora con la catena di decisioni drammatiche prese cento anni fa: una guerra sottovalutata, seguita da un Trattato di Versailles che nel suo dogmatismo non si discosta sostanzialmente dai principi della politica economica tedesca.

La decisione razionale per la Germania sarebbe accettare un taglio del debito. Alexis Tsipras dà segnali di voler trattare. Anche la Merkel lo dovrebbe fare.

(Traduzione di Franca Elegante)
7 luglio 2015 | 09:40
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Da - http://www.corriere.it/opinioni/15_luglio_07/perche-angela-merkel-dovrebbe-accettare-tagliare-debito-3b4a81e6-2475-11e5-8714-c38f22f7c1da.shtml
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« Risposta #22 inserito:: Luglio 12, 2015, 10:56:41 am »

Grecia, Berlino dice no alla ristrutturazione del debito.
Ma ai vicini dell'Austria è appena stato tagliato


L'Huffington Post
Pubblicato: 11/07/2015 17:47 CEST Aggiornato: 3 ore fa

"Sappiamo che un taglio del debito pubblico non è possibile secondo i Trattati europei". Parola di Wolfgang Schaeuble, ministro delle Finanze del governo di Angela Merkel. E tanti saluti alla Grecia. Peccato che, se si tratta dei vicini germanofoni dell'Austria, la musica sia completamente diversa.

È stato infatti raggiunto un accordo politico fra il land tedesco della Baviera e la vicina Carinzia per una ristrutturazione da quasi 1,5 miliardi di euro per evitare il fallimento dello Stato federale austriaco.

Scrive il magazine specializzato in questioni europee Eunews:
    La notizia l’ha data il quotidiano economico francese La Tribune. Dopo una lunga e controversa vicenda, lo Stato federale della Carinzia e il land tedesco della Baviera hanno trovato un accordo per tagliare di più della metà il debito del primo nei confronti del secondo. La cifra “scontata” sarebbe di 1,45 miliardi di euro, di poco inferiore ai 1,6 miliardi che la Grecia non ha rimborsato entro il 30 giugno scorso al Fondo monetario internazionale, con tutte le conseguenze che ben conosciamo.

    La ristrutturazione del debito è diventata inevitabile e dopo settimane di negoziati fra i rispettivi ministeri delle Finanze, Austria e Bavaria sono finalmente giunti a un accordo politico. Secondo La Tribune, l’intesa prevede che la BayernLB accetti di ricevere solo 1,3 miliardi dei 2,75 dovuti. E in Baviera c’è addirittura chi propone di andare oltre e annullare il debito austriaco. Chissà cosa direbbe Tsipras se lo sapesse.

Insomma. Quel che per Atene non si può fare, per i vicini di casa non è stato un problema.

Da - http://www.huffingtonpost.it/2015/07/11/grecia-berlino-taglia-debito-austria_n_7776082.html?utm_hp_ref=italy&utm_hp_ref=italy
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« Risposta #23 inserito:: Luglio 12, 2015, 11:21:32 am »

La plenaria a Strasburgo
Tsipras attacca l’Europarlamento: «Soldi serviti a banche, no a popolo»
Accolto da applausi e fischi, il premier greco si scaglia contro l’austerità: «Grecia cavia di un esperimento fallito.
Il problema non sono gli ultimi 5 mesi, ma gli ultimi 5 anni»

Di Fra.Ga.

Dopo il teso Eurosummit di martedì sera, con i capi di governo dell’Europa che non escludono l’ipotesi di Grexit e si danno fino a domenica 12 luglio per cercare l’accordo che potrebbe salvare la Grecia, il premier Alexis Tsipras sceglie l’Europarlamento di Strasburgo per lanciare quello forse sarà l’ultimo appello ma anche l’ultimo attacco all’Europa. «I vostri soldi sono serviti a salvare le banche, non sono mai arrivati al popolo. Il problema non sono questi ultimi 5 mesi, ma questi ultimi 5 anni: la Grecia è stata cavia di un esperimento di austerità che non è riuscito, questo dobbiamo dircelo». Parole dure e di forte chiusura nei confronti di Troika ed Europa. Parole in parte bilanciate dall’assicurazione che il “no” del popolo greco al referendum di domenica sul piano dei creditori «non è stata una scelta di spaccatura con l’Europa», ma un segnale della «volontà di tornare ai valori che stanno alla base dell’Ue». Per questo, ed è l’unico impegno che Tsipras si prende davanti agli eurodeputati, dalla Grecia arriveranno proposte concrete entro pochi giorni, due o tre al massimo. Proposte «per la ristrutturazione del debito che non graveranno sui contribuenti europei» è la promessa.

Accordo per la crescita
All’arrivo tra i banchi del Parlamento europeo il numero uno di Atene appare, come sempre, sorridente e apparentemente calmo, anche se visibilmente stanco. Viene accolto da applausi, strette di mano e abbracci. Altri eurodeputati, innervositi dalla situazione, hanno risposto con fischi e “buu”. Appaiono anche dei cartelli dove è scritto “OXI”, no: lo stesso no che ha vinto al referendum di domenica scorsa e che ha bocciato la proposta di bailout dei creditori internazionali, portando a questa nuova tornata di incontri e summit.

Poi si passa agli interventi. «Restano solo cinque giorni per trovare un accordo: domenica è la scadenza ultima», ricorda il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk prima che parli il premier greco. Premier che subito si dice «onorato di essere qui, nel tempio della democrazia». Un tempio dove Tsipras non ha timore di affermare che: «La capacità di resistenza della Grecia è finita. La disoccupazione è alle stelle, i problemi sociali sono aumentati, così come il debito pubblico (180% del pil). Rivendichiamo un accordo che ci porti fuori dalla crisi; un accordo che richieda riforme affidabili. I pesi negli ultimi cinque anni - ha aggiunto - sono gravati su lavoratori e pensionati, noi vogliamo una crescita sostenibile ed equilibrata».

Il nodo del debito
Martedì si è parlato della richiesta della Grecia per un prestito al fondo salva Stati. Quello che era solo un rumor, all’Europarlamento Tsipras lo fa diventare realtà: «Oggi invieremo la nostra richiesta all’Esm» e «spero che nei prossimi giorni risponderemo a questa crisi per tutta l’Eurozona». Ma il premier greco non si ferma qui: «Bisogna aprire il dibattito sul debito, basta con questo tabù. Il debito pubblico - aggiunge - deve essere reso sostenibile e continuerà gli sforzi sulle riforme. L’Europa si trova ad un incrocio importante, la cosiddetta crisi greca è una debolezza di tutta l’area euro. È un problema europeo e non solo greco. Per una problema europeo serve una soluzione europea. Ci assumeremo la nostra responsabilità storica».

Weber (Ppe): «Grecia ha distrutto la fiducia»
Un discorso, quello di Tsipras, che ha subito “spaccato” l’Europarlamento. Dopo gli applausi dalla destra e dalla sinistra dell’aula (muto invece il centro dell’emiciclo dove si trovano popolari, liberali e socialisti che fanno parte della coalizione di maggioranza), ecco il discorso di Manfred Weber, del Partito Popolare Europeo. Un attacco frontale: «Lei rappresenta un governo che ha detto molte cose nelle ultime settimane, per esempio che i creditori sono stati chiamati terroristi. Il primo ministro greco dovrebbe scusarsi per queste dichiarazioni inaccettabili, ma lei non lo ha fatto. Anche ieri - ha aggiunto - lei non ha presentato proposte, lei distrugge la fiducia. Lei è stato democraticamente eletto, noi rispettiamo questo. Ma lei ama la provocazione noi il compromesso, noi vogliamo il successo lei vuole il fallimento. Spero che presenti presto le proposte di riforma».

Pittella (Pse): «Grexit esclusa»
L’intervento di Weber è terminato tra i forti applausi di una parte dell’aula e i fischi dell’altra, che cercavano di coprirsi facendo il maggior rumore possibile. Quindi, si torna a parlare di Grexit: «Per noi socialisti l’Europa senza la Grecia non esiste» e anche se «lei non appartiene al mio partito, noi socialisti non accetteremo mai un Grexit», ha detto Gianni Pittella, presidente del gruppo dei socialisti europei. «Ci opponiamo a speculatori politici, dobbiamo fare di tutto per salvare la Grecia e salvare l’Europa». C’è anche chi è meno convinto che una soluzione si possa trovare: «Stiamo andando avanti come sonnambuli verso il Grexit» e «a pagare il conto purtroppo saranno i cittadini greci», sostiene durante il dibattito il leader dei liberali all’Europarlamento Guy Verhofstadt.

Salvini: «Ora il re è nudo»
È poi il momento dell’intervento di Matteo Salvini, leader della Lega Nord, che ringrazia Tsipras per avere dimostrato che “il re è nudo”: «Io vorrei una Europa fondata sul lavoro, sul rispetto dei diritti umani, sull’agricoltura, sulla pesca, che non approvi schifosi trattati internazionali che servono alle multinazionali e non ai lavoratori. Perciò ringrazio Tsipras, il popolo greco e chi ha scelto di uscire da questa gabbia, perché non lascio il futuro dei miei figli nelle mani di qualcuno che ha a schifo la democrazia».
8 luglio 2015 | 10:25
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Da - http://www.corriere.it/economia/15_luglio_08/crisi-grecia-tsipras-accolto-applausi-parla-all-europarlamento-d218bd28-2546-11e5-85c7-ee55c78b3bf9.shtml
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« Risposta #24 inserito:: Luglio 12, 2015, 04:32:11 pm »

Le ultime carte di Tsipras e un referendum che rischia di costargli tantissimo

Dal nostro inviato ETTORE LIVINI
01 luglio 2015

ATENE - Alexis Tsipras prova a sparigliare le carte del negoziato con la Troika calando a sorpresa il suo asso finale. Un compromesso che (se passerà) proverà a vendere in Grecia come una vittoria ma che per Bruxelles segna in realtà la sua capitolazione. Il premier ellenico, del resto, non aveva molte altre scelte se non questa mossa in extremis. I controlli dei capitali stanno asfissiando l’economia greca. Le code dei pensionati alle banche di oggi sono una scena difficile da digerire anche per i militanti di Syriza. La Bce potrebbe presto dare un’altra stretta alla sua posizione tagliando il valore dei titoli depositati a garanzia dagli istituti di credito di Atene in cambio dei prestiti d’emergenza. Scelta che rischia di mandare all’aria – dice il tam tam - una o due delle prime banche domestiche.

Il vero problema del premier è però l’angolo in cui si è messo convocando un referendum in cui – comunque vadano le cose – rischia di uscire sconfitto. Se vince il sì si dimetterà, l’ha già lasciato capire, dando il via a un governo di unità nazionale. Se vince il no dovrà gestire un caos economico da brividi oppure andare alle elezioni subito in caso di dimissioni del presidente della Repubblica. Un vicolo cieco da cui Tsipras sta cercando di uscire in queste frenetiche ore.

Le concessioni fatte alla Troika sono tante. Le ultime linee rosse rimaste sono chiare: il no all’aumento dell’Iva sulle isole dell’Egeo – che oggi godono di aliquote agevolate – e un minimo scalpo sul fronte delle pensioni. Uno dei temi più sensibili nella base del suo partito. In cambio otterrebbe quei soldi contanti (15 miliardi per iniziare) di cui Atene ha bisogno come il pane non solo per restituire i prestiti a Bce e Fmi ma soprattutto per far riprendere a funzionare l’economia che con le banche chiuse sta scivolando verso il collasso. La strada rimane lo stesso in salita. Questa intesa dovrà passare le Termopili del Parlamento ellenico dove i voti dell’ala radicale di Syriza dovrà davvero turarsi il naso per dire sì. Si vedrà. Ma il viaggio verso il referendum per Tsipras è e resta un azzardo che, politicamente, potrebbe costargli tantissimo.

E forse è proprio questo l'angolo in cui l'ex Troika voleva cacciarlo, centellinando la liquidità e le concessioni dopo le incomprensioni con il premier e con Yanis Varoufakis nelle ultime settimane. Obiettivo finale: trovarsi dopo il referendum con un nuovo governo e nuovi interlocutori con i quali riprendere i negoziati.

© Riproduzione riservata
01 luglio 2015

Da - http://www.repubblica.it/economia/2015/07/01/news/le_ultime_carte_di_tsipras_e_un_referendum_che_rischia_di_costargli_tantissimo-118069668/?ref=HREA-1
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« Risposta #25 inserito:: Luglio 12, 2015, 04:37:06 pm »

Crisi Grecia, Varoufakis: “Quello che i creditori stanno facendo con noi è terrorismo: vogliono umiliare i greci”
Il ministro delle Finanze greco in un'intervista a El Mundo ha attaccato Ue e Troika: "Perché ci hanno forzato a chiudere le banche? Per spaventare la gente.
E quando si diffonde il terrore, questo è terrorismo". Su Twitter nella notte ha anche smentito la notizia del Financial Times secondo cui si preparerebbe un prelievo forzoso sui depositi.
Il presidente Consiglio europeo Tusk: "Evitare messaggi drammatici"

Di F. Q. | 4 luglio 2015

“Quello che i creditori stanno facendo con la Grecia ha un nome: terrorismo”. Il giorno prima del referendum sul programma di aiuti proposto dai creditori, a parlare è il ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis che in un’intervista al quotidiano spagnolo El Mundo ha attaccato la troika e le istituzioni europee. “Ciò che vogliono oggi è che vinca il sì, così che possano umiliare i greci. Perché ci hanno forzato a chiudere le banche? Per spaventare la gente. E quando si diffonde il terrore, questo è terrorismo”. E ha poi concluso: “Qualunque sia l’esito del voto, lunedì ci sarà un accordo, ne sono completamente e assolutamente certo. Se la Grecia non sarà salvata, andranno in fumo mille miliardi di euro. C’è troppo in gioco”.

Il ministro a poche ore dal referendum ha scelto di parlare al quotidiano spagnolo e di rivolgere un appello: “Come già sapete, i greci e gli spagnoli hanno molto in comune. I politici normalmente provano a dividere per comandare. Ma quello che è assolutamente importante in questo momento è che tutti gli europei, e ovviamente greci e spagnoli, capiscano che abbiamo un interesse comune: trovare un modo di combinare procedure democratiche adeguate all’interno dell’Eurozona “.

Dall’annuncio di Tsipras che a decidere sul piano proposto da Ue ed ex troika sarebbero stati gli elettori, le tensioni tra Atene e Bruxelles sono cresciute di giorno in giorno. I rappresentanti delle istituzioni e le principali potenze europee (la Germania in prima fila) hanno più volte ribadito che solo il “no” permetterebbe ai negoziati di ripartire. Oggi il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk però ha cercato di abbassare i toni: “L’Unione europea”, ha detto in un’intervista a Politico, “dovrebbe evitare messaggi drammatici, in vista del referendum. La vittoria del no ovviamente ridurrebbe lo spazio ai negoziati”. Tuttavia non è un voto che chiuderà la porta all’euro o al confronto. “Il nostro obiettivo principale è quello di mantenere l’eurozona unita”.

Intanto nella notte Varoufakis ha smentito su Twitter la notizia diffusa dal Financial Times secondo cui si preparerebbe un prelievo forzoso del 30 per cento sui depositi di oltre 8mila euro: “E’ un rumor maligno”. Il sabato prima della consultazione tra gli elettori però la Grecia si sveglia con la preoccupazione della liquidità finanziaria: il governo ha fatto sapere che le banche hanno liquidità fino a lunedì sera e che la disponibilità è di un miliardo di euro. Ieri sera ad Atene ci sono state le due manifestazioni finali degli schieramenti opposti: da una parte chi ha sfilato per il “sì” e dall’altra chi ha manifestato per il “no” con il comizio finale del premier Alexis Tsipras: “Vinceremo con orgoglio e dignità”, ha detto.

Louka Katseli, presidente dell’Unione delle Banche greche, ha ammesso che dopo lunedì “ci sarà un problema serio di finanziamento” delle banche se non verrà attivato l’Ela (Emergency Liquidity Assistance) della banca centrale. “Le decisioni della Bce (che dovrebbe prenderle lunedì mattina) determineranno il quadro del finanziamento delle banche per i giorni successivi”, ha aggiunto. Parlando della notizia riferita dal FT, Katseli l’ha categoricamente smentita: “E’ del tutto inesistente e maligna”, ha tagliato corto, ricordando che i depositi sono garantiti fino a 100.000 euro (anche se il giornale diceva che la Grecia ha solo 3 miliardi nel fondo assicurativo che dovrebbe coprirli). “Non esiste neanche come ipotesi, per nessuna banca”, ha concluso.

Non solo in Grecia e non solo nei Paesi dell’eurozona la gente è scesa in piazza a sostegno delle ragioni del governo del premier Tsipras, per dire ‘no’ all’austerità e ai piani finora proposti ad Atene dai creditori internazionali. Dopo le manifestazioni di Roma, Parigi e Bruxelles, per oggi sono previste marce di solidarietà anche in Gran Bretagna, all’insegna dello slogan “siamo tutti greci”. In particolare, sono state organizzate manifestazioni a Londra, Liverpool e Edimburgo.

Di F. Q. | 4 luglio 2015

DA - http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07/04/crisi-grecia-varoufakis-quello-che-ue-sta-facendo-con-noi-e-terrorismo-ci-vogliono-umiliare/1842630/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter-2015-07-04
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« Risposta #26 inserito:: Luglio 12, 2015, 04:47:57 pm »

Elezioni anticipate in Grecia: Verso un governo di unità nazionale

5 gennaio 2015

I Kathimerini Atene
Bojesen
A prescindere dal risultato delle politiche del 25 gennaio, la Grecia finirà coll’essere governata da un governo di ampio consenso, perché soltanto così Atene potrà affrontare i propri creditori.
Lo scrive il direttore di I Kathimerini.

Alexis Papachelas

A tutti noi piacerebbe avere una sfera di cristallo che ci mostri che cosa accadrà alla Grecia nei prossimi mesi. Alcuni prevedono che dopo 70 anni all’opposizione la sinistra finalmente conseguirà una vittoria, altri pensano che la sinistra al governo potrà durare soltanto poco, e altri ancora dalle elezioni anticipate del 25 gennaio si aspettano un cambiamento radicale dello status quo. Prevedere con esattezza che cosa accadrà in Grecia è diventato sempre più difficile dall’inizio della crisi, e nessun sondaggista o esperto può dichiarare di sapere con certezza che cosa accadrà a breve.

Se toccasse a me fare una previsione, tuttavia, direi che prima o poi nel 2015 la Grecia sarà governata da un’ampia coalizione incaricata di salvare il paese. Non so come vi arriveremo e non mi interessa neppure quale partito o personaggio politico guiderà il governo. A prescindere dal risultato elettorale una cosa è certa: a un certo punto, intorno a marzo, la Grecia si ritroverà in grossi guai.

Ben presto il paese si troverà alla prese con un dilemma veramente difficile che richiederà di essere affrontato e risolto chiaramente.

So che questa idea risulterà sgradita ai più strenui sostenitori di alcuni partiti politici che credono che dietro ogni tentativo andato a vuoto della classe politica al governo ci sia una cospirazione. Il compito di governare la Grecia, in ogni caso, ormai non è solo complesso, ma è anche erto di pericoli. La crisi continua a incidere pesantemente sia sui partiti sia sui leader politici. E ben presto il paese si troverà alla prese con un dilemma veramente difficile che richiederà di essere affrontato e risolto chiaramente.

La Grecia può non aver bisogno di un referendum per decidere se debba o meno restare nella zona euro; una crisi bancaria o un altro evento del genere potrebbero essere sufficienti a toglierci il peso di dover prendere una scelta del genere.

Il paese non può più affrontare nulla di radicale. La popolazione è esausta e disperata, le istituzioni e coloro che dovrebbero farle funzionare sono ormai allo stremo. La Grecia dovrà intrattenere nuovi importanti negoziati con i suoi creditori, e solo un governo di ampio consenso potrà gestirli.

Ma non basta: come è ampiamente risaputo, la Grecia avrà bisogno di un governo serio, che lavori, e qualsiasi tentativo di presentare una formazione di governo migliore di come è ora di sicuro dovrà dimostrarsi all’altezza e riuscire a farcela. Ci occorre un governo in grado di prendere tempestivamente le decisioni e di applicarle.

Così come vanno le cose al momento, pare impossibile raggiungere questo risultato, tenuto conto della polarizzazione politica. La popolazione, però, potrebbe dimostrare di essere saggia oltre ogni aspettativa e dare prova di un forte istinto di sopravvivenza imponendo ciò che al momento sembra irrealizzabile: un consenso nazionale che garantisca che nessuno condurrà pericolosi esperimenti su ciò da cui dipende il destino stesso del paese.

Traduzione di Anna Bissanti

Da - http://www.voxeurop.eu/it/content/article/4877553-verso-un-governo-di-unita-nazionale
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« Risposta #27 inserito:: Luglio 12, 2015, 04:51:51 pm »

Grexit non ci sarà, la vera partita è tra Obama e la Merkel

10 luglio 2015, Luca Lippi

Per tutta la settimana il dibattito è stato sulla Grecia, poi si è allargato alla sovranità, poi alle domande sul Grexit.
Operatori specializzati affermano che la Borsa ci sta già dicendo che non ci sarà nessun Grexit, noi continuiamo a ripetere che la Borsa sta solo valutando le mosse di Draghi ed è tanto più serena quanto più Draghi decide di fare il banchiere e continuare a sussidiare le banche, anche quelle elleniche.

Ogni discussione è utile a se stessa, le decisioni sono state già prese da gennaio scorso, non è uno scoop della “Civetta” è semplice competenza di chi mangia pane e Borsa da tutta una vita, basta guardare la Borsa e poi le notizie, mai il contrario perché non esiste nessuno in grado di arrivare prima del mercato sulla “conclusione reale delle questioni”. Spesso non si riesce a rendersene conto perché il mercato arriva “molto” prima di chiunque, se poi si aggiunge l’incompetenza della maggior parte degli individui, che per sopravvivere devono maturare altre competenze, ecco che il gioco è fatto e gran parte dei media fanno il resto.

Intanto dipaniamo la prima questione incompresa: i Paesi membri non hanno perso mai la sovranità, semplicemente non l’hanno mai avuta. E se proprio dobbiamo essere leali con noi stessi, dobbiamo dire che è l’Europa la prima ad avere perso la sovranità su se stessa. Questo è accaduto nel 1945 quando ogni decisione relativa a questioni comunitarie e disegni di federazione europea si sono potuti “abbozzare” con l’avallo di Washington e Londra che da sempre conservano l’ultima parola sulle questioni europee in materia economica e politica estera.

Quindi, riguardo la questione greca, il braccio di ferro non è fra l’Europarlamento e Syriza, magari! Il braccio di ferro si sta consumando fra Stati Uniti e Germania, perché non è neanche vero che l’Europa sia “germanizzata”, l’Europa è “germanocentrica” perché la Germania è di fatto una "colonia" statunitense dal bombardamento a tappeto di Berlino in poi.

Ecco dunque che da Washington arrivano ormai grida di rimprovero per “obbligare” Atene e Berlino a scendere a compromessi “prima di subito” e perché la gestione della questione è stata insoddisfacente, e con buona pace della “democrazia capitalista” la Merkel non ha perduto la testa solo perché ancora non si è trovata un’alternativa “apparentemente autorevole” e anche “sottomissibile”.

Gli americani esercitando forti pressioni per evitare che Atene sfugga alle maglie della UE e della Nato, perché la dinamica di "egemonia angloamericana" sull’Europa è viva, e lotta insieme a noi ogni minuto del giorno e della notte.

Passiamo ad analizzare la funzione di Alexis Tsipras: in tutta la questione (siamo tutti pedine su una scacchiera, inutile illudersi). Alexis Tsipras è troppo giovane per essere un consumato politico capace di trattare e negoziare con “vecchie volpi” senza essere sbranato. E’ sopravvissuto esclusivamente perché è sostenuto dal disegno angloamericano di scardinare l’eccesso di austerità propugnato dalla Germania, che sta portando la moneta unica al collasso dopo anni di recessione nell’europeriferia.

Gli Usa non contestano le politiche di austerità, vicino a Tsipras sono stati collocati due ministri delle finanze (Varoufakis prima e Tsakalotos ora) che di greco hanno poco soprattutto riguardo la formazione tecnico professionale (in sostanza sono più americani che greci), nei fatti gli Usa contestano la “dose eccessiva” di austerità che sta portando a una crisi irreversibile l’Eurozona.

Ecco che Tsipras è utilissimo agli Usa per contrastare la Germania e creare più di qualche imbarazzo ai tedeschi che si trovano spaesati di fronte a tanta protervia greca. Pensate solo quanto sarebbe disposto a pagare Matteo Renzi per essere al posto di Tsipras in questo momento che è l’emblema del coraggio mentre lui finora ha fatto la figura dell’agnello. Tuttavia è utile ricordare che Tsipras esiste perché Washington lo protegge (fin quando è utile).

Già prima del referendum del 5 luglio, il Fmi si è sbilanciato a favore di Tsipras nella sua contesa con i creditori europei: il 2 luglio, con un tempismo per nulla casuale, il fondo con sede a Washington rende pubblico un rapporto dove si giudica insostenibile il debito pubblico greco e se ne chiede uno “riscadenziamento” accompagnato da ulteriori 50 miliardi di aiuti. Non solo, quindi l’istituzione americana evita di dichiarare il default tecnico di Atene dopo il mancato rimborso della tranche il 30 giugno, ma esorta i creditori europei affinché alleggeriscano le loro pretese creditizie: è grazie all’assist del Fmi che Tsipras avanza nuove richieste per un alleggerimento del fardello debitorio, chiedendo, in base alle indiscrezioni che precedono l’inconcludente Eurogruppo del 7 luglio, il taglio del 30% del debito ed un piano di finanziamento dalla durata ventennale.

E credete che questo le Borse lo abbiano saputo il 7 luglio?

Il Financial Times (organo di stampa autorevolissimo dell’establishment finanziario europeo) da mesi lancia messaggi subliminali alle presidenze del consiglio europee (soprattutto alla cancelleria tedesca) ammonendo sulla posta in gioco. Nonostante tutto hanno mandato a referendum Tsipras, ovvio che adesso è dovuta scendere in campo direttamente la stampa rappresentativa della finanza statunitense (il New York Times) e pubblica un editoriale non firmato “For Europe’s Sake, Keep Greece in the Eurozone” dove, in sintesi, lancia un appello/ammonimento alla Germania affinché eviti l’uscita dall’euro della Grecia, membro della UE nonché della NATO. Si facciano carico la Germania ed i creditori europei del debito greco, scrive il giornale, perché le conseguenze del Grexit sarebbero un terremoto dei mercati finanziari mondiali e l’incrinatura dell’intera eurozona.

Per chiarezza riportiamo il passaggio in originale “Ms. Merkel, the most powerful political leader in Europe, now has to decide whether she is willing to risk the stability of the European Union, consign Greece to economic depression and threaten global financial markets, or do the rational thing at this critical moment.(…) A Greek exit would also do untold damage to the credibility of the euro and the European project by making clear that any country’s membership in the Eurozone could be revoked (…) Yes, Greek officials past and present are responsible for many of their country’s problems. But European leaders have made the crisis worse by their mismanagement. Now it’s incumbent on them to end the threat to the Eurozone by saving a small, paralyzed country”.

In conclusione, il vero problema non è la Grecia. Il problema è da mesi la Germania, e più nello specifico la Merkel che, politicamente, ha salva la testa solo perché è riuscita a convincere i Paesi membri a inutili e perniciose sanzioni verso la Russia di Putin. Riguardo il resto, un eccesso di protagonismo della Merkel e cortigiani nella crisi greca sta ora polarizzando le opinioni pubbliche degli altri Paesi europei contro il governo di Berlino, mettendo a repentaglio l’integrazione europea.

La conferma di questo è la telefonata diretta di Obama alla Merkel; il presidente americano esprime il convincimento che la Grecia debba rimanere ad ogni costo nell’euro, schierandosi così apertamente a fianco del “marxista” Tsipras contro i falchi teutonici che, specialmente dopo il referendum del 5 luglio, citano con sempre maggiore frequenza l’evenienza che Atene sia espulsa dall’euro. Tuttavia c’è da considerare che la credibilità degli Usa è ai minimi storici, negli ultimi 15 anni hanno prodotto più danni della grandine soprattutto con i QE che provocano bolle speculative sparse in tutti i mercati del mondo, e questo mette a rischio il potere di imporsi sull’Europa.

L’indebolimento dell’influenza angloamericana si evidenzia con i focolai ormai alle porte della periferia europea (Nord Africa e Levante con l’ISIS e nell’Est europeo con la crisi ucraina), dunque l’unica possibilità di agire è quella di incendiare questi scenari con lo scopo di rendere impermeabile l’Europa non riuscendo più a incidere direttamente nelle capitali europee. Le telefonate, i continui rovesciamenti di fronte da parte del Fmi, sono il tentativo di arrestare le forze centrifughe all’interno dell’Europa.

In tutto questo Putin sta solamente aspettando che la strategia americana fallisca per inserirsi fra le crepe formatesi fra la Grecia e la troika (il danno di quest’ultima è evidente). Il ruolo della Grecia è di una potenza contrattuale insperabile per chiunque. A costo di salvarla di nascosto gli Stati Uniti sono pronti ad intervenire direttamente, la Grecia deve solo gestire i tempi per non perdere l’appuntamento con Putin che non vuole passare come la ruota di scorta di una pulce.

Un fatto è certo, e questo Tsipras deve considerarlo bene: se fosse “Grexit” l’onda d’urto per il popolo greco sarebbe talmente devastante (forze speculative) che nessuno è in grado di stabilire se riuscirà ad arrivare indenne alla sponda russa. Anche questo la Borse lo hanno calcolato con precisione e quindi “scommettono” da gennaio sulla permanenza della Grecia nella Nato prima ancora che nell’Europa.

La Borsa è una grande “sala scommesse” col privilegio di sapere in anticipo quello che gli investitori non possono sapere (non tutti) ma sempre di scommessa si tratta. Non crediamo che la secolare “perizia” dei Mercati venga meno proprio ora! E infatti Tsipras rimane con noi per il momento: possiamo andare serenamente al mare.

Da - http://www.intelligonews.it/articoli/10-luglio-2015/28469/grexit-non-ci-sar-la-vera-partita-tra-obama-e-la-merkel
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« Risposta #28 inserito:: Settembre 19, 2015, 10:57:45 am »

L’intervista
Crisi Grecia, Varoufakis: «Tsipras? Ha firmato la capitolazione Io sono libero, ho perso i falsi amici»
L’ex ministro greco delle Finanze: «Presto ci sarà il lancio ufficiale e una sinistra pan europea capace di offrire una politica alternativa all’austerità»

Di Andrea Nicastro

I colleghi ministri lo evitavano anche al tavolo delle tartine, figurarsi oggi, come potenziale rivale del fronte del no. Yanis Varoufakis, economista ed ex ministro greco, annuncia al Corriere che «presto, molto presto ci sarà il lancio ufficiale e una sinistra pan europea capace di offrire una politica alternativa all’austerità vedrà la luce». Varoufakis non ha niente del silurato o dell’ex. Anzi è sempre più convinto d’avere ragione. Gira il continente come una trottola, raccoglie adesioni, scatena applausi. È pronto a salvare l’Europa da chi, secondo lui, la sta guidando al baratro economico, sociale e politico. La sua T-shirt da modello è apparsa in Francia allo sbocciare della sinistra alla sinistra di Hollande. Con l’ex Pd Stefano Fassina e lo spagnolo Pablo Iglesias ha gioito al trionfo rosso del britannico Corbyn.

Professor Varoufakis, come sta?
«Un fiore. Anche se la situazione in Grecia dopo la resa del 13 luglio è triste e non preconizza niente di buono per l’Europa. Il merito è del calore della gente che mi accoglie in Grecia, Italia, Francia, persino Germania. E anche della libertà che ho per seguire la mia agenda politica fuori dalle strutture di governo».

L’incubo Grexit, tutti gli occhi puntati addosso... nessuno strascico?
«Il vero amore e la vera amicizia sono sopravvissuti. I falsi evaporati. Fare il ministro è stato un dovere da sopportare fino a che eravamo guidati da un principio. Piuttosto mi spiace per i miei successori che devono gestire l’orribile sconfitta».

Dica la verità, com’è scoprirsi sex symbol?
«Ho detestato lo star system tutta la mia vita. Sarebbe il colmo dell’ipocrisia godere di quel circo quando, per ragioni a me ignote, sono stato elevato su un ridicolo piedistallo».

Sta finendo un libro?
«È almeno dal 1989, che ogni anno sto per finire un libro. Questo era quasi pronto prima delle elezioni di gennaio. L’ho dovuto aggiornare. Si intitolerà “Il debole soffre il giusto?”. È, niente meno, che una storia dell’Euro».

Quindi addio alla politica?
«Tutto il contrario. Presto ci sarà un annuncio ufficiale. Il partito Syriza che ho servito non esiste più. Si è smembrato per la nostra capitolazione. Non volendo unirmi a ciò che è emerso dalla frattura, ho guardato là dove anche il problema greco può trovare una soluzione: l’Europa».

Spieghi meglio.
«La Grecia è affondata, ma è l’intera democrazia europea ad essere ferita a morte. A meno che gli europei non capiscano che la loro economia è diretta da pseudo tecnocrati non eletti e non punibili, gente che sta commettendo un errore dopo l’altro, la democrazia continentale rimarrà l’ombra di quello che pensiamo che sia».

Eppure lei ha sempre creduto nell’euro e nell’Europa.
«Sto lottando con me stesso per continuare a farlo. Aristotele definiva la democrazia come il sistema nel quale governano i poveri, che sono sempre la maggioranza. In questo senso, la sinistra è la custode della democrazia quando non si piega ai pochi potenti che controllano le risorse materiali. Una semplice dose di democrazia liberale nell’Eurogruppo mi sembrerebbe un buon inizio per italiani, greci, spagnoli e tedeschi».

La sconfitta della sua posizione all’Eurogruppo non le è proprio andata giù.
«Alexis Tsipras ed io siamo stati in disaccordo perché lui pensava che il nuovo Memorandum fosse l’unica alternativa al piano Schäuble di cacciare la Grecia dall’Eurozona. Tsipras venne minacciato di un’espulsione così violenta che la parte debole della popolazione avrebbe sofferto in modo indicibile. Quindi capisco come e perché Tsipras è arrivato a scegliere il Memorandum. Ma non sono d’accordo».

Preferiva fallire con onore?
«Il referendum ci ha dato il 62% di appoggio per cercare un accordo onesto, senza cedere. Così avevo letto io il voto. Tsipras l’ha capito diversamente».

Colpa di quello che lei definì «terrorismo europeo»?
«I giornalisti dovrebbero almeno imparare a riferire le cose correttamente. Ciò che io dissi è che nelle settimane precedenti il referendum, i greci sono stati bombardati di immagini di banche chiuse e dall’idea che non avrebbero mai più riaperto. Terrorismo è usare la paura per un fine politico. E i greci ne sono stati soggetti».

L’alternativa era il suo Piano B?
«Ogni Piano B che vuole evitare l’uscita dall’euro ha in sé il problema che appena diventa noto scatena il panico, la fuga dai depositi, la chiusura delle filiali e un’uscita di fatto dalla moneta unica».

Quindi era sbagliato?
«Difficile dirlo. Avrebbe avuto un costo altissimo, questo sì. Ma nel lungo periodo magari non più alto della costante sottomissione alla troika».

Come sta ora la Grecia?
«Nessun Paese alle prese con una Grande Recessione può riformarsi fino a che il debito non viene ristrutturato, la spirale debito-deflazione alimenta la crisi».

E le privatizzazioni? La Germania sta comprando.
«Mi piacerebbe pensare che questo non fosse l’obiettivo delle istituzioni tedesche. Detto ciò, avrei preferito che Berlino chiedesse alle sue imprese di stare lontane dai saldi greci».

Tornerà l’incubo Grexit?
«Tsipras è convinto che il Memorandum eviti il piano Schäuble. Io credo che ci porterà comunque fuori dall’euro. Sperabilmente, quando la Grexit spaventerà di nuovo tutti, l’Europa si sarà rimessa in piedi, il piano tedesco archiviato e al suo posto ci sarà un programma pan continentale di sviluppo, un New Deal europeo».

16 settembre 2015 (modifica il 16 settembre 2015 | 07:54)
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/esteri/15_settembre_16/crisi-grecia-varoufakis-tsipras-ha-firmato-capitolazione-io-sono-libero-ho-perso-falsi-amici-9dc45dec-5c33-11e5-83f0-40cbe9ec401d.shtml
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« Risposta #29 inserito:: Settembre 22, 2015, 06:48:29 pm »

Yanis Varoufakis: "La Primavera di Atene ha messo a nudo la tirannia dell'Unione"
L'ex ministro greco ha annunciato che alle elezioni voterà per i dissidenti euroscettici di Unità popolare: "L'Europa ha perso l'integrità e l'anima"

Di CHRISTIAN SALMON
19 settembre 2015

I GRECI domani tornano al voto per la seconda volta in nove mesi. Sono le elezioni anticipate volute dal premier Alexis Tsipras che non poteva più contare su una maggioranza in Parlamento. L'ex ministro delle Finanze Yanis Varoufakis era già uscito dal governo il 6 luglio (tanto che ieri ha annunciato a Press project che non voterà per Syriza ma per "Unità popolare", la neo-formazione dei dissidenti euroscettici, ndr). In questo dialogo, racconta la sua visione dell'Europa.

La crisi dei rifugiati, come la crisi greca, rappresentano due momenti parossistici di una più generale crisi dell'Ue, ed è necessario analizzarle congiuntamente, come ha detto recentemente: due facce di una stessa crisi, due sintomi acuti di una stessa malattia, il "male di sovranità" dell'Europa.
"Esattamente. Gli europei devono riuscire a comprendere la radice delle forze centrifughe che ormai da tempo stanno lacerando l'Unione Europea, toccando l'apice in questa orrenda estate del 2015 in cui prima la democrazia greca è stata stritolata (con la minaccia di un'espulsione dall'Eurozona come punizione per aver rifiutato un nuovo prestito a condizioni che ridurrebbero il Paese ancora più in miseria), e poi l'Europa non ha saputo mostrarsi all'altezza della crisi dei profughi. La radice sta nelle fondamenta stesse dell'Unione, che è stata costruita come un mastodontico cartello industriale, si è trasformata in una coalizione di banchieri, è stata gestita da una tecnocrazia incompetente che disprezza i principi della democrazia, e infine ha elaborato una sua versione di moneta unica che rispecchia la "logica" del sistema aureo vigente fra le due guerre. Una "costruzione" simile non poteva reggere. Quando ha cominciato a frammentarsi, dopo il 1929 della nostra generazione (l'implosione del 2008), gli Stati membri hanno cominciato a ripiegarsi su se stessi. Il dramma greco di luglio, che ha messo a nudo la perdita di integrità dell'Europa, e l'attuale crisi dei rifugiati, che dimostra che l'Europa ha perso la sua anima, sono il risultato di questa frammentazione. È così che interpreto la sua appropriata espressione, "male di sovranità"".

Gli Stati-nazione hanno perso la loro sovranità democratica, l'Ue non l'ha ritrovata. Siamo su un continente che vola col pilota automatico, abbandonato alla mano invisibile dei mercati... A bordo del bateau ivre, due categorie di politici litigano sulla direzione da prendere e la condotta da seguire.
"È esattamente quello che stiamo vivendo. Se posso permettermi di "correggere" leggermente la sua metafora, direi che abbiamo lanciato un battello fluviale nella vastità dell'oceano durante giornate di bonaccia. Il nostro battello è maestoso, ma non ha quello che serve per sopravvivere a un mare in tempesta. Peggio ancora: in questo spazio allegorico, quando gli elementi hanno deciso di scatenare una tempesta, la loro furia è stata proporzionale alla nostra mancanza di preparazione. E quando la tempesta è arrivata, il capitano e i suoi ufficiali hanno continuato a negare l'evidenza, insistendo che era tutta colpa dei passeggeri di terza classe (i greci, i portoghesi ecc.). Come dico spesso, la situazione in cui ci troviamo è figlia del modo stupido in cui è stata gestita una crisi inevitabile.

Da un lato i "sovranisti" chiedono che la Nazione torni in porto. Dall'altra parte ci sono i loro avversari, i "de-democratizzatori", che raccomandano di andare al largo affindandosi alle correnti della globalizzazione. I sovranisti esigono una riterritorializzazione del potere, l'uscita dall'euro, la resurrezione delle frontiere. I de-democratizzatori vogliono abbandonare qualsiasi potere decisionale e perfino il sistema democratico, affidando la politica a esperti e mercati finanziari. In questo dualismo si consuma il fallimento della politica. Che si è manifestato sotto una figura paradossale, l'"autoritarismo impotente": autoritari di fronte alla Grecia, impotenti di fronte ai rifugiati.
"È proprio così. Con l'aggiunta di un altro aspetto: in questo falso scontro fra rinazionalizzatori e paladini dell'euro, le due parti si nutrono a vicenda! Concorrono insieme, ovviamente senza volerlo, al processo che genera centralizzazione autoritaria e al tempo stesso frammentazione. Le due crisi di questa estate, la crisi greca e quella dei rifugiati, lo dimostrano: gli Stati membri cercano di scaricarsi a vicenda l'onere della crisi, ponendo incessantemente una domanda avvelenata "Che ci guadagno?"; e intanto Bruxelles e Francoforte cercano di accaparrarsi, riuscendoci, altro potere arbitrario a spese degli Stati-nazione. La frammentazione centralizzata è il risultato peggiore possibile della pessima architettura dell'Europa, ma anche della reazione nazionalistica che vuole rinazionalizzare i sogni, le aspirazioni, le politiche migratorie, la politica di bilancio e così via".

Per converso, il "no" greco al referendum del 5 luglio e il movimento europeo di solidarietà verso i rifugiati rappresentano la nascita caotica di un'opinione pubblica europea, e forse l'abbozzo di una sollevazione democratica contro le istituzioni europee, che non li rappresentano più e li opprimono.
"Il sontuoso "No!" gridato da quell'incredibile 62 per cento di greci è un meraviglioso lascito di resistenza all'idiozia dell'eurolealismo e alla riluttanza dell'euroclastia. Non era un "No" all'euro. Era un "No" a un accordo all'interno dell'Eurozona insostenibile e vendicativo. La maggioranza che ha detto "No" ci stava dicendo: "Non vogliamo che ci portiate fuori dall'euro. Ma non intendiamo tollerare un'umiliante parvenza di accordo che condanna i nostri figli a una depressione permanente e a un perenne status di Paese di terza classe in Europa. E se Bruxelles-Francoforte- Berlino continueranno a minacciarci con la Grexit, allora ditegli: Andate all'inferno". Quel "No" è stato tradito, su questo non c'è dubbio. Ma il suo spirito non è evaporato".

Dalle sue dimissioni il 6 luglio Lei sembra dire solo una cosa: "È venuto il momento delle rivoluzioni europee". Cerca di creare "una nuova narrativa per l'Europa", che io interpreto come "Creatività, solidarietà, democrazia". Contro l'impotenza autoritaria delle istituzioni dobbiamo contribuire a far emergere una potenza d'azione democratica.
"Prima delle elezioni del 25 gennaio 2015, insieme ad Alexis Tsipras dicevamo al mondo che quello che sarebbe cominciato in Grecia si sarebbe esteso all'Europa. Il nostro slogan era: "Riprendiamoci la Grecia  -  Cambiamo l'Europa!". Dopo la capitolazione di luglio, sono giunto alla naturale conclusione che con la Grecia sconfitta (anche se mai soggiogata) è venuto il momento di portare il messaggio della nostra Primavera di Atene, che ha già "infettato" tutti in Europa, da Helsinki a Porto, da Belfast a Creta. La Primavera di Atene ha dimostrato, anche agli europei che non erano d'accordo con il nostro governo, che tutte le decisioni importanti vengono prese da organismi che non rendono conto a nessuno, privi di trasparenza, dittatoriali, che non rispettano nessun principio di legalità, che agiscono nell'ombra, che nutrono solo disprezzo verso la democrazia. E allora i tempi sono maturi per portare il trittico della rivoluzione francese, libertà-uguaglianza- fratellanza, a livello europeo, e aggiungere a esso tolleranza-trasparenza-diversità".

© Riproduzione riservata
19 settembre 2015

Da - http://www.repubblica.it/esteri/2015/09/19/news/yanis_varoufakis_la_primavera_di_atene_ha_messo_a_nudo_la_tirannia_dell_unione_-123219780/?ref=fbpr
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