LA SINDROME MASTELLA E L’ETERNA FIGURA DEL CAPRO ESPIATORIO
«Picierno? Anche un facocero avrebbe preso più voti»
La neoparlamentare europea del Pd tra gaffe e voti mancanti.
La battuta di Scanzi dalla Gruber
di Marco Demarco
Prima la storia degli ottanta euro con cui avrebbe svuotato il supermarket, poi quella del «dolce forno», confuso, secondo i detrattori, con il doppio forno di andreottiana memoria, ma riferita, secondo lei, a una pubblicità di venti anni fa; ora quella del facocero. Neoparlamentare europea del Pd, nonché responsabile Sud e legalità, nei talk-show e sul web, Picierno è da tempo uno dei bersagli polemici preferiti. Un bersaglio mobile, a dire il vero, giacché prima di essere renziana è stata demitiana, veltroniana, franceschiniana e bersaniana; e quando stava con Bersani su Renzi twittava di tutto e di più.
Facocero: mammifero delle savane e delle boscaglie africane, quasi un cinghiale, preda preferita da leoni e coccodrilli, i primi attratti dal forte odore, i secondi dalla mole: ma su YouTube c’è anche la versione combattente, con un ghepardo infilzato che batte in ritirata. Cosa avrà allora voluto intendere Andrea Scanzi, giornalista de Il Fatto, quando dalla Gruber ha detto che, se messo in una lista renziana, anche un facocero avrebbe preso più voti della Picierno? Non che il ragionamento animalista sia passato inosservato, il facocero, si sarebbe detto un tempo, è comunque un vivente sebbene non umano, ma quando Berlusconi offese la Bindi («più bella che intelligente») la solidarietà rimbalzò addirittura sulle t-shirt. Ora, invece, giusto qualche tweet e, come premio di consolazione, la quasi candidatura, ma sempre via primarie, a governatrice della Campania avanzata da Francesco Nicodemo.
Sul facocero, nello studio de La7, è comunque scattata la zuffa. E poiché i due ospiti non smettevano di azzannarsi, Massimo Cacciari, collegato da Venezia, per un po’ ha assistito, facendo una faccia che era tutto un programma, quindi è sbottato: «Eh no, se dobbiamo parlare della Picierno me ne vado!». Ecco il punto. La polemica pubblica tracima di Picierno. Ma è un problema suo, personale, cioè; del Pd che l’ha scelta come leader meridionale; o di chi le capita di fronte in tv o su un palco?
Pina Picierno ride, smorfieggia, punzecchia: davanti a una telecamera, si agita come uno scugnizzo che, in strada, ruba la scena all’inviato del telegiornale. Non argomenta come la Bonafè, né documenta come la Serracchiani, piuttosto gioca di interdizione. E forse anche per questo le hanno affidato i confronti più difficili, quello con Travaglio, ad esempio. Aldo Grasso l’ha dipinta quando ha scritto che «non perde mai occasione per avere un po’ di visibilità, anche a costo del ridicolo». E fin qui problemi soggettivi. Poi ci sono quelli del Pd. Sebbene abbia raccolto più di duecentomila preferenze nella circoscrizione Sud, infatti, Pina Picierno è stata l’unica a fallire la prova del capolista, essendo stata sorpassata da Gianni Pittella, a suo tempo escluso dal girone finale delle primarie nazionali. L’unica: perché l’altro caso è quello di Caterina Chinnici, magistrato, 59 anni, candidata in Sicilia e Sardegna, non certo una Renzi-girl, per intenderci. La Picierno come espressione di un partito vincente, ma meno forte e meno disciplinato che altrove, dunque. Tuttavia, è arduo imputare a lei il fatto che il Pd vinca ovunque, ma meno al Sud; e che Grillo perda ovunque tranne che al Sud.
Resta il terzo problema, quello del costume nazionale. Ebbene, proprio in questi giorni dal parlamento europeo esce Mastella, il leader di Ceppaloni, tradito dalle preferenze e soprattutto dai compagni di squadra, si lamenta; ed entra la Picierno. Quasi una staffetta simbolica, come se ci fosse un vuoto da colmare, quello del Malaussène , del capro espiatorio. Da quando, giovanissimo, Fanfani lo notò in un congresso Dc perché era caduto da una sedia, episodio che ha raccontato egli stesso con autoironia, Mastella non ha mai smesso, per il sistema mediatico, di incarnare l’aspetto provinciale, familistico e inciucione della politica. Ma era una parte e spesso è diventato il tutto. Anche su di lui, come ora sulla Picierno, si è concentrato un di più di sberleffo e una buona dose di pregiudizio antimeridionale. Eppure, fatte le debite proporzioni, il suo nome è stato al massimo accostato alla cozza che ispirò le forme della piscina casalinga. Facocero mai, non gliel’ha detto mai nessuno. Cinghialone fu invece soprannominato Craxi, per la forza e l’irruenza, ma quello era quasi un complimento.
@mdemarc
29 maggio 2014 | 08:24
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