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Autore Discussione: LE RADICI DEL NORDEST  (Letto 48209 volte)
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« inserito:: Ottobre 22, 2007, 06:23:28 pm »

 LE RADICI DEL NORDEST
 
 
C'è stato un momento in cui metà dei piatti che si vendevano in Italia avevano sul fondo il marchio veneto "Tognana".

Adesso i Tognana non producono più piatti, li comprano già fatti e li vendono. Anche il Nordest è cambiato, da terra dove si produceva di tutto sta diventando terra dove soprattutto si consuma. Aldo Tognana, 87 anni, dinastia di mattoni e porcellane, dice che ha riscoperto l'uomo da quando nel 2000 ha ceduto il controllo delle aziende: «Se vedevo un cliente pensavo subito se fosse un buon pagatore, oggi mi domando se è un uomo vero».
 
È appena rientrato da Torino dove ha parlato per un'ora all'assemblea nazionale degli imprenditori cattolici e la gente si è alzata in piedi per applaudirlo: «Forse perché non era l'antipolitica...».

Poco fascista: «Da studente fui espulso dal Partito perché avevo scarso spirito fascista». Partigiano cattolico e democristiano nelle brigate di Enrico Mattei, il futuro fondatore dell'Eni; è stato tra i comandanti che hanno liberato Treviso e si è battuto perché in quei giorni drammatici in città non si consumassero vendette e ritorsioni. Ha fatto politica, con poca fortuna; ha amato lo sport con più fortuna, dal pugilato al calcio, alla bicicletta: ha organizzato i mondiali di ciclismo del 1985 nel Veneto.

Vive nella casa di famiglia alle porte di Treviso, immersa nel verde rotto dalle sculture di Murer e di Benetton padre e figlio. Una casa costruita nell'Ottocento dove c'erano la fornace e la fabbrica. Si sposta tra quadri dipinti dalla zia Rachele che aveva un senso perfetto del colore e della terra del Sile, un volto di donna di Campigli, un bronzo di un atleta antico di oltre duemila anni, con gli occhi d'oro, raccolto come se fosse pronto allo scatto. Dice che ama la sua età: «Prendo i giorni per quelli che vengono. La vecchiaia non è dare anni alla vita, ma vita agli anni».

Quando è nato?

«Sono arrivato dopo sei sorelle, era il 12 marzo 1920. L'ultima è morta di "spagnola" che era appena finita la Grande Guerra. I miei genitori hanno incominciato a fare figli nel 1909 e hanno smesso nel 1923 con mio fratello Alessandro».

Da dove venivano i Tognana?

«Era una famiglia di imprenditori e arrivava dalla Svizzera. L'ho scoperto grazie al parroco di Santa Maria Maggiore di Treviso che era di Chiavenna e mi ha raccontato che d'estate era stato in una vallata verso il confine con la Svizzera e lì aveva trovato la scritta Ca' Tognana. Sono andato a vedere, ho fatto ricerche. Papà mi diceva: «Siamo mezzo svizzeri», io credevo scherzasse. Nel Settecento c'era stato un terremoto da quelle parti, la gente si era trovata in difficoltà, molti avevano commerci con i veneziani e sono scesi a Venezia. I miei avi sapevano fare mattoni e da Venezia si sono trasferiti a Treviso che è zona di argille per i mattoni e hanno costruito una fornace».

Sempre mattoni?

«No, siamo sempre andati avanti. Io ho iniziato la mia attività del 1946, con mio fratello, nelle stoviglierie da tavola: prima la maiolica, poi la porcellana. Da questa azienda accanto alla casa sino alla fabbrica di Casier, poi un'altra a Monopoli in Puglia, un'altra ancora in Germania. C'è stato un momento in cui eravamo i più grossi produttori di porcellana in Italia».

Tognana bambino degli Anni Venti?

«Ho fatto le elementari a Sant'Antonino, poi dalla quarta elementare mio papà ha voluto che andassi a studiare al Collegio Pio X, il rettore monsignor Meneghetti mi ha fatto saltare la quinta, ho guadagnato un anno. Facevo più in fretta degli altri, anche al liceo ho fatto seconda e terza in un anno, a 17 anni ero già all'università, a 22 anni ero laureato in ingegneria civile a Padova col professor Guido Ferro che poi è stato per vent'anni rettore magnifico. Andavo a scuola in bicicletta: venti chilometri ogni giorno».

Avrebbe voluto gareggiare in bicicletta?

«Ho amato sempre la bicicletta. Quando hanno messo il contachilometri, in un anno e mezzo ho percorso 17 mila chilometri. D'estate andavamo in montagna. I passi dallo Stelvio al mare li ho fatti tutti. Correvo in bicicletta da dilettante, ero un bindiano anche se molti tifavano per Learco Guerra. Come sono stato con Bartali e non con Coppi. Molti anni dopo con Pinarello che faceva biciclette abbiamo costruito la squadra "Tognana-Pinarello" di dilettanti, è durata 18 anni, abbiamo vinto molte gare e abbiamo portato molti al professionismo, tra loro almeno due campioni»,

Due campioni?

«Sì, li ho portati personalmente alla Legnano. Adriano Durante era un velocista che ha vinto al Giro sette tappe e ha vinto anche al Tour. Non era facile, a quel tempo vinceva tutto un certo Merckx e se avanzava qualcosa c'era sempre Marino Basso. Poi ho portato Schiavon che è stato anche maglia rosa al Giro d'Italia. Non è stato fortunato, con i guadagni di corridore si era comprato un terreno sul quale lavorava con passione. Un giorno si è capovolto il trattore che stava guidando ed è morto straziato là sotto. Seguendo loro due avevo la scusa per andare al Giro e al Tour e anche ai campionati del mondo, perché Durante ha vestito più volte la maglia azzurra. Mi piaceva Durante, aveva le gambe ma non aveva la testa, una volta ha perso la Milano-Sanremo, poteva battere addirittura Eddy Merckx, era davanti, non doveva fare altro che andare dritto, si è complicato la vita tentando di tagliare la strada al belga. Ha stupidamente allungato...».

Ha organizzato un mondiale di ciclismo...

«Sono stato presidente della Finanziaria che ha organizzato i campionati del mondo su strada e su pista nel 1985, la pista a Bassano del Grappa, la strada sul Montello. Abbiamo fatto tutto in tre anni. Per l'inaugurazione a Bassano ho chiamato il regista Giuliano Montaldo che ha organizzato in pochi giorni la rievocazione della Grande Guerra sul Grappa, tutti dilettanti con le biciclette del tempo, quelle a ruota fissa, che andavano sull'Altipiano e sul Carso. Quell'edizione la vinse sul traguardo di Giavera del Montello il più vecchio di tutti, l'olandese Joop Zoetemelk che aveva quasi quarant'anni, ma aveva vinto un Tour e anche una medaglia d'oro alle Olimpiadi».

Il più grande in bicicletta?

«Il più grande che ho visto in azione è stato Eddy Merckx, imbattibile. Ma ho visto anche Fausto Coppi. Una volta l'ho incontrato perché volevo invitarlo a correre a Treviso, mi ha dato appuntamento in albergo a Milano, si era appena fatto massaggiare, aveva la struttura fisica di un uomo che non sembrava nato per la bicicletta: le gambe sottilissime, un petto che appariva carenato come negli uccelli per attraversare il vento. Impressionante la sensazione di fragilità che dava e poi la potenza che esprimeva sui pedali».

Non soltanto ciclismo tra le passioni?

«Subito dopo la guerra sono stato presidente del Treviso Ring, avevamo aperto una palestra in Piazza Indipendenza. C'erano pugili bravi allora, gente che voleva sconfiggere la fame col pugilato. Come il nostro Egisto Peire che è stato campione italiano dei pesi leggeri e vinse anche il guanto d'oro. Avevo organizzato una serata, mancava il pugile previsto in cartellone e c'era una riserva che voleva combattere a tutti i costi ma non era all'altezza. Niente da fare, quello salì sul ring e in un minuto era disteso a terra senza sensi. Ho avuto paura, sembrava morto. È stato allora che sono passato al ciclismo».

E il pallone?

«Lo sport mi è sempre piaciuto tutto e da giovane ho avuto anche la fortuna di poter seguire la Nazionale di calcio o le gare di automobilismo. Ho visto correre Nuvolari e Varzi, andavo di notte a vedere passare la "Mille Miglia". Non c'era la televisione, ai mondiali di calcio del 1954 in Svizzera non sono voluto mancare. Da bambino conoscevo tutte le formazioni a memoria, nel 1934 quando abbiamo vinto i mondiali a Roma battendo 2-1 la Cecoslovacchia non ho perso una partita alla radio. Ricordo perfettamente la formazione: Combi; Rosetta, Caligaris; Varglien I...».

L'abbiamo lasciata appena laureato in ingegneria, ha mai fatto l'ingegnere?

«No, mai. Avevo appena finito l'università ed ero già a Potenza al corso per allievi ufficiali, sono stato laggiù sino a luglio, quando gli americani sono sbarcati in Sicilia ed è caduto Mussolini. Ci avevano ordinato di preparare la difesa di Metaponto con i nostri cannoni con le ruote di ferro e i camion a trazione a catena. Un giorno hanno portato in caserma un autoblindo catturato agli americani e quando lo abbiamo visto abbiamo capito che la guerra era perduta. Siamo stati tre giorni pronti all'azione, andavamo a letto senza nemmeno toglierci le scarpe. Ci sono stati 101 allarmi aerei in sette mesi. Quando è arrivato l'ordine era per dirci: "Tutti a casa"».«Sono tornato a Treviso e alla nascita della Repubblica Sociale con altri amici abbiamo pensato che fosse il momento di difenderci, sono sorte le prime brigate partigiane. Non ero stato fascista, il federale che mi aveva espulso dal PNF dopo la guerra ha aperto un negozio di casalinghi a Belluno e veniva a rifornirsi da me e l'ho aiutato a tirarsi su. Io avevo la responsabilità della "Brigata Treviso" che agiva in pianura. Gli alleati ci buttavano i rifornimenti, noi dovevamo soprattutto bloccare i vagoni pieni di nostri soldati deportati in Germania. Sono scampato sei volte a rastrellamenti, mi sono rifugiato in montagna».

Il giorno del bombardamento di Treviso...

«Il 7 aprile 1944 ero in città, era l'una, trecento fortezze che sganciavano le bombe, una dietro l'altra. Avevo la fidanzata, Linda mia moglie, che abitava dall'altra parte della città, sono andato a cercarla in bicicletta tra le macerie: morti, brandelli di corpi, braccia di qua, teste di là. Era il venerdì santo, nei due giorni successivi si è visto di tutto, toglievano dai rifugi corpi irrigiditi nella disperazione e nel terrore. Si sono tutti accorti di morire. C'era chi individuava in quei mucchi un familiare, avevano il carrettino dietro la bicicletta e si portavano il morto a casa».

Lei era a capo della brigata che la liberato Treviso alla fine di aprile del 1945.

«Abbiamo occupato la città e chiuso le porte. Avevamo paura che tornassero i tedeschi e aspettavamo gli alleati. Il nostro comando era in collegamento con quelli del Cln di Padova e Venezia. Io andavo e tornavo in bicicletta, una sera si è affiancato a me un soldato tedesco con un pastrano che gli arrivava ai piedi, credeva di essere protetto viaggiandomi accanto ma dalle mura hanno incominciato a sparare, per poco non colpivano anche me. Il tedesco ha svoltato di scatto in viale Cairoli ed è sparito. Io ero uno dei tre del comando piazza. Quando sono scesi i partigiani dal Cansiglio e dalle montagne sono incominciate le retate. Una mattina passo il ponte di Santa Margherita e non c'era più neppure il parapetto sul Sile. Era tutto sporco di sangue, di notte avevano portato lì prigionieri fascisti e no e li avevano uccisi e gettati nel fiume. Gli Alleati sono arrivati di sera dal viale Monte Grappa, dove c'è la porta Santi Quaranta. Sono arrivati nella piazza dei Signori vuota, prima una jeep con un ufficiale che percorre Cal Maggiore e si ferma davanti a me e mi chiede in inglese chi è il comandante. Rispondo orgoglioso: «Ci siamo liberati». Il giorno dopo c'è stata la sfilata per le vie di Treviso».

Cosa accadde in quei giorni?

«Dipendevo dall'Associazione Volontari della Libertà, il mio capo diretto era Enrico Mattei che è arrivato a guerra finita con Mario Ferrari Aggradi. In città c'erano tutti i comandanti delle varie divisioni partigiane, dalla Osoppo alla Nannetti. Mi avevano messo a disposizione una "Fiat 500 Topolino" e con quella dovevo girare tra i reparti, avevo l'incarico di tenere calmi i comandanti, evitare esecuzioni sommarie, vendette. Dovevo andare alla Cartiera Burgo di Mignagola di Carbonera dove dicevano che la banda di "Falco", capo partigiano, avesse ucciso decine di fascisti dopo processi sommari. Incontrai "Falco" sulle scale della prefettura, sapeva del mio incarico, mi disse: «Cosa vieni a fare? Non farti vedere altrimenti faccio fuori anche te». Molti di questi non hanno mai pagato, sono scappati in Sud America mescolati ai nazisti».

Finita la guerra?

«Ho incominciato l'attività con mio fratello, dalle terraglie alla porcellana, con incursioni nel vetro, ero tra i proprietari della Venini. Un giorno ho portato a Murano tutti gli amici, dal generale Capuzzo al prefetto. Il generale comandava i lagunari e ci mise a disposizione un motoscafo dell'esercito, quando l'imbarcazione si è accostata quello che stava sul pontile e aspettava i soliti turisti che comprano, ci ha guardato, ha visto che eravamo tutti non di primo pelo e ha detto: «Mi ga tu portà i reduci de a guera de Crimea?». Poi sono entrato nell'associazione Industriali, ero stato tra i fondatori nel 1946, sono diventato presidente succedendo al commendator Serena».

E oggi?

«Trovo una grande differenza tra la situazione di allora e quella di oggi. Erano anni di pieno sviluppo, ci sono stati problemi e tensioni di ogni genere dal 1968 agli Anni Ottanta: scontri duri con i sindacati, scioperi, paura del terrorismo. Ma abbiamo sempre mantenuto quel rapporto per cui gli imprenditori erano sì attenti ai loro affari, ma anche alla società, all'ambiente, alle famiglie. Hanno collaborato per lo sviluppo della regione. Poi è sorto il famoso Nordest che adesso, però, con tutto questo sparpagliamento di imprese, col problema dei trasporti, sappiamo cosa significa. Si sono dimenticati di coinvolgere gli industriali verso la società civile. Oggi nel Veneto, e lo vediamo anche dai nostri rappresentanti, non si è formata quella classe dirigente necessaria per garantire la crescita di una regione ricca. Dirigere un'azienda è un conto, essere classe dirigente è diversa cosa. Adesso molti, anche tra gli industriali, urlano contro i politicanti che abbiamo, ma si dimenticano di aver fatto ben poco per lavorare per la società».

Aldo Tognana e la politica?

«Appena finita la guerra ero già nel primo Consiglio Comunale di Treviso, sono stato aggregato alla Democrazia Cristiana ed ero tra i più giovani. In quel Comune su 40 consiglieri ben 39 erano laureati; c'erano quattro primari d'ospedale, i migliori avvocati, un giudice, ingegneri. Abbiamo fatto il piano di ricostruzione della città che era ridotta in macerie».

Nel 1994 lei ha provato a diventare sindaco di Treviso?

«Una domenica mi sono piovuti a casa tutti i maggiorenti della città, cinque partiti che cercavano un candidato a sindaco. Dissi: a parte l'età, ho il lavoro, non bisogno di mettermi in mostra, la famiglia è contraria. Il lunedì ho accettato e sono diventato il candidato del centrosinistra e mi sono accorto che avevo la mia seconda figlia candidata nella Lega e infatti è stata per qualche anno presidente del Consiglio comunale. Mi scontrai con Gentilini, nel primo turno ero in vantaggio col 45\% dei voti. Al ballottaggio ho capito che molti dei miei amici industriali non erano con me, si sono uniti a Gentilini e io sono rimasto con i voti di prima. Così è finita la mia esperienza. Oggi le cose non vanno bene, quando alla gente tocchi le tasche si ribella, può persino cavalcare l'antipolitica. Per me non è una battaglia di idee, ma economica».

Colpa degli italiani?

«Gli italiani sono gli stessi che ho conosciuto quando ero giovane e c'era il fascismo: riempivano le piazze e si entusiasmavano di fronte a una persona che li convinceva facilmente. Credono che questa persona sia quella che risolve tutti i problemi. Vedo oggi persone che vanno a sentire Grillo o urlano davanti a una Brambilla. Mi domando: a che livello culturale siamo?».

Ha paura del tempo?

«Non prendo impegni a lunga scadenza. Nessuno invecchia solo per il fatto di aver vissuto un lungo numero di anni, ma perché ha disertato gli ideali».
 
da gazzettino.quinordest.it
« Ultima modifica: Marzo 16, 2018, 07:01:02 am da Admin » Registrato
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« Risposta #1 inserito:: Aprile 12, 2008, 12:47:48 am »

Vicenza, il candidato Pd dice "No Dal Molin"



Dario Fo al corteo "No Dal Molin"Domenica si vota anche in nove capoluoghi di Provincia per rinnovare i consigli comunali. La battaglia più interessante, oltre a Roma, è a Vicenza dove la vicenda dell'allargamento della base americano Dal Molin è l'argomento principe della campagna elettorale.

Con un'importante novità, in controtendenza con la politica nazionale. Il coordinamento dei comitati cittadini nei giorni scorsi ha promosso un convegno nel quale ha chiesto ai candidati sindaco di firmare un impegno a battersi contro la costruzione della nuova base americana.

Achille Variati, candidato sindaco per il Pd e alcune liste civiche (già sindaco con la Dc e poi con il centrosinistra dal 1990 al 1995) lo ha firmato e ha detto di voler revocare, se sarà eletto, la «delibera-vergogna» approvata dal consiglio comunale e di voler indire subito un referendum. In diverse interviste il candidato del Pd ha ribadito che l'errore più grande commesso dal sindaco di Forza Italia Enrico Hullweck è stato quello di «non ascoltare la città. Credo sia utile per l'amministrazione che verrà, il governo che verrà e per gli americani capire qual è il parere prevalente in città». Per Variati «il sindaco sarà l'interprete» di quel parere perché in questi anni «la politica e chi l'ha rappresentata in comune o a Roma non ha voluto bene a questa città».

Oltre a Variati hanno firmato il documento del coordinamento i candidati sindaco della Sinistra Arcobaleno, Ciro Asproso, di «Vicenza comune a 5 stelle», Davide Marchiani e di «Riscossa democratica», Franca Equizi.

Cinzia Bottene leader del Comitato "No Dal Molin" invece non ha firmato: «Abbiamo dimostrato con i fatti il nostro impegno contro il Dal Molin e continuiamo a farlo anche pagando di persona», ha spiegato.

La sfida di Variati rimane però impari. I 112 mila vicentini danno l'addio senza rimpianti al forzista Enrico Hullweck che dopo i due mandati è candidato al Parlamento per il Pdl. Ma la sua "sostituta" Amalia Lia Sartori (Pdl, Lega, Vicenza Viva) gode dei favori del pronostico.

L'obiettivo è quello di arrivare al secondo turno e lì approntare un apparentamento con la sinistra: il "No" al Dal Molin potrebbe esserne la base.

Proprio in giornata Walter Veltroni è intervenuto sulla questione. «Gli impegni presi non possono essere disattesi», ha detto intervenendo alla trasmissione Radio anch'io, ha risposto alla domanda di un radioascoltatore che gli chiedeva cosa pensasse della vicenda della base aerea Usa a Vicenza. «Naturalmente - ha proseguito Veltroni - ci saranno delle necessarie consultazioni tra le autorità Usa e le autorità amministrative della città di Vicenza, per poter trovare le compatibilità che sono necessarie». 


Pubblicato il: 11.04.08
Modificato il: 11.04.08 alle ore 16.25   
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« Risposta #2 inserito:: Gennaio 16, 2010, 07:25:05 pm »

In provincia di Rovigo.

Gli amici: mancanza di rispetto. Si sente male in discoteca e muore

Ma gli altri continuano a ballare

La 29enne aveva una malformazione congenita.

Il titolare: «Spegnere la musica sarebbe stato peggio»


MILANO - Si è sentita male al bar della discoteca e si è accasciata a terra, a pochi passi dalla ressa dei ballerini. La musica non si è fermata e attorno a lei tutti hanno continuato a ballare, mentre su un divanetto si consumava la sua agonia. E' morta così, a 29 anni, E.M., una ragazza originaria di Lendinara, in provincia di Rovigo. E ora è polemica sul comportamento del gestore, che non ha fermato il divertimento dei giovani.

MALFORMAZIONE CONGENITA - E' accaduto nelle prime ore dell'alba di sabato in una discoteca di Arquà Polesine (RO). La giovane soffriva di una malformazione congenita al cuore che la costringeva a continui controlli medici e cure. La giovane è stata colta da malore mentre stava parlando con alcuni amici vicino al bar. Improvvisamente una smorfia di dolore è comparsa sul suo viso e la ragazza si è accasciata al suolo. Soccorsa, è stata fatta stendere su un divanetto in attesa dell'arrivo dell'ambulanza, che è arrivata circa mezz'ora dopo. Poi è stata trasportata d'urgenza all'ospedale, dove però i medici non hanno potuto che constarne la morte.

IL TITOLARE: «VOLEVO EVITARE LA CALCA» - Dal momento in cui la ragazza si è sentita male all'arrivo dei soccorsi sono passati una trentina di minuti, ma nel frattempo all'interno della discoteca la musica ha continuato a ribombare e pare che nessuno si sia accorto di nulla. Un particolare, quello della musica, che ha suscitato forti perplessità da parte degli amici della giovane. Il titolare del locale, Gaudenzio Ferrari, si è giustificato rilevando che sarebbe stato forse più pericoloso accentrare l'attenzione di tutti i presenti su quanto stava avvenendo e che in un primo tempo pareva un semplice svenimento. «La ragazza - ha detto - sembrava svenuta e se avessi dato ordine di spegnere la musica si sarebbe creata calca attorno alla giovane, e forse sarebbe stato peggio».

Redazione online
16 gennaio 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
da corriere.it
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« Risposta #3 inserito:: Febbraio 14, 2010, 09:02:38 am »

Vicenza. 16 società in mezza Europa per evadere 10 milioni di euro in Italia

Agivano nel settore immobiliare e del tessile e utilizzavano prestanome soltanto per creare somme di denaro in nero
                     
 
 VICENZA (8 febbraio) - Un'evasione fiscale internazionale nel settore del tessile e della compravendita immobiliare è stata scoperta dalla guardia di finanza di Bassano del Grappa (Vicenza) che ha recuperato 9 milioni di euro sottratti all'erario, contestato oltre un milione di Iva non versata e ha denunciato quattro persone per associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale.

A capo dell'organizzazione, secondo i militari delle fiamme gialle, C.A., residente nel bassanese il quale, dal 2003 ad oggi, avrebbe utilizzato 16 sedici società sparse per l'Italia, Austria e paesi del nordest Europa, al cui vertice stavano prestanomi che emettevano ed utilizzavano fatture per operazioni inesistenti e una serie di conti correnti bancari aperti in Italia e all'estero.

Per i finanzieri l'unico scopo era quello di movimentare consistenti somme di denaro verso l'estero, al fine di creare scorte finanziare in nero e di sottrarre i proventi all'imposizione fiscale in Italia indirizzandoli su paesi a fiscalità agevolata.

Gli accertamenti, coordinati dalla Procura di Bassano del Grappa, hanno portato i finanzieri a chiedere anche rogatorie in Austria dove è stata sequestrata documentazione che ha fatto emergere l'esistenza di due società cartiere, dedite esclusivamente all'emissione delle fatture false utilizzate in Italia, e di altre 170 società, facenti capo a un prestanome e collaboratore del capo dell'organizzazione..
 
da ilgazzettino.it
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« Risposta #4 inserito:: Marzo 24, 2010, 11:22:18 am »

Le famiglie non pagavano la retta, negata la mensa

Bambini a pane e acqua Il sindaco sotto accusa

Vicenza, si mobilitano dalla Caritas ai partiti


ROMA — «Le regole sono regole per tutti e vanno rispettate. Il mondo non può essere dei furbi». Non arretra di un passo Milena Cecchetto, il sindaco leghista di Montecchio Maggiore. Anche ieri in questo paese della provincia di Vicenza otto bambini delle elementari e della materna, due italiani e sei stranieri, si sono dovuti accontentare di un menu differenziato. Non pasta alla zucca, hamburger, insalata e frutta come tutti gli altri. Ma una bottiglietta d’acqua ed un panino. «Riduzione del pasto», così l’ha chiamata il sindaco, perché i genitori dei piccoli non avevano pagato la retta della mensa. Ed il Comune ha deciso di ripianare un buco da 150 mila euro accumulato proprio per i pranzi distribuiti nelle scuole. Una scelta che ha provocato tantissime proteste. La Caritas di Vicenza è pronta a mettere mano al portafoglio per coprire le spese di quelle otto famiglie. E chiama alla «mobilitazione affinché nessun bimbo debba essere umiliato nella propria dignità, ancor prima che nei suoi bisogni primari». Stasera alle 19 e 30, davanti al municipio di Montecchio, le associazioni degli immigrati hanno organizzato una simbolica cena a pane ed acqua. L’iniziativa è di Ousmane Condè, originario della Guinea, cittadino italiano da pochi mesi e candidato alle regionali in Veneto per Sinistra ecologia libertà: «Nemmeno le bestie — dice — si comportano così e affamano i loro cuccioli. Sarebbe questo il partito dell’amore? ».

Paolo Ferrero — portavoce della Federazione della sinistra— ha scritto al prefetto di Vicenza per chiedergli di intervenire su una vicenda che «viola la Costituzione e la convenzione Onu sui diritti dell’infanzia ». Protesta pure il Pd che con Daniela Sbrollini parla di «esempio del livello al quale possono arrivare gli amministratori leghisti». Ed anche le associazioni dei consumatori fanno sentire la loro voce.
L’Aduc chiede di scogliere l’amministrazione comunale di Montecchio per «violenza contro l’infanzia », mentre il Codacons propone un punizione simbolica: una settimana a pane ed acqua per il sindaco. La Lega si difende con Manuela Dal Lago, vicentina e vice capogruppo del Carroccio alla Camera che parla di «attacchi pretestuosi e infondati». Un fuoco incrociato ancora più fitto visto che in Veneto, per le Regionali, il centrodestra schiera come candidato presidente proprio un leghista, il ministro Luca Zaia. Anche per questo il sindaco di Montecchio derubrica tutto a «polverone elettorale». Dice che i genitori di quegli otto bambini «non hanno nemmeno compilato il modulo di iscrizione alla mensa». E garantisce che «se non faranno i furbi e sono davvero indigenti il Comune se ne farà carico, come fa già adesso con 80 famiglie ». Ma dopo i titoli dei giornali ed i servizi dei tiggì, oggi a Montecchio nessuna «riduzione del pasto».

Anche per gli otto piccoli morosi il menu prevede primo, secondo, contorno e frutta.

L. Sal.
24 marzo 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
da corriere.it
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« Risposta #5 inserito:: Maggio 05, 2010, 06:35:23 pm »

Il caso

Rifiuti pericolosi: indagati Gardini, Ciambetti e Conta

Vicenza, l'inchiesta sullo smaltimento di liquidi pericolosi era nata da un servizio di «Striscia».

Sessantacinque persone coinvolte, tra politici e imprenditori


VICENZA - Le accuse ipotizzate dalla procura di Vicenza vanno dal traffico illecito di rifiuti, al falso, alla truffa ai danni di Arpav e all’abuso d’ufficio. L'indagine coordinata dall'ex pm vicentino Angela Barbaglio, attuale procuratore aggiunto di Verona, iniziata nel 2005 riguarda la gestione del consorzio Medio-Chiampo e del depuratore di Montebello dentro cui si sarebbero smaltiti per anni senza autorizzazioni rifiuti liquidi pericolosi con gravissime ripercussioni sull'ambiente dei fiumi vicentini e veronesi. Un storia nata da un servizio di «Striscia la Notizia» che smascherò una presunta truffa dei pozzetti spia nelle discariche di Zermeghedo (Vi). Nei giorni scorsi sono stati notificati gli avvisi di conclusione indagine nei riguardi di ben 65 persone: politici regionali di maggioranza e opposizione appena rieletti, sindaci, dirigenti regionali e i componenti della commissione tecnica regionale ambiente, un nutrito numero di imprenditori e l'ex gestione del consorzio Medio-Chiampo.

Le accuse, tutte da dimostrare, sono contenute in sette pagine dettagliate che sono state recapitate ai legali delle persone coinvolte che hanno ora qualche settimana per farsi interrogare e produrre delle memorie difensive, dopo di ciò la procura deciderà chi eventualmente chi mandare a processo o prosciogliere. Gli indagati con l'accusa di abuso d’ufficio sono 24 persone tra i cui spiccano i nomi di Elisabetta Gardini, Roberto Ciambetti, Giuliana Fontanella, l’ex assessore regionale all’Ambiente Giancarlo Conta, l’ex sindaco di Arzignano Gianfranco Signorin e Maria Pia Ferretti. I componenti della Settima commissione regionale Maurizio Conte, Giuseppe Berlato Sella e Andrea Astolfi, i consulenti esterni regionali Corrado Benetollo, Alessandra Maule, Giuseppe Boschetto (attuale sindaco di Lonigo), Ruggero Marzotto.
I componenti della Commissione tecnica regionale ambiente Andrea Costantini, Michelangelo Bullo, Gisella Penna, Luisa Marchiori, Franco Biasia, Sara Ormesani, Andrea Penzo, Francesca Famelici, Michele Pezzetta e Fabio Strazzabosco.

Con l'accusa di truffa ai danni di Arpav sono indagati i vertici del consorzio Medio-Chiampo in carica fino al 2008 e i manager: Piergiorgio Rigon, Lino Zerbato, Stefano Paccanaro, Luigi Culpo, Tiziana Piras, Davide Zannato, Giovanni Bartucci, Stefania Malesan, Gianna Tasson, Giorgio Bronzi e Fabrizio Cenzato, 49 anni, Gambellara. Con l'accusa di aver scaricato i rifiuti liquidi, anche pericolosi, sono invece coinvolti 30 imprenditori vicentini e padovani: Irico Nicoletti, Antonella Zordan, Giampaolo Urbani, Alessandro Perlati, Luciano Zolin, Giuseppe Bonato, Giovanni Pretto, Giancarlo Tamburin, Antonio Scolaro, Eugenio Scolaro, Gianni Brolo, Vittorio Zaffari, Fabio Crestani, Luigi Storato, Ruggero Zoso, Gianluigi Marchetto, Mauro Prandini, Bruno Pellizzari, Antonio Bonazzi, Andrea Busolo, Doranna Folco, Sandra Dal Grande, Antonio Bicego, Paolo Crestani, Oscar Sbicego, Lorenzo Saggioro, Teresa Ceresato, Francesco Villatora, Roberto Giacomazzi, Maria Luigia Carbognin.

Tommaso Quaggio

09 aprile 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
da corrieredelveneto.corriere.it
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« Risposta #6 inserito:: Maggio 23, 2010, 10:37:36 am »

         Finanza

Concia, non si fermano le frodi fiscali

Case abbandonate al posto delle aziende

Trovati documenti di imprese create solo per evadere le tasse.

L'evasione è di milioni

Giornata di controlli ieri per la Finanza nell’ambito dell’inchiesta «Amici per la pelle 2» (archivio)


VICENZA - Sono durate tutto il giorno, ieri, le perquisizioni della guardia di finanza di Arzignano, guidata dal tenente Angelo Aloi, nell’ambito dell’inchiesta «Amici per la pelle 2», che ipotizza un giro di false fatture, attraverso finte società filtro, per almeno 7 milioni di euro. Ieri gli uomini delle fiamme gialle, con l’ausilio dei colleghi del nucleo di polizia tributaria di Vicenza, hanno eseguito altre dieci perquisizioni tra Arzignano, San Bonifacio e Soave (Verona), Mestre e Chioggia (Venezia). Ma hanno trovato non poche difficoltà perché nella gran parte dei casi, nei luoghi dove avrebbe dovuto trovarsi la sede legale delle aziende, non c’erano uffici. Nei pressi di Chioggia, addirittura, arrivati nel luogo dove avrebbe dovuto esserci la residenza di uno degli amministratori indagati, si sono trovati davanti ad un un camper abbandonato. La documentazione cartacea, file e pc sequestrati, erano custoditi in appartamenti e cantine da dove venivano elaborati i finti documenti che attestavano spese e vendite. A differenza delle classiche frodi a carosello, in questo caso non esistono le società e la merce e tutte le fatture attestano passaggi di merce inesistenti.

Questo nuovo filone di indagine, parte da alcune segnalazioni e da un lavoro eseguito su alcune società interposte. Dall’analisi della documentazione acquisita e dai contatti intrattenuti da quelli che risultavano essere gli amministratori delle «scatole vuote», le fiamme gialle cercheranno di risalire ai gruppi e alle società conciarie che beneficiavano di quella, che ha tutti gli effetti, era un economia esclusiamente cartacea utile, alle società che sfruttavano il sistema di frode, per registrare falsamente in bilancio costi mai esistiti, incamerando così la liquidità delle tasse evase all’Erario. Le aziende continuano dunque a fare il loro gioco, anche se il nucleo di polizia tributaria di Vicenza ha messo al setaccio un intero distretto conciario portando a galla il sistema di frodi fiscali che ha coinvolto tra i 150 e 200 imprenditori. Intanto continuano le indagini delle fiamme gialle di Vicenza nel filone della corruzione, nato dalla maxi inchiesta Dirty Leather. Se nelle ultime due settimane si parla di una decina di perquisizione eseguite in due diverse tranche ed accompagnate da altrettanti avvisi di garanzia per corruzione, tra gli imprenditori della vallata gira voce che siano tra 50 e 60 le aziende finite nel mirino dell’inchiesta, dei più svariati settori merceologici anche se, facendo notare le dimensioni del fenomeno, sono sempre di più gli imprenditori che si difendono parlando di concussione. Negli ultimi giorni sono stati raggiunti da avviso di garanzia Franco Piran, amministratore all’epoca dei fatti contestati del Gruppo Valle dell’Agno Spa, Adriatica e conceria «La Veneta» per tre espisodi in cui avrebbe pagato mazzette da 10 o 15 mila euro ai funzionari dell’Agenzia delle Entrate per ammorbidire le verifiche, Giovanni Coterno, della Marmi Graniti Favorita Spa, e il costruttore Renzo Marcigaglia, presidente del servizio idrico Acque del Chiampo Spa e titolare dell’omonima impresa costruttrice con cui collabora come consulente anche il figlio, l’assessore Enrico Marcigaglia per un solo episodio del 2007, e il titolare della concerie Biolo Giovanni.

Romina Varotto

14 maggio 2010
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         Finanza
Concia, nuovi imprenditori indagati
Pagata l’Agenzia delle entrate per evitare i controlli Perquisite aziende vicentine. L'accusa è corruzione

Conceria vicentina

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Concia, Ghiotto chiede di patteggiare
VICENZA - Fa un passo avanti l’inchiesta sulle conce del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Vicenza. Le fiamme gialle, nell’ultima settimana, hanno perquisito alcune note aziende, del settore conciario e non solo, nell’ambito del filone di indagine che riguarda la corruzione - concussione. Secondo l’ipotesi d’accusa gli imprenditori, a cui è stato notificato l’avviso di garanzia con l’accusa di corruzione, avrebbero pagato generose mazzette all’Agenzia delle Entrate, già finita nell’inchiesta, per eludere o ammorbidire i controlli. I finanzieri hanno acquisito documenti e file utili agli accertamenti al gruppo «La Veneta» di Franco Piran a cui vengono contestati tre episodi nel 2008: avrebbe pagato, secondo l’ipotesi d’accusa della procura vicentina, tangenti tra i 10 mila e i 15 mila euro, in tre diverse occasioni, ai funzionari dell’Agenzia delle Entrate per chiudere un occhio, o forse anche due, su una verifica che era già in corso nel gruppo. Destinatari delle mazzette, sono stati l’ex dirigente dell’Agenzia 2 Roberto Soraci e i funzionari Roberto Segantini e Claudio Dal Monte, tutti finiti nell’indagine sulla corruzione dell’inchiesta Dirty Leather. Avrebbero oliato i funzionari - che ascoltati dai finanzieri e dal pm Marco Peraro avevano ammesso alcuni episodi - anche i Conterno, della Marmo Favorita Spa di Lonigo.

In una sola occasione però, a quanto sembra. L’ipotesi d’accusa è quella di corruzione. Ma sembra che non siano le uniche imprese che hanno ricevuto la visita dei finanzieri. Sembra possa esserci anche il coinvolgimento che di un grossa impresa di costruzioni e di un altro importante gruppo nel settore della concia. L’inchiesta Dirty Leather (pelle sporca) non solo aveva smascherato un sistema consolidato di frodi e false fatturazioni che coinvolgeva una buona fetta delle imprese del distretto di Arzignano,maaveva appurato come questa economia di carta fosse stata coperta da un giro di mazzette che, a seconda dei casi, servivano ad oliare l’ex comandante della guardia di finanza di Arzignano Luigi Giovine, che in cambio prometteva protezione da possibili verifiche dei colleghi, ma anche dell’Agenzia delle Entrate. Quest’ultima è finita nel vortice dell’indagine sulle conce dopo l’interrogatorio del faccendiere Andrea Ghiotto e del consulente Marcello Sedda. Con il coinvolgimento dell’ente di controllo la maxi indagine coordinata dal procuratore capo Ivano Nelson Salvarani e dal sostituto procuratore Marco Peraro aveva subito un effetto domino. Non solo aziende conciarie, ma realtà merceologiche ed economiche dei più svariati settori, potenzialmente avrebbero potuto aver messo mano al conto per coprire qualche conto. Sospetti che sembrano aver trovato conferma, almeno in ipotesi d’accusa, e che si sono allargati a macchia d’olio anche sugli studi commercialisti. Secondo gli elementi emersi durante i numerosi interrogatori, erano i professionisti a fare da tramite tra funzionari infedeli e gli imprenditori che avevano bisogno di coprire le irregolarità, a volte anche nell’ordine di diversi milioni.

Romina Varotto
13 maggio 2010
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vicenza
Concia, perquisito il «re» delle pelli
Coinvolto Bruno Mastrotto, si indaga sui rapporti con il Fisco

Un'azienda di conceria

VICENZA — Il fulmine era nell’aria: perquisizione al gruppo Mastrotto. Un mese d’indagine serrata, un paio di interrogatori decisivi e alla fine la decisione è stata presa, smentendo così il sospetto di chi diceva che gli inquirenti se la prendono solo con i piccoli. Perché quello di Bruno Mastrotto (non Rino) è il gruppo più potente del distretto della concia, con i suoi oltre 2100 dipendenti e un fatturato che supera i 500 milioni di euro all’anno, con vari stabilimenti in Italia e all’estero. Gli uomini del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Vicenza, coordinati dal pm Marco Peraro con la supervisione del procuratore capo Ivano Nelson Salvarani, hanno puntato il mirino sulla prima realtà produttiva del settore delle pelli. La ragione? Il rapporto un po’ troppo «amichevole» con l’Agenzia delle entrate di Arzignano, cioè gli uffici del Fisco addetti agli accertamenti sull’evasione fiscale. Gli stessi uffici coinvolti pesantemente nell’inchiesta per corruzione dove è approdata l’indagine sulla grande truffa fiscale del distretto della concia (oltre 190 indagati, circa 150 imprese coivolte).

A tirare in ballo il «re» della concia è stato il commercialista di Arzignano Marcello Sedda, arrestato nel dicembre scorso con Andrea Ghiotto, il faccendiere imprenditore e patron del Grifo calcio a 5 di Arzignano, e con l’ex comandante della Guardia di Finanza locale, il luogotenente Luigi Giovine. Sedda e Ghiotto hanno confessato e sono stati scarcerati, il finanziere no ed è ancora dietro le sbarre. Il nome di Mastrotto, del quale Sedda è stato commercialista, è spuntato quando quest’ultimo è stato torchiato su una particolare attività dell’Agenzia, con la quale aveva uno stretto legame professionale: gli accertamenti con adesione. Si tratta di un istituto del diritto tributario finalizzato a sanare i contenziosi fra il Fisco e il contribuente. In pratica, succede che a seguito della constatazione di un irregolare versamento delle imposte, di un’evasione, l’amministrazione pubblica offre al privato la possibilità di chiudere la partita con una sanzione ridotta e un pagamento rateale. In questo ambito esistono però margini di discrezione da parte degli Uffici del Fisco competenti a decidere. Tra l’altro, nel caso di grandi aziende come Mastrotto, sulle proposte di adesione l’ultima parola spetta agli uffici regionali. E’ lavorando su questo tipo di operazioni dell’ufficio di Arzignano che le Fiamme Gialle hanno messo alle strette Sedda e non solo sulla vicenda Mastrotto. Dall’interrogatorio è infatti spuntata una supertangente: 200 mila euro che sarebbero stati versati all’Agenzia delle Entrate per chiudere una maxievasione di 7 milioni con il versamento di una cifra «esigua»: 700 mila euro. In sostanza, secondo il racconto dell’indagato, che ha trovato riscontri in quello di un ex dipendente dell’Agenzia reo-confesso, sarebbero stati versati 900 mila euro (700 all’Erario e 200 al dirigente di allora) per mettere la parola fine sul contenzioso.

Insomma, partendo dalle frodi dell’Iva gli inquirenti di Vicenza si sono imbattuti in una serie di vicende riguardanti prima la Finanza stessa (il comandante di Arzignano) e poi gli uomini addetti a contrastare l’evasione fiscale dal quale emerge una diffusissima corruzione, anche ai livelli superiori. Come spesso succede in questi casi, gli imprenditori urlano alla concussione cercando di accreditarsi come vittime delle circostanze. Vittime di pubblici ufficiali che avrebbero estorto mazzette minacciando conseguenze nefaste per le loro aziende.

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12 marzo 2010


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         vicenza
Concia, Ghiotto chiede di patteggiare
Testimone chiave, il faccendiere potrebbe avere un solo anno di pena

Andrea Ghiotto è il testimone chiave nell'indagine ordinata dalla procura di Vicenza

VICENZA - Il primo troncone della maxi inchiesta «Dirty leather», che riguarda le presunte mazzette girate all’ex comandante delle fiamme gialle di Arzignano Luigi Giovine, sembra destinato a concludersi dinnanzi al gup Stefano Furlani. Nonostante il magistrato abbia fissato davanti al tribunale collegiale il prossimo 3 giugno il rito immediato per nove indagati tutti accusati di corruzione e concorso in corruzione, procedura sollecitata dal procuratore Ivano Nelson Salvarani e dal sostituto Marco Peraro, nessuno sembra sia disposto ad arrivare al dibattimento pubblico. In particolare due dei tre personaggi chiave dell’inchiesta, Giovine (avvocato Riccardo Benvegnù) e il commercialista Marcello Sedda (avvocato Marco Dal Ben) sembrano già decisi a percorrere la strada del rito abbreviato per il primo e del patteggiamento per il secondo. Fino ad oggi c’erano alcune dubbi sulle scelte dell’ex patron del Grifo calcio a 5 Andrea Ghiotto, uomo cardine nell’inchiesta grazie alle sue confessioni, difeso dagli avvocati Lucio Zarantonello e Sara Motta, che al momento, dopo la revoca del giudice del divieto d'espatrio, si trova in Brasile. Secondo alcune indiscrezioni anche lui ora sembra indirizzato verso un patteggiamento. Una scelta che grazie alle sua collaborazione con i magistrati, che con lui hanno dato una svolta alle indagini disegnando così uno spaccato preciso della variegata realtà corruttiva del settore della conica a Chiampo, e ai probabili sconti di pena potrebbe arrivare ad un anno di reclusione.

Il condizionale in questo caso è d’obbligo visto che il giudice potrebbe non ritenere congrua la pena concordata tra le parti e rinviare a giudizio l’imputato, qualora non fosse stato richiesto in via subordinata l’accesso al giudizio abbreviato. Fuori da questo procedimento rimangono gli altri filoni di indagine della procura che prenderanno probabilmente strade diverse e che riguardano Ghiotto per i reati finanziari legati alla sua ex squadra di calcio, che per il fisco era praticamente inesistente, e Sedda che deve rispondere anche di corruzione all’Agenzia delle entrate e di riciclaggio dei soldi incamerati con l’evasione dell’Iva. La prima trance della maxi inchiesta delle fiamme gialle arriverà quindi a breve davanti al giudice e riguarda le presunte mazzette girate all’ex comandante di Arzignano Giovine che per anni, secondo l’accusa, avrebbe incassato tangenti, la cifra sfiorerebbe il milione di euro, per chiudere gli occhi sui controlli, un meccanismo in cui si inserivano l’ex patron del Grifo calcio a 5 e il commercialista, che sarebbero stati i collettori del denaro.

In tutta la vicenda delle mazzette si aggiungo i nomi dei rimanenti sei indagati per corruzione per cui Salvarani e il sostituto Peraro hanno chiesto il giudizio immediato, ovvero Adriana Arnoldi, 51 anni di Arzignano, Davide Baldo, 34enne di Zermeghedo, Andrea Antonio Bertoldi, 47enne, Lucia Gonella, 37enne di Altissimo, Simone Voltolin, 39enne di Arzignano e Vladimiro Zonta, 40enne di Chiampo. Le mazzette per l’accusa sarebbe viaggiate dal 2001 al 2008. Il motivo era semplice evitare i controlli della finanza sulle aziende. In alcuni casi specifici vengono contesti «regali » da 10 mila euro l’uno a Natale, Pasqua e Ferragosto. Il luogotenente però, al momento ancora in carcere dal 16 dicembre scorso, ha sempre negato tutto ribadendo la sua posizione anche durante gli ultimi confronti con i magistrati.

Tommaso Quaggio
01 aprile 2010
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http://corrieredelveneto.corriere.it/vicenza/notizie/cronaca/2010/14-maggio-2010/concia-non-si-fermano-frodi-fiscali-case-abbandonate-posto-aziende-1703017650765.shtml
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« Risposta #7 inserito:: Giugno 27, 2010, 09:22:56 am »

Vicenza. Approvate le compensazioni per l'ampliamento della base Usa
 
                      
 VICENZA (26 giugno) - Via libera alla proposta di compensazioni che il governo si è impegnato a riconoscere a Vicenza in relazione all'ampliamento della base militare Usa all'aeroporto Dal Molin.

Ne dà notizia il commissario del governo per il Dal Molin, Paolo Costa, precisando che la sua relazione contenente le linee guida per la definizione delle compensazioni è stata approvata durante una riunione a Palazzo Chigi presieduta dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta, alla quale hanno partecipato rappresentanti del ministero della Difesa, del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, dell'Enac e del Cipe.

«Queste proposte costituiranno la base di un accordo di programma fra il Governo, la Regione Veneto e gli enti locali vicentini: «Ai fini della definizione e della sottoscrizione dell'accordo - precisa il commissario Costa - la Regione del Veneto, il Comune e la Provincia di Vicenza verranno invitati a breve ad una apposita riunione convocata a Roma presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri».

Il sindaco Variati: «Una grande vittoria della città che pone le fondamenta per la riconciliazione di Vicenza». Achille Variati commenta così da Shanghai, dove è impegnato all'Expo, la notizia dell'approvazione delle compensazioni. «Dal governo - sottolinea con soddisfazione Variati - è giunto il sì alle richieste formulate dal Comune: smilitarizzazione e sdemanializzazione del lato est del Dal Molin, concessione all'amministrazione comunale per la realizzazione di un parco pubblico, ridefinizione dei finanziamenti previsti dalla delibera Cipe per la ricostruzione della pista di volo e che verranno invece dirottati sulla bonifica bellica del lato est e sulla progettazione della tangenziale nordest».

Sul lato est del Dal Molin, nell'area non occupata dalla costruzione della nuova base militare, «sorgerà il più grande parco pubblico di Vicenza», precisa il sindaco annunciando che che si chiamerà Parco della pace: «Perché nascerà accanto a una base militare e perché permetterà alla città di riconciliarsi con se stessa - spiega - Attorno al progetto del Parco della Pace gran parte dei vicentini si è ritrovata in un inedito spirito di condivisione: questa è una vittoria di tutta la città è una vittoria di noi vicentini, che abbiamo dovuto pagare un prezzo molto alto alla ragione di Stato ma abbiamo avuto la dignità e il coraggio di lottare per ciò che riteniamo giusto». «È stata una battaglia durissima - commenta il sindaco - e anche in questi giorni, da Shanghai, sono stato in contatto con il commissario Costa, che ringrazio per la sua collaborazione in un percorso difficilissimo, così come ringrazio il sottosegretario alla presidenza del Consiglio o Gianni Letta. Con l'impegno del Governo anche sulla costruzione della Tangenziale nordest - conclude - si concretizzano risultati che ho inseguito per molto tempo».
 
http://ilgazzettino.it/articolo.php?id=108304&sez=NORDEST
« Ultima modifica: Novembre 26, 2012, 05:20:28 pm da Admin » Registrato
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« Risposta #8 inserito:: Agosto 03, 2011, 04:19:36 pm »

Scaricava i fanghi della sua conceria nei canali: denunciato imprenditore

Ad Arzignano il depuratore resterà chiuso per tre settimane

L'assessore: non è una buona scusa, le regole si rispettano

VICENZA - Colto con le mani nel sacco, anzi nel fango. È successo ad un imprenditore conciario di Arzignano (Vicenza) sorpreso dagli agenti della polizia municipale a scaricare illegalmente sostanze di risulta nei corsi d'acqua della zona. Un'operazione non certo casuale, soprattutto alla luce della decisione di portare a tre le settimane di chiusura del depuratore.

Per l'assessore provinciale all'Ambiente Antonio Mondardo «i lavori di manutenzione della struttura gestita dal Consorzio acque del Chiampo spa e Consorzio Arica sono indifferibili ed importanti, di qui la decisione di allungare di sette giorni la chiusura dell'impianto. Questo però non può essere motivo per decidere di fare pulizia da sé, ci sono delle regole che valgono per tutti. Per questo assieme a tutti i protagonisti, dai Consorzi all'Arpav fino alla polizia municipale, abbiamo messo a punto un piano di controlli costante, che da Crespadoro a Lonigo, ovvero lungo tutta la vallata, permetterà di monitorare il territorio e le sue acque in tempo reale, proprio per evitare che simili situazioni si ripetano».

Martedì 26 Luglio 2011 - 17:06    Ultimo aggiornamento: Mercoledì 27 Luglio - 21:17
da - http://www.ilgazzettino.it/articolo.php?id=157580&sez=NORDEST
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« Risposta #9 inserito:: Agosto 03, 2011, 04:21:21 pm »

Consiglio federale della Lega: il senatore e imprenditore Filippi espulso dal partito

Il parlamentare di Arcugnano era stato coinvolto nella polemica sulla destinazione d'uso di alcuni terreni di sua proprietà


VICENZA - Il consiglio federale della Lega Nord ha espulso dal partito il senatore vicentino Alberto Filippi. Il parlamentare è un imprenditore del settore chimico ed è stato coinvolto in una polemica per la destinazione d'uso di alcuni suoi terreni.

Filippi, 45enne residente ad Arcugnano (Vicenza), è stato eletto deputato nel 2006 e poi senatore nel 2008. Iscritto alla Lega Nord-Liga Veneta dal 1993, dal 1997 al 2002 è stato consigliere in Provincia e negli stessi anni, per tre mandati consecutivi, vice segretario provinciale del Carroccio.

Dopo la nomina al Senato ha ricoperto gli incarichi di membro della Commissione Bilancio e poi inserito nella Commissione Parlamentare per le Questioni regionali. Dal gennaio 2009 è vicepresidente della Commissione per gli Affari esteri.

Nei mesi scorsi il nome di Filippi era stato fatto nell'ambito di una vicenda che aveva riguardato il cambio di destinazione d'uso di un terreno a Montebello (Vicenza), in parte di proprietà di una società riconducibile allo stesso senatore leghista: il caso aveva scatenato una bagarre politica, anche nel Carroccio locale, rispetto alla quale Filippi aveva manifestato di aver agito in piena correttezza. Più recentemente era stato chiamato in causa da un imprenditore per vicende riguardanti sponsorizzazioni sportive. Lo scorso anno si era ipotizzato potesse diventare il presidente del Vicenza Calcio, ma poi la trattativa non è andata a buon fine.

Venerdì 29 Luglio 2011 - 23:12    Ultimo aggiornamento: Sabato 30 Luglio - 10:26
da - http://www.ilgazzettino.it/articolo.php?id=157980&sez=NORDEST
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« Risposta #10 inserito:: Agosto 28, 2011, 10:13:12 am »

L'azienda: «Cifre sproporzionate. Il nero per gli straordinari è una prassi diffusa»
                       

VICENZA - Il Gruppo Mastrotto ha fornito ampia collaborazione alla Guardia di finanza nell'ambito degli accertamenti «e non si riconosce nelle cifre che appaiono di un ordine di grandezza sproporzionato rispetto a quanto riferibile al gruppo». Lo sottolinea l'azienda della valle del Chiampo, chiamata in causa dalle fiamme gialle nell'inchiesta legata ad una maxi evasione.

Il Gruppo Mastrotto, precisa una nota, ribadisce che tutti i propri dipendenti sono regolarmente assunti e inquadrati e che le irregolarità, ammesse, riguardano la corresponsione fuori busta in passato di parte degli straordinari. «Prassi diffusa nel territorio - si aggiunge - cui il gruppo è stato costretto ad adeguarsi solo per mantenere e acquisire le risorse umane necessarie alla sua crescita, prassi peraltro abbandonata da tempo e sulla quale il Gruppo ha da tempo avviato e sta definendo la regolarizzazione della propria posizione. In ogni caso si segnala che le contestazioni riguardano importi su base annuale assolutamente marginali rispetto al volume d'affari del Gruppo (in media meno dell'1%)».

Per quanto attiene alle cosiddette «operazioni estere», rileva il Gruppo, «sono state effettuate oltre dieci anni orsono ma per motivi assolutamente legittimi, quali favorire la internazionalizzazione e garantire la continuità futura del gruppo. Pertanto a tale riguardo si conferma che nessuna irregolarità è stata compiuta e si è fiduciosi che le autorità competenti riconosceranno tale dato di fatto».

«Tuttavia non si può non rimanere colpiti dalla rappresentazione della realtà che è stata fornita dal comunicato stampa della Guardia di Finanza - attacca la dirigenza dell'azienda - che, cumulando importi riferiti a più periodi d'imposta, rischia di provocare un notevole danno di immagine assolutamente ingiustificato ad una realtà industriale che con gli stessi verificatori ha mostrato, invece, sempre massima disponibilità e collaborazione».

«In conclusione si sottolinea che nessuna delle irregolarità emerse era finalizzata all'evasione fiscale, tantomeno all'estero - conclude il documento - e che le persone coinvolte perciò contesteranno nelle sedi competenti la fondatezza dei rilievi della Guardia di Finanza».
 
Venerdì 26 Agosto 2011 - 18:02

 da - http://ilgazzettino.it/articolo_app.php?id=40730
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« Risposta #11 inserito:: Agosto 31, 2011, 10:17:31 am »

Economia

31/08/2011 - INTERVISTA

"Pagavo gli straordinari in nero ma dovevo salvare l’azienda"

L’industriale vicentino Mastrotto sotto accusa: me lo chiedevano gli operai

FABIO POLETTI
INVIATO AD ARZIGNANO (VICENZA)

Pagavo gli straordinari in nero, era l’unico modo per salvare la mia azienda».

Un industriale vicentino getta la maschera e spiega come si diventa evasore fiscale.


Nella zona dove vive è difficile non vederle. Dovunque ti giri tra Arzignano, Tezze, Trissino, in lungo e in largo sugli stradoni della Val di Chiampo, le modernissime fabbriche tutto acciaio e cemento della Mastrotto Group spuntano come funghi. L’1% della lavorazione mondiale della pelle passa di qui, in questo sogno realizzato mezzo secolo fa da Arciso Mastrotto, il patriarca a capo di una dinastia guidata ora dai figli Bruno, Santo e dall’altra parte Rino, da qualche anno divisi da beghe famigliari ma unitissimi nel mettere benzina nera che più nera non si può nella locomotiva sempre più arrugginita del Nord Est. Un sogno diventato un incubo per la Guardia di finanza che prima ha messo sotto inchiesta i fratelli Bruno e Santo Mastrotto - 800 operai tutti in nero, 1 miliardo e 300 milioni di evasione fiscale contestata poi ha passato ai raggi X pure le aziende del fratello Rino - 174 operai pagati fuori busta, 100 mila euro al mese di nero - e la storia non cambia. «Non dico più niente, non dico più niente, ostrega...», sbraita al telefonino in dialetto stretto Santo Mastrotto.

Signor Santo Mastrotto, guardi che così rischia di passare alla Storia come il principe degli evasori fiscali e di questi tempi non è bellissimo...
«Noi che abbiamo iniziato dal niente... Cinquantatre anni fa lavoravo ancora nei campi, mi sono rimasti i calli alle mani... Io mio padre e i miei fratelli abbiamo iniziato da zero.
Adesso siamo solo delusi, arrabbiati, stanchi, non pensavo mai nella vita che mi potesse accadere qualcosa del genere. Questo è il giorno più brutto della mia vita».

Capitano queste cose quando non si pagano mai le tasse...
«Abbiamo sbagliato, vogliamo chiarire, se c’è da pagare paghiamo ma non ci meritiamo tutto quello che ci stanno facendo passare. Io vorrei che si guardasse anche alle cose buone che abbiamo fatto con le nostre aziende. In cinquantatre anni siamo partiti dai campi e adesso diamo lavoro a migliaia di persone in mezzo mondo. In Brasile, in Indonesia, il marchio Mastrotto è ovunque ed è leader riconosciuto nella lavorazione della pelle...».

Di là dell’oceano non si sa, ma qui gli operai li pagavate in nero. Vero?
«Ma lo sa che i miei operai mi dicevano:"Va bene, vengo a lavorare di sabato, ma mi paghi fuori busta". Lo sa che erano loro che volevano essere pagati in nero? Cosa dovevamo fare?
C’erano le consegne da rispettare... Noi abbiamo sbagliato ma non siamo i soli. Siamo tutti nella stessa barca ma adesso ce l’hanno tutti solo con noi».

Chi ce l’ha con voi?
«Abbiamo tutti contro, la Chiesa, gli industriali, i sindacati. Sembra che siamo i soli che abbiamo fatto qualcosa di sbagliato. E invece noi abbiamo sempre creduto solo nell’azienda. Salvare l’azienda è la cosa più importante. Se non fossimo persone responsabili, se non credessimo nel nostro lavoro, se non avessimo la responsabilità di migliaia di operai con le loro famiglie, mi verrebbe da dire che chiudo tutto, vendo le aziende e me ne vado».

Così è comodo però... Non si pagano le tasse, i capitali vanno all’estero, i dipendenti si tengono in nero, quando il lavoro cala c’è la cassa integrazione...
«Vogliamo chiarire tutto. Siamo disponibili a chiarire tutto. Anche la Guardia di finanza riconosce la nostra disponibilità a collaborare. Se ci sono stati comportamenti non corretti e non in regola con la legge siamo pronti a correggerli. Le cifre di cui veniamo accusati sono gonfiate. Vengono moltiplicate anno per anno ma sono sempre quelle. I nostri operai sono tutti assunti, qualche irregolarità c’è stata solo con gli straordinari. Nessuno però ci faccia passare come gli unici evasori di questo Paese. Noi siamo gente che lavora e non ha mai avuto niente di niente da nessuno. Nè quando andava bene nè con la crisi. Siamo soli e ci difendiamo da soli con il lavoro».

Il governo - Berlusconi, Bossi, Tremonti - stanno cercando di mettere in piedi una manovra economica per salvare il Paese. Però chiedono che ognuno faccia la sua parte. Gli imprenditori devono pagare le tasse. Giusto no?
«Quelli lì sono dei disperati che non sanno nemmeno da che parte cominciare. Ma io come imprenditore sono più disperato di loro. Solo che io sono responsabile delle mie fabbriche, dei miei operai e delle loro famiglie. Se cinquantatre anni fa avessi saputo che sarebbe finita così non avrei nemmeno iniziato. Invece ci siamo dati da fare perchè credevamo nel nostro lavoro.
Non ci aspettavamo di essere ringraziati ma nemmeno di essere trattati così. Sbattuti in prima pagina su tutti i giornali... Lei per chi ha detto che scrive?».

La Stampa, perchè?.
«La Stampa cos’è? E’ un giornale di destra o di sinistra? Guardi lasci perdere, tanto destra e sinistra è tutto uguale allo stesso modo. Oggi non c’è più niente di buono».

da - http://www3.lastampa.it/economia/sezioni/articolo/lstp/417553/
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« Risposta #12 inserito:: Settembre 01, 2011, 08:44:00 am »

FISCO

False sponsorizzazioni sportive scoperta evasione da 50 milioni

Operazione della Guardia di Finanza: denunciate 65 imprese, che hanno evaso per anni le imposte dirette e l'Iva.

Giocatori dilettanti di calcio a 5 pagati in nero, anche 15mila euro al mese


ROMA - Un'evasione fiscale di 50 milioni di euro è stata scoperta dalla Guardia di finanza di Vicenza nel settore delle false sponsorizzazioni sportive: sono state 65 le imprese che, attraverso questo meccanismo illecito, hanno evaso per anni le imposte dirette e l'Iva. Denunciati, per vari reati, 24 soggetti.

Le Fiamme gialle hanno anche accertato che parte delle somme di denaro frutto della frode (oltre 3 milioni di euro) venivano impiegate per pagare in nero calciatori di calcio a 5, e quindi formalmente dilettanti, che riuscivano a percepire compensi anche per 15 mila euro al mese oltre ad ottenere una lunga serie di 'utilita varie (auto di lusso, appartamenti, discoteche, viaggi). Tutto ciò senza dichiarare nemmeno un centesimo al fisco.

L'operazione 'Sponsormania', condotta dalla Tenenza di Arzignano, dopo due anni di indagini ha portato alla scoperta della maxi-evasione da 50 milioni attuata attraverso l'emissione di fatture attestanti false sponsorizzazioni sportive per 30 milioni di euro. Ma non solo.

Accertati anche trasferimenti di contanti in violazione della normativa antiriciclaggio per 47,8 milioni di euro, l'introduzione illegale di denaro in Italia per 17 milioni e vari episodi di bancarotta fraudolenta, estorsione, furto, appropriazione indebita, falso interno bancario, indebito utilizzo di carte di credito, ricettazione di assegni rubati, truffa e tentata truffa aggravata (per impossessarsi di un quadro di Mario Schifano, ai danni di una società che vende opere d'arte in tv).

Inedito il risvolto riguardante i falsi calciatori 'dilettanti' di calcetto, in realtà professionisti che percepivano compensi anche per decine di migliaia di euro al mese, ovviamente tutto "in nero". Nell'ultimo quinquennio, agli pseudo-dilettanti, che per legge non possono percepire compensi ma solo rimborsi spese, peraltro per un limitato importo, è stata invece corrisposta una somma di circa 3 milioni e 100 mila euro. Si tratta di 59 calciatori, quasi tutti stranieri, che si sono succeduti negli anni e che hanno percepito compensi che, per alcuni di loro, ammontavano anche a 14-15 mila euro al mese oltre ad una lunga serie di fringe benefit. Gli "ingenti compensi", come li definisce la Gdf, non venivano ovviamente sottoposti ad alcuna forma di tassazione o contribuzione, nè gli stessi calciatori risultano dalla contabilità dell'associazione che li gestiva. Nessuno di loro ha mai presentato una dichiarazione dei redditi.

Indagando poi su una conceria che aveva beneficiato delle fatture per false sponsorizzazioni, le Fiamme Gialle hanno scoperto che una sostanziosa parte dei proventi derivanti dalla frode fiscale veniva utilizzata dall'imprenditore conciario per corrispondere somme "fuori busta" a 80 lavoratori.

Complessivamente sono 28 le società, operanti in dieci province italiane, nei cui confronti risultano essere state emesse false fatture e che saranno oggetto di ulteriori indagini. Accertamenti anche nei confronti di alcune associazioni sportive che sarebbero state costituite "solo al fine di consentire ingenti evasioni".

(01 settembre 2011) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/cronaca/2011/09/01/news/falsi_sponsor_calcio-21098784/?ref=HREC1-4

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« Risposta #13 inserito:: Gennaio 06, 2012, 09:52:08 am »

Esclusivo

Quell'autostrada è una discarica

di Paolo Tessadri

Rifiuti delle fonderie sono stati sepolti sotto il cantiere della Valdastico, a sud di Vicenza. Che le aree di costruzione delle grandi opere stradali vengano sfruttate come depositi illegali di rifiuti è un sospetto che circola da anni. Le corsie sono tombe di asfalto che nessuno scoperchia. Ma arriva la denuncia: quelle scorie sono tossiche. E indaga la procura antimafia

(04 gennaio 2012)

L'odore del metallo fuso di fonderia ammorba ancora l'aria quando tira il vento, sprigionato dai resti delle scorie disseminate lungo le stradine nei campi di granoturco, accanto all'autostrada. A sud di Vicenza, la Valdastico è un lungo biscione di carreggiate che si snoda nella valle. Fino a poche settimane fa era nero, prima che fosse ricoperto da uno spesso strato di fanghiglia biancastra. Le ruspe hanno spianato scarti di lavorazione industriale in mezzo alle coltivazioni, con il cromo che si è riversato nei canali di irrigazione del granoturco.

Il sospetto che quel materiale non fosse proprio innocuo era sorto quando il cane del signor Giuseppe, nel giugno scorso, si è fermato a bere in uno dei numerosi canali scavati accanto all'infrastruttura in costruzione. Il cane è morto quasi all'istante, ucciso per una sospetta perforazione dell'intestino. Una fine, scrivono gli esperti, "dovuta all'elevato livello di acidità dell'acqua dei canali, a causa della contaminazione per colpa dei rifiuti di acciaieria".

Gli scarti di fonderia sono infatti molto nocivi: contengono dosi di metallo pesante che si disperdono nei terreni e nella falda acquifera, entrando nella catena alimentare. E ce ne sono centinaia di tonnellate sepolte un metro sotto la superficie autostradale che scorre tra le coltivazioni di un Veneto ancora agricolo. Scorie che potrebbero essere state seminate lungo molti dei 54,3 chilometri della Valdastico Sud, l'arteria che collegherà le province di Vicenza e di Rovigo: un'opera da oltre un miliardo di euro.

L'inaugurazione del primo tratto è prevista per maggio, ma al momento i lavori sembrano fermi. Mentre stanno partendo le indagini della magistratura.

Che i cantieri delle grandi opere stradali vengano sfruttati come discariche è un sospetto che circola da anni: le corsie di asfalto sono tombe che nessuno scoperchierà. I primi a intuirne le potenzialità sarebbero stati i soliti camorristi casalesi, padroni per anni del mercato dei rifiuti: nei terrapieni si può infilare ogni genere di detrito, lecito o meno. Voci e supposizioni che non avevano mai ricevuto riscontri. Ma adesso per la prima volta le foto di un appassionato di archeologia, Marco Noserini, sembrano dare corpo alle peggiori ipotesi: pozze tinte di giallo dal cromo e scarti di acciaieria sparsi nei campi dove germogliano filari di mais. Le foto sono state scattate nel tratto della Valdastico Sud tra Torri di Quarterolo e di Pojana Maggione nel Vicentino. Dove Maria Chiara Rodeghiero di Medicina Democratica e l'avvocato Edoardo Bortolotto hanno riscontrato una situazione drammatica: "Di notte arrivano anche trenta camion e scaricano ondate di materiale". Poi di giorno le ruspe lo spianano, preparando la massicciata e disperdendo le sostanze nel terreno.

Pierluca Locatelli Pierluca Locatelli Le immagini mostrano i mezzi delle imprese del Gruppo Locatelli e della Serenissima Costruzione. La Serenissima fa capo alla società con capitali pubblici, presieduta dal leghista Attilio Schneck, che possiede la concessione della Brescia-Padova, forse l'autostrada con il traffico record d'Italia. Il gruppo Locatelli invece è al centro dell'inchiesta (qui il video) per
corruzione che ha fatto finire in cella Franco Cristiani Nicoli, vicepresidente della Regione Lombardia, accusato per una tangente versata dall'amministratore delegato Pierluca Locatelli. L'indagine è stata battezzata "Fiori d'acciaio" proprio perchè riguarda le licenze per lo smaltimento dei rifiuti.

Ma melle intercettazioni si parlava dei cantieri della Bre.Be.Mi, l'autostrada che collegherà Brescia e Milano senza passare per Bergamo. I pm bresciani, Carla Canaia e Silvia Bonardi, hanno messo sotto sequestro due cantieri per la costruzione del raccordo anulare della Bre.Be.Mi. a Cassano d'Adda (Milano) e Fara Olivana con Sola (Bergamo) perché sotto le carreggiate sarebbero stati accumulati scarti di fonderia. E anche in questo caso viene ipotizzato un ruolo del gruppo Locatelli.

Ma da dove provengono quei camion stracolmi di scorie fotografati nel Vicentino? Quasi tutti sono targati Crotone e Napoli, alcuni hanno le insegne di una ditta trevigiana che è stata coinvolta in traffici di rifiuti ma - recita la denuncia - "seguendo il percorso di un camion, si scopre che la maggior parte proviene da una grossa acciaieria alle porte di Vicenza, la Beltrame spa", una delle più grandi d'Italia. Si sospetta anche che alcuni arrivino direttamente dalla Campania, forse da un vecchio stabilimento chimico. Il via vai di mezzi si lascia alle spalle una coda scura come una colata lavica. E quando piove, l'acqua nerastra cola dai detriti nei campi e nei canali di irrigazione.

Le imprese di costruzioni cercano di correre ai ripari e stendono una coperta di tessuto sintetico, ma la posano sopra le scorie e non sotto: una misura più utile a nascondere che a contenere il percolato.

Il manto ferroso viene usato in molti tratti al posto della ghiaia. Sono grossi pezzi di scarto provenienti dalla fusione dei rottami: a volte sono larghi più di un metro e nel magma solidificato si distinguono scatole meccaniche, contenitori, pezzi di ingranaggi di tutte le fogge. Spesso dentro i grossi sassi neri bucherellati, che ricordano sinistre pietre lunari, sono incastonate parti intere di ferro, scampate al calore dell'altoforno.

Noserini ha fatto analizzare i detriti. Il laboratorio ha confermato che si tratta di scarti di fonderia: "Contengono metalli pesanti e sostanze chimiche (nitrati, floruri, solfati, cloruri, bario, berillo, amianto, piombo, nichel) in notevole concentrazione", si legge nella denuncia presentata da Medicina Democratica, dall'Associazione italiani esposti amianto e da Marco Noserini. Si sono rivolti prima ai magistrati bresciani, sottolineando i legami con lo scandalo della Bre.be.mi. Ma la procura lombarda ha passato il fascicolo alla Direzione distrettuale antimafia di Venezia dove il pm Rita Ugolini vuole capire chi ha gestito il traffico di camion e ricostruire l'esatta provenienza di tutti i rifiuti. Con il sospetto che quei cantieri nascondano la Gomorra del Nord-Est.
  
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da - http://espresso.repubblica.it/dettaglio/quellautostrada-e-una-discarica/2170938//1
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« Risposta #14 inserito:: Gennaio 28, 2012, 06:18:38 pm »

NEL VICENTINO

Botte fra compagni a scuola, due ragazzi finiscono in ospedale

Due distinti episodi: il primo nel capoluogo, il secondo a Longare.

Prognosi da cinque a sette giorni per un dodicenne e un quindicenne


VICENZA – Botte da orbi a scuola, tra compagni di classe, tutti minorenni. E’ successo in due distinte scuole, di Vicenza e a Longare, nell’hinterland. Due episodi differenti, ma con l’identico risultato: due studenti, un 15enne vicentino e un 12enne della Repubblica Dominicana residente a Longare, che sono dovuti ricorrere alle cure dei sanitari. Al termine delle lezioni si sono infatti presentati con i rispettivi genitori al pronto soccorso dell’ospedale San Bortolo del capoluogo dove i medici hanno diagnosticato loro un trauma cranico facciale. Di sette giorni la prognosi del più grande, di cinque quella invece del 12enne. Non è escluso che le relative scuole, l’istituto San Gaetano di Vicenza e la media statale Bizio di Longare, una volta sentiti i ragazzi rimasti feriti e quelli che indicheranno come i loro aggressori, prenderanno provvedimenti. Al momento non è dato sapere i motivi delle violente scazzottate. Forse un’incomprensione, una presa in giro o un’offesa. Ma non è escluso nemmeno che ci si possa trovare di fronte a qualche bulletto strafottente che, prendendosela con il compagno di turno, voleva solo dimostrare la sua supremazia.

Benedetta Centin

27 gennaio 2012© RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/cronaca/2012/27-gennaio-2012/botte-compagni-scuola-due-ragazzi-finiscono-ospedale-1903042787857.shtml
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