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Autore Discussione: Borges, Pessoa, Soloviev tre passi dentro l'infinito  (Letto 3039 volte)
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« inserito:: Ottobre 19, 2007, 06:39:55 pm »

CULTURA

LIBRI / Gli scritti giovanili del maestro argentino ripudiati in vita

Il tormento di uno gnostico di fronte allo sgretolarsi dell'anima russa

Borges, Pessoa, Soloviev tre passi dentro l'infinito

La vite molteplici del genio portoghese raccolte in aforismi per una biografia impossibile

di DARIO OLIVERO

 
SPERANZA
Capita con certi autori di non sapere da dove incominciare. Troppo vasto il loro ingegno, troppe suggestioni dalla loro voce e troppo stretto il canale che sta tra ciò che scrivono e ciò che siamo in grado di raccogliere, decifrare e rimettere in circolo. Jorge Luis Borges è l'archetipo di questo infinito, come lui stesso sapeva bene. La misura della mia speranza (tr. it L. Lorenzini, Adelphi, 16 euro) raccoglie alcuni scritti giovanili che Borges ripudiò in vecchiaia. Per perfezionismo, per la velocità del suo pensiero sempre in evoluzione, per vergogna di certe ingenuità o arroganze giovanili, forse. Si parla di angeli e stelle, creature immaginarie scomparse dall'orizzonte dell'uomo, quartieri di Buenos Aires, tanghi, onestà umana di Oscar Wilde, scrittori dell'Avventura e scrittori dell'Ordine. Si parla di un universo psichico. E visto che con la grande e paziente mente di Borges non si sa da dove incominciare, prendiamo un passaggio che è un miracolo della forza poetica della disperazione: "Siamo dei dimenticati da Dio, il nostro cuore non sposa nessuna fede, ma crediamo, questo sì, in quattro cose: che la pampa sia un sacrario, che l'abitante originario fosse molto virile, che i malviventi siano coraggiosi, che i sobborghi siano dolci e generosi".

DISPERAZIONE
Abituati alle bancarotte delle ideologie politiche conosciamo meno quelle delle filosofie e delle teologie. Nello scorcio finale dell'Ottocento, a una manciata di anni dalla rivoluzione bolscevica si schiantava l'anima sacra e profonda della Russia. Veniva superato il tormento di Dostoevskij, ci si rendeva conto dell'impossibilità di seguire il cristianesimo puro di Tolstoj, spariva in una nicchia nascosta l'esicasmo medievale ma senza tempo dei Racconti di un pellegrino russo. Crollavano i mondi che cercavano la redenzione, si arrendeva chi cercava di mettere insieme, in un ambizioso disegno umano, le anime diverse del cristianesimo orientale e occidentale. Uno degli uomini simbolo di quel periodo fu Vladimir Soloviev del quale torna in libreria I tre dialoghi e il racconto dell'Anticristo (tr. it. A. Ferrari, Vita e Pensiero, 14,50 euro). E' il suo ultimo scritto. Soprattutto nella parte finale, quella relativa all'Anticristo, Soloviev disegna un incubo. Non tanto per la fantastoria in cui il Giappone guida la conquista asiatica dell'Occidente, ma per l'ascesa del Male sotto le vesti più insospettabili del bene, del piacere, della felicità, del benessere. Uomo abituato a pensare da gnostico, a condannare chi parla in nome di un Dio che altro non è che un funesto demiurgo, Soloviev porta il discorso all'estremo rinunciando anche alla ricerca di ciò che sta dietro al demiurgo. Perché di fronte alle arti seducenti dell'Anticristo l'uomo ha ormai rinunciato a cercare l'unica cosa che quello non gli può dare: la verità

FUGA
Paolo Collo ha frugato nelle infinite valigie dell'attore che Fernando Pessoa si portò appresso per tutta la vita. Ha preso i brandelli di tutte quelle vite, tutti quei nomi, tutte le presenza che abitarono in un corpo solo e ne ha fatto un collage in forma di biografia. Ne è uscito fuori un piccolo libro che si può tranquillamente firmare Fernando Pessoa, ammesso che questo voglia dire qualcosa. Si procede passo dopo passo dall'infanzia alla morte, passando per le prime avvisaglie di quella che per alcuni è stata una forma psicotica controllata, per altri una forma di genio, per il diretto interessato la capacità di "assumere qualunque emozione io desideri e di entrare a mio piacere in qualsiasi stato di spirito". Fino alla creazione di tutte quelle vite, quegli eteronimi: Alvaro de Campos, Ricardo Reis, Alberto Caeiro, Bernardo Soares, più tutte quelle che potrebbero essere rinchiuse ancora nelle casse che ha lasciato. Si intitola Vite di Fernando Pessoa scritte da sé medesimo (Passigli, 8,50 euro).

(18 ottobre 2007)

da repubblica.it
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