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Autore Discussione: De Magistris:"Mi cacciano perchè indago. Così torniamo all'epoca fascista"  (Letto 13816 volte)
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« inserito:: Ottobre 22, 2007, 09:02:55 am »

POLITICA

Intervista al pm di Catanzaro a cui la procura generale ha avocato l'inchiesta dopo l'iscrizione al registro degli indagati del ministro Clemente Mastella

De Magistris:"Mi cacciano perchè indago. Così torniamo all'epoca fascista"

"Oggi il tema in gioco è se tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. Faccio le corna, ma dopo che mi hanno tolto le inchieste resta solo l'eliminaziione fisica"

di ATTILIO BOLZONI


FRANCESCO VIVIANO


Ha appena saputo. E comincia a parlare: "Siamo alla magistratura degli Anni Trenta, siamo tornati a un ordinamento giudiziario gerarchizzato proprio dell'epoca fascista". Il sostituto procuratore Luigi De Magistris sceglie con cura le parole, prova a stare calmo nonostante tutto quello che gli sta rotolando addosso. Dice: "Prima mi tolgono l'inchiesta Poseidone, poi il tentativo di allontanamento, poi ancora l'avocazione dell'inchiesta Why Not, faccio le corna ma dopo rimane solo l'ipotesi della soppressione fisica". Il magistrato è nella sua casa di Catanzaro. Risponde a tutte le domande che può. Da qualche minuto ha avuto notizia dalle agenzie di stampa che gli hanno "tolto" anche l'altra indagine, si sfoga: "Stento a crederci, mi sembra una barzelletta".

Che costa sta accadendo dottor De Magistris?
"Il dato è quello dell'impossibilità materiale di svolgere il proprio ruolo. Se è vero, se è vero perché io non ho ancora ricevuto alcuna notifica, ci avviamo al crollo dello stato di diritto. E un altro punto nevralgico è quello dell'articolo 3 della Costituzione che qui si sta mettendo in gioco: i cittadini italiani sono tutti uguali davanti alla legge?"

Tutti i cittadini italiani sono uguali davanti alla legge?
"Se uno arresta chi fa la tratta di esseri umani o i trafficanti di droga gli arrivano i telegrammi e gli applausi, gli dicono che è il magistrato più bravo d'Italia. Ma poi viene cacciato quando indaga sulla pubblica amministrazione. Cosa significa allora? A questo punto la partita non può essere più - visto che il tema è così alto - trasferite o non trasferite De Magistris. Io pongo un altro problema: un magistrato così può rimanere in magistratura. E io, così lo so fare il magistrato, anche se mi mandano a Bolzano o a Novara o a Cagliari. Questo è il tema che è in gioco nel Paese: se un magistrato può continuare a indagare su tutti i cittadino o no".

Lei cosa sa di questa avocazione?
"Di ufficiale nulla. Ma se la ragione è quella sull'omessa astensione nel conflitto con il ministro, questo è un fatto senza precedenti. In questo caso la magistratura, intesa come potere diffuso sul territorio, perde completamente la sua autonomia".

Sembra che il procuratore generale Dolcino Favi abbia motivato il suo provvedimento per l'articolo 412, cioè l'avocazione delle indagini preliminari per mancato esercizio dell'azione penale o per la non archiviazione nei termini stabiliti dalle legge.
"Se è così, è ancora peggio. Le indagini preliminari sono in corso e quella norma può intervenire solo quando scadono i termini delle indagini. Le mie indagini erano in pieno svolgimento. Quindi, quella norma, è completamente inapplicabile".

Si sentirebbe allora in grado di affermare che c'è stata una forzatura, se fosse andata davvero così?
"Se fosse andata così, sarebbe un eufemismo dire che c'è stata una forzatura. E poi, poi io in queste ore mi sono fatto una domanda: come è che la notizia dell'iscrizione nel registro degli indagati di Mastella, una notizia così riservata, è uscita su Libero? Io credo che faccia parte di una vera strategia della tensione. Prima la fuga di notizie su Prodi, poi la revoca delle indagini, poi l'articolo di Libero che è servito a scatenare un processo mediatico per arrivare all'avocazione. Senza questa fuga di notizie su Mastella, non sarebbe accaduto tutto questo. E poi il procuratore generale non potrebbe sapere della notizia di Mastella, è vietato dalla legge. Di quella iscrizione lo può sapere il procuratore della repubblica, il procuratore aggiunto. Il procuratore generale non può conoscere le indagini. E la velocità del suo provvedimento mi ha lasciato esterrefatto".

De Magistris, cosa farà adesso?
"Scriverò a chi di dovere, questa avocazione è un ulteriore tassello di ciò che mi sta accadendo da tre anni a questa parte".

Si rivolgerà al Csm? Denuncerà tutto a un'altra procura?
"Investirò più di un'autorità. Indagavo su un sistema di potere e mi hanno spogliato di tutte le inchieste".

Ci spieghi meglio..
"Il segnale che hanno lanciato è molto chiaro: la magistratura non può più indagare in alcune direzioni. Questo è evidente. Poi è anche la conferma di come una parte del potere giudiziario sta dentro il sistema. Una parte della magistratura è funzionale a certi sistemi oggetto di investigazioni, è fondamentale capire questo. Ecco perché si pone in discussione l'agibilità democratica all'interno della magistratura. Da un lato c'è un ritorno alla magistratura degli Anni Trenta, con segni sintomatici di quel periodo del prefascismo e del fascismo. E cioè la possibilità del ministro di trasferire in via cautelare dei magistrati. Si ritorna al periodo in cui il potentino del paese, il signorotto che chiede l'allontanamento del pretore che magari dava fastidio e poi arrivavano gli ispettori e in una settimana quel pretore lo cacciavano via. Si torna alla magistratura ipergerarchizzata, l'avocazione senza alcuna giustificazione, la magistratura in una posizione di avvilimento totale. Immaginate il messaggio che sta passando in questo momento nei confronti di tutti i colleghi".

Si rimprovera qualcosa nel suo lavoro?
"Io ho un rispetto assoluto delle forme, io ritengo che un magistrato per raggiungere risultati deve innanzitutto rispettare la procedura penale. Detto questo, è ovvio e scontato che chi lavora in queste condizioni possa fare errori. Io non mi rimprovero nulla. Ma sono consapevole di aver potuto fare errori, di aver potuto sbagliare. E' umano, ovvio. Che poi abbia fatto errori è tutto da vedere. Io ho subito in questi mesi un processo pubblico senza potermi difendere".

L'iscrizione del ministro Mastella può aver accelerato l'avocazione dell'altra sua inchiesta?
"Sta nei fatti mi pare. Poi parleranno le carte, ma mi pare assolutamente verosimile".

C'è, come dire, una tempistica ritorsiva?
"Io questo non lo posso dire. Però mettendo insieme i fatti... Un'altra cosa mi sembra incredibile: io stavo facendo un percorso di indagine molto lineare e all'improvviso si inserisce una richiesta di trasferimento del ministro che poi - sembrerebbe - è stata utilizzata per dire tu ti dovevi astenere perché c'era la richiesta di trasferimento. Quindi arriviamo al punto che si equipara una richiesta di trasferimento d'ufficio con un atto istituzionale a una specie di denuncia presentata da un indagato. C'è inimicizia, devi astenerti. Una cosa veramente incredibile. E' senza precedenti. Che cosa dovevo fare di fronte a quella richiesta? Dovevo fermarmi, dovevo chiudere le mie indagini? La logica era quella: io dovevo fermare le mie indagini in quella direzione".

O girare le spalle, far finta di non vedere...
"Voglio dire un'altra cosa sul messaggio che stanno mandando. Se io dovessi essere trasferito il magistrato che mi verrà a sostituire cosa farà, come si comporterà? Sa già che, se dovesse seguire le mie orme, andrebbe incontro a un provvedimento disciplinare. Cosa altro deve pensare? O mi fermo o mi tolgono l'indagine. Ecco perché parlo di fine di autonomia e dell'indipendenza della magistratura. E lo dico a ragion veduta. Così non si può più andare avanti, così non ci sono più gli spazi per questo lavoro. E come si fa?".

Lei è diventato, suo malgrado, anche punto di riferimento per un Sud che vuole liberarsi da certi poteri poco trasparenti. Ha qualcosa da dire a quei ragazzi che manifestano per non farla cacciare? Cosa vorrebbe dire a quei giovani calabresi e a tutti gli altri che credono nell'autonomia della magistratura?
"Io innanzitutto credo che questa mobilitazione sia sui diritti e sulla giustizia e non su un giustizialismo o provocata dalla voglia di un tintinnio di manette, di monetine tirate. Questa è una differenza importante con il 1992. Bisogna capire quale è la posta in gioco, questa non è più una questione solo di Luigi De Magistris. Sono convinto che c'è una consapevolezza dei propri diritti, che oggi c'è una grande maturità democratica. Ho ammirazione per quei ragazzi".

Come si sente davvero, cosa prova dentro nel momento che deve lasciare le sue inchieste?
"In una regione che ha decine e decine di magistrati che si trovano in una situazione di opacità assoluta, si va a colpire con tutti i mezzi chi sta cercando di fare un po' di chiarezza sul fiume di finanziamenti pubblici che sono arrivati... ".

(21 ottobre 2007)

da repubblica.it
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« Risposta #1 inserito:: Ottobre 22, 2007, 09:13:34 am »

Luigi De Magistris: «Addio Stato di diritto»

Enrico Fierro


La procura generale di Catanzaro toglie dalle mani del pm Luigi De Magistris l’inchiesta che ha fatto tremare i palazzi della politica. Tecnicamente si chiama avocazione e può essere spiegata ricorrendo alle norme e alla loro interpretazione. Nella sostanza siamo di fronte al penultimo atto - il finale di partita sarà il trasferimento del pm - di una durissima contrapposizione tra politica e magistratura, o meglio, tra una parte consistente del mondo politico e un solo pubblico ministero. De Magistris vanta il record delle interrogazioni parlamentari presentate contro di lui.

Interrogazioni presentate dal centrodestra, ma viene attaccato anche da settori del centrosinistra e contro di lui si è mosso direttamente il ministro della Giustizia Mastella che ne ha chiesto il trasferimento. Insomma, una brutta storia di una pessima Italia.

«Ci avviamo al crollo dello Stato di diritto. Non si può più fare liberamente il magistrato...». E’ lo sfogo amaro del pm. Parliamone.

Dottor de Magistris, come ha appreso la notizia dell’avocazione dell’inchiesta «Why Not»?
«Tramite le agenzie di stampa. Eppure era un atto riservato».

Le risponderanno che anche gli avvisi di garanzia delle sue inchieste finivano sui giornali.
«Le fughe di notizie riferite alle mie inchieste erano il frutto di manovre sotterranee tutte volte contro di me e tutte con un solo obiettivo: minare la credibilità delle indagini. Insomma: dietro quelle soffiate vedo l’opera sapienti manine ispirate da forti poteri occulti».

Questa è la seconda inchiesta che le viene tolta, la prima è quella denominata «Poseidone», finanziamenti per il risanamento ambientale. Anche in quel caso vennero alla luce tangenti ai partiti nazionali e qualche «grembiulino». Dottore, in quale verminaio ha messo le mani?
«Un verminaio, come dice lei, potentissimo. I mie problemi nascono quando inizio ad indagare sui flussi economici dei finanziamenti europei. E quando porto alla luce quel sistema di affari, rigorosamente interpartitico, che sfrutta questi finanziamenti. Quei rapporti tra poteri palesi e occulti, allora si mette in moto una persistente, intelligente, invasiva campagna contro di me e le mie inchieste».

Con quale obiettivo?
«Togliermi di mezzo. Se, come qualcuno dice, le mie inchieste fossero solo una bolla di sapone non avrebbero scatenato questo inferno».

Perché dice che la campagna contro di lei è intelligente?
«Guardi i tempi. Nel bel mezzo della polemica sul mio trasferimento c’è la fuga di notizie sull’iscrizione nel registro degli indagati di Mastella. Come se qualcuno avesse voluto far sapere al procuratore generale una notizia, della quale, come è noto, il Pg non doveva venire a conoscenza. A quel punto scatta l’avocazione, le carte di «Why Not?» passano ad altro magistrato, l’insieme delle conoscenze acquisite dal mio ufficio annullate. Quale sarà il passo successivo?»

Il suo trasferimento.
«E poi ancora un editto che mi dichiari socialmente pericoloso. Mi dispiace che segmenti importanti della magistratura non abbiano compreso la posta in gioco e anzi abbiano contribuito a che questi passi si compissero tutti».

Il ministro Mastella giudica la sua iscrizione nel registro degli indagati «una forma di attentato alle istituzioni».
«Partendo da un presupposto sbagliato. Il ministro si riferiva ad un reato per il quale non è iscritto».

La violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete?
«Lo ha detto lei».

È preoccupato?
«Moltissimo, ma non per me. Sono allarmato per lo stato di questo Paese. Si sta tornando ad una magistratura come quella che esisteva negli anni Trenta. Forte con i deboli e debolissima con i potenti, prona al potere, spero che qualcuno si svegli».

Il Consiglio superiore della magistratura?
«Certo. Il Csm deve dirmi subito se ci sono ancora le condizioni per continuare il lavoro di magistrato, se è stato abolito l’articolo 3 della Costituzione, mi attendo che il Consiglio tuteli e con forza l’autonomia e l’indipendenza della magistratura italiana».

Bisnonno, nonno e papà magistrato. Pentito di aver scelto questo lavoro?
«Affatto. Mi piace e lo faccio da magistrato normale. L’unica follia è quella di aver indagato e portato alla luce un sistema di potere e di intrecci pericolosissimo. Contro di me c’è stata una escalation terribile. Tra poco mi vieteranno finanche di respirare».

Su quali altre inchieste sta lavorando?
«Non le rispondo. Rischio che mi tolgano anche quelle».


Pubblicato il: 21.10.07
Modificato il: 21.10.07 alle ore 8.14   
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« Risposta #2 inserito:: Dicembre 08, 2008, 11:42:12 pm »

Per il pg vennero violati i diritti di Mastella chiedendo l'elenco delle sue telefonate

De Magistris e l'archivio «pericoloso»

Caso Genchi: il perito e i seicentomila report su politici, giudici e 007.

I pm di Catanzaro: tutto illegale


(6 dicembre 2008)


ROMA - I magistrati di Catanzaro impegnati nella «guerra» con Salerno sostengono di aver scoperto, nelle carte del processo Why not sottratto all'ex pubblico ministero Luigi de Magistris, la «illegale costituzione e conservazione, ad opera del consulente tecnico dr. Genchi, di una banca dati, telefonica e telematica, per molti aspetti acquisiti in modo illegale ed in spregio di guarentigie costituzionali, nei confronti delle massime autorità dello Stato, di parlamentari, appartenenti all'ordine giudiziario, ai Servizi informativi e di sicurezza». È uno dei motivi per cui hanno bloccato le carte sequestrate da Salerno. «Per tali profili, di estremo allarme sociale e pericolo per la stessa sicurezza dello Stato — hanno scritto nel decreto di contro-sequestro — si rende necessario evitare la diffusione di tali dati inevitabilmente connessa alle conseguenze del sequestro disposto dal pm di Salerno ». Dietro il conflitto tra i due uffici giudiziari, dunque, c'è anche il maxi-archivio accumulato dal perito di de Magistris, il poliziotto in aspettativa Gioacchino Genchi, già consulente delle Procure di mezza Italia: 578.000 record di richieste anagrafiche, denunciano i magistrati calabresi, che «attentano al diritto alla privacy » e conterrebbero «perfino utenze coperte da segreto di Stato».

 
In una delle innumerevoli note contro de Magistris, il procuratore generale di Catanzaro Jannelli — appena proposto dal Csm per l'avvio di una pratica di rimozione, al pari del procuratore di Salerno Apicella — aveva denunciato la «perniciosa anomalia» del suo lavoro: «La delega al consulente Genchi per le indagini su tabulati telefonici relativi a utenze sequestrate agli indagati, dai quali individuare ulteriori utenze e da quest'ultime ancora altre ed altre ancora, con risultati paradossali: migliaia e migliaia di numeri telefonici, costitutivi di una vera e propria banca dati, al fine di provare contatti, senza contenuto, tra persone indagate e non, nel contesto di un procedimento privo, alla data dell'avocazione, della possibilità di formulare ipotesi concrete e circostanziate di reato». Il lavoro del perito, che dall'ufficio palermitano in cui lavora nega di aver mai commesso illeciti, è pure al centro della controversa indagine a carico dell'ex ministro della Giustizia Mastella, che un anno fa avviò l'azione disciplinare contro de Magistris dopo che questi aveva già inquisito il premier Romano Prodi e si preparava a indagare il Guardasigilli, proprio nell'inchiesta Why not. All'indomani dell'avocazione dell'inchiesta da parte della Procura generale di Catanzaro, i carabinieri del Ros sequestrano a Genchi tutto il materiale. Lo studiarono, e conclusero che quando il perito chiese i tabulati di un telefonino intestato alla Camera dei deputati poteva e doveva sapere (per i dati di cui disponeva da quasi un mese) che quel numero — in contatto con l'altro indagato Antonio Saladino — era in uso a Clemente Mastella, all'epoca Guardasigilli e senatore, dunque coperto dall'immunità parlamentare.

La relazione del Ros è uno degli elementi per i quali, nell'aprile scorso, un giudice di Catanzaro ha archiviato il procedimento a carico di Mastella: il tabulato dell'utenza fu acquisito senza la necessaria autorizzazione della Camera di appartenenza, e dunque è inutilizzabile. Davanti ai magistrati di Salerno, de Magistris e Genchi hanno sostenuto tutt'altre versioni. Il magistrato dice che iscrisse Prodi e Mastella nel registro degli indagati proprio per «richiedere l'autorizzazione a procedere per l'acquisizione e l'utilizzo di tabulati e intercettazioni telefoniche ». Il consulente afferma che quando sollecitò i tabulati del numero del Guardasigilli, «oltre a non disporre di alcun riferimento sulle intercettazioni di Saladino con Mastella (che secondo il Ros svelavano chi utilizzava quel numero, ndr), non risultava nemmeno correttamente accertato l'intestatario dell'utenza». I magistrati di Salerno si schierano con la coppia de Magistris-Genchi, ritenendo che le drastiche conclusioni del Ros si fondano su molte «presunzioni» e nessuna «certezza». E in uno degli ultimi interrogatori- denuncia posti a fondamento del sequestro degli atti di Why not, de Magistris mostra di non considerarsi vinto: «Attendo con immutata fiducia che la Procura di Salerno evidenzi le illiceità di rilevanza penale poste a fondamento del decreto di archiviazione nei confronti di Clemente Mastella emesso dal giudice di Catanzaro, in modo da impedire anche ulteriori condotte illegali da parte di persone preposte ai procedimenti disciplinari e paradisciplinari nei riguardi dei magistrati».


Giovanni Bianconi
08 dicembre 2008

da corriere.it
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« Risposta #3 inserito:: Dicembre 09, 2008, 03:24:54 pm »

9/12/2008 (7:29) - NUOVO FILONE DELL'INCHIESTA «WHY NOT»

Le mani delle cosche sulle carte della Finanza

I dati personali dei finanzieri forse in mano alla 'ndrangheta
 
L'archivio con i dati personali delle Fiamme Gialle affidato ad una società vicina alla 'ndrangheta

ANTONIO MASSARI
SALERNO


L’archivio della Guardia di Finanza - una copia, con il profilo di tutti gli appartenenti alle Fiamme Gialle – rischiava di finire in mani vicine alla ‘ndrangheta. E forse il rischio non è del tutto scongiurato. La risposta va cercata nelle perquisizioni effettuate dalla procura di Salerno. E quindi negli esiti dell’inchiesta sui magistrati di Catanzaro che, secondo i pm salernitani, conducendo l’indagine Why Not dopo l’allontanamento di De Magistris, avrebbero «disintegrato e dissolto disegni e tracce investigative».

I pm di Salerno – che oltre alle toghe calabresi hanno perquisito un imprenditore (Luigino Mazzei) e un commercialista calabrese (Francesco Indrieri) - cercano documenti che riguardano anche l’esponente dell’Udeur Giuseppe Luppino e il consorzio Tecnesud. I tre – Mazzei, Indrieri e Luppino - sono coinvolti in un affare milionario scoperto da de Magistris nell’inchiesta Why Not.

I file riservati
L’affare riguardava anche la gestione della copia dell’archivio informatico della Finanza che, su richiesta del ministero delle Attività produttive, e autorizzazione del Cipe, era stato affidato al consorzio Tecnesud. Tra le società consorziate, ce n'era una, la Forest, che vedeva tra i soci tale Luppino, il «nipote di Emilio Sorridente, ritenuto organicamente inserito nella consorteria mafiosa dei Piromalli – Molè di Gioia Tauro, nonché sottoposto a procedimento penale per associazione per delinquere di tipo mafioso».

Il via libera all’operazione fu dato nel luglio 2005 dal Cipe, su richiesta del ministero delle Attività produttive, all’epoca in cui era sottosegretario Giuseppe Galati (Udc), che fu indagato proprio da De Magistris nell’inchiesta Poseidone. Ma l’operazione fu bloccata: la società Forest, componente del consorzio, nella quale Luppino era consigliere, non ottenne dalla prefettura il certificato antimafia. Al di là dell’affare economico, il rischio era un altro, ovvero che la copia dell’archivio potesse finire in un consorzio del quale faceva parte una società – la Forest - vicina alla ndrangheta. Qualcuno avrebbe potuto utilizzare in maniera criminale informazioni riservate sui finanzieri italiani.

L’esito negativo del certificato antimafia – atteso per circa un anno - «blocca» l’operazione. Nel frattempo la compagine societaria muta: a quanto pare, da ambienti calabresi, Luppino non c’è più. E quindi la pratica che bloccava il finanziamento, rimasta bloccata fino a pochi mesi fa, può riprendere il suo corso: prima il ministero aveva frenato (per il certificato antimafia), ora il governo riparte: senza Luppino, la Forest, non è più in odor di cosche mafiose.

Torna il pericolo
Tolto il freno a mano, l’archivio della Finanza, può ora essere trattato – e secondo indiscrezioni da confermare, lo sarebbe già – dallo stesso consorzio Tecnesud. Intanto il consulente del pool calabrese, Piero Sagona, dichiara d’aver segnalato «in via d’urgenza», ai pm di Why Not, «una serie di irregolarità sulle agevolazioni finanziarie di Stato, in corso di erogazione a talune società». Tra le quali la Forest e la One Sud, quella che avrebbe dovuto digitalizzare la copia dell’archivio. Le sue segnalazioni, però, sembrano essere cadute nel vuoto: «Non sono stato compulsato in merito» dice Sagona.

Ma c’è di più. Il consorzio s’era aggiudicato finanziamenti per 60 milioni di euro e avrebbe dovuto realizzare sei «iniziative». Tra queste, appunto, il «centro in cui sarebbe stato allocato il back up del sistema informativo della GdF». Ma nel consorzio c’era qualche «scatola vuota» e «priva d’alcun merito creditizio»: era proprio la One Sud, società che avrebbe dovuto gestire l’aspetto informatico. Insomma: il ministero avrebbe affidato la gestione dei dati a un insieme di scatole vuote. E pare che il consorzio in questione sia stato costituito, tre anni prima, proprio in una stanza del ministero al quale chiederà di utilizzare, poi, i 60 milioni di euro.

da lastampa.it
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« Risposta #4 inserito:: Maggio 01, 2009, 12:29:24 pm »

EUROPEE: DE MAGISTRIS, NOSTRA OPPOSIZIONE MENO MIELOSA DI QUELLA PD

'MA CERCHIAMO RAPPORTI CON QUEL PARTITO, ANCHE A NOI CARI IDEALI DI SINISTRA'


Roma, 29 apr. - (Adnkronos) -


"Nelle competizioni europee si va da soli, ma non dimentichiamoci che nel 95% delle competizioni amministrative l'Idv va in alleanza con il centrosinistra. La nostra collocazione oggi e' questa, ma vorremmo rapporti diversi con il Pd, la nostra opposizione nei confronti del centrodestra mi sembra meno mielosa di quella del partito democratico''.

Lo ha affermato Luigi De Magistris ospite di Mario Adinolfi a "Finimondo" su Red Tv. ''Io - ha aggiunto - ho sempre votato a sinistra, vengo da quella cultura ed ho scelto l'Idv perche' in questo momento rappresenta meglio gli ideali della sinistra, ci sono valori che oggi vanno difesi come nel '48.

Noi puntiamo sui temi costituzionali e senza criticare solamente Berlusconi, ma un modo di fare politica oggi nel nostro paese".

« Ultima modifica: Giugno 13, 2009, 09:56:48 pm da Admin » Registrato
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« Risposta #5 inserito:: Giugno 09, 2009, 06:13:58 pm »

Le elezioni europee «Spero solo di non trovare Clemente ad accogliermi»


Idv, il successo di De Magistris


MILANO — Bye bye Tonino. L’ultimo ex pm Luigi De Magistris saluta il primo ex pm Antonio Di Pietro dall’alto di un olimpo edificato su 415.646 voti personali.
E, inaspettatamente, il volto casareccio di Mani Pulite resta 19.000 e 5 preferenze più in giù mettendo da parte un bottino di 396.641 attestati di fiducia.
Insomma, la volata fino all’8% è stata — tutto d’un tratto e anche— merito suo. Che il magistrato napoletano sia l’incognita imprevista di queste elezioni sono i numeri a dirlo: dei 7 seggi conquistati in Europa dall’Italia dei valori, 4 sono opera di De Magistris (sull’intero Stivale ha battuto il boss praticamente in tutte le circoscrizioni tranne nelle Isole) e gli altri 3 di Di Pietro. Il neofita del Palazzo se la ride e però ci tiene a rivendicare una rispettosa sudditanza a colui che l’ha iniziato al nuovo mestiere: «Mamma mia, è un risultato straordinario. Dappertutto.

Ho preso quasi 136.000 voti al Sud, qui si parla di una nuova questione meridionale. Abbiamo vinto perché siamo stati tra la gente, io mi sono girato tutt’Italia in macchina, treno, aereo e nave. E comunque il merito è di Tonino, che è stato determinatissimo ad aprire alla società civile e ha chiesto a uno con una storia come la mia di buttarmi». La prima vita di Luigi De Magistris germoglia a Napoli 42 anni fa, si nutre del culto di un bisnonno togato che perseguiva i briganti ai tempi dell’Unità d’Italia, sboccia con gli studi di Giurisprudenza e i primi dissensi in magistratura con la pubblicazione del periodico Il ghibellin fuggiasco, appassisce con uno scontro tra Procure finito su tutti i giornali e i tg. Al lavoro dal 1995, apre i fascicoli Toghe lucane («Un complesso intreccio di malaffare che colpiva anche magistrati e forze dell’ordine»), Poseidon (un presunto uso illecito di soldi pubblici legato a fondi comunitari) e, soprattutto, Why Not. È lui — da sostituto procuratore della Repubblica al Tribunale di Catanzaro — che ipotizza l’esistenza di una loggia massonica in grado di influenzare la gestione di appalti e finanziamenti pubblici.

Nel 2007, l’indagine coinvolge Romano Prodi, all’epoca premier, e il ministro della Giustizia Clemente Mastella. Il Guardasigilli invia gli ispettori ministeriali in Procura e partono scambi di accuse, querele e polemiche: De Magistris viene escluso dall’inchiesta, la Procura di Salerno considera illegittimo il provvedimento ed è controindagata dalla Procura di Catanzaro, al Csm parte l’iter di un procedimento disciplinare che si chiude con il suo trasferimento a Napoli e la revoca delle funzioni di pm. Stop. Da lì in poi arriva Di Pietro, che il 6 marzo scorso annuncia la candidatura del nuovo compagno di partito.

Ancora oggi — mentre annuncia che «grazie a questo successo l’Idv sarà linfa vitale per le forze democratiche e costruirà le fondamenta di un progetto alternativo al disegno piduista di Berlusconi» — De Magistris insiste nel precisare i contorni del suo passato: «Io non ho abbandonato la magistratura, sono stato costretto a rinunciare al lavoro dei miei sogni perché il mio impegno per la legalità ha fatto paura a molti. Ma adesso gli ideali che ho perseguito da sempre li trasferirò in politica».

Non lo spaventa l’impegno da pendolare Catanzaro-Napoli-Strasburgo: «Sono sempre operativo». La moglie e i due figli in Calabria, del resto, nonché l’adorata mamma in Campania, «sono abituati al mio nomadismo». Se il suo primo atto da europarlamentare riguarderà i fondi europei — «Basta sprechi e comitati d’affari che sudamericanizzano l’Italia coi soldi dell’Europa» — c’è ancora un augurio che l’ultimo ex pm fa a se stesso prima di mettere piede in Parlamento: «Io spero solo di non essere accolto da Mastella».

Elsa Muschella
09 giugno 2009
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« Risposta #6 inserito:: Settembre 06, 2009, 11:50:50 am »

L'agenda rossa

Un'altra Italia grazie all'Europa

di Luigi De Magistris


Nel nostro Paese vi è la diffusa consapevolezza che il Parlamento Europeo non serva a nulla; un posto in cui vengono collocati a riposo politici sulla via del tramonto oppure persone scomode da esiliare per evitare che possano turbare gli equilibri politici in Italia. Durante la mia entusiasmante campagna elettorale in giro per il Paese non sono state poche le persone che mi hanno sollecitato ad evitare di rimanere relegato in Europa e di assumere un ruolo politico all’interno dei nostri confini. Non c’è dubbio che in questi anni una fetta considerevole di italiani eletti al Parlamento europeo – con le debite lodevoli eccezioni – ha utilizzato il mandato per prendersi le diarie,fare solo attività politica in Italia e turismo di vario tipo in Europa.

La nostra immagine al Parlamento Europeo non è molto buona, non solo per il crollo etico della politica italiana soprattutto per i comportamenti indegni con la gestione privata ed edonistica della cosa pubblica da parte del premier Berlusconi, ma anche per lo scarso apporto che complessivamente ha offerto la compagine italiana in Europa.

Ebbene, già dalle prime settimane di lavoro tra Bruxelles e Strasburgo, ho compreso quanto rilevante possa essere il lavoro del Parlamento europeo per la crescita di un’Europa dei diritti e per lo stesso nostro Paese. Dall’immigrazione, ai cambiamenti climatici, dal contrasto al crimine organizzato ai temi dell’economia e dell’occupazione. Come sempre determinante per il cambiamento del passo politico è il ruolo delle persone. Già nelle prime riunioni istituzionali e politiche, ad esempio, ho evidenziato che la lotta alle mafie deve essere una priorità in quanto non è un’emergenza solo italiana ma un cancro che si sta estendendo velocemente in tutta Europa attraverso il controllo del territorio, l’inquinamento dell’economia e la penetrazione nelle Istituzioni.
Così come da Presidente della Commissione controllo del bilancio ho subito messo in chiaro che il ruolo della Commissione non è quello burocratico di far quadrare i conti con le tabelline di matematica, bensì di operare un concreto controllo per la trasparenza e la legalità nell’utilizzo dei fondi pubblici che provengono dalle tasche di tutti i cittadini europei. Questo significa favorire politiche di sviluppo economico che producono occupazione anche attraverso la verifica costi/benefici dei finanziamenti pubblici; rendere più difficili le truffe e le corruzioni ai danni dell’Unione Europea, con l’Italia ovviamente in prima fila; spezzare il legame tra monopolio della spesa pubblica da parte della casta, gestione illegale delle risorse pubbliche, controllo del lavoro attraverso le logiche di appartenenza, condizionamento del voto: dall’Europa può, quindi, giungere un contributo teso a recidere il nesso denaro pubblico-mafie che è uno dei cardini della forza pervasiva della criminalità organizzata e della sua istituzionalizzazione.

06 settembre 2009
da unita.it
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« Risposta #7 inserito:: Settembre 09, 2009, 11:49:10 am »

Il piduista e i magistrati che indagano sulle stragi

di Luigi De Magistris


Il Presidente del Consiglio, il piduista Berlusconi, ha affermato, con toni minacciosi ed inaccettabili per uno Stato di diritto, che vi sono magistrati di talune Procure della Repubblica che indagano sulle stragi di mafia cospirando e congiurando ai suoi danni. Le Istituzioni - quelle non ancora corrose dal crimine organizzato - e la parte sana della società civile non possono accettare intimidazioni di questo genere.

Attendiamo con speranza - sin dalle stragi di Capaci e di via D´Amelio - che venga scoperta tutta la verità sugli omicidi Falcone e Borsellino; vogliamo sapere perché la mafia ramificò la strategia della tensione militare piazzando bombe a Roma, Firenze e Milano; aspettiamo di sapere se pezzi deviati delle Istituzioni - che ancora operano nel Paese in continuità con una P2 mai morta ed anzi sempre più forte - trattarono con Cosa Nostra; vogliamo capire se esiste un rapporto tra la fine della strategia militare della mafia e la discesa in politica, da vincenti, di Dell`Utri, Berlusconi e della stessa nascita del partito di Forza Italia; chiediamo a gran voce di individuare coloro i quali hanno sottratto l´agenda rossa di Paolo Borsellino; intendiamo sapere chi ha favorito in questi anni l´istituzionalizzazione della mafia con il consolidamento della sua penetrazione nell´economia e nello Stato.

Ed allora veniamo al punto: perchè Berlusconi minaccia i magistrati che stanno investigando svolgendo indagini difficili e pericolose? Ha in mente, forse, di creare le condizioni per isolare servitori dello Stato e magari per favorire l´intervento di menti istituzionali raffinatissime? Invia messaggi a qualcuno? Non so che cosa accadrà nel futuro - sulla mia pelle ho visto realizzarsi melmosi intrecci istituzionali mai visti e sentiti e forse nemmeno immaginati - ma so per certo che vigileremo in tantissimi affinchè non sia esercitata nessuna interferenza illecita che ostacoli il lavoro dei magistrati e delle forze dell´ordine e impedisca agli italiani di conoscere la verità, fosse pure una verità terribile e inquietante, forse la verità che ci farà capire perchè un ampio manipolo di golpisti con il grembiulino intende sovvertire le Istituzioni Repubblicane.

08 September 2009
da unita.it
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« Risposta #8 inserito:: Settembre 23, 2009, 06:47:16 pm »

Verità su Borsellino: in piazza il popolo dell’agenda rossa

di Luigi De Magistris


Nella vita si incontrano - in momenti spesso duri e difficili - persone straordinarie. Una di queste è Salvatore Borsellino, il fratello di Paolo che ha pagato con la vita la difesa della toga e la ricerca della verità anche sui contesti che condussero alla morte di Giovanni Falcone. Salvatore è stata una delle persone che mi ha dato la maggiore carica in questi anni terribili. Lui non può immaginare quanto mi sono commosso quando lessi la sua lettera immensa il giorno in cui mistrapparono le indagini. Essere amico di Salvatore - il fratello di un magistrato che per me è stato un mito negli anni in cui preparavo il concorso in magistratura - vale anche una toga strappata. Dissi un giorno ad un dibattito che non c’è sanzione disciplinare che tenga di fronte alla solidarietà che ho ricevuto da lui.

L’incontro con Salvatore non credo sia casuale, sono quegli episodi della vita carichi di un significato profondo. Non so quanti italiani hanno ascoltato Salvatore in un dibattito, in un convegno, in una piazza: la sua semplicità, la carica umana, la sua passione, la capacità di trasmettere emozioni che gonfiano il cuore sino a farti quasi esplodere la pelle, la sua rabbia nell’infiammare i cuori, la sua forza nello scuotere le coscienze. È un privilegio stargli accanto.

Salvatore sta conducendo insieme a tanti ragazzi - a quelli che non vogliono apparire ma solo essere protagonisti di un cambiamento epocale - a tante donne e tanti uomini, una battaglia di verità. Certo per ottenere la verità devi lottare. Siamo oscurati dalla propaganda di regime che non racconta queste storie, non fa sapere del movimento di resistenza costituzionale all’interno del quale Salvatore è il principale protagonista. Mandare le immagini di Salvatore che parla in una piazza è troppo pericoloso, smuoverebbe le coscienze addormentate dal regime, farebbe riflettere e reagire, non potrebbe che smuovere gli animi ed accendere i cuori degli italiani buoni. Al regime le persone pulite, trasparenti e coraggiose fanno paura, perché posseggono una carica rivoluzionaria.

Salvatore quando lo vedi ti sembra gracile,non è più giovane nell’età, ma ha una forza enorme, perché vuole giustizia e verità ed in questa lotta è un trascinatore, un simbolo. Le persone vere sono quelle che hanno l’amore nel cuore e sete di giustizia. Salvatore vuole una cosa semplice: la verità sulle stragi e sapere perché hanno trucidato suo fratello. Insieme a lui lo vuole la parte sana dell’Italia, senza colori e bandiere politiche. Salvatore vuole sapere perché gli hanno ridotto il fratello a brandelli insieme ai poliziotti che lo difendevano sapendo che l’ora del tritolo era giunta. Salvatore va in direzione ostinata e contraria alla verità precostituita del regime. Mi auguro che la magistratura riesca a raggiungere tutta la verità, non solo spezzoni.

Sabato prossimo Salvatore ha organizzato una manifestazione a Roma dove il suo popolo sarà protagonista, ove ogni persona dovrà avere con sé un’agenda rossa da portare nella mano, rossa come quella che aveva il fratello Paolo e che istituzioni deviate gli hanno sottratto in via D’Amelio mentre il suo corpo andava in fumo. In quell’agenda insieme alla verità, c’è l’anima di ognuno di noi, del popolo di Salvatore, una massa che cresce sempre di più e che mai nessuno potrà fermare. Forse non lo sanno ancora i mafiosi di Stato, ma nessuno potrà interrompere questo cammino nella ricerca della verità, libereremo il Paese e Salvatore sarà per sempre il nostro simbolo, dell’Italia che ha reagito quando tutto sembrava perso e che ha lottato per un Paese migliore. Che bello sarebbe poter vedere sabato le vie di Roma piene di agende rosse. Lo dobbiamo a tutte le vittime delle mafie!

23 settembre 2009
da unita.it
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« Risposta #9 inserito:: Ottobre 21, 2009, 02:36:13 pm »

Luigi De Magistris


L’Europa della speranza


Numerose sono le speranze e le aspettative politiche affinché l’Europa possa divenire il luogo in cui difendere ed attuare in diritti non solo nei 27 Paesi dell’Unione, ma nel mondo intero. Senza necessità di dover aspettare Obama, nel quale, ovviamente, riponiamo fiducia ed aneliti per un mondo di pace. L’Europa non è solo il luogo in cui la settimana prossima cercheremo di riaffermare il principio che non può esserci Stato di diritto e, quindi, democrazia, senza un’informazione indipendente, libera e plurale. Principi che siamo costretti a ribadire non per il Sudan di Bokassa, la Romania di Ceausescu o la Russia di Breznev, ma per l’Italia di Berlusconi. L’Europa è anche il luogo in cui si ribadisce il valore giuridico inalienabile del diritto d’asilo ed il divieto dei respingimenti indiscriminati e disumani degli immigrati, in virtù del principio che tutte le persone hanno pari dignità indipendentemente dal colore della loro pelle. Con buona pace del razzismo e della xenofobia leghista che inquina l’agire politico dell’intera maggioranza criminalizzando l’immigrato non perché commette un fatto-reato, ma perché è immigrato. Niente di più e niente di meno che la colpa d’autore di hitleriana memoria. L’Europa è il luogo in cui la politica più sensibile si impegnerà per un nuovo modo di concepire e praticare la cooperazione in favore dei Paesi poveri e sottosviluppati. L’Africa, l’Asia, il Medio Oriente non devono essere terre di conquista per i prenditori che lucrano dagli accordi scellerati tra dittatori – come nel caso che avvince Berlusconi a Gheddafi – ma terre in cui impiegare risorse per dare una risposta a quelle che sono ancora vere e proprie emergenze umanitarie. Il rapporto della Fao dal quale si evince che vi sono ancora milioni di persone nel mondo – anche nelle aree sino a poco tempo fa considerate meno depresse – che muoiono di fame. Mentre impera altrove, ad esempio nell’Italia del berlusconismo, il modello del consumatore universale. Per non parlare della lotta che stiamo conducendo – l’altro giorno sono intervenuto con un’interrogazione parlamentare – sulla scellerata politica della privatizzazione dell’acqua – primario bene pubblico – condotta da diversi governi occidentali. In Africa manca l’acqua e noi nell’Europa cd. civilizzata la privatizziamo per arricchire le multinazionali. Nello stesso tempo IDV è in prima linea nel voler bandire, entro i prossimi dieci anni, le armi nucleari, consolidare il diritto internazionale – anche attraverso l’inserimento quale crimine contro l’umanità dell’aggressione di uno Stato verso un altro Stato – e spostare una parte significativa del denaro allocato nei bilanci per spese militari verso politiche di pace finalizzate a ridurre le insopportabili disuguaglianze sociali ed economiche nel globo.

18 ottobre 2009
da unita.it
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« Risposta #10 inserito:: Novembre 11, 2009, 10:22:14 am »

Minzolini, il megafono umano del governo

di Luigi De Magistris,
da luigidemagistris.it


Per le famiglie italiane le parole del direttore del Tg1 devono esser suonate surreali e sinistre. Non solo nel contenuto - criticabile - ma anche nel modo - altrettanto disprezzabile - con cui sono state espresse: Minzolini che all'ora di cena irrompe dentro le case, senza contraddittorio, per attaccare un singolo magistrato (il pm di Palermo, Antonio Ingroia) e difendere la casta del potere prospettando un ritorno all'immunità parlamentare.

Giornalisticamente cresciuto nel genere del pettegolezzo politico, dove all'analisi e all'inchiesta si preferiscono le confessioni private gossippare, e sempre disponibile ad oliare la macchina dei potenti, Minzolini è quanto di più distante ci possa essere da chi pratica questa professione con responsabilità e senso deontologico.

Eppure abusa della tv pubblica, per la terza volta in pochi mesi (prima sul caso escort e poi sulla manifestazione per la libertà di informazione), entrando a gamba tesa nel delicato rapporto fra magistratura, politica e informazione, con il solo scopo di farsi megafono umano del Governo.

Un uso scorretto, anzi un abuso del suo ruolo e dello spazio che esso gli consente. Altrettanto grave è l'indice che ha puntato verso un magistrato impegnato in indagini delicatissime riguardanti la mafia, a cui ha attribuito "un obiettivo improprio, quello di ribaltare il corso degli eventi". Essendo al fianco di Ingroia, a Napoli, proprio mentre pronunciava le parole al centro della polemica - strumentale - di Minzolini, posso confermare di aver ascoltato un ragionamento di semplice buonsenso che non aveva niente del programma eversivo a cui accenna il direttore del Tg1.

Mi chiedo infatti: un magistrato ha il diritto di lanciare il suo grido di allarme sulla tenuta del sistema giudiziario e della giustizia stessa di fronte a provvedimenti di governo che a suo avviso li compromettono? Può avvisare la società civile che sono in ballo progetti di riforma del codice di procedura penale e delle intercettazioni che, stando a quanto si evince, rischiano di mettere in difficoltà la facoltà investigativa della magistratura e in particolare la lotta alle mafie e ai colletti bianchi? Ha la libertà di citare Falcone e Borsellino e il loro insegnamento che la lotta alle mafie non si fa solo nei tribunali, ma è una missione culturale e civile?

Credo di sì, credo che un magistrato abbia non solo la facoltà e il diritto, ma il dovere di farlo. Come credo che forse è proprio nel riferimento ai due giudici palermitani, che Ingroia ha compiuto domenica, che si annida il terrore del potere opaco e dell'informazione asservita, che vorrebbero mantenere "quel puzzo di compromesso morale" che non solo li garantisce ma che condividono.

(10 novembre 2009)

http://temi.repubblica.it/micromega-online/minzolini-il-megafono-umano-del-governo/
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« Risposta #11 inserito:: Novembre 13, 2009, 11:45:44 am »

Da Strasburgo con furore

di Denise Pardo


Non ci sta a fare solo il deputato Ue.

Il partito è nella bufera ma lui chiede una linea più dura.

I progetti dell'ex pm.

Colloquio con Luigi De Magistris
 

Chi pensava che me ne sarei stato buono buono al Parlamento europeo si è proprio sbagliato... L'ex magistrato Luigi De Magistris, eletto alle ultime europee come indipendente nell'Italia dei Valori (e diventato presidente della commissione del Bilancio comunitario), è un tipo che definire intenso e deciso è un dolce eufemismo. Il suo partito è nella bufera per le accuse, via blog, striscioni, dibattito interno e esterno, di poca democrazia, di opportunismo e ordinario nepotismo (per alcuni), di troppa deriva a sinistra (per altri). In più, all'ombra della discussione sulle elezioni regionali, ad animare la situazione già concitata, è arrivato l'esodo, quotidiano e molto polemico, di un bel po' di fedeli dipietristi. E lui, De Magistris, è il sospettato numero uno della fronda al leader Antonio Di Pietro. Ma l'europarlamentare, titolare di inchieste esplosive, con scontri tra magistratura, Csm e politici ("Why not", "Toghe lucane"), respinge le accuse di attentatore alla leadership dipietrista e non arretra dalle sue posizioni ultrà, consapevole del diluvio di voti ottenuti a maggio, secondi solo a quelli di Silvio Berlusconi.

Prima di tutto: come si sta dall'altra parte della barricata?
"Essere costretto a lasciare il lavoro che ho amato come un familiare stretto è stato un dolore profondo. Credevo che l'Europa sarebbe stata l'esilio e che avremmo discusso di asparagi, tonno e pesci. Invece si può incidere ed è entusiasmante".

Ma nel frattempo, il partito è in subbuglio. Proteste nei blog, diaspora e abbandoni, accuse di fuoco. Non c'è pace nell'Italia dei valori...
"La verità è che nei confronti dell'Idv c'è una grande aspettativa. Così quel che viene perdonato ad altri, a noi non viene perdonato. Il giorno del primo incontro con Di Pietro, lui non mi chiese solo di candidarmi. Disse di apprezzare la mia passione nel voler cambiare le cose. Questo fu determinante per me, perché sono convinto che in Italia vada cambiata la classe dirigente. Per esempio, nel Pd: Pier Luigi Bersani vediamo cosa farà. Ma non è il cambiamento. È la mia linea e Di Pietro è d'accordo".

Sì, ma come stanno le cose? Alla linea dovrebbero corrispondere i fatti...
"Il futuro dell'Idv sarà così. Ma ci devono essere dei passaggi, degli assestamenti. Per le regionali sto spingendo, lo vedete, perché sia così. Non mi accontento di avere candidati dal casellario giudiziario pulito. Vorrei persone di altissimo livello. Un esempio? Per la presidenza della Campania mi vengono in mente i nomi di Roberto Saviano, di Raffaello Magi, l'estensore della sentenza Spartacus contro il clan dei Casalesi, di Raffaele Cantone, pm anti camorra di Napoli. Questo è il messaggio che dovrebbe passare. Naturalmente la scelta è al Pd, è il partito più forte. Ma non si può proporre Vincenzo De Luca, ottimo amministratore a Salerno, ma imputato di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione. Bisogna uscire dalla logica del consociativismo del sistema di potere".

Una delle accuse è proprio questa, l'aver ceduto. L'essere tentati dall'eredità dell'Udeur di Mastella.
"Per me la politica modello Mastella, raccomandazione o simili, non esiste. Lei mi chiede di Bassolino. Il Pd doveva mandarlo a casa. Solo se riusciremo a creare una politica diversa, saremo forti. Se l'Idv commettesse questo sbaglio, passerà in 48 ore dall'8 per cento al 2".

Parole da leader.
"Pur non avendo un ruolo di responsabilità, ho un ruolo politico evidente. Quando l'altro giorno un giornalista mi ha domandato: "C'è l'anomalia Torre Del Greco, dove l'Idv sta con il centrodestra". Ho risposto candidamente: "Per me è cosa grave, dovrebbe finire quanto prima". L'indomani ho saputo che Idv è uscita. Se raccogli un numero così alto di voti, finisce che se dici una cosa hai un peso enorme".

C'è una tesi: lei vuole prendere il posto di Di Pietro e gli fa la fronda. Silvana Mura, fedelissima dipietrista, ha detto che, anche solo per questioni di età, sarà lei il successore. Però deve stare calmo.

"Io calmo non sono. Si è detto: De Magistris ha lanciato l'opa sul partito. Figuriamoci. Però, se qualcuno si era illuso che avrei fatto il parlamentare europeo e basta, beh, se lo può proprio scordare, perché io non mi calmo. Anzi, il mio impegno sarà sempre più forte. Non di cacciare Antonio Di Pietro, ma di far crescere l'Idv. Vorrei che il partito capisse che sono una risorsa, che sto dando l'anima, che per questo, vedo la mia famiglia solo la domenica...".

Nessun contrasto tra voi due? Altra voce: Di Pietro è suo prigioniero.
"Falso. Sia l'una che l'altra. L'intesa è forte, anche umanamente.Veniamo dallo stesso mondo, la magistratura. Abbiamo percorsi diversi. Lui arriva da una cultura popolare e contadina. Io ho studiato Marx, sono un appassionato di Enrico Berlinguer, ho votato sempre Pci. Ci accomuna la volontà di eliminare le diseguaglianze. Se si rompe il rapporto tra me e lui, questo progetto non può andare avanti".

Sembra che Di Pietro non lasci spazi. "Gli spazi ci sono e sono ampissimi. È previsto un congresso, e io ho una posizione di forza. Le cose vanno migliorate, ma per chi vuol impegnarsi sul serio non c'è limite". Aurelio Misiti, Pino Pisicchio e altri storici dipietristi vanno via.
"A Di Pietro dissi subito: porterò un plusvalore, ma anche una rottura con un sistema. Devo dargli atto: è stato coraggioso. E gli effetti, ora, sono sotto gli occhi di tutti. C'è gente che va via anche perché ha capito che la linea del partito è questa. Misiti faceva battute. Diceva che non mi dovevo occupare delle regionali stando a Strasburgo. La verità è che in Calabria abbiamo deciso di rompere con il loierismo. Abbiamo detto: candidiamo uno della società civile indipendentemente da che parte politica sta. Però, Misiti aveva già fatto l'accordo con Agazio Loiero. Poi ci sono casi di miopia, Pino Pisicchio...".

Cioè?
"Berlusconi ormai è impresentabile. E allora Fini, che sta dicendo cose sensate e istituzionalmente importanti, Casini, i poteri economico-finanziari, le gerarchie ecclesiastiche, si stanno riposizionando. La gente che ha vissuto di potere, Francesco Rutelli, Pino Pisicchio, andrà a confluire da quella parte. Ma non ha capito che in questo modo non si costruisce l'alternativa a Berlusconi, ma solo l'epurazione dei suoi tratti eversivi. Il cambiamento può venire solo dal centrosinistra, purché tagli per sempre i tentativi di inciucio".

Alle regionali l'Idv correrà da solo?
"Spero che trovi un accordo con il centrosinistra, riconoscendo al Pd il ruolo più importante e lavorando con Radicali, Sinistra e libertà, Rifondazione. E in certe zone con l'Udc. Non quella di Cuffaro, condannato per favoreggiamento, o di Lorenzo Cesa, personaggio impresentabile sotto diversi profili o di Ciriaco De Mita. Complessivamente penso che un laboratorio politico con l'Udc non si possa fare".

La vita politica si identifica ormai con la giustizia in tutte le sue forme.
"Troppi politici delinquono, questa è l'anomalia. La mafia è entrata nelle istituzioni. Se l'Italia, dopo la stagione delle bombe, non è andata in bancarotta è anche grazie ai capitali mafiosi. Non siamo più in grado di capire dove termina l'economia legale e comincia quella illegale. Al tempo di Andreotti, la mafia si accontentava di avere dei referenti. Nel '94, dopo le bombe, mette in pista direttamente persone sue, un nome per tutti Marcello Dell'Utri, l'ideologo di Forza Italia. Così comincia la pax mafiosa".

In questi giorni a proposito di lei e Di Pietro, Paolo Franchi ha ricordato una frase di Pietro Nenni: un puro trova sempre uno più puro che lo epura. Che ne pensa?
" Se qualche volta mi fossi girato dall'altra parte, come mi consigliavano in tanti, se avessi chiuso qualche volta gli occhi, sarei potuto diventare un brillantissimo procuratore della Repubblica. Ma sono un idealista. Però nessuno mi ha mai epurato. E non ho ancora trovato uno che mi abbia fatto fesso".

(11 novembre 2009)
da espresso.repubblica.it
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« Risposta #12 inserito:: Novembre 22, 2009, 10:13:02 pm »

Ma i beni pubblici di chi sono?


di Luigi De Magistris


Il Governo privatizza l’acqua. Non è un bene di tutti, non è una risorsa primaria. Quando si rubano acqua ed aria si ha il furto di Stato ed il messaggio è chiaro: la sete la debbono governare le multinazionali. Coloro i quali hanno il governo dell’economia decidano sulla vita e la morte delle persone. Ancora una volta il Governo approva una legge in violazione della normativa europea, come avevo già evidenziato con il deposito di un’interrogazione alla Commissione.

Per la politica degli affari l’acqua è un business ed anche molto redditizio. Numerose inchieste giudiziarie, svolte anche in epoca recente, hanno evidenziato gli interessi criminali che ruotano nella gestione dell’acqua. Operano spesso le solite società miste pubblico-private – del tipo di quelle che nel settore dei rifiuti hanno coinvolto per fatti di mafia il Sottosegretario PDL Cosentino - divenute perfetta sintesi tra la lottizzazione partitocratica e la borghesia delle professioni dominanti, con presenza, talvolta, di personaggi contigui alle mafie e magari, per offrire una forma di apparente legalità, inserendo nella compagine sociale magistrati in pensione oppure, per scongiurare controlli di legalità, parenti e affini in un incrocio tracotante tra controllori e controllati in un conflitto d’interessi permanente. Il costo dell’inserimento della borghesia mafiosa nella gestione dell’acqua viene pagata dai soliti noti: gli utenti, il popolo. Che pagano ancora di più per avere quello che dovrebbe essere gratuito.

Il controllo della gestione dell’acqua significa appalti e sub-appalti per miliardi di euro, nella potabilizzazione e depurazione delle acque, nella realizzazione delle reti idriche, nelle convenzioni con le multinazionali predatorie. E volano le mazzette di Stato, stile scudo fiscale.

Le multinazionali non investono denari per realizzare reti idriche in Africa in maniera tale da scongiurare il dramma dell’assenza di acqua che costringe alla fuga migliaia di migranti, ma colludono con i governi dell’opulenza senza regole per eliminare l’acqua quale bene pubblico. Avere il controllo dell’acqua vuol dire anche condizionare la vita di milioni di esseri umani. L’acqua è come l’aria dicevano gli antichi. Beni primari. Tutto, ormai, vogliono toglierci: l’acqua, la salute, la natura. La violenza di questa politica affaristica non sembra avere uguali nell’era della democrazia: è la forma più deteriore della plutocrazia dei mercanti che governa, in una corsa verso la distruzione del globo, il destino degli uomini. Dimostriamo che esiste ancora chi sogna un mondo diverso in cui l’amore per il prossimo sia la bussola dell’agire politico e la natura una risorsa di tutti e per tutti. Questo Governo sta realizzando il suo percorso autoritario e predatorio dei servizi e beni pubblici in spregio ai diritti ed utilizzando le norme in modo illegittimo. Distrugge le Costituzioni ed il diritto naturale con la legge. Nulla di più devastante anche sul piano morale.

22 novembre 2009
da unita.it
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« Risposta #13 inserito:: Dicembre 21, 2009, 09:57:51 pm »

Segnali di fumo


Quattro mesi di legislatura europea sono ancora pochi per poter analizzare rapporti ed alleanze politiche. È ancora presto per capire se convergenze politiche possono divenire alleanze o se rimangono solo segnali di fumo, percorsi incrociati, comune sentire su singole tematiche. IDV sta contribuendo a caratterizzare la linea politica del gruppo ALDE (democratici e liberali) su temi fondamentali: sicurezza pubblica, lotta al crimine organizzato, contrasto alle frodi ed alle corruzioni, politiche energetiche ed ambientali radicalmente nuove fondate sulla green economy, innovative politiche del welfare con proposte economiche per il lavoro e contro la precarizzazione, redistribuzione dei redditi e riduzione delle disuguaglianze sociali, tutela dei beni pubblici primari, diritto di accesso gratuito alla Rete. Su altri temi la strada nel gruppo era già spianata: libertà civili, laicità, condanna ad ogni forma di discriminazione, pluralismo e indipendenza dell’informazione. Lo spostamento verso sinistra dell’ALDE produce significative conseguenze politiche.
Accade che sempre maggiori sono le convergenze su taluni temi con GUE (comunisti) e Verdi. Nella lotta per i diritti IDV ritiene di poter essere un punto di riferimento anche per quelle formazioni politiche italiane che sono rimaste fuori dalla rappresentanza. Il nostro dialogo con la sinistra plurale è forte e serio. C’è rispetto reciproco e lavoriamo per costruire. Altro tema politico è dato dalle convergenze che si potranno costruire con SD (socialisti e democratici) ed in particolare con il PD. Un’alleanza strategica su alcuni temi potrebbe cambiare gli equilibri politici e consentirci risultati importanti in Europa e in Italia. La sfida è quella di condurre insieme alcune battaglie: dal contrasto alle mafie, alla laicità senza ricadute di tipo confessionale, dalla tutela dei più deboli, all’alternativa ad un sistema di potere corrotto. La sfida è, soprattutto, sul cambiamento epocale che chiede una parte del Paese ormai stufa. Accanto a segnali di fumo, ci sono messaggi politici che tendono al consolidamento del sistema.
Ad esempio, la posizione congiunta del capo delegazione PDL Mauro con il vice presidente del parlamento del PD Pittella, a proposito della criminale aggressione a Silvio Berlusconi. Una lettera che è simbolica dell’asse sistemico tra i due grandi partiti, spaventati dal dissenso crescente nel Paese. Il contenuto di quella lettera è politicamente inaccettabile per chi cerca un’alternativa. Parlare di baratro per il Paese, di svolta autoritaria, di fine della democrazia con riferimento all’azione di un folle che delinque è falsare la realtà dei fatti. Nel baratro, infatti, ci sta conducendo Berlusconi, l’autoritarismo è quello dei peronisti al governo, nel sonno della ragione ci sta portando questa maggioranza. Non siamo stolti. Respingiamo il tentativo di prendere a pretesto l’azione di un criminale per consolidare l’arroccamento al potere e marginalizzare, criminalizzandole, le forze di opposizione democratica ad un regime che sta distruggendo la democrazia e lo Stato di diritto nel nostro Paese. La sfida allora è questa: segnali di fumo di resistenza per la difesa della democrazia o costruzioni di mura in difesa del regime?

20 dicembre 2009

di Luigi De Magistris

da unita.it
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« Risposta #14 inserito:: Gennaio 04, 2010, 06:21:54 pm »

Su Napolitano: «lo vorrei più custode della Costituzione»

De Magistris: «Berlusconi in esilio? Era soltanto una provocazione»

L'eurodeputato Idv: «Stiamo perdendo l'umorismo. Ma lasciare l'Italia sarebbe vantaggioso per il premier»


ROMA - «Questo Paese sta perdendo l'umorismo». Luigi De Magistris replica così alle polemiche che si sono scatenate dopo il messaggio apparso sul suo blog («Lancio il mio lodo per Berluscon: via dall'Italia senza conseguenze»). L'eurodeputato dell'Italia dei Valori, intervenendo a «24 Mattino» su Radio 24, chiarisce il suo pensiero: «Io sono convinto che Berlusconi vada sconfitto politicamente. Volevo anche smitizzare il Lodo, è una provocazione di questo tipo». Insomma, «un pezzo scritto su un blog che va letto per quello che è».

BERLUSCONI - Poi però l'ex magistrato attacca duramente il premier: «Se vogliamo pensare che l'Italia è caduta nel basso impero e quindi c'è un sultano che sta stravolgendo la democrazia, allora l'esilio potrebbe essere una conseguenza, ma si può anche intendere come una scelta addirittura vantaggiosa per Berlusconi. Perché rispetto agli altri cittadini che si fanno fare i processi, lui fa leggi per non subire conseguenze giuridiche». «Io ho molto rispetto di chi ha votato Berlusconi - aggiunge de Magistris - Però chiediamoci questo consenso come è stato formato. Io sfido un Paese ad avere un'informazione libera, pluralista e indipendente e non controllata come è in parte da Berlusconi e poi vediamo se Berlusconi ha o meno lo stesso consenso. Se non controllasse la Mondadori attraverso processi corruttivi, se non avesse acquisito il controllo delle licenze televisive attraverso il rapporto corruttivo con Craxi, chissà se arrivava ad avere lo stesso consenso. Io ho dei dubbi».

NAPOLITANO - De Magistris critica il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: «Ho un grande rispetto per la presidenza della Repubblica e questo rispetto mi spinge ad essere critico di Napolitano perché lo vorrei più custode della Costituzione. Per esempio il Lodo Alfano non andava promulgato. Così lo scudo fiscale, che viola i regolamentari comunitari. Il fatto che il presidente non promulghi e rimandi alle Camere la legge ha un significato politico. Questo Napolitano non lo ha fatto, è grave che non lo abbia fatto nel Lodo Alfano e questa critica non significa non avere rispetto. È uno stimolo a essere più custode della Costituzione e della democrazia del nostro Paese» (nel frattempo, però, lo stesso Napolitano - intercettato dai cronisti - si dice «molto soddisfatto» delle reazioni al suo discorso di fine anno).

NESSUNA COMPETIZIONE CON DI PIETRO - Infine, De Magistris parla del suo rapporto con Antonio Di Pietro: «Il Corriere della Sera da un po' di tempo crea un caso tra me e Di Pietro, sono i poteri forti che temono un rapporto molto stretto tra noi. Non c'è alcuna competizione, non c'è mai stata così profonda sintonia tra me e Di Pietro».


04 gennaio 2010
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