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Autore Discussione: Francesco DAVERI. Quello che la Bce non dice  (Letto 2830 volte)
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« inserito:: Settembre 17, 2014, 05:40:17 pm »

Malati d’Europa e sorvegliati speciali
Di Francesco Daveri

Sono passati tre anni dall’estate 2011 quando l’Italia iniziò a precipitare arrivando a far temere un default, vale a dire la possibile incapacità di restituire il debito. Divenne così una sorvegliata speciale che dovette sottoporsi a un drastico aggiustamento di bilancio attuato dal governo Monti con il decreto Salva Italia a cavallo del 2011 e del 2012.

Da allora, il deficit non si è azzerato ma perlomeno è rimasto sempre sotto il vincolo europeo del 3% rispetto al Prodotto interno loro (Pil); mentre il debito pubblico, anche in conseguenza dei contributi versati dal nostro Paese ai fondi salva stati dell’Europa, ha continuato ad aumentare fino a sfiorare il 135% del Pil. Sempre da quei mesi terribili è scomparsa la crescita che era riapparsa timidamente nel 2010-11.
A differenza che nel 2008-09, gli anni della grande crisi, quando fu tutto il mondo occidentale a far registrare valori del Pil in picchiata, l’Ocse ci dice che nel 2014 l’Italia sarà l’unica nota stonata nei G7 e negli altri grandi Paesi occidentali. Saremo l’unica nazione con crescita negativa, e quindi ancora una volta sorvegliato speciale, ma per una ragione diversa. Prima lo eravamo perché ogni anno spendevamo più di quanto riuscivamo a coprire con le entrate dello Stato.

Oggi perché l’aritmetica del deficit non basta più: rispettiamo il vincolo europeo, ma ci serve la crescita. Nonostante gli annunci e le tante parole i governi precedenti e quello attuale hanno mostrato di non affrontare con la necessaria determinazione il tema dello sviluppo. Senza di esso i conti pubblici si avvitano. Se si continua ad attardarsi con le riforme (da attuare e non solo approvare), se la crescita non diventa la priorità sotto la quale iscrivere qualunque azione di governo l’Italia rimarrà inchiodata allo stupido vincolo del 3 per cento.

Un vincolo che sta strozzando l’economia italiana. Ma non per colpa della Germania o dell’Europa cattiva, quanto per il modo da ragionieri con il quale abbiamo inteso rispettare il 3 per cento. Paesi che non crescono, a lungo andare, non riescono a far fronte ai loro impegni di rimborso del debito, anche se apparentemente tengono a bada i loro conti anno per anno. Una lezione della storia che abbiamo dimenticato.

16 settembre 2014 | 11:45
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/economia/14_settembre_16/malati-d-europa-sorvegliati-speciali-e1af3988-3d84-11e4-8a05-562db8d64ccf.shtml
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« Risposta #1 inserito:: Dicembre 07, 2014, 05:47:02 pm »

Quello che la Bce non dice

Di Francesco Daveri

Con la riunione di dicembre del comitato esecutivo della Banca centrale europea si è chiusa un’epoca: quella delle garanzie verbali del suo presidente sulla tenuta dell’eurozona. Negli ultimi due anni, solo con parole di rassicurazione, la Bce di Mario Draghi aveva ridato fiducia alla moneta unica e, nello stesso momento, garantito tempo all’eurozona. Ai politici serviva un periodo per avviare l’attuazione delle riforme promesse e alle banche per adeguare le loro procedure interne alla supervisione di Francoforte.

Quella delle garanzie verbali incondizionate di Francoforte è stata una stagione di grande successo che ha riportato il capitale in Europa dopo la crisi del 2011. Ieri però, dopo le consuete frasi di Draghi che annunciava con parole scarne ma significative il passaggio alla fase due della sua strategia (l’intenzione di attuare rapidamente il piano di acquisto di titoli compresi quelli di Stato), sui mercati è partita un’ondata di vendite che ha spinto le Borse in territorio negativo.

A pesare sui mercati c’è l’economia. Le parole non bastano più se accompagnate da dati che mostrano l’anemia dell’eurozona, incapace di andare oltre l’uno per cento di crescita nel 2014-15, malgrado la recessione del biennio precedente C’è l’inflazione che pesa anch’essa essendo in viaggio verso lo zero e ormai lontana dall’obiettivo del 2% che la Bce dovrebbe realizzare per mandato. L’azzeramento dell’inflazione è spiegata per più dell’80% dalla rapida discesa dei prezzi delle materie prime, il che potrebbe non durare. Ma con prezzi in calo i debitori pubblici e privati rischiano di veder salire il costo reale del loro debito e l’Europa di dire addio a nuovi investimenti e quindi alla crescita.

Con sviluppo e inflazione vicini allo zero oggi e in prospettiva, si riducono i margini per altri rinvii. Draghi non dispone di un mandato politico forte come quello della Federal Reserve americana. E si trova di fronte economie fiaccate da anni di crisi e quindi meno ricettive agli stimoli. Ma, in presenza di passi troppo timidi della politica europea (per la quale la montagna «sperata» dei 300 miliardi di investimenti si è tradotta per il momento nella «certezza» del topolino di 21 miliardi garantiti del piano Juncker) la richiesta di fare di più non può che rimbalzare al presidente della Bce. E il fare di più per un banchiere centrale si misura con un solo numero: la dimensione del bilancio della banca che presiede, cioè il volume di titoli e altre attività che può acquistare sui mercati in cambio di liquidità. Volume che crescerà e tanto.

Dopo la fine dell’epoca delle parole, nei primi mesi del 2015 arriverà dunque il test più importante per la Bce. Mercati e cittadini europei cominceranno a misurare l’efficacia delle politiche di supporto al credito messe in cantiere dallo scorso giugno e in via di attuazione oggi e in futuro. Misureranno se la Bce sarà davvero in grado di acquistare tanti titoli da aumentare il suo bilancio di mille miliardi, su fino ai livelli della fine del 2012. Ma da oggi quella di Draghi non è più solo una promessa o un’aspettativa, è un’intenzione di attuazione. C’è da stare certi però che senza quello che Draghi chiede da tempo ai governi in termini di riforme e sostegno alla ripresa, difficilmente le mosse della Bce potranno essere sufficienti a favorire la crescita.

5 dicembre 2014 | 07:52
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da -  http://www.corriere.it/editoriali/14_dicembre_05/quello-che-bce-non-dice-406bcf36-7c46-11e4-813c-f943a4c58546.shtml


« Ultima modifica: Gennaio 09, 2017, 06:21:41 pm da Arlecchino » Registrato
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