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Autore Discussione: Il caso Bersani scuote il Pd.  (Letto 2010 volte)
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« inserito:: Gennaio 08, 2014, 10:25:50 pm »

Il caso Bersani scuote il Pd.

Stefano Fassina leader anti-Renzi? Possibile. Cuperliani divisi, riunione a breve

Pubblicato: 06/01/2014 17:02 CET | Aggiornato: 06/01/2014 17:20 CET

Le dimissioni di Stefano Fassina da viceministro del governo Letta, il dramma di Pierluigi Bersani, sottoposto d'urgenza ad un'operazione chirurgica per emorragia cerebrale. Due eventi evidentemente scollegati tra loro che il fato ha messo insieme, catapultandoli sulla scena politica nel giro di 24 ore. Quando due contingenze, inattese e non volute, possono ridare dignità ad una sconfitta politica, quella subita alle primarie...

Chi lo conosce bene, giura che Stefano Fassina ha fatto una scelta individuale: ‘dimissioni express’ dal posto di viceministro del governo Letta per dare una lezione allo ‘sbruffone’ Matteo Renzi. Perché quella battuta, “Fassina chi?”, pronunciata dal neosegretario non è andata giù né al diretto interessato e nemmeno ai suoi più stretti compagni di partito, i bersaniani ora particolarmente preoccupati per lo stato di saluto del loro leader Pierluigi, ricoverato in prognosi riservata a Parma. Eppure, man mano che passano le ore, nel Pd si fa strada un’interpretazione politica del gesto di Fassina. Non sono solo i renziani come Angelo Rughetti a pensare che l’ex viceministro, libero da incarichi di governo, ambisca ora a ricoprire il ruolo di “ leader della minoranza Pd”. La questione ancora non è stata socializzata tra gli anti-renziani, complice l’incidente accaduto a Bersani che in queste ore fa prevalere l’angoscia alla politica tra i vari dirigenti che si stanno recando a fargli visita a Parma. Però è una questione che esiste, tanto più che la minoranza Pd che fa capo a Gianni Cuperlo, a meno di un mese dalle primarie, è già spaccata non solo sul leader ma anche sulla linea politica. Si riuniranno la prossima settimana per cercare la quadra, in vista della direzione nazionale del 16 gennaio.

Per capire, basta mettere gli orologi indietro di una settimana. Lunedì scorso, in un’intervista all’Huffington Post, il bersaniano Danilo Leva, ex responsabile Giustizia della segreteria Epifani, usava lo stesso linguaggio di Fassina contro Renzi. Il segretario parla “come Grillo e Berlusconi”, contesta Leva, “il Pd deve incalzare il governo sulle riforme, ma il voto anticipato non è una soluzione…”. Il giorno dopo, in un’intervista all’Unità, Cuperlo si esprime in maniera diversa se non opposta. Toni agguerriti con il governo piuttosto che con Renzi: “Se non si va avanti sulle riforme, meglio tornare al voto”, sono le parole di Cuperlo, candidato sconfitto alle primarie, ora presidente dell’assemblea Pd, carica che ha accettato accogliendo l’offerta insistente di Renzi e respingendo il parere contrario di Massimo D’Alema. Vicini a Cuperlo, anche i Giovani Turchi che non condividono fino in fondo il gesto di Fassina. Spiega Matteo Orfini, un altro che potrebbe ambire alla leadership della minoranza cuperliana: “Non capisco la scelta di Stefano. E’ vero che il ‘chi’ di Renzi è stato politicamente inopportuno e offensivo, tuttavia penso che durante le primarie noi abbiamo detto ben peggio di Renzi. Critiche di merito a Renzi vanno fatte ma le dimissioni non aiutano a indirizzare il governo nella giusta direzione”.

La profezia di D’Alema evidentemente si sta avverando. Il presidente di ItalianiEuropei, sostenitore della candidatura di Cuperlo alle primarie, era fortemente contrario all’idea di accettare l’offerta della presidenza Pd. Proprio perché temeva che in questo modo la minoranza anti-Renzi - ferma ad un impietoso 18 per cento alle primarie - non avrebbe più avuto un punto di riferimento unitario. Del resto, si ricorderà che Bersani e i suoi ci hanno messo tre mesi per decidere di appoggiare la candidatura di Cuperlo, in pista con il sostegno di D’Alema già a luglio. E proprio prima di accordargli il sì, l’area dell’ex segretario provò a mettere in campo proprio la candidatura di Stefano Fassina, allora già viceministro. La spiegavano così: “la scelta di Cuperlo è troppo divisiva, troppo targata ex Ds, invece Fassina è uno che raccoglie consensi anche dentro AreaDem”, che poi alle primarie si è divisa tra i franceschiniani con Renzi, altri con Cuperlo (Marini), altri non schierati (Bindi, Fioroni).

Le dimissioni dal governo Letta sono dunque per Fassina un modo per riprovarci, con una linea decisamente più governista di quella di Renzi, Cuperlo e Orfini. Anzi. La scelta di lasciare la carica di viceministro alla fine è tesa più a fare da argine agli attacchi contro il governo che a mettere in difficoltà il premier Letta. L’obiettivo è invece mettere in difficoltà Renzi, che, come spiega lo stesso Fassina al Corsera, dovrebbe mettere le mani nel rimpasto, occuparsene, “mettere a disposizione anche le sue donne e i suoi uomini per il funzionamento del governo. Altrimenti c’è il rischio di dettare un’agenda al governo sempre più ambiziosa e poi scaricare soltanto sul governo il fallimento di quegli obiettivi eventualmente mancati”. E il fatto che al fianco di Fassina sia sceso in campo anche il ministro Flavio Zanonato, altro bersaniano doc, conferma che nell’area della ‘fu’ mozione Cuperlo sta per entrare nel vivo un acceso dibattito sulla linea da tenere: con i Giovani Turchi e il presidente Pd più vicini alle scelte ‘battagliere’ e magari spericolate del sindaco-segretario e i bersaniani schierati invece a tutela del governo, anche in virtù di quel patto siglato dal leader Pierluigi con Letta a novembre scorso (leggi qui).

Insomma, è come se si stesse riproponendo l’eterno duello tra D’Alema e Bersani, pur con entrambi i leader nell’ombra, il primo per scelta, il secondo per infausta sorte. Al loro posto c’è una generazione più giovane. Anche dalla loro capacità di trovare o meno una linea comune dipenderà il destino del governo, ora che ci si accinge a stendere il famoso ‘patto di coalizione’. L’idea di chi guarda a Fassina è di rafforzare l’area a sostegno del governo, soprattutto nei gruppi parlamentari, dove Renzi sulla carta non ha maggioranza. Rosi Bindi, profondamente anti-renziana, ha già risposto all’appello schierandosi con l’ex viceministro. Chissà chi altri lo farà se si dovesse arrivare al dunque: andare avanti o tornare al voto?

Da - http://www.huffingtonpost.it/2014/01/06/caso-bersani-scuote-pd-fassina-leader-anti-renzi_n_4548675.html?1389024175&utm_hp_ref=italy
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