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Autore Discussione: Wanda MARRA. - Governo Renzi, tempi della fiducia rischiano di allungarsi.  (Letto 2352 volte)
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« inserito:: Febbraio 15, 2014, 05:40:41 pm »

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Governo Renzi, tempi della fiducia rischiano di allungarsi. Nodo Economia
Strada in salita per il futuro premier: l'Ncd punta i piedi per le poltrone, ancora da capire chi guiderà il ministero di via XX Settembre: non ci sono consensi unanimi né su Bini Smaghi né sulla Reichlin. Inoltre, nei primi due mesi il segretario Pd dovrà pianificare l'estensione del reddito minimo garantito e l'abbassamento delle tasse sul lavoro

di Wanda Marra
 15 febbraio 2014

“Tenetevi pronti per venerdì”: Matteo Renzi ai ragazzi dei suoi circoli fiorentini che vogliono accompagnarlo a Roma il giorno del voto di fiducia ha detto così. Niente di strano, se non che rivela un allungamento della crisi-sprint. Talmente sprint che è bastata la direzione Pd a sfiduciare Enrico Letta (e non il Parlamento). Talmente sprint che Napolitano ha iniziato le consultazioni ieri pomeriggio e conta di chiuderle stasera (senza il diretto interessato). L’incarico al segretario Pd dovrebbe arrivare già domani sera. O forse lunedì mattina. Poi, il giuramento magari mercoledì. E il voto del governo alle Camere potrebbe slittare verso fine settimana. Il segretario, per abbassare la tensione, non a caso se n’è andato a Firenze a fare un bagno di folla e a festeggiare le coppie con oltre 50 anni di matrimonio. Il velocizzatore, per una volta, ha deciso di valorizzare la durata, piuttosto che lo scatto da centometrista.

Lui, comunque, spera ancora nello scatto. Ce la sta mettendo tutta per chiudere il prima possibile la lista dei ministri (dovrebbero essere non più di 12): sa che prima lo fa, e meno si impantana nei ricatti incrociati. Perché poi la maggioranza non solo non si è allargata (ieri Laura Boldrini, la carta che il Pd stava utilizzando per cercare di spaccare Sel, portandola al governo, ha detto che si tratta di “voci deprecabili e infondate”), ma al momento è pure a rischio. Il segretario Pd rischia in Senato di avere l’appoggio di una serie di fuoriusciti di Forza Italia e di perdere conseguenzialmente quello di Ncd. Per questo, la costruzione del governo è più difficile del previsto. Ci hanno lavorato giovedì notte e venerdì mattina Lorenzo Guerini (che dovrebbe diventare vice segretario del Pd), Graziano Delrio (che sarà il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio) e Luca Lotti. Ieri pomeriggio Delrio ha preso un treno ed è andato a Firenze. Obiettivo, cercare di mettere a punto la lista. Le pratiche da esaminare sono tantissime. Per iniziare c’è la grana Ncd. Alfano minaccia abbandoni se non resta vice premier e non si tiene il ministero degli Interni. In realtà è difficile che possa financo entrare nel governo. Se si va al braccio di ferro, la forza è comunque sbilanciata a favore del premier in pectore. Maurizio Lupi sarà confermato a Trasporti e Infrastrutture. Gaetano Quagliariello ha puntato i piedi: vuole le Riforme. Difficile che la spunti, visto che Renzi l’ha tacciato di inutilità in tutte le sedi possibili (e che quel dicastero è per Maria Elena Boschi). Alla Sanità dovrebbe restare la Lorenzin (o un altro del partito). Se lo schema è questo gli Interni dovrebbero toccare a Dario Franceschini. Se è per l’Economia, nessuna delle soluzioni prospettate è arrivata alla blindatura finale: né Bini Smaghi (pare che Draghi non lo voglia), né la Reichlin. Esiste una carta coperta, sulla quale si sta lavorando. Tutto da verificare, però. Anche in questo caso serve il beneplacito di Napolitano. Le altre caselle sono un risiko in via di costruzione. Per il Lavoro si parla di Tito Boeri oppure di Piero Ichino. Piacerebbe tanto a Guglielmo Epifani, ma dovrà accontentarsi della presidenza del Pd. Ai Rapporti con il Parlamento dovrebbe andare Roberto Giachetti, magari come segretario. La minoranza Pd dovrebbe tenersi Andrea Orlando all’Ambiente (o più difficilmente alla Giustizia). Per lo Sviluppo Economico si parla di Andrea Guerra. Restano da capire gli effetti speciali, da Alessandro Baricco alla Cultura in poi. “Se non riusciamo a fare quello che dobbiamo fare tanto vale che ci inabissiamo nella crosta terrestre”, ammetteva ieri un renziano. Perché il difficile – appunto – comincia ora. “Entro due mesi provvedimenti shock”, annunciava ieri mattina Matteo Richetti, tra quelli che dal primo momento hanno lavorato per il Renzi 1.

Si parte dal jobs act. Obiettivi: abbassare il costo del lavoro (riducendo le tasse), estendere il reddito minimo garantito, riscrivere le regole. E poi, ridurre il costo dell’energia. E poi, riduzione del costo della politica, ma anche sburocratizzazione dello stato. Ci vogliono misure ad effetto, da qui alle europee. “Se riusciamo a cambiare l’Italia, allora tutti si dimenticheranno il modo in cui Renzi arriva a Palazzo Chigi. Se no, il peccato originale ci perseguiterà”, il ragionamento più frequente in queste ore. Di “peccato originale” del governo Renzi parlava ieri l’Osservatore romano: “Ciò che rimane, agli occhi degli italiani e degli osservatori oltre confine, è il consumarsi di un’ennesima crisi di Governo dalle motivazioni e dai rituali che sanno di stantio”. Giudizio forte che non fa ben sperare Renzi nell’appoggio delle gerarchie. Gli ostacoli si moltiplicano.

Da Il Fatto Quotidiano del 15 febbraio 2014

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/02/15/governo-renzi-tempi-della-fiducia-rischiano-di-allungarsi-via-al-totoministri/882014/
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« Risposta #1 inserito:: Marzo 15, 2014, 07:43:48 am »

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Renzi ‘di sinistra’ spiazza minoranza Pd. Partono applausi, ma è pronto lo schiaffo
Spiazzata dalle mosse del premier, l'opposizione interna al Partito democratico affila le lame in vista del passaggio al Senato della legge elettorale. Un'occasione in cui 105 deputati chiederanno di reintrodurre le quote rosa

di Wanda Marra
14 marzo 2014

“I mille euro annui per chi guadagna fino a 1500 euro mensili, e l’innalzamento del rapporto tra deficit e Pil, come l’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie, sono segnali che vanno nella giusta direzione. E l’allentamento dei vincoli europei faceva parte anche della nostra campagna congressuale”. Gianni Cuperlo sta per andare a votare. Usa il tono piano ed educato che gli è proprio per esprimere quello che la minoranza dem sta dicendo dalla conferenza stampa pirotecnica di Renzi: il segretario-premier ha promesso cose di sinistra, ha indicato una direzione di marcia condivisibile.

Di più, ha fatto sue alcune delle bandiere dei suoi più fieri oppositori. A cominciare da quella di Stefano Fassina sull’allentamento del deficit, che infatti a conferenza stampa appena finita si è trovato improvvisamente a dichiarare in favore di Renzi. Idem per la Camusso, che era pronta a sparare veleno e si è trovata a spargere miele. Un effetto di spiazzamento non senza un certo rammarico. “Noi siamo d’accordo con quello che ha detto Renzi. E non posso pensare che il mio segretario non abbia le coperture” , per dirla con il super bersaniano Davide Zoggia. “Sì, ci sono delle cose che vanno viste meglio. Per esempio, bisogna stare attenti a non toccare troppo le pensioni. E poi bisognerà valutare meglio le misure sul lavoro. Però, va bene”, dice anche Guglielmo Epifani. È evidente dai toni prudenti e dalle espressioni sobrie che lo aspettano tutti al varco. Ma anche che – di fronte a misure largamente popolari, e con le elezioni europee alle porte – non è proprio il caso di attaccare.

Se è per Massimo D’Alema, poi, dopo l’ingresso del Pd nel Pse si è tornati a un’asse privilegiato: sarà proprio il presidente del Consiglio a presentare l’ultimo libro sull’Europa del Lìder Maximo il prossimo martedì. “Con Renzi condividiamo la necessità di una svolta politica profonda dell’Europa che non continui a essere così lontana dai cittadini ma sia l’espressione democratica della volontà dei cittadini”, diceva ieri lui. Lui, Matteo, peraltro la questione l’ha presa sul serio. Uno degli attuali cavalli di battaglia è diventata proprio l’Europa “dei cittadini e non dei vincoli”. Conoscendolo, è pronto a mettersi alla guida della rivoluzione europea. Da parte dei lettiani, quelli meno vendicativi, poi, è tutto un rammarico: “Erano le cose che volevamo fare noi e non abbiamo fatto”, un ritornello ricorrente. Chi non è spiazzato per niente è il Giovane Turco, Matteo Orfini, che da quando Renzi ha cominciato a parlare di jobs act ha scelto un’altra linea: meglio parlare, dialogare, collaborare, caso mai provare ad influenzare che fare la guerra. E il fatto che quello sul lavoro non sia un decreto, ma una legge delega parlamentare è anche il frutto di un lavoro di mediazione. Non a caso Renzi Orfini lo vorrebbe mettere in segreteria del Pd. Ma quella è un’altra partita, tutta aperta.

Come, al di là di proclami e battimani, sono aperti tutta una serie di fronti: primo tra tutti, la legge elettorale. Cuperlo – mentre approvava #lasvoltabuona – firmava anche un documento con altri 105 parlamentari, per dire che in Senato nella legge vanno inserite le quote rosa. Senza se e senza ma. Come dire, una mano si tende a stringere quella dell’altro, un’altra si usa per preparare lo schiaffo. Lo stesso Cuperlo ieri ha visto pure Bersani. Mentre a Montecitorio – ufficialmente per il convegno sull’Europa con Renzi, Prodi e Napolitano – sono arrivate anche Anna Finocchiaro e Doris Lo Moro. Entrambe hanno in mano la partita dell’Italicum a Palazzo Madama. Entrambe hanno dichiarato battaglia. E con l’occasione ieri hanno confabulato con le colleghe deputate deluse e amareggiate da com’è andata a finire la questione della parità di genere. L’Italicum in Senato è tutta una scommessa. Come pure la riforma della stessa Camera alta. Ma agli oppositori e ai “gufi” variamente individuabili, Renzi fa sempre balenare un problema: se non si fa come dice lui, è pronto a far saltare se stesso. Ma anche – e soprattutto – tutti gli altri.

da Il Fatto Quotidiano del 14 marzo 2014

da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/03/14/renzi-di-sinistra-spiazza-minoranza-pd-partono-applausi-ma-e-pronto-lo-schiaffo/913571/
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