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Autore Discussione: Due anni per un intervento, ticket cari: italiani in fuga dalla sanità  (Letto 2457 volte)
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« inserito:: Settembre 30, 2014, 10:25:35 pm »

Rapporto «PIT Salute» di Cittadinanzattiva

Due anni per un intervento, ticket cari: italiani in fuga dalla sanità
Le difficoltà di accesso alle prestazioni sono attribuite nel 58% dei casi alle liste di attesa e nel 31% al peso dei ticket, cresciuto del 21%. Il caso della riabilitazione
Di Redazione Salute Online

Due anni per un intervento all’ernia del disco e altrettanti per le vene varicose, 20 mesi per una visita psichiatrica, 14 per una mammografia. Un anno per una Tac o una Moc (esame della densità ossea). Undici mesi per una colonscopia e “appena” 10 mesi per un ecodoppler. E ancora: 9 mesi per una risonanza magnetica o un ecocardiogramma, 8 mesi per un’ecografia, 9 mesi per una visita oculistica, 7 per una visita cardiologica e 6 per un controllo oncologico. Per un intervento alla cataratta si aspettano mediamente 8 mesi e 6 in caso di calcoli renali. I tempi di attesa “biblici” della sanità pubblica restano tra i principali motivi di malcontento per i cittadini, che sono però alle prese con un problema altrettanto gravoso: l’insostenibile pesantezza dei ticket. È il quadro che emerge dalla 17 edizione del Rapporto PIT Salute «(Sanità) in cerca di cura», presentato dal Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva (Tdm).

I punti critici
Su oltre 24mila segnalazioni arrivate al Tdm nel 2013, quasi un quarto riguarda le difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie, attribuite nel 58% dei casi (al primo posto, ma in netto calo sul 2012, -16%) alle liste di attesa e nel 31% dei casi al peso dei ticket (voce in un aumento del 21%, dal 10,3 del 2012 al 31,4%), cui si aggiunge il costo delle visite intramoenia (10,1%, -5,3). Il secondo grande motivo di malcontento è l’assistenza territoriale (15,6% delle segnalazioni, in lieve aumento rispetto all’anno precedente), per il servizio ricevuto da medici di base e pediatri di libera scelta, soprattutto perché i cittadini si vedono negata una visita a domicilio o il rilascio di una prescrizione. Altri motivi di scontento sono la riabilitazione (20,3%, +6,7%), in particolare per i disagi legati alla mancanza o scarsa qualità dei servizio in ospedale o alla difficoltà nell’attivazione di quello a domicilio, e l’assistenza residenziale (17,3%, invariato rispetto al 2012). Aumentano i disagi per l’assistenza ospedaliera, dal 9,9% del 2012 al 13,1 del 2013, soprattutto per le lunghe attese nei Pronto soccorso. Risultato: sempre più italiani dicono addio alle cure mediche, se non proprio costretti.

Meno episodi di malasanità
Calano invece le segnalazioni di presunta malasanità: per anni al primo posto, rappresentano ora la terza voce (15,5% nel 2013, 17,7 nel 2012). Ma per il Tdm potrebbe essere un effetto delle difficoltà di accesso ai servizi sanitari. A pesare in modo preponderante sono i presunti errori terapeutici e diagnostici (66%, +9 sul 2012), seguiti dalle condizioni delle strutture (16%, -7), dalle disattenzioni del personale sanitario (10,4%, -2,1), dalle infezioni in ospedale e da sangue infetto (3,8%). In ambito terapeutico, i presunti errori riguardano in particolare l’area ortopedica (33,4%, +1,3) e la chirurgia generale (16,8%, +5,6); in ambito diagnostico, l’area oncologica (25,6%, -1,7) e l’ortopedia (19,4%, +5,1).


Spesa media per le famiglie
Dalle segnalazioni di cittadini e associazioni di pazienti emergono poi i costi medi sostenuti in un anno da una famiglia: 650 euro per farmaci necessari e non rimborsati dal Servizio sanitario; 901 euro per parafarmaci (integratori alimentari, creme); 7.390 euro per strutture residenziali o semiresidenziali; 9.082 euro per l’eventuale badante; 1.070 euro per visite specialistiche e riabilitative; 537 euro per protesi e ausili; 737 euro per dispositivi medici monouso: pannoloni, cateteri, materiali per stomie. «I cittadini hanno bisogno di un Servizio sanitario pubblico forte, che offra le risposte giuste al momento giusto e non aggravi la situazione difficile dei redditi familiari - spiega Tonino Aceti, coordinatore del Tribunale per i diritti del malato -. Dobbiamo innanzitutto ridurre i ticket, scongiurare nuovi tagli al Fondo sanitario nazionale e governare seriamente i tempi di attesa di tutte le prestazioni sanitarie, e non solo di alcune come accade ora, mettendo nero su bianco un nuovo Piano di governo dei tempi di attesa, fermo al 2012».

Livelli essenziali di assistenza
E ancora: «Affrontare l’affanno che ospedali e servizi territoriali stanno vivendo: per questo - sottolinea Aceti -, accanto agli standard ospedalieri, è necessario procedere subito con quelli di personale e definire gli standard nazionali dell’assistenza territoriale, non previsti neanche dal recente Patto per la Salute. Infine, non per ordine di importanza, è fondamentale agire seriamente sui Livelli essenziali di assistenza, aggiornandoli dopo 14 anni, oltre che strutturare e implementare un nuovo sistema di monitoraggio che fotografi la reale accessibilità degli stessi per i cittadini».

30 settembre 2014 | 15:01
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Da - http://www.corriere.it/salute/14_settembre_30/due-anni-un-intervento-ticket-cari-italiani-fuga-sanita-pubblica-2a6e9fb0-4898-11e4-a045-76c292c97dcc.shtml
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