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Autore Discussione: Assange: «007 francesi incompetenti Gli attentatori ben noti jihadisti»  (Letto 2567 volte)
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« inserito:: Gennaio 12, 2015, 10:36:35 pm »

La strage in Francia

Assange: «007 francesi incompetenti Gli attentatori ben noti jihadisti»
Il fondatore di Wikileaks: terroristi perfetti «imbranati», segnalati, «hanno lasciato documenti in auto, si sono parlati lungamente al telefono a rischio intercettazione»


Di Redazione Online
La bocciatura senza appello non viene da uno «007» certificato, ma quasi. «Il fallimento (dei servizi segreti francesi, ndr) nella strage di Charlie Hebdo è così evidente che bisogna porsi delle domande serie». Julian Assange, il giornalista che ha reso di pubblico dominio 251 mila documenti segreti Usa e che per questo, inseguito da numerose polizie, è fuggito nell’ambasciata londinese dell’Ecuador, interviene, pubblicando un twitter sul suo account ufficiale che riprende un’intervista ad un quotidiano britannico, nel dibattito in corso dopo gli atti di terrorismo che hanno sconvolto la Francia. E accusa di «incompetenza», segnala un’Adnkronos che cita il tweet, l’intelligence transalpina.
   
«Attentatori ben noti jihadisti»
Il fondatore di Wikileaks ricorda come gli assalitori fossero dei «ben noti jihadisti» lasciati incontrollati dalla polizia francese, forse perché agivano come «informatori» o forse per «poterli arrestare pochi secondi dopo l’attacco» per ottenere visibilità sui media e maggiori finanziamenti agli apparati di sicurezza. Per il giornalista australiano i terroristi sono perfetti «imbranati, hanno lasciato documenti sull’auto, si sono coordinati parlandosi al cellulare». Senza contare che erano su numerose «liste nere», pregiudicati. Non hanno comunicato tra loro usando crittografia o lasciando messaggi sotto le rocce, ma parlando lungamente al telefono, prime dop o gli attentati

«Necessaria la sorveglianza mirata»
Assange rigetta inoltre le accuse di chi lo ritiene responsabile, insieme a Edward Snowden, la «talpa» del Datagate, delle stragi francesi, per aver danneggiato gli apparati di sorveglianza e spionaggio elettronici occidentali. «La tragedia di Parigi -afferma- è un altro esempio di come sia necessaria la sorveglianza mirata e competente e non quella di massa».

10 gennaio 2015 | 21:13
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/esteri/15_gennaio_10/assange-007-francesi-incompetenti-ce5b5240-9900-11e4-8d78-4120bf431cb5.shtml
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« Risposta #1 inserito:: Gennaio 13, 2015, 05:07:05 pm »

LE IDEE

Ma l’Occidente non ha perso
L’Islam insegue la tecnica, che sta al cuore della nostra cultura
Se la conquistasse dovrebbe rinunciare alla propria tradizione

Al centro dei fenomeni del nostro tempo c’è la fame. Fortemente cresciuta rispetto al passato: sia per il modo in cui viene distribuita la ricchezza prodotta, sia per la crescita smisurata della popolazione mondiale. Inevitabile, quindi, la pressione degli affamati su chi riesce a sopravvivere nonostante le preoccupazioni causate dal Pil. Inevitabile anche, in questa situazione, che si facciano avanti le forze che progettano di sfruttare a proprio vantaggio la volontà degli affamati di godere anch’essi dei beni esistenti sulla Terra. Ieri la maggiore di queste forze era l’Unione Sovietica. Con la sua fine, quel progetto è stato ereditato dall’Islam — che vede nel capitalismo e nella cultura dell’Occidente il male assoluto. E la condizione dell’Occidente è peggiorata, perché, nonostante e anzi proprio in virtù della guerra fredda e della tensione nucleare, l’Urss ha esercitato una funzione di controllo e di contenimento delle spinte antioccidentali dei Paesi musulmani. Era costretta a svolgere questo compito, paradossalmente vantaggioso per l’Occidente, perché c’era di mezzo il pericolo di rompere l’equilibrio tra le due superpotenze, giungendo a quel suicidio atomico al quale né l’una né l’altra ha mai inteso arrivare. Con la fine dell’Urss son venuti meno anche il controllo e contenimento di cui si è detto. Quelli operati dal mondo islamico nei confronti delle proprie forme estremistiche sono estremamente meno efficaci, sia perché il mondo islamico (già di per sé ostile all’Occidente) è frammentato, sia perché non esiste una tensione tra esso e l’Occidente analoga a quella tra Usa e Urss: ancora non esiste il pericolo che l’estremismo, in questo caso islamico, abbia a rompere un equilibrio di potenza, in questo caso tra Islam e Occidente, determinando così la catastrofe nucleare. La fame umana (il dolore, la morte) esiste all’interno di una cultura da cui è interpretata. E le interpretazioni (cristiana, islamica, capitalistica, marxista, ecc.) si combattono. Anche perché hanno avuto una storia diversa. Nel Medioevo la cultura cristiana e quella islamica crescono entrambe nel terreno della filosofia greca. Poi il cristianesimo, a differenza dell’Islam, si imbatte nella cultura moderna, che lo mette radicalmente in questione e con esso finisce col lasciarsi alle spalle l’intera tradizione dell’Occidente. L’Islam ignora l’atteggiamento critico in cui la modernità consiste. In quanto critica del proprio passato l’Occidente è debole; in quanto fede nella propria tradizione l’Islam è forte (anche se la «primavera araba» può far pensare a un primo, incerto passo dei Paesi arabi verso la modernità, quindi verso l’indebolimento; un passo forse già fallito). Tuttavia l’abbandono della tradizione ha consentito in Occidente lo sviluppo della scienza e della tecnica. E della tecnica guidata dalla scienza moderna intendono servirsi tutte le forze oggi ancora in campo. Anche il mondo islamico intende servirsene. La tecnica è il mezzo più potente. Il programma nucleare iraniano è sintomatico. Nonostante la sua efferatezza e il numero delle vittime, il terrorismo islamico ha ancora un carattere artigianale. Per diventare una minaccia alle strutture del mondo occidentale deve acquistare un carattere tecnologico-industriale. E perché ciò accada occorre uno Stato. Ma se per realizzare quella minaccia uno Stato terrorista islamico è indispensabile, la sua esistenza è anche controproducente, un pericolo per la propria sopravvivenza. Infatti esso sarebbe ben visibile. La sua distruzione incontrerebbe meno difficoltà tecniche che non l’individuazione e distruzione della nebulosa costituita dalle cellule terroristiche sparse per il mondo. Si preannuncia un tempo in cui la volontà del terrorismo di uscire dallo stadio artigianale, impadronendosi delle opportunità offerte dalla tecnica, sarà in conflitto con la consapevolezza del pericolo a cui si va incontro con la costruzione di uno Stato terrorista islamico, inevitabilmente richiesto da quella volontà. D’altra parte, se l’Islam è già presente in Europa, in America, in Russia, una conquista islamica dell’Occidente e della Russia è impossibile. Probabile, sì, un consistente aumento degli islamici immigrati, rispetto agli autoctoni. Ma la difficoltà estrema che gli islamici si adeguino alla cultura occidentale tende a svanire nella misura in cui questa cultura si presenta loro non come ideologia cristiana o capitalistica o democratica, ma come tecnica. La loro volontà di dominio non può prescindere dalla potenza che è conferita dall’uso razionale della tecnica. Ma la legge sulla quale sono tornato più volte anche su queste colonne è il rovesciamento per il quale la tecnica, da mezzo per realizzare gli scopi ideologici delle forze che intendono servirsi di essa, è destinata a diventare, essa, il loro scopo. La presenza dell’Islam nel mondo occidentale e in Russia sta appunto diventando una di tali forze. Che sono tra di loro in conflitto. Quindi tra esse prevarrà quella che, rinunciando al proprio scopo ideologico, assumerà come scopo quello che la tecnica possiede per se stessa: l’aumento indefinito della capacità di realizzare scopi. La tecnica è la punta di diamante della cultura occidentale. Rimane tale qualunque sia la razza umana che essa incorpora in sé. Se la razza bianca illanguidisce è perché non è più o non è ancora capace di assumere come scopo l’aumento indefinito della potenza. Se nel mondo occidentale prevarranno le razze che oggi si fanno guidare dall’Islam, sarà perché esse avranno quella capacità. Ma nel momento stesso in cui si saranno mostrate così capaci, non saranno più guidate dall’Islam ma dalla razionalità tecnologica, che esige l’abbandono della tradizione, di ogni tradizione, quella islamica compresa. Vincente, da ultimo, è la struttura del mondo occidentale, qualunque sia la razza umana che essa incorpora e qualunque sia l’ideologia da cui tale razza è guidata (Islam, capitalismo, comunismo, cristianesimo, democrazia, ecc.). E nella tecnica confluisce e si raccoglie l’intera storia di quella struttura. Per quanto sembri occupare la scena del mondo, lo scontro tra Islam, da una parte, e cristianesimo, capitalismo, democrazia dall’altra è uno scontro di retroguardia. Il nemico autentico e vincente sia dell’Islam sia di quei suoi nemici visibili è la tecnica, di cui sia l’Islam sia quei suoi nemici intendono servirsi per prevalere nello scontro di retroguardia. Dall’Islam a Prometeo (Rizzoli, 2003) è un saggio in cui riprendo temi che vado sviluppando da un trentennio e che qui sopra ho richiamato. A proposito del trasferimento della conflittualità planetaria dall’asse Est-Ovest a quello Nord-Sud vi si dice che «le potenzialità tecnologiche di cui oggi dispongono le società avanzate saranno in grado di risolvere i problemi dell’intera razza umana. Ma si tratta di un evento che potrà verificarsi a lungo termine. I problemi e i pericoli riguardano il breve e medio termine, il tempo che intercorre tra la situazione attuale e l’esplicazione su scala planetaria delle possibilità salvifiche della tecnica. Ci si illude se si pensa che la relativa composizione del conflitto Est-Ovest abbia a inaugurare un lungo periodo di pace. Essa inaugura una nuova forma di guerra». Che tuttavia sta andando verso la pax tecnica (verso il luogo, peraltro, in cui si è ben lontani dall’aver risolto tutti i problemi, ma in cui tutti i nodi della storia dell’Occidente vengono al pettine).

10 gennaio 2015 | 08:22
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/editoriali/15_gennaio_10/ma-l-occidente-non-ha-perso-fd00c3e2-9891-11e4-8d78-4120bf431cb5.shtml
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