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Autore Discussione: Gerardo D'AMBROSIO.  (Letto 3690 volte)
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« inserito:: Marzo 31, 2014, 10:53:43 am »

È morto Gerardo D'Ambrosio: fu procuratore capo a Milano e protagonista di 'Mani Pulite'
Il magistrato era stato senatore del Ds e del Partito Democratico. In passato aveva subito un trapianto di cuore.
Tra le grandi inchieste condotte in passato quella sulla morte in questura di Giuseppe Pinelli

di MATTEO PUCCIARELLI
   
"Non è che lasci la magistratura. Mi occuperò ancora dei problemi della magistratura. E combatterò ancora perché siano risolti i problemi della giustizia": era il 29 novembre del 2002, il giorno prima della pensione. Gerardo D'Ambrosio era così. Un combattente sempre. E infatti dopo la magistratura si occupò di giustizia come senatore. "Nella magistratura non ci sono momenti né belli né brutti - aveva detto quella mattina D'Ambrosio - ci sono momenti in cui cerchiamo di fare il nostro dovere fino in fondo con grande imparzialità".

Con la morte di Gerardo D'Ambrosio, oggi, scompare uno dei maggiori protagonisti delle vicende giudiziarie italiane ed anche una persona, come in molti lo ricordano, dalle straordinarie "qualità professionali ed umane". Qualità che lo hanno accompagnato nella sua lunga carriera di magistrato, di rappresentante delle istituzioni e di uomo politico. Il suo nome è legato non solo alla stagione di 'Mani Pulite', ma anche ad altre vicende come la strage di piazza Fontana, la morte dell'anarchico Giuseppe Pinelli e il crac del Banco Ambrosiano.

Nato a Santa Maria a Vico, in provincia di Caserta, il 29 novembre 1930, si laureò in giurisprudenza a Napoli nel 1952. Cinque anni dopo entrò in magistratura. Prima venne assegnato alla Procura della Repubblica presso il tribunale di Nola, poi trasferito al tribunale di Voghera, e infine arrivò a Milano. Qui fu pretore civile per diventare, dopo cinque anni, giudice istruttore penale conducendo l'istruttoria al processo per la strage di piazza Fontana.

Fu anche il giudice che nel 1975 si pronunciò sull'omicidio dell'anarchico Giuseppe Pinelli: per lui il volo dal quarto piano della questura di Milano del 15 dicembre 1969 avvenne a causa di un "malore attivo" - né un suicidio né un omicidio quindi - attirandosi le critiche della famiglia del ferroviere e dei movimenti di quegli anni. Ricordando la sentenza venti anni dopo rispose così: "Quando la depositai dicendo che non vi era prova di un coinvolgimento dei poliziotti, scrissero che ero fascista. Quando rinviai a giudizio Franco Freda e Giovanni Ventura per piazza Fontana i difensori addirittura mi ricusarono sostenendo che ero socialista".

Nel 1981 passò in Procura generale di Milano con funzione di sostituto pg, incarico che mantenne per otto anni e durante il quale sostenne l'accusa nel processo sul caso del Banco Ambrosiano che vedeva tra gli imputati Roberto Calvi. Nel 1989 divenne procuratore aggiunto, dirigendo il Dipartimento criminalità organizzata e dal 1991 - anno in cui subì un trapianto di cuore - quello dei reati contro la pubblica amministrazione. Nel 1992, quando procuratore capo era Francesco Saverio Borrelli, entrò nel pool di 'Mani Pulite' di cui fu punto di riferimento. Al suo fianco lavorarono Antonio Di Pietro, Gherardo Colombo, Piercamillo Davigo, Francesco Greco e gli altri pm che coordinarono le indagini su Tangentopoli. Dal 1999 fu alla guida della Procura della Repubblica e nel 2002 andò in pensione.

Lasciò la toga, ma non l'impegno per la giustizia che portò avanti: per due legislature è stato senatore prima per i Ds poi per il Partito Democratico. Ha combattuto sempre con quel grande senso dello Stato e delle istituzioni che lo ha guidato per tutta la vita. Ha combattuto fino all'ultimo. Fino a quando è morto al Policlinico di Milano dove da due giorni era ricoverato in gravissime condizioni. Il suo cuore non ha più retto.

Da - http://milano.repubblica.it/cronaca/2014/03/30/news/e_morto_gerardo_d_ambrosio_fu_procuratore_capo_a_milano_e_protagonista_di_mani_pulite_-82317410/?ref=HREC1-1
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« Risposta #1 inserito:: Marzo 31, 2014, 10:54:42 am »

L’ex magistrato aveva 83 anni
Morto D’Ambrosio, protagonista della stagione di Mani Pulite

Ex procuratore di Milano, da giudice assolse Calabresi per la morte di Pinelli

di Redazione Online

È deceduto Gerardo D’Ambrosio, uno dei maggiori protagonisti della stagione milanese di Mani Pulite all’inizio degli anni Novanta. D’Ambrosio, 83 anni, è stato il procuratore capo della Procura milanese dal 1999 al 2002, ma già nel 1992 era parte attiva nel pool di magistrati che si occupava di Tangentopoli sotto la guida dell’allora procuratore capo Francesco Saverio Borrelli. «È una cosa che mi sconvolge e scombussola», ha detto ai microfoni di RaiNews24 Gherardo Colombo, ex magistrato Mani Pulite dopo la diffusione della notizia del decesso di D’Ambrosio.

D’Ambrosio legò il suo nome anche al processo contro il commissario Calabresi per la morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli avvenuta nella questura di Milano nel corso delle indagini per la strage di piazza Fontana nel dicembre 1969. L’inchiesta sulla morte di Pinelli, nella quale era indagato il commissario Luigi Calabresi, fu chiusa dal giudice istruttore D’Ambrosio escludendo l’ipotesi di omicidio. Questa decisione lo rese inviso a larghi settori dell’estrema sinistra.

Nel 2002 andò in pensione e nel 2006 venne eletto al Senato nelle liste dei Democratici di sinistra per la Lombardia. Seggio che venne confermato anche nelle elezioni del 2008 per il Pd. Tra le sue opere La giustizia ingiusta (Rizzoli, 2005) e Il Belpaese. L’Italia che ho vissuto (Carte scoperte, 2011). D’Ambrosio era nato a Santa Maria Vico, in provincia di Caserta, il 29 novembre 1930. Nel 1991 venne sottoposto a un trapianto di cuore. Il decesso è avvenuto all’ospedale Policlinico di Milano dove era ricoverato era ricoverato da due giorni nel reparto di medicina d’urgenza per una gravissima insufficienza cardio-respiratoria.

«Mani Pulite finì mentre stava per affrontare il passaggio più impegnativo nella lotta al malaffare e alle sue connessioni con la politica. La magistratura fu messa al centro di un vortice tremendo in cui la parola d’ordine era una sola: sono i giudici i criminali, quella parola d’ordine ci fu sistemata sulla testa come una lapide»

La biografia
Laureato in giurisprudenza a Napoli nel 1952, entrò in Magistratura cinque anni dopo, dapprima venne assegnato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Nola, in seguito venne trasferito al Tribunale di Voghera. Al Tribunale di Milano entrò come pretore civile, incarico che mantenne per cinque anni, poi divenne giudice istruttore penale conducendo l’istruttoria nel processo per piazza Fontana. Nel 1981 venne assegnato alla Procura Generale di Milano con funzione di sostituto procuratore generale, incarico che mantenne per otto anni e durante il quale sostenne l’accusa nel processo per lo scandalo petroli. Nel 1989 divenne procuratore aggiunto nel capoluogo lombardo, dirigendo il Dipartimento criminalità organizzata e dal 1991 quello dei reati contro la pubblica amministrazione.
Dal 1992 la grande popolarità quando entrò nel pool di Mani Pulite. Dal 1999 fu procuratore capo di Milano e nel 2002 andò in pensione. «Immenso rimpianto per le straordinarie qualità professionali e umane». Così i magistrati della Procura della Repubblica di Milano ricordano D’Ambrosio. «I magistrati della Procura della Repubblica di Milano», è scritto in una nota firmata dal Procuratore Edmondo Bruti Liberati, «si uniscono al dolore dei familiari per la scomparsa di Gerardo D’Ambrosio e ne ricordano con immenso rimpianto le straordinarie qualità professionali e umane».

30 marzo 2014 | 18:08
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/cronache/14_marzo_30/morto-d-ambrosio-protagonista-stagione-mani-pulite-c7054a14-b823-11e3-9fea-b6850cd5b15f.shtml
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« Risposta #2 inserito:: Aprile 04, 2014, 04:55:12 pm »

Politica
31/08/2012 - ANTICIPAZIONE

D'Ambrosio: "Ma quel sistema crollò per colpa della politica"
"Di Pietro dal console? Non sapevo nulla, mi sarei arrabbiato"

Gerardo D’Ambrosio, 71 anni, senatore Pd, dal 1992 è stato tra i protagonisti del pool di Mani Pulite con Borrelli, Di Pietro (foto), Davigo e Colombo. È stato anche procuratore capo di Milano
OPINIONI  Alla storia non servono ultrà

MICHELE BRAMBILLA
 

Fabio Poletti
Milano

Onorevole Gerardo D’Ambrosio, se li ricorda gli americani quando era nel pool di Mani pulite?
«Io di questa storia non ne ho mai sentito parlare prima. Me la sto leggendo ora».

Però il suo collega di allora Antonio Di Pietro, ammette tranquillamente di avere incontrato il console Usa Peter Semler...
«Ecco, questa è una cosa che mi ha stupito e pure molto. A me Di Pietro non ha mai detto niente, né in quegli anni né dopo. Però non mi stupisce. E sono convinto che nemmeno gli altri del pool sapessero di questi incontri. Di sicuro io non sono mai andato dagli americani. Però non mi sorprende affatto che Di Pietro fosse stato zitto con me».

Perché?
«Io avevo compiti di coordinamento nel pool. Mi sono arrabbiato a leggerlo oggi di questi incontri. Immagino cosa gli avrei detto allora. Noi magistrati, per la nostra funzione, dovevamo andare avanti per la nostra strada senza certo rendere conto a diplomatici stranieri».

Si tratta di capire quando sono avvenuti gli incontri. Di Pietro dice dopo l’arresto di Mario Chiesa. L’ex ambasciatore Reginald Bartholomew e l’ex console Peter Semler dicono l’anno prima, nel ‘91. Lei che pensa?
«Reginald Bartholomew non c’è più. E’ difficile interloquire con un morto. Però ci sono un paio di cose che non tornano. La prima è che Di Pietro nel ‘91 non lo conosceva nessuno, non aveva ancora avuto inchieste importanti, non si capisce perché avrebbero dovuto cercare proprio lui. La seconda è che anche con l’arresto di Mario Chiesa non sapevamo certo dove saremmo arrivati con la nostra indagine. Mario Chiesa era un esponente socialista noto a Milano, ma da lì a pensare a quello che sarebbe successo dopo... La svolta con la nostra indagine avviene mesi dopo il suo arresto».

Quando?
«Quando gli imprenditori iniziano a fare la fila a venire in procura ad ammettere e poi a denunciare il sistema di corruzione in cui erano infilati. E’ sbagliato pensare che il sistema sia crollato sotto la spinta di noi magistrati. Il sistema è crollato perché gli imprenditori non potevano sostenere più i costi della politica e del sistema dei partiti».

Ma prima del 17 febbraio 1992, la procura di Milano sapeva chi era Mario Chiesa?
«Inchieste contro la corruzione ce ne erano state tante, prima di Tangentopoli: quella sul costruttore Bruno De Mico, sulle Poste, su Antonio Natali della Metropolitana. Anche Mario Chiesa era stato indagato dopo un articolo del “Giorno” che parlava dei malaffari della Baggina. Ma di sicuro nessuno poteva immaginare che partendo da quelle indagini saremmo arrivati ai vertici dei partiti. Oltre alle confessioni ci metterei le intercettazioni tra gli elementi che facilitarono il nostro lavoro. Non mi stupisce che oggi che il sistema della corruzione funziona ancora, stiano facendo di tutto per limitarle».

Che gli americani fossero interessati alla vostra inchiesta invece non la sorprende?
«Beh questo no. Né mi stupisce che alcuni colleghi di Roma siano andati in ambasciata a dire quello che pensavano di noi. Può anche essere, i magistrati di Roma non vedevano di buon occhio la nostra inchiesta. Ma alla mia età francamente non mi stupisce quasi più niente».

Anche i vostri colleghi di allora avrebbero sostenuto che usavate metodi poco ortodossi...
«Questa storia la ripetono da vent’anni. Ma fanno finta di dimenticarsi che noi chiedevamo gli arresti e i giudici li firmavano. E si dimenticano che il 99% degli arrestati ha confessato. E che poi ci sono state una quantità di condanne che non ha precedenti. Nei nostri uffici c’era la fila a confessare. Non riuscivamo a starci dietro. Ma tutte queste critiche ricorrenti al lavoro del pool non servono a ricostruire altre verità storiche. Servono per non fermare quello che è continuato dopo. Il pool finisce in pochi anni, diciamo con l’addio di Di Pietro alla magistratura. La corruzione invece va avanti ancora oggi».

Tra i metodi poco ortodossi di cui vi accusano, c’è l’invito a comparire spedito a Napoli a Silvio Berlusconi durante il G8 a Napoli. Eccessiva spettacolarizzazione, è l’accusa.
«Io ero contrario a mandarlo in quel momento. Gli altri, pensando che non si sapesse, decisero di mandarlo comunque. Ero convinto poi che Berlusconi non ci avrebbe detto nulla. Tanto valeva continuare ad indagare per conto nostro».

Alla luce di tutto questo, sono ripartite le richieste sulla necessità di una commissione parlamentare d’indagine su Tangentopoli. Che ne dice?
«Contro il nostro lavoro non c’è solo molto risentimento per quello che abbiamo fatto allora. C’è la volontà di imbavagliare la magistratura per quello che potrebbe fare oggi. Piuttosto, visto che non è cambiato niente, si faccia la legge contro la corruzione sostenuta pure dal ministro della Giustizia Paola Severino». 

Da - http://www.lastampa.it/2012/08/31/italia/politica/d-ambrosio-ma-quel-sistema-crollo-per-colpa-della-politica-zEp5gunw2LswS73QGe0OPK/pagina.html
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