Veneto, la crociata dei sindaci di sinistra: "Schedatura e foglio di via agli accattoni"
Patto tra Venezia, Padova e Treviso: "Noi qui non li vogliamo"di JENNER MELETTI
TREVISO - Diaw è un ragazzo senegalese. Jeans, felpa, berretto da baseball. Sembra uno studente. Si guarda intorno - in piazza San Vito, cinquanta metri dal municipio - e non vede vigili o poliziotti. Si toglie il berretto e lo porge capovolto ai passanti. In un attimo è diventato un mendicante. "Signora, mi dà qualcosa da mangiare?".
"Signore, per favore, ho fame". Tre donne e un uomo gli rispondono a voce alta. "No, assolutamente". "Nemmeno per idea". "Perché non torni da dove sei venuto?". "Dai, fila via". Diaw si rimette il berretto, sembra di nuovo uno studente. Si infila in un vicolo, va verso piazza dei Signori. Ha coraggio, il ragazzo. Treviso è una città off limits per mendicanti e vagabondi in genere. Il municipio di Cà Sugana, lì a pochi passi, è diventato il centro strategico di una "task force" che da un mese si batte contro quelli che vengono chiamati "accattoni molesti o petulanti". E nato un asse chiamato Pa-tre-ve, che sta per Padova, Treviso, Venezia. I tre sindaci Ivo Rossi, Giovanni Manildo e Giorgio Orsoni vogliono un "patto di sicurezza metropolitana", per evitare che Diaw e gli altri "molesti", cacciati da un Comune, vadano a chiedere l'elemosina nel paese vicino. Chiedono fogli di via ed espulsioni dal territorio nazionale.
Fino al giugno dell'anno scorso a Cà Sugana comandava la Lega. Giancarlo Gentilini fu sindaco dal 1994 al 2003 e poi vice del sindaco Gian Paolo Gobbo fino alle ultime elezioni. Adesso c'è un sindaco renziano del Pd e democratici sono gli altri sindaci della Pa-tre-ve. Cambiano i suonatori ma lo spartito è sempre quello? Non sembra in imbarazzo, il neo sindaco trevigiano. "Noi ci battiamo - dice Giovanni Manildo - soprattutto contro il racket dell'accattonaggio e per la sicurezza dei cittadini. Ci sono persone che arrivano da fuori e chiedono l'elemosina in modo aggressivo. Sono organizzati, viaggiano in treno da Mestre o in auto. Si piazzano nei posti migliori e nei giorni di mercato. Una donna si è sentita minacciata, in piazzetta Giustiniani.
Le misure prese in passato dai sindaci leghisti non bastano e non servono a nulla. Dal 2009 sono state fatte 800 multe da 50 euro e nessuno le ha pagate". Il sindaco chiede soccorso all'assessore alla sicurezza. "C'è una romena - spiega Roberto Grigoletto - che è stata multata 60 volte e si presenta ancora qui. Un romeno ne ha 42. Ci siamo incontrati con gli altri assessori alla sicurezza, presto si incontreranno anche i sindaci. Abbiamo bisogno di una banca dati per tutta la Pa-tre-ve, così possiamo riconoscere subito un mendicante trovato in uno dei nostri Comuni. Per preparare questa "banca" si sono già incontrati anche i comandanti delle Polizie locali".
Il foglio di via non basta. "Serve un allontanamento per almeno tre anni. Si tratta in pratica di un rimpatrio perché i mendicanti organizzati da clan o racket sono quasi tutti stranieri. Si applica il decreto legislativo numero 30 del 2007 che prevede il rimpatrio di accattoni non iscritti all'anagrafe locale, senza lavoro, dediti alla questua e in condizioni di salute tali da non impedire l'allontanamento". "Ma a noi serve una legge nazionale - dice il sindaco Giovanni Manildo - che permetta di colpire chi organizza e sfrutta l'accattonaggio". I numeri non sono comunque da paura. "Si tratta di 30 persone qui a Treviso - racconta l'assessore alla sicurezza, di 60 a Padova e qualcuno in più a Venezia. Qui da noi quelli conosciuti sono quasi tutti scomparsi ma ne sono arrivati altri. E questa è una conferma del racket: chi veniva mandato qui adesso viene spedito in altre città". "Non ci sono nemmeno - racconta Federica Frenzoso, comandante della Polizia locale - venditori abusivi. Per anni li abbiamo aspettati nelle stazioni del treno e delle corriere e abbiamo sequestrato la loro merce. Così c'è stato un passaparola e Treviso viene evitata".
Severi, ma di buon cuore. Almeno così vogliono apparire. Gli 800 euro sequestrati in questi mesi nei cappelli e nelle ciotole dei mendicanti sono stati donati alla Caritas. Che però avverte: "La lotta all'illegalità è giusta - dice il direttore, don Davide Schiavon - ma non risolve il problema vero della povertà. Senza una profonda conoscenza del territorio, è difficile distinguere i veri poveri dai furbetti. E magari si colpisce chi è davvero nel bisogno".
Fino ad oggi, una sola espulsione a Treviso ("ma era un romeno con precedenti penali") e due a Padova, per romeni che avevano 23 e 28 multe mai pagate. Nella città del Santo, altri sei gli allontanamenti sono stati chiesti dalla Polizia municipale al prefetto. "Noi vogliamo tutelare - dice il sindaco reggente, Ivo Rossi - le fasce deboli, come gli anziani che sono indifesi di fronte alle molestie di chi chiede soldi con troppa insistenza. Non vogliamo i professionisti dell'elemosina, anche se sappiamo che fra loro non mancano i disperati, a loro volta sfruttati".
A Treviso i mendicanti sono già mosche bianche. Un'anziana rom sta appoggiata alla chiesa, in piazza Duomo. Un anziano bulgaro è seduto sugli scalini di un ponte, cappello a terra e nessuna parola. Diaw il senegalese continua a sfidare la Maginot anti accattone. "In quattro ore - dice - ho raccolto 70 centesimi".
© Riproduzione riservata 18 marzo 2014
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