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Autore Discussione: Berlusconi sale al Quirinale e chiede l'agibilità politica (senza vergognarsi)  (Letto 4381 volte)
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« inserito:: Aprile 03, 2014, 06:38:52 pm »

Riforme, Napolitano incontra Berlusconi.
L'ex premier: Fi responsabile ma chiedo garanzie

2 aprile 2014

Berlusconi sale al Quirinale e chiede l'agibilità politica in vista delle Europee del 25 maggio. Il 10 aprile, giorno in cui il tribunale di Milano deciderà se mandare l'ex premier agli arresti domiciliari o ai servizi sociali, è ormai alle porte. «Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha ricevuto questa sera al Quirinale il Presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi, che aveva chiesto di potergli illustrare le posizioni del suo partito nell'attuale momento politico», si legge nella nota diramata dal Colle al termine del faccia a faccia.

Il Quirinale ha sottolineato dunque che il colloquio è stato chiesto dal leader di Fi. Berlusconi, chiariscono fonti interne al partito, avrebbe assicurato il sostegno di Forza Italia al percorso delle riforme, ma allo stesso tempo avrebbe chiesto garanzie sulle sue vicende giudiziarie. Intanto il ministro Boschi preme per l'approvazione in prima lettura il 25 maggio dell'Italicum e della riforma del Senato.

Sulle riforme Fi non alzerà barricate
«Ho siglato un patto con Renzi - avrebbe sottolineato l'ex Cavaliere - e io non tradisco mai gli accordi presi». Berlusconi avrebbe comunque fatto presente le difficoltà del suo partito a sostenere un'intesa che da più parti vuole essere stravolta. Alla fine la conferma da parte del leader di Fi: da parte degli azzurri non ci saranno barricate.

L'ex premier chiede garanzie
A meno di dieci giorni dalla sentenza dei giudici milanesi, Berlusconi avrebbe fatto questo tipo di ragionamento: il mio partito garantisce il sostegno alle riforme, che sono il caposaldo di questa legislatura e sono necessarie per il Paese. Io però diventerò un leader azzoppato che non può nemmeno dare una mano al suo partito in campagna elettorale. Da qui la richiesta di garanzie, probabilmente non valutare - non si esclude tra gli azzurri - la possibilità di riceve la grazia o di ottenere l'indulto dal Parlamento. Anche tramite una moral suasion sul presidente del Consiglio.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-04-02/napolitano-populismo-si-argina-le-straordinarie-e-conquiste-europa-unita-121627.shtml?uuid=ABV1uh7&cmpid=nl_7%2Boggi_sole24ore_com
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« Risposta #1 inserito:: Maggio 01, 2014, 07:10:35 pm »

Politica
28/04/2014

Berlusconi: Napolitano aveva il dovere morale di darmi la grazia
E su Renzi: “Io non lo considero davvero un avversario fino in fondo, potrebbe stare in Forza Italia”.
Schulz? “Vive di luce riflessa, specula sulle mie frasi”

Roma

La campagna televisiva di Berlusconi continua, appena iniziata è subito senza sosta. Oggi, dopo il pomeriggio rassicurante da Barbara D’Urso su Canale cinque, dove aveva parlato di Francesca Pascale, di cani e gatti, e glissato sulle polemiche, torna di nuovo assai battagliero. Il bersaglio stavolta non è solo la Germania (e titillare gli umori antitedeschi dell’elettorato italiano), ma direttamente il presidente della Repubblica.

«Avevo chiesto a Napolitano la grazia - dice Berlusconi nell’intervista a Piazza Pulita su La7 - senza presentare alcun atto formale richiesta, avevo detto che aveva il dovere morale di assegnarmi la grazia motu proprio». E dopo la gaffe sui lager: «Schulz vive di gloria riflessa dal 2003, dal dibattito tra me e lui» e sulle frasi di sabato c’è stata la «solita speculazione elettorale» da parte del candidato del Pse, afferma Berlusconi chiedendo «scusa se qualcuno ha pensato che dicessi qualcosa di negativo nei suoi confronti».

«È una sentenza non solo mostruosa, ma anche ridicola, vedrà come tutto questo» fra non molto «verrà a galla», dice il Cavaliere. Sui servizi sociali spiega: «Non penso sia umiliante» ma è una decisione «ridicola, non per me ma per il Paese: mandare un signore che per più tempo è stato responsabile del governo, l’unico politico che ha presieduto per ben tre volte il summit internazionale importante come il G8, pensare che si possa rieducare consegnandolo ai servizi sociali e ai colloqui quindicinali» . Usa poi la parola boomerang: «Sono assolutamente sereno perché sono sicuro che questa cosa sarà un boomerang per chi l’ha voluto». Sulla sua permanenza al Centro anziani di Cesano Boscone, il Cavaliere si riserva una piccola sorpresa: «È una cosa assolutamente piacevole che non rappresenta nessun sacrificio, probabilmente finirò per stare li tutto il giorno». Anche se poi sottolinea, invece, invece, i «vincoli enormi» imposti alla sua libertà movimento dovuti alla sentenza.

Sulla decisione che lo ha condannato, Berlusconi torna a attaccare i giudici, sia pure senza le tirate di una volta: la sentenza sulla frode fiscale «è una sentenza politica e inventata». «Se si esamina il percorso non si può negare che ci sia una strategia perché il leader che ha tenuto insieme il centrodestra si è cercato di escluderlo dalla battaglia politica». 

 Poi attacca Renzi: «Il riformatore sono io, non il Pd. . Che qualcuno tenti di far passare Renzi come per chi vuole l’ammodernamento dello stato non possiamo accettarlo, l’ammodernamento lo abbiamo voluti noi. Renzi io non lo considero davvero un avversario fino in fondo, lo avrei preso nel mio partito, potrebbe stare in Forza Italia; e non è certamente imbattibile». Spiega che «noi prevarremo nelle prossime elezioni politiche». Difende Dell’Utri: «E’ una persona perbenissimo, torturato da 20 anni da accusa assurda, che deriva da reato che non è previsto da codici ma è un’invenzione, concorso esterno in associazione mafiosa». «Non sapevo fosse in Libano, stata una sorpresa». 

Da -http://lastampa.it/2014/04/28/italia/politica/berlusconi-napolitano-aveva-il-dovere-morale-di-darmi-la-grazia-3YvYP4snFinSgFx4CdYagK/pagina.html
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« Risposta #2 inserito:: Luglio 26, 2014, 11:02:54 am »

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Fede-Ferri, la storia delle registrazioni sui rapporti tra Berlusconi e la mafia
Le lunghe chiacchierate tra l'ex direttore del Tg4 e il suo personal trainer risalgono al 2012 e al 2013.
Gaetano Ferri registra con il cellulare gli sfoghi del giornalista perché non si fida e quando il rapporto tra i due si rompe, l'istruttore si reca dai carabinieri, denuncia Fede per minacce e consegna tutti gli audio che ora sono stati depositati agli atti del processo sulla trattativa Stato-Cosa nostra, e sono al vaglio dei pm di Palermo che vogliono vederci chiaro sul presunto filo nero che lega Dell'Utri, Cosa nostra e Berlusconi

Di Davide Milosa | 23 luglio 2014

Milano 2, primavera 2013. Due uomini stanno seduti su una panchina del grande parco. Sopra di loro, gli aerei decollati dall’aeroporto di Linate volano bassi. Sono lì da quasi mezz’ora e parlano fitto. Uno è Emilio Fede, ex direttore del Tg4 nonché condannato in primo grado per favoreggiamento della prostituzione nel cosiddetto Ruby due. L’altro indossa una tuta bianca e scarpini da pugilato. Si chiama Gaetano Ferri, napoletano classe ’69, professione personal trainer e istruttore di box francese. Cranio rasato, muscoli in bella mostra e tanti tatuaggi in stile nazi.

“Vedi – dice Fede – questo è un posto fantastico, ma quando Berlusconi ha iniziato non aveva una lira, i soldi arrivavano dalla mafia attraverso Marcello Dell’Utri”. Ribadisce: “Mafia, mafia solo mafia”. Il discorso nasce così. Tanto per dire e per far passare il tempo tra quelli che all’epoca sono ormai due ex amici. Sì perché Ferri, dopo un paio d’anni di conoscenza, si rende conto che il giornalista non caccia i soldi. Che fa? Si tutela a modo suo. Durante i colloqui attiva il cellulare e registra tutto: parole, confidenze, rancori. Dopodiché inizia il giro delle redazioni: quotidiani e settimanali, ricevendo sempre la stessa risposta: “Mi spiace non possiamo, porti questi nastri in procura e poi ne riparliamo”.

In quei giorni di maggio nessuno però poteva pensare che quelle parole sarebbero finite sul tavolo dei magistrati di Palermo che indagano sulla trattativa tra Stato e Cosa nostra. Ma se questa è storia di ieri, quello tra Fede e Ferri è un rapporto che nasce nel novembre 2011. In quel momento Ferri, che in curriculum mette anche qualche guaio con la giustizia, frequenta il mondo delle palestre a Milano. Un mondo che spesso s’incrocia con quello patinato della televisione e dello spettacolo. È così che grazie a un buon contatto con Lele Mora, anche lui condannato in primo grado con Fede per il Ruby bis, riesce a trovare la spinta giusta per entrare nella cerchia di amicizie di Emilio Fede.

In quel 2011, il giornalista siciliano è ancora ben in pista. Dirige il Tg4, nonostante le cronache abbiano già abbondantemente raccontato parte dei bunga bunga a villa San Martino. Ferri viene assunto perché, in quel periodo, negli studi di Mediaset Fede ha un macchinario per fare ginnastica. Gaetano gli serve per questo. Col tempo però i due diventano amici. Di palestra non si parla più e Ferri, nella testa di Emilio, si trasforma in una specie di confessore. I due si vedono spesso in giro per Milano. Cenano da Giannino in via Vittor Pisani, luogo di culto della movida milanese nonché quartier generale del Milan e dell’amministratore delegato Adriano Galliani. Non mancano nemmeno al Boccino di via Tortona, dove una sera Fede si presenta in compagnia di Elena Morali, la biondissima ex fidanzata di Renzo Bossi, e di Francesca Pascale.

All’epoca, siamo nel 2013, la Pascale è già entrata nelle grazie di Silvio Berlusconi. Il primo grado del processo Ruby è in corso e da settimane i giornali parlano di una misteriosa fidanzata dell’allora Cavaliere. Ferri e Fede fanno coppia fissa anche al Parioli di via Felice Casati dove, nel 2012, Lele Mora si azzuffò con Francesca Cipriani, una delle tante papi-girl nonché ex starletta del Grande Fratello. L’amicizia si consolida, tanto che Fede presenta a Gaetano un ex agente del Mossad (servizio segreto israeliano) e gli promette l’assunzione in un rinomato centro fitness di via Palestro. Sarà solo una promessa. In quel momento Ferri capisce che l’altro, probabilmente, vuole solo sfruttarlo.

Quando s’incontrano il giornalista fa strani discorsi: parla male dei suoi colleghi, è arrabbiato con Berlusconi. Sono discorsi pericolosi. Ferri si vuole tutelare. Decide di registrare tutto. La storia nasce così e finisce sul tavolo dei carabinieri di Cusano Milanino. Ferri denuncia il giornalista per minacce. È il gennaio scorso e davanti ai militari che poi trasmetteranno il fascicolo alla procura di Monza mostra gli sms ricevuti dall’ex direttore del Tg4. Si legge. “Novità stanotte mi riceve a palazzo Grazioli, se conferma che vi siete incontrati riparto subito con due altri amici e vengo a cercarti, uno ti conosce bene, se credi avverti l’avvocato, questa volta non mi sfuggi, capito?”. Il messaggio è dell’8 dicembre 2013. Il secondo arriva due settimane dopo. “Appena dici una parola sbagliata vedrai se bleffo oppure no. Io sono morto due anni fa e ti permetti ancora di provocarmi”.

Risultato: il 21 gennaio Ferri va dai carabinieri. Racconta tutto e denuncia. Fa di più: il giorno dopo torna e consegna le tracce audio nelle quali, ora sappiamo, Fede rifaceva la storia di Berlusconi e dei suoi rapporti con Cosa nostra, contabilizzando conti correnti e il denaro arrivato dalla Sicilia. Chiacchiere che ora dovrà spiegare ai pm di Palermo. Ma non c’è solo questo. In molti di quei colloqui, stando alla denuncia di Ferri, si parla anche di ricatti e del bunga bunga. Di Ruby in particolare, dei suoi 17 anni e delle notti bollenti di papi Berlusconi.

Da Il Fatto Quotidiano del 23 luglio 2014

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/07/23/fede-ferri-la-storia-delle-registrazioni-sui-rapporti-tra-berlusconi-e-la-mafia/1069390/
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« Risposta #3 inserito:: Luglio 26, 2014, 11:04:07 am »

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Fede: “La storia di Berlusconi? Mafia, mafia, mafia. Sosteneva famiglia Mangano”
In una conversazione registrata di nascosto dal suo personal trainer, l'ex direttore del Tg4 parla dei rapporti tra il fondatore della Fininvest, Dell'Utri e Cosa nostra. E interrogato dai pm di Palermo, racconta di un incontro durante il quale l'ex Cavaliere raccomandò al suo braccio destro, ora in carcere per concorso esterno, di "ricordarsi" della famiglia del mafioso all'epoca detenuto e sotto interrogatorio

Di Giuseppe Pipitone | 22 luglio 2014

Quando Marcello Dell’Utri veniva a Palermo doveva ricordarsi della famiglia di Vittorio Mangano, doveva ricordarsi di “sostenerla”. E per evitare che se ne dimenticasse, Silvio Berlusconi in persona, almeno in un’occasione, si è adoperato per rammentarglielo. A raccontarlo ai pubblici ministeri di Palermo non è un mafioso pentito, e non è nemmeno un collaboratore di giustizia. L’inedito episodio arriva invece dalla viva voce di un uomo che per oltre vent’anni è stato al fianco dell’ex premier: Emilio Fede.

L’ex direttore del Tg4 ha raccontato ai magistrati di un incontro tra Berlusconi e lo stesso Dell’Utri, appena arrivato a Milano dopo un soggiorno a Palermo. Ad Arcore, Fede si sta intrattenendo con l’ex premier, quando ecco che arriva Dell’Utri. “Mi alzai per allontanarmi” dice Fede interrogato dai pm Antonino Di Matteo e Roberto Tartaglia nel maggio scorso. “Lo scambio di frasi è stato brevissimo”, aggiunge.

Fede spiega che Berlusconi, ancor prima di salutare l’ex senatore oggi detenuto, esordisce immediatamente così: “Hai novità? Mi raccomando ricordiamoci della sua famiglia, ricordiamoci di sostenerla”. La famiglia da sostenere è quella di Vittorio Mangano, l’ex stalliere di Villa San Martino, in quel momento detenuto. Dell’Utri, nel racconto dell’ex direttore del Tg4, prontamente replica: “Chiedono riferimenti su di te”.

Per i magistrati il riferimento è agli interrogatori in quel momento in corso, durante i quali a Mangano veniva chiesto appunto dei rapporti con l’ex presidente di Publitalia e con il patron della Fininvest. Fede non ha saputo collocare con certezza l’evento nel tempo: per lui il rapido scambio di battute tra Dell’Utri e Berlusconi sarebbe stato di poco antecedente alla discesa in campo dell’ex cavaliere, quindi nel 1994. Mangano però all’epoca era libero: finirà dentro soltanto dopo, ed è per questo che per i magistrati l’episodio raccontato da Fede è verosimilmente collocabile tra il 1995 e il 1996, quando Dell’Utri era già indagato dalla procura di Palermo per concorso esterno a Cosa Nostra.

I pm che indagano sulla trattativa Stato-mafia hanno interrogato Fede dopo che dalla procura di Monza è arrivata la registrazione di una conversazione. Un file realizzato con il telefonino da Gaetano Ferri, personal trainer di Fede, che nel luglio del 2012 registra una conversazione con l’ex direttore del Tg4, all’insaputa di quest’ultimo. Nella registrazione si sente Fede che spiega alcuni passaggi dei collegamenti tra Arcore, Dell’Utri e Cosa Nostra. “C’è stato un momento in cui c’era timore e loro avevano messo Mangano attraverso Marcello” spiega Fede al suo interlocutore. Che ribatte: “Però era tutto Dell’Utri che faceva girare”. “Si, si era tutto Dell’Utri, era Dell’Utri che investiva” risponde Fede.

Poi il giornalista si pone una domanda retorica con risposta annessa: “Chi può parlare? Solo Dell’Utri. E devo dire che in questo Mangano è stato un eroe: è morto per non parlare”. Quindi il giornalista fornisce al suo personal trainer la sua estrema sintesi di quarant’anni di potere economico e politico: “La vera storia della vicenda Berlusconi? Mafia, mafia, mafia, soldi, mafia”.

Twitter: @pipitone87

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/07/22/fede-la-storia-di-berlusconi-mafia-mafia-mafia-sosteneva-famiglia-mangano/1068423/
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« Risposta #4 inserito:: Agosto 30, 2014, 09:06:10 am »

Mafia, Totò Riina: "Ogni sei mesi Berlusconi ci pagava 250 milioni"
Nuove rivelazioni del boss intercettato in carcere a Opera sul "patto di protezione".
E su Dell'Utri: "Una persona seria"


Di SALVO PALAZZOLO
30 agosto 2014
   
PALERMO - Salvatore Riina in carcere fa una battuta dietro l'altra sui "festini in Sardegna e in Puglia" di Silvio Berlusconi. "Mubarak Mubarak", ride durante la consueta passeggiata pomeridiana, riferendosi alla versione data dall'ex premier su Ruby, nipote del presidente dell'Egitto. "Che disgraziato, è un figlio di puttana che non ce n'è". E giù con altre risatine. Ma il tono della voce si fa serio quando inizia il racconto degli anni Ottanta e Novanta su Berlusconi: "A noialtri ci dava 250 milioni ogni sei mesi", spiega il capo di Cosa nostra al compagno di ora d'aria, il pugliese Alberto Lorusso. E anche questa frase è finita nelle intercettazioni disposte dai pm di Palermo nel processo "trattativa".

Per la prima volta, Riina rivela come si articolò quel "patto di protezione" che la Cassazione ha accertato definitivamente, mandando l'ex senatore Marcello Dell'Utri in carcere. Perché Dell'Utri sarebbe stato l'intermediario fra i vertici della mafia e Berlusconi, che prima temeva un sequestro, poi attentati ai suoi ripetitori in Sicilia. È la storia di una lunga stagione, che Riina racconta così, il 22 agosto dell'anno scorso: "È venuto, ha mandato là sotto ad uno, si è messo d'accordo, ha mandato i soldi a colpo, a colpo, ci siamo accordati con i soldi e a colpo li ho incassati". Diversamente, come è emerso dai processi, andò a Catania. Conferma Riina: "Gli hanno dato fuoco alla Standa ed i catanesi dicono: ma vedi di.... Non ha le Stande? gli ho detto: da noi qui ha pagato... così li ho messi sotto. Gli hanno dato fuoco alla Standa... minchia aveva tutte le Stande della Sicilia. Gli ho detto: bruciagli la Standa".

Ed ecco il passaggio che per i pm vale più di tutti i racconti dei pentiti al processo Dell'Utri: "A noialtri ci dava 250 milioni ogni sei mesi", rivela il capo di Cosa nostra dopo 47 minuti di passeggiata nell'atrio del carcere milanese di Opera. E spiega come iniziò tutto: "Quello... è venuto il palermitano... mandò a lui, è sceso il palermitano ha parlato con uno... si è messo d'accordo... Dice vi mando i soldi con un altro palermitano. Ha preso un altro palermitano, c'era quello a Milano. Là c'era questo e gli dava i soldi ogni sei mesi a questo palermitano. Era amico di quello... il senatore". Ovvero, Dell'Utri, che Riina definisce "una persona seria". Il "palermitano" dovrebbe essere invece il boss Tanino Cinà, che negli anni Settanta suggerì a Dell'Utri di mandare Vittorio Mangano come stalliere ad Arcore quando Berlusconi cercava "protezione".

Adesso, questo monologo di Riina è agli atti del processo Stato-mafia: per i pm Di Matteo, Del Bene, Tartaglia e Teresi è una conferma del ruolo di intermediario svolto da Dell'Utri nella seconda fase della trattativa. Oggi, però, Riina esprime giudizi pesanti sull'ex premier, anche se precisa di non averlo mai incontrato ("Non era così famoso ai miei tempi, altrimenti l'avrei cercato"): "Noi su Berlusconi abbiamo un diritto, sapete quando? Quando siamo fuori lo ammazziamo". Precisa: "Non lo ammazziamo però perché noi stessi non abbiamo il coraggio di prenderci il diritto". Alla fine, riprende a scherzare attorno al "buffone", al "disgraziato", così lo chiama. Scherza sui soldi che Berlusconi deve all'ex moglie. E sul calciatore brasiliano Pato, fidanzato con la figlia dell'ex premier: "Sta Barbarella è potentosa come suo padre, si è messa sotto quello lì, lui era un potente giocatore e non ha potuto giocare più". Prima di rientrare in cella, Riina dà del "disgraziato" al ministro Angelino Alfano. E Lorusso concorda: "Il più cattivo ministro di sempre, si sta impegnando per i sequestri di beni".

© Riproduzione riservata 30 agosto 2014

Da - http://www.repubblica.it/cronaca/2014/08/30/news/mafia_riina_berlusconi-94686226/?ref=HREC1-2
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