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« Risposta #1 inserito:: Gennaio 30, 2008, 10:59:15 pm » |
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La crisi vista da sinistra
Nicola Tranfaglia
La settimana abbondante di consultazioni del Quirinale ormai vicina alla fine ha generato, dopo la caduta del governo Prodi, un curioso stato d’animo a sinistra. Tra editoriali e interviste (penso in particolare a quella, brillante ma disperata, di Vauro sul Giornale di ieri) si palesa un atteggiamento che francamente non capisco. Da una parte si dimentica che, in questi diciotto mesi, il governo Prodi non è stato con le mani in mano. Ha compiuto nel suo intenso lavoro alcuni errori che io stesso e questo giornale hanno sempre sottolineato.
Penso al numero dei ministri e sottosegretari, all’indulto con un grande accordo trasversale, tutti insieme, e a molti altri minori... ma, in compenso, ha risanato i conti dello Stato e ha varato alcune buone leggi e una legge finanziaria 2008 che garantirà un inizio di redistribuzione sociale a vantaggio dei lavoratori e dei ceti economicamente più disagiati.
D’accordo, un’esperienza non esaltante, e per molti aspetti inferiore alle attese come alle speranze degli italiani, con alcune assenze imperdonabili come la legge sul conflitto degli interessi e quelle sulla riforma della Rai e del riassetto radiotelevisivo.
In politica estera, molte buone cose ma, almeno sulla missione in Afghanistan, l’incapacità di convincere gli alleati sulla necessità di modificare il registro e le caratteristiche della missione. Ma in definitiva è stata la politica americana di Bush che ha impedito a Prodi risultati migliori.
Insomma, possiamo dire che Prodi non è riuscito a realizzare il programma dell’Unione sia per la maggioranza minima al Senato sia per i poteri dei veti di alcuni alleati, a cominciare da Mastella.
Ora dovrebbe esser chiaro a tutti che sono stati i centristi, e non la sinistra cosiddetta radicale, a indebolire il governo e, alla fine, a distruggerlo soprattutto per l’imminente referendum e la nuova legge elettorale vicina alla “bozza Bianco” e non tanto per le disavventure giudiziarie del leader di Ceppaloni, del senatore Dini e dei suoi pochi seguaci.
Semmai si deve ricordare che la strategia adottata da Veltroni per il Partito Democratico ha (forse al di là delle intenzioni) a sua volta indebolito il governo in quanto ha avvertito tutta la sinistra che il maggior partito della coalizione di centro-sinistra correrà d’ora in poi “da solo”, senza i suoi alleati tradizionali dell’ultimo quindicennio.
Del resto, quasi nessuno ha ricordato (guarda caso) in questi giorni che i leader centristi come Mastella e Dini hanno fatto negli ultimi quattordici anni un cammino costante tra centro-destra e centro-sinistra e non c’è da stupirsi se l’andare e venire prosegue di fronte ai grandi cambiamenti in vista e all’origine eminentemente personale di simili forze politiche.
Se questa è una diagnosi attendibile sulla crisi politica in atto, non ha molto senso - mi pare - cadere in uno stato di disperazione che equivale all’antico e tradizionale “tanto peggio tanto meglio”, che prevede come sicuro il ritorno al potere di Berlusconi (sicuramente probabile ma non ancora avvenuto) e tira quasi un respiro di sollievo di fronte all’eventuale rientro nei ranghi dell’opposizione dopo le deludenti esperienze di governo.
Un simile atteggiamento ha due gravi inconvenienti che vale la pena segnalare.
Il primo è che non facilita una visione equilibrata del passato recente come del presente. Anche se il giudizio sul governo Prodi non è soddisfacente, a me sembra sbagliato equiparare l’ultima nostra esperienza del 2006-2008 a quella del lungo governo Berlusconi del quinquennio precedente.
Abbiamo già dimenticato le leggi-vergogna del Cavaliere, la grande evasione fiscale permessa dal governo Berlusconi e finita con il centro-sinistra, l’esaltazione della illegalità mafiosa e così via?
Se questo è vero, come si può considerare il probabile ritorno di Berlusconi come qualcosa che ci lascia più o meno indifferenti? E come si può ritenere inutile tentare una battaglia contro il centro-destra e per la ricostruzione di una nuova alleanza di centro-sinistra? Del resto il “programma realistico” che Berlusconi ha rivelato al Giornale che metterà il bavaglio definitivo ai giudici e farà leggi reazionarie sulla criminalità e contro gli immigrati. Si può restare indifferenti di fronte a simili prospettive?
L’altro inconveniente è che quell’atteggiamento può condurre a una sconfitta particolarmente rovinosa e consentire a un Berlusconi vittorioso nelle urne tentazioni antidemocratiche diffuse nel suo partito come in quelli con cui si è sempre alleato.
Di fronte a una simile prospettiva occorre, a mio avviso, evitare un’altra tentazione che mi sembra diffusa in queste settimane.
È ormai chiaro che il Partito democratico si sta collocando in una posizione di centro nello schieramento complessivo ed aspira a dialogo con forze che sono ora nel centro-destra come l’Udc di Casini piuttosto che con quelle di sinistra. Preso atto di questa situazione, i partiti della sinistra, oggi assai frammentati, dovrebbero, a mio avviso, non dimenticare che soltanto se affretteranno i tempi della Confederazione e si presenteranno uniti alle elezioni con un nuovo programma potranno attrarre nuovi elettori. E che, peraltro, il Partito democratico resta per la sinistra l’unico possibile alleato. O c’è qualcuno a sinistra che pensa a una possibile vittoria della sinistra senza alleanze con il centro? O si rassegna a restare in eterno all’opposizione? E quale sarebbe il vantaggio di questa posizione per i milioni di elettori che possono e vogliono seguirci?
Finora nessuno, mi pare, ha risposto a questi interrogativi.
Pubblicato il: 30.01.08 Modificato il: 30.01.08 alle ore 8.18 © l'Unità.
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