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Autore Discussione: L’insostenibile peso del mutuo  (Letto 2570 volte)
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« inserito:: Ottobre 20, 2007, 11:56:08 pm »

L’insostenibile peso del mutuo

Angelo De Mattia


Una morte che dovrebbe parlare a tutti, come dicevano i latini (sola fatetur). Nella tragedia del suicidio di Giuliano, soffocato dalle rate mensili, di 500 euro, relative a un mutuo da poco acceso, si incrociano due dure condizioni, sullo sfondo della pietas per una vita stroncata: l’onere dei finanziamenti per l’acquisto di un’abitazione, a fronte di un modesto salario, e la situazione di lavoro precario (nella quale era venuta a trovarsi la moglie).

Una condizione che proprio nel giorno della tragedia veniva duramente stigmatizzata dal Papa.

Precariato e difficoltà di accesso al credito a condizioni sostenibili non rappresentano una diffusissima fotografia dell’Italia. Eppure queste due condizioni toccano aree non marginali, con la precarietà dell’impiego venendo a mancare i presupposti per accedere al credito.

Approfondiamo quest’ultimo aspetto. Non poche famiglie si cimentano con i bilanci mensili e con i ristretti spazi che lascia liberi il pagamento delle rate di ammortamento. Sui mutui, negli ultimi mesi, si è scritto molto, anche in conseguenza delle vicende dei subprime americani. Lo stesso si dica per il loro costo, superiore in media a quello praticato a livello europeo come più volte segnalato anche dalle autorità di controllo. Che le banche competano di più in questo campo offrendo soluzioni più rispondenti alle diverse fasce di clientela e alle condizioni di reddito è un’esigenza diffusamente avvertita. Che l’opera di informazione e consulenza svolta dagli intermediari creditizi nei confronti degli aspiranti mutuatari non risulti sempre adeguata è cosa, anch’essa, generalmente conosciuta. Così come, su di un altro piano, sono attese alla prova, in materia di oneri per la clientela, le aggregazioni creditizie realizzate in questi ultimi tempi per valutare se i relativi vantaggi si riverbereranno a favore di coloro che compiono le operazioni bancarie, rispondendo così alle frequenti sollecitazioni in tal senso della Banca d’Italia.

È vero: le banche non amministrano denaro proprio ma risparmio dei depositanti ai quali devono riconoscere un adeguato rendimento. È altrettanto vero che non si è ancora raggiunta una sufficiente convergenza, tra i diversi soggetti interessati, sulle metodologie di calcolo, dell’onerosità dei finanziamenti e delle altre operazioni creditizie, raffrontata con quella a livello europeo. Eppure, tenuto conto di tutte queste “attenuanti”, è ampiamente condiviso che nel sistema bancario italiano vi sono ancora ampi spazi di recupero di efficienza e di capacità innovativa che possono tornare a beneficio dei prenditori del credito. Un ruolo in proposito spetta agli organi di controllo perché si possa passare, non certo con comportamenti dirigistici, dalla diagnosi alla terapia con risultati concreti. “Conoscere per deliberare” ha senso se, dopo avere conosciuto, si passa agli atti conseguenti. Il resto del percorso è responsabilità delle banche: improntare la concorrenza tra di loro all’immagine, alla reputazione nel trattamento di particolari categorie di finanziamento come i mutui potrebbe aprire nuovi varchi per il loro sviluppo. Al governo e al legislatore spetterà intervenire ancora sugli schemi e sulle condizioni contrattuali lungo la linea intrapresa, se l’auspicata inversione nei rapporti con la clientela non dovesse verificarsi.

Nell’immediato, pur in presenza di dati e informazioni contrastanti presentati da banche e da associazioni di consumatori sui rischi di insolvenza per mutuatari che potrebbero concretizzarsi entro la fine dell’anno, dovrebbero essere messi a punto autonomamente dal sistema creditizio opportuni schemi di rinegoziazione dei finanziamenti, soprattutto di quelli a tasso variabile, e offerti in maniera trasparente per aiutare coloro che si trovassero in condizioni di difficoltà. Ma non sarebbe improprio anche il sostegno pubblico con la costituzione di un apposito fondo, di cui si parla in questi giorni, per consentire la dilazione di pagamento di alcune rate di mutuo nei casi di temporanea difficoltà. Sarebbe, questo, un provvedimento legislativo straordinario, motivato da una situazione economica caratterizzata da tassi di interesse crescenti. È anche necessario promuovere a tutti i livelli, a partire dalla scuola, un’ampia educazione finanziaria, perché accanto all’uso responsabile del proprio danaro, si conoscano meglio le componenti delle relazioni con il sistema bancario, con particolare riferimento ai vincoli che si assumono e al rapporto dell’esposizione bancaria con il reddito individuale e familiare.

Tutto ciò visto dal lato microeconomico. A livello macroeconomico, sull’onere dei finanziamenti si riflettono, ovviamente, le decisioni di politica monetaria della Bce.

È auspicabile, soprattutto se la Federal Reserve il 31 ottobre deciderà di abbassare ancora i tassi di interesse americani, che la Bce nelle prossime sedute non aumenti quelli dell’euro, anzi valuti la possibilità di un abbassamento. Insomma, dai mutui alla politica monetaria e, di qui, a quella economica. Non è un allargamento depistante delle responsabilità. Le interconnessioni sono chiare. Ognuno deve fare la propria parte. Non siamo, come per il precariato, all’emergenza etica e sociale della quale opportunamente ha parlato il Pontefice. Ma occorre creare le condizioni - di trasparenza informativa, di conoscenza finanziaria, di sostenibilità degli oneri - per far sì che l’assillo del rimborso di un mutuo non diventi mai più un fattore che comprime a tal punto il pensiero di una persona da portarla allo smarrimento e farle tragicamente perdere la vita. E poi per dare segnali positivi alle famiglie che in questo settore sono in difficoltà.


Pubblicato il: 20.10.07
Modificato il: 20.10.07 alle ore 8.39   
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